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www.ildialogo.org L'ELEZIONE DEL NUOVO PONTEFICE, SOTTO L'AFFRESCO "PARLANTE" DELLA CAPPELLA SISTINA. Quando i Papi “indicano” i loro successori al Soglio. Investiture e segni profetici. Una nota di Andrea Tornielli  - con appunti,a c. di Federico La Sala

INDIETRO NON SI TORNA. PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI: UT UNUM SINT. Il cristianesimo non è un "cattolicismo": il ’cattolicesimo’ è morto. "Se mi sbalio, mi corigerete". A Karol J. Woityla, in memoriam...
L'ELEZIONE DEL NUOVO PONTEFICE, SOTTO L'AFFRESCO "PARLANTE" DELLA CAPPELLA SISTINA. Quando i Papi “indicano” i loro successori al Soglio. Investiture e segni profetici. Una nota di Andrea Tornielli  - con appunti

«Come sarebbe bello per il Papa poter assistere all’elezione del suo successore», disse Giovanni Paolo II ai cardinali della Curia romana. Seduto tra di loro c’era Joseph Ratzinger, che certo all’epoca non immaginava di essere il primo dopo sei secoli al quale questa esperienza sarebbe toccata.


a c. di Federico La Sala

MATERIALE PER APPROFONDIMENTO:

AI CARDINALI, PER L’ELEZIONE DEL NUOVO PAPA, NELLA CAPPELLA SISTINA: GUARDARE IN ALTO! Andiamo "verso un’era collegiale"! Una nota di Franco Cardini (fls)

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Investiture e segni profetici. Quando i Papi “indicano” i loro successori al Soglio

di Andrea Tornielli (La Stampa, 18 febbraio 2013)

«Come sarebbe bello per il Papa poter assistere all’elezione del suo successore», disse Giovanni Paolo II ai cardinali della Curia romana. Seduto tra di loro c’era Joseph Ratzinger, che certo all’epoca non immaginava di essere il primo dopo sei secoli al quale questa esperienza sarebbe toccata.

Wojtyla tornò a parlare della futura elezione nel poema «Trittico Romano», pubblicato due anni prima della morte. Immaginava che l’affresco michelangiolesco della Cappella Sistina potesse «parlare» ai porporati: «Tu che penetri tutto - indica! Lui additerà...».

Il Papa può influenzare l’elezione del successore? Sabato scorso il dimissionario Benedetto XVI ha ricevuto l’ultima delegazione di vescovi italiani in visita ad limina, guidata dal cardinale di Milano Angelo Scola. E ha parlato della Lombardia come «cuore credente dell’Europa».

C’è chi ha ritenuto un grande segno della predilezione del Pontefice il trasferimento del cardinale da Venezia a Milano, meno di due anni fa. Ma c’è anche chi, invece, legge il mini-concistoro dello scorso novembre, con l’inclusione di porporati stranieri tra i quali il filippino Luis Antonio Tagle, come un altro possibile segno premonitore per il prossimo conclave.

Nel passato recente episodi simili non sono mancati. In qualche caso sono stati ingigantiti e riletti con il senno di poi, cucendoli agiograficamente su misura addosso al designato. Spesso sono stati smentiti dai fatti, come nel caso di un gesto di affetto di Papa Wojtyla verso il cardinale Dionigi Tettamanzi al momento della nomina a Milano, che qualcuno interpretò alla stregua un presagio in vista del conclave. Altre volte invece se proprio di endorsement non si può parlare, poco ci manca.

Era ben nota, ad esempio, la stima di Pio XI, pontefice irruento, per il suo riflessivo Segretario di Stato Eugenio Pacelli. Lo fece viaggiare molto all’estero, Stati Uniti compresi. Mentre Pacelli si trovava negli Usa, Pio XI disse a un suo collaboratore: «Lo mando in giro perché il mondo conosca lui e lui conosca il mondo. Sarà un bel Papa!». Pacelli venne eletto dopo un conclave-lampo nel marzo 1939.

Fu considerato invece un «siluramento» in vista della successione, nel 1954, la decisione di Pio XII di nominare arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, lasciandolo però senza porpora e dunque escluso dal conclave. Papa Pacelli avrebbe visto bene quale successore il suo «delfino» genovese Giuseppe Siri, allora molto giovane: «Con lui avremmo non un padre santo, ma un padre eterno», fu la battuta circolata tra i cardinali. Qualche voto, nel conclave del 1958, Montini lo raccolse lo stesso, pur essendo privo del cappello cardinalizio. Giovanni XXIII, tra le prime decisioni prese, rivestì di porpora l’arcivescovo esiliato. E fece presente varie volte la sua certezza sul fatto che sarebbe stato lui a succedergli: «Noi siamo qui a scaldargli il posto al vostro arcivescovo!», ebbe a dire a due milanesi andati in udienza. Montini in effetti divenne Papa nel 1963.

Tra i segnali premonitori dell’elezione del suo successore Giovanni Paolo I, che ha regnato un solo mese nell’estate 1978, ce n’è uno famoso e pubblico. Da lui stesso ricordato poche ore dopo l’elezione. Nel settembre 1972, Albino Luciani, patriarca di Venezia, ricevette Paolo VI in visita alla città lagunare. Il Papa, in piazza San Marco, davanti a migliaia di persone, si tolse la stola pontificia e la pose sulle spalle del patriarca: «Sono diventato tutto rosso...», racconterà Luciani ai fedeli.

L’episodio della stola fu un endorsement velato o soltanto un gesto di cortesia per l’ospite? Di certo Paolo VI nelle ore precedenti doveva aver pensato alla morte, perché proprio quella mattina, prima di partire da Castel Gandolfo, aveva messo mano al testamento.

Qualche anno dopo, mentre riceveva Luciani e altri vescovi in visita ad limina, al termine dell’udienza Papa Montini non riusciva a trovare il campanello celato nel bracciolo della poltrona, con il quale si segnalava che l’incontro era finito e poteva entrare il fotografo. Luciani con discrezione avvicinò al campanello la mano del Papa. «Bene, così sa già dov’è», avrebbe detto Paolo VI.

E la sorpresa Wojtyla? Una profezia si racconta anche per lui. Secondo il segretario di Papa Luciani, due sere prima di morire, il Pontefice veneto aveva accennato alla sua prossima dipartita: dopo di lui - disse - sarebbe toccato al cardinale che gli stava seduto di fronte durante il conclave. Quel cardinale era Wojtyla.

Su Ratzinger non si raccontano particolari segnali premonitori. Ma si sa che per tre volte chiese a Wojtyla di potersi ritirare per tornare agli studi, sentendosi sempre rispondere di no dal Papa che lo voleva vicino fino all’ultimo e che avrebbe tanto desiderato vedere l’elezione del suo successore sotto l’affresco «parlante» della Sistina.



Lunedì 18 Febbraio,2013 Ore: 12:19
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 19/2/2013 17.57
Titolo:VATICANO II E ABUSO DI AUTORITA' nella Chiesa cattolica
Autorità nella Chiesa cattolica

di esponenti della Chiesa cattolica universale

in “www.churchautority.org” dell’ottobre 2012 (versione italiana nel sito)

Dichiarazione di studiosi cattolici

In occasione del cinquantesimo anniversario del Concilio Vaticano II (1962-1965), invitiamo tutti i membri del Popolo di Dio a esaminare la situazione nella nostra chiesa.

Molti insegnamenti del Vaticano II non sono stati affatto, o solo parzialmente, tradotti in pratica.

Questo è dovuto alla resistenza di certi ambienti, ma anche, in una certa misura, alla irrisolta ambiguità di alcuni documenti del Concilio.

Una della principali cause della stagnazione odierna dipende dal fraintendimento e abuso nell’esercizio dell’autorità nella nostra Chiesa. In concreto le seguenti tematiche richiedono una urgente riformulazione.

Il ruolo del papato necessita di una chiara ri-definizione in linea con le intenzioni di Cristo. Come supremo pastore, elemento unificante e principale testimone di fede, il papa contribuisce in modo essenziale al bene della chiesa universale. Ma la sua autorità non dovrebbe mai oscurare, diminuire o sopprimere l’autentica autorità che Cristo ha dato direttamente a tutti i membri del popolo di Dio.

I vescovi sono vicari di Cristo e non vicari del papa. Essi hanno la diretta responsabilità del popolo delle loro diocesi, e una condivisa responsabilità con gli altri vescovi e con il papa, nell’ambito dell’universale comunità di fede.

Il Sinodo dei vescovi dovrebbe assumere un più decisivo ruolo nel pianificare e guidare il mantenimento e la crescita della fede nel nostro mondo così complesso.

Il Concilio Vaticano II ha prescritto collegialità e co-responsabilità a tutti i livelli. Questo non è stato messo in atto.

I vari organismi presbiterali e consigli pastorali, previsti dal Concilio, dovrebbero coinvolgere i fedeli in modo più diretto nelle decisioni riguardanti la formulazione della dottrina, l’esercizio del ministero pastorale e l’evangelizzazione nell’ambito della società secolare.

L’abuso di coprire posti di guida nella chiesa con soli candidati di una determinata mentalità, è una scelta che dovrebbe essere sradicata. Al suo posto dovrebbero essere formulate e monitorate nuove norme che assicurino che le elezioni a queste cariche siano condotte in modo corretto, trasparente e, il più possibile, democratico.

La curia romana ha bisogno di una riforma più radicale in linea con le istruzioni e la visione del Vaticano II.

La curia si dovrebbe limitare ai suoi utili ruoli amministrativi ed esecutivi.

La congregazione per la dottrina della fede dovrebbe essere coadiuvata da commissioni internazionali di esperti, scelti, con indipendenza, per la loro competenza professionale.

Questi non sono per nulla tutti i cambiamenti necessari. Ci rendiamo anche conto che l’attuazione di queste revisioni strutturali necessitano di una elaborazione dettagliata in linea con le possibilità e le limitazioni delle circostanze presenti e future.

Sottolineiamo, però, che le riforme, sintetizzate qui sopra, sono urgenti e la loro attuazione dovrebbe partire immediatamente.

L’esercizio dell’autorità nella nostra chiesa dovrebbe emulare gli standards di apertura, responsabilità e democrazia raggiunti nella società moderna.

La leadership dovrebbe essere corretta e credibile; ispirata dall’umiltà e dal servizio; con una trasparente sollecitudine per il popolo invece di preoccuparsi delle regole e della disciplina; irradiare Cristo che ci rende liberi; prestare ascolto allo Spirito di Cristo che parla e agisce attraverso tutti e ciascuno.

I nomi dei primi 160 firmatari, Sponsor Accademici della Dichiarazione (tra i quali citiamo: Leonardo Boff, Pedro Casaldaliga, Hermann Häring, Hans Küng) e dei (ad oggi 19 febbraio) 2048 sottoscrittori sono visibili al sito: http://www.churchauthority.org/.

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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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