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BASTA CON IL DIO TAPPABUCHI

di Aldo Antonelli

«In questo momento della mia vita, il Signore mi chiama a salire sul monte, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione».

Così il Papa Benedetto XVI nel suo ultimo Angelus, rivolto alla folla che domenica scorsa riempiva piazza San Pietro.

Parole pie e di “vero credente” alle orecchie delle maggior parte dei fedeli.

Ma non a me e a quanti, come me, sanno coniugare la fede nel linguaggio adulto della laicità e della responsabilità in prima persona.

Invece che dire: «In questo momento della mia vita, il Signore mi chiama a salire sul monte, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione», perché non dire chiaramente: «Dopo lunga e meditata riflessione ho deciso di dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione»? Evitando di scaricare su Dio la responsabilità della scelta e facendone un salvacondotto alla propria “irresponsabilità”?

Non è una bella lezione quella che ci viene da questo linguaggio divinizzato e declinato in terza persona. Dimentico del suo stesso recente richiamo a non utilizzare troppo facilmente il nome di Dio a copertura delle proprie scelte, il papa sembra incappare in quella che potremmo chiamare la “giustificazione metafisica della irresponsabilità umana”. Un peccato molto ricorrente nei credenti e spesso scambiato per autentica “devozione”.

Perché non avere il coraggio di dire apertamente: “Io ho deciso di”?

Non è un bel servizio ai fini della crescita dei cristiani nella fede questo sostituire l’IO con DIO, la personale responsabilità delle scelte con la passiva accettazione.

"Non dite mai che Dio è dalla nostra parte, ma piuttosto pregate che noi possiamo trovarci dalla parte di Dio" era solito dire Abramo Lincoln.

Ci sono espressioni ricorrenti, in uso troppo normale da parte di molti credenti, quali “La volontà di Dio” o la “Provvidenza” che sono fuorvianti e inconsapevolmente blasfeme, perché identificano le cose che avvengono con la volontà di Dio, le legittimano e le liberano da ogni umana responsabilità. Per di più, se sono volute da Dio, le impongono come giuste, necessarie e inamovibili.

Da ciò ne consegue che ogni critica, ogni lotta per il cambiamento, ogni conato di rivolta diventano peccati contro Dio e la sua volontà.

Forse, noi cristiani, dovremmo riscoprire l’orgoglio della responsabilità delle nostre scelte e, nel contempo, la gioia del pensare e soprattutto di parlare di Dio in maniera sommessa, discreta, sottovoce.

"Parlare sottovoce di Dio non significa, come purtroppo taluni dogmaticamente tentano di far credere, rimpicciolire Dio, ma se mai, farlo più grande. Sottovoce, perché del mistero di Dio possiamo solo balbettare qualche cosa. Con pudore. Il mistero è al di là, molto al di là della povertà delle nostre parole. Aldilà della soglia. Sottovoce, ancora, perché dell’amore sbandierato ai quattro venti è giusto, legittimo, dubitare, sospettare. Il 'sottovoce' ha invece il passo silenzioso dei racconti che nascono dal cuore" (Don Angelo Casati)




Giovedì 28 Febbraio,2013 Ore: 08:31
 
 
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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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