L’estate è la stagione giusta per leggere dei libri che, in altri momenti dell’anno, probabilmente non prenderemmo in considerazione. A me è capitato di trascorrere qualche ora piuttosto piacevole sotto l’ombrellone in compagnia di Rubare ai ricchi non è peccato. L’autore, Vincenzo Pipino, è un 67enne veneziano ben noto  alla  magistratura e alle forze dell’ordine, ma non è un delinquente qualsiasi o un ladro di polli.

Uomo colto, intelligente e dotato di un’ironia molto particolare, la sua tesi di fondo è la seguente: i ricchi non meritano le opere d’arte che hanno in casa perché “neppure le vedono”. Questo novello Robin Hood (o Arsenio Lupin, se preferite) chiarisce che nei suoi quarant’anni di “carriera” non ha mai torto un capello a nessuno e di aver rinunciato al “lavoro” se questo comportava rischi per l’incolumità delle vittime.

L'opera si legge tutta di un fiato come un libro giallo nel quale non mancano fughe sui tetti, appostamenti, nascondigli strani e pericolosi. Oggi, dopo essere andato “in pensione”, nelle sue conclusioni Pipino afferma: “Non mi pento di nulla: chi ho “alleggerito” poteva permetterselo. E alcuni, sotto sotto”, erano più disonesti di me”.

Premesso  che ho ben chiara la distinzione tra reato  e peccato e che è giusto che tutte le violazioni della  legge siano perseguite e condannate, non riesco a non provare una certa simpatia per questo strano personaggio e, pensando alla moralità di certi ricchi, concludere che, in fondo in fondo, non ha tutti i torti…

 

Venerdì 13 Agosto,2010 Ore: 23:16