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Dalla California una svolta antiproibizionista?

Bruno Gambardella

Noi che viviamo tra Sparta e Atene siamo immersi nella cultura classica, amiamo il ragionamento e il paradosso filosofico, meniamo vanto della nostra cultura mediterranea.     Molto lontana da noi e dai nostri stereotipi culturali è San Francisco, una delle più belle città degli Stati Uniti. E’ la città della rivoluzione dei figli dei fiori: la magica estate del 1967, la Summer of love, dove per le strade della città americana si poteva nuotare nelle droghe d'ogni tipo e nei colori psichedelici, ascoltando le note di Hendrix, di Simon and Garfunkel, dei Doors. Nel 1967 venne invasa da 100mila ragazzi, creando le premesse per un fenomeno di ribellione culturale e politica senza precedenti.

Nel 2010 la California potrebbe tornare ad essere il simbolo di una rivoluzione, sicuramente meno freak e più liberale. Secondo quanto riportato da vari siti antiproibizionisti americani ed europei la sfida tra l’America salutista e un po’ bacchettona e l’America dell’educazione all’uso consapevole e responsabile di tutte le sostanze sta per accendersi, più interessante che mai.  A novembre infatti i cittadini di questo stato della West Coast saranno chiamati alle urne per un referendum di valenza storica ed economica assolutamente rivoluzionaria per gli Stati Uniti: la legalizzazione della marijuana per uso personale. È stato infatti accolto dalle autorità dello stato, il cui governatore è il repubblicano conservatore Arnold Schwarzenegger, la richiesta di referendum promosso, principalmente, da Richard Lee, 47enne imprenditore nel settore della marijuana terapeutica. Per il via libera servivano 433mila firme di cittadini: ne sono state convalidate 520mila.

La consultazione referendaria si svolgerà insieme alle elezioni di mid term e potrebbe portare ad un clamoroso risultato che certamente potrebbe far storcere il naso ai duri e puri del proibizionismo anticannabinoide: la legalizzazione della vendita, a persone sopra i 21 anni, della marijuana. Una transazione ufficiale di acquisto, con tanto di tasse, fino alla quantità di 1 oncia (circa 28 grammi) di Cannabis per uso personale. Non solo: l'iniziativa prevede che gli adulti possano coltivare piccoli appezzamenti di marijuana, fino a 7 metri quadrati. Richard Lee, che ha investito 1,3 milioni di dollari nella campagna referendaria, parla di più di 1 miliardo di dollari di entrate all'anno attraverso la tassazione dell'erba: per uno stato dove il deficit è eccezionalmente in passivo di circa 40 miliardi di dollari sarebbe sicuramente un buon modo per respirare. Anche il governatore Schwarzenegger si è detto interessato alla vicenda: "dobbiamo studiare molto attentamente quello che stanno facendo gli altri paesi che hanno legalizzato la marijuana". Il riferimento è a Svizzera, Paesi Bassi e Portogallo, per citarne solo alcuni. Inoltre questo stato americano si confermerebbe nuovamente all'avanguardia in termini di anti-proibizionismo, dopo essere stato il primo a permettere l'uso terapeutico della Cannabis.

I tempi stanno cambiando? Forse. È evidente però che dietro questo referendum c'è fondamentalmente la grave difficoltà economica che la California sta vivendo: lo stato è sull'orlo della bancarotta, e ha necessità di far cassa in ogni modo possibile. Uno studio del 2005 dell'economista Jeffrey Miron di Harvard, dimostra che il vantaggio della legalizzazione della Cannabis potrebbe ridurre la spesa pubblica degli USA di 7,7 miliardi di dollari l'anno, portando inoltre un gettito fiscale di 2,4 miliardi di dollari l'anno, se venisse tassata come tutte le altre merci, e di 6,2 miliardi se venisse adottata l'aliquota che viene già applicata su alcol e tabacco. Effetti sul bilancio che potrebbero essere addirittura sottostimati. Questo studio venne presentato da 500 economisti addirittura all'allora Presidente George W. Bush jr, il quale tuttavia preferì continuare a giocare a Risiko con il mondo e a far infliggere condanne esemplari nei confronti di chi si macchiava del grave reato di aver fumato uno spinello. Oggi forse la maturità, e soprattutto la necessità di molti stati dell'Unione di far fronte a gravi situazioni di deficit di bilancio, che la società civile ha maturato, grazie alla lotta delle tante associazioni e partiti politici antiproibizionisti, potrà portare ad un risultato storico: la legalizzazione della marijuana ad uso personale in una delle regioni più conservatrici degli Stati Uniti.

Analizzando dietrologicamente la questione, emerge tuttavia in maniera chiara e lampante che quasi cento anni di proibizionismo e criminalizzazione della Cannabis hanno avuto ragioni puramente economiche e di controllo sociale, e non legate a questioni di salute pubblica; viene quindi da chiedersi se, di fronte a questa lampante consapevolezza, non vadano ridiscusse tutte le leggi in materia di stupefacenti, soprattutto quelle molto repressive in vigore nel nostro Paese. Non reggerebbe forse la psiche del sen. Carlo Giovanardi, leader dei proibizionisti più oltranzisti, ma se ne gioverebbero la società civile e le casse dello Stato, senza considerare l’effetto meno calcolabile ma più immediato: un duro colpo ai guadagni delle mafie che, da sempre, lucrano sulle illegalità e sul mercato parallelo clandestino.

 

 



Venerd́ 09 Aprile,2010 Ore: 17:57
 
 
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