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www.ildialogo.org Quell'inferno chiamato carcere,Bruno Gambardella

Quell'inferno chiamato carcere

Bruno Gambardella

Più volte ci siamo occupati della situazione delle carceri italiane e della condizione dei cittadini detenuti. Ce ne occuperemo ancora, possibilmente anche più spesso, fino a quando non sarà restituita dignità umana a coloro che hanno sì commesso delle colpe e hanno un debito con la società, ma che vedono i loro diritti sanciti dalla Costituzione quotidianamente calpestati. A coloro che ci hanno ricordato che sono primari i diritti delle vittime o dei loro familiari rispondiamo che siamo d’accordo, ma ribadiamo che la Carta sottolinea il carattere rieducativo e non certo quello punitivo della pena. Oggi le nostre carceri sono una vera e propria università del crimine. Conviene alla società (e quindi anche ai tanti fautori della tolleranza zero) il fatto che un recluso entri da balordo o da piccolo delinquente e esca da criminale pronto a tutto?

 

Nel corso di una recente conferenza stampa Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari, ha stilato un  rapporto sul sistema carcerario italiano che sembra di bollettino di guerra. Nelle stesse ore in cui si è registrato a Salerno l’ennesimo caso di suicidio violentissime proteste sono state attuate dai detenuti a Genova, a Novara, a Padova, a Milano San Vittore e a Vicenza. Le manifestazioni sono state diverse nelle forme ma non nelle rivendicazioni: un sistema civile, l’applicazione della legge, un trattamento degno di esseri umani.

 

67.500 detenuti; 29 suicidi in cella; 44 tentati suicidi sventati; 96 agenti penitenziari 2 medici e 4 infermieri aggrediti e feriti; 4 evasioni e 5 tentate evasioni: questi sono i numeri dello sfascio, dell'emergenza e del dramma penitenziario. "Il personale è stanco, depresso, demotivato e sfiduciato" ha affermato Sarno che accusa il Parlamento di essere "distratto da altre cose" e quindi di non aver voluto irresponsabilmente approfondire l'emergenza carceri. "Le parole sono state tante. - ha concluso Sarno - I fatti sono zero".

Per dirla con il sindacalista, è’ indubbio che siamo  oltre il baratro. Le organizzazioni dei lavoratori nelle carceri hanno speso tutte le parole possibili per lanciare l'allarme su cosa succederà negli istituti penitenziari. L’arrivo dell’estate e del caldo renderà ancora più drammatica la situazione e quella che si prospetta è una stagione di proteste e rivolte nelle prigioni. Nonostante le tante chiacchiere di chi è chiamato a rendere governabile il sistema gli operatori sono consapevoli di essere stati lasciati nel più completo abbandono a dover gestire, senza mezzi, uomini e risorse queste tensioni.

 

Gli episodi violenti della settimana appena trascorsa rischiano concretamente di essere solo un anticipo di quanto ci attende. La classe politica, oltre a farneticare sulla costruzione di nuove carceri (senza intoppi occorrerebbero come minimo cinque o sei anni), come intende agire?

 

In conclusione una testimonianza di esemplare chiarezza. Siamo a Vicenza. 160 detenuti reclusi nel penitenziario di Vicenza hanno scritto una lettera aperta che anche noi, nel nostro piccolo, vogliamo contribuire a far conoscere. Ecco il testo:

 

Esiste una circolare ministeriale di fine 2009 che invita a tenere aperte le celle e concedere ai detenuti quel che è possibile per ridurre i notevoli disagi provocati dal sovraffollamento delle carceri. Il Tribunale di Sorveglianza di Cuneo, appena un mese fa, ha intimato alla direzione del carcere di Saluzzo di porre termine alle “non tollerabili condizioni di vita di 2 detenuti” in alta sicurezza, ristretti in 4,7 mq. ciascuno anziché in 7 mq “indicati dal comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti” e dall’insufficienza delle 5 ore giornaliere all’aperto rispetto alle 8 ore fissato dal comitato stesso.

Infine e soprattutto, il 23 ottobre 2009, la Corte Costituzionale Italiana, sentenza n. 266, ha stabilito: “Il magistrato di sorveglianza impartisce disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti e dei condannati; la parola disposizioni, nel contesto in cui è inserita, non significa segnalazioni ma bensì prescrizioni o ordini il cui carattere vincolante per l’amministrazione penitenziaria è intrinseco alle finalità di tutela che la norma stessa persegue”. Significa, in altre parole, che se solo lo volesse, il Tribunale di Sorveglianza potrebbe mettere fine alle situazioni che subiamo in numerose patrie galere e qui a Vicenza.
Scriviamo del Carcere di Vicenza perché quello che accade qui ha del paradossale. Innanzitutto l’ottanta per cento di noi è imputato e non condannato in via definitiva, viviamo stipati in 3 persone in uno spazio di 7 mq. (tre persone, non una...!) e disponiamo di 3 ore “d’aria” al giorno anziché delle 8 previste da trascorrere dentro ad una vasca di cemento e acciaio. Precisiamo che in 7 mq c’è il posto occupato da 3 brande, dal water, dagli armadietti, dal lavandino, da un mini tavolino con relativi sgabelli e dagli oggetti personali, pertanto lo spazio calpestabile si riduce a meno di 2 mq. per 3 persone per 21 ore di fila al giorno.

Non è una formula chimica o matematica, è la nostra vita che se ne va...Si dirà, ma la prigione di Vicenza è vetusta, non permette nulla perché mancano gli spazi e per questo non è possibile per la direzione sopperire alle gravi privazioni e applicare la circolare ministeriale. Ma non è così! A Vicenza ci sono 4 campi da gioco all’aperto: 1 per il calcio, 1 per la pallavolo, 1 per il tennis ed 1 per il calcetto. Sarebbe un carcere a 5 stelle almeno per l’estensione esterna se solo potessimo adoperare tanto spazio che invece resta inutilizzato. Perché? Non lo sappiamo! Proviamo ad avanzare una ipotesi plausibile...Tutti reclusi particolarmente pericolosi? Assolutamente no!

Perché non interviene il Magistrato di Sorveglianza che ne avrebbe titolo e potere come a Cuneo? A questo punto ci appelliamo anche alla cittadinanza ed al Comune di Vicenza affinché venga istituito il garante dei diritti delle persone private della libertà personale come già accade nelle vicine Padova e Verona e nel 90 per cento delle carceri italiane. Mandate un vostro rappresentante a vedere in quale mostruosità siamo costretti a vegetare nel cuore del “civilissimo Veneto” e dopo chiedetevi il perché di tanti suicidi e atti di autolesionismo nel carcere di Vicenza e perché non vi sono significativi riferimenti di detenuti dopo la scarcerazione. Da questa scatola gigante di grigio cemento armato si alza forte il nostro grido di disperazione.

Speriamo che qualcuno lo raccolga e che i nostri pochi diritti cessino di rappresentare una meta irraggiungibile. Ci piace terminare ricordando le parole del filosofo e senatore Norberto Bobbio. Così definiva il pianeta carcere in anni apparentemente lontani e in realtà vicinissimi: “Il carcere funziona come un ospedale dove ci si facesse ricoverare non per guarire ma per ammalarsi e maggiormente morire”.

 

 

 



Luned́ 07 Giugno,2010 Ore: 17:49
 
 
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