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www.ildialogo.org E' GIA' NATALE: E' NATO IL "PADRONE GESU'", IL "DOMINUS IESUS" DI PAPA RATZINGER. IL PRESEPE SENZA GIUSEPPE E SENZA IL BUE E L'ASINELLO E' PRONTO! Sulla presentazione di "L'infanzia di Gesù", una nota di Roberto Monteforte - con alcuni appunti,a c. di Federico La Sala

ARCHEOLOGIA EVANGELICA. ALLA RICERCA DELL’ARCA DI NOE’, DELL’ARCA DELL’ALLEANZA DI MOSE’, DEL PRESEPE DI FRANCESCO D’ASSISI ...
E' GIA' NATALE: E' NATO IL "PADRONE GESU'", IL "DOMINUS IESUS" DI PAPA RATZINGER. IL PRESEPE SENZA GIUSEPPE E SENZA IL BUE E L'ASINELLO E' PRONTO! Sulla presentazione di "L'infanzia di Gesù", una nota di Roberto Monteforte - con alcuni appunti

L'INFANZIA DI GESU'. «È un libro su un bambino e su una donna e sul grande significato della libertà» ha osservato il presidente Rcs libri, Paolo Mieli intervenuto alla presentazione del volume con il cardinale Ravasi, la teologa brasiliana Clara Lucchetti Bungemer, il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi


a c. di Federico La Sala

 MATERIALI SUL TEMA:

  • "Duemila anni fa, un ovulo fu miracolosamente fecondato dall’azione soprannaturale di Dio, da questa meravigliosa unione risultò uno zigote con un patrimonio cromosomico proprio. Però in quello zigote stava il Verbo di Dio"(dichiarazione del Cardinale Dario Castrillon Hoyos alla XV conferenza internazionale del Pontificio consiglio, la Repubblica del 17 novembre 2000, p. 35)

 


Bue e asinello non c’erano
La rivelazione sulla nascita di Gesù nel libro del Papa


È il terzo volume che Bendetto XVI dedica alla vita del Nazareno
Da oggi sarà in tutte le librerie

 

di Roberto Monteforte (l’Unità, 21.11.2012)

«DI DOVE SEI?» È LA DOMANDA CHE PILATO RIVOLGE A GESÙ. «VOI CHI DITE CHE IO SIA?» È QUELLA, INVECE, CHE GESÙ RIVOLGE AI SUOI DISCEPOLI. Parte da questi interrogativi Papa Benedetto XVI per affrontare il tema dell’infanzia di Gesù, quello che mancava per completare la sua opera sulla vita del Nazareno (i primi due, Gesù di Nazaret I e II, sono stati pubblicati rispettivamente da Rizzoli e dalla Libreria editrice vaticana). Con profondità e chiarezza, ed anche con umiltà come ha sottolineato ieri nella presentazione dell’opera alla stampa il cardinale Gianfranco Ravasi il teologo e Papa Joseph Ratzinger si è cimentato con il commento dei 180 versetti che i Vangeli, in particolare quello di Matteo e di Marco, dedicano all’infanzia e agli eventi che hanno preceduto la nascita di Gesù di Nazaret. L’obiettivo è quello di sottolineare la concreta storicità dell’evento. Il «nuovo inizio» per la storia del mondo e per la liberazione dell’umanità dal peccato.

Così scopriamo, per esempio, che il bue e l’asino non erano nella stalla con Gesù e che pastori in visita al figlio di Dio non cantavano. Il Papa spiega l’origine della nascita secondo le Sacre scritture ma non invita affatto a buttare a mare la tradizione. Perciò chi allestisce presepi a casa o altrove può tranquillamente inserire il bovino e l’equino nella capanna. «Nel Vangelo non si parla di animali», chiarisce Ratzinger. «Ma aggiunge la meditazione guidata dalla Fede, leggendo l’Antico Testamento e il Nuovo, ha ben presto colmato questa lacuna rinviando ad Isaia: “il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende”».

Vi era attesa per l’arrivo di un Salvatore. Eppure il Salvatore non trova un posto dove essere accolto. Nasce nella povertà ed è annunciato ai pastori. È stato Gesù a guidare la stella cometa che ha portato a lui i Magi sapienti. Loro sono l’emblema dell’inquietudine dell’uomo in ricerca e dell’attesa interiore dello spirito umano e della ragione che cerca Cristo. Non è mito, ma storia.

Tutto nasce da un atto di libertà. Lo sottolinea l’autore. Da Dio che interpella Maria e da lei che liberamente risponde e si affida al mistero della sua volontà. Il Papa cita Bernardo di Chiaravalle: «Creando la libertà, Dio, in un certo modo, so è reso dipendente dall’uomo. Il suo potere è legato al “sì” non forzato di una persona umana». Perché è solo con l’assenso di Maria che può cominciare la storia della salvezza. L’autore si sofferma sulle reazioni di Maria e di Giuseppe che la prende in sposa. Dei suoi dubbi, della sua intenzione di ripudiarla in segreto e poi della sua scelta di amore e di saggezza. Accetta il mistero. Farà da padre a Gesù e formalmente lo legherà alla tribù di Davide. Ma solo Dio sarà il suo vero padre e Maria, la vergine di Nazaret, sua madre. Vergine e madre. L’altro mistero. Benedetto XVI lo spiega con la potenza di Dio che ha dominio anche sulla materia. Che si mostra nella nascita di Gesù e poi nella sua Resurrezione.

Nel libro si dà conto dei passaggi che anche pubblicamente danno il segno della dimensione umana e della natura divina del figlio di Maria come quando dodicenne lascia la famiglia e con sorprendete sapienza va a predicare nella sinagoga. Un atto di apparente contestazione, di ribellione ai doveri verso i genitori.

Benedetto XVI corregge le letture di un Gesù «liberale» o «rivoluzionario» per sottolinearne la nuova relazione dell’uomo con Dio. Nel racconto di Gesù nella sinagoga a 12 anni, dunque, si ha una «novità radicale e una fedeltà altrettanto radicale».

Gesù compie il suo dovere di figlio di Dio che alla fine lo porterà a morire di croce e Maria a vivere lo strazio del dolore per la morte del figlio per poi vincere la morte. «È un libro su un bambino e su una donna e sul grande significato della libertà» ha osservato il presidente Rcs libri, Paolo Mieli intervenuto alla presentazione del volume con il cardinale Ravasi, la teologa brasiliana Clara Lucchetti Bungemer, il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi. L’infanzia di Gesù, pubblicato da Rizzoli e dalla Libreria Editrice Vaticana (176 pagine, 17 euro) sarà da oggi in libreria. È stato già tradotto in 9 lingue e diffuso in 50 paesi (tiratura di oltre un milione di copie) e presto sarà tradotto in 20 lingue per essere pubblicato in 72 Paesi.

 

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 No degli artigiani al presepe senza bue e asinello *

Guai finanche a pensarlo nei vicoli di Napoli. Nessun posto nel presepe per il bue e l’asinello? La prima reazione dei maestri d’arte presepiale è questa: il sorriso. Poi, subito dopo, c’é anche questo: "Nel presepe napoletano il bue e l’asinello sempre ci sono e sempre ci sarannò". Rispetto massimo, chiariscono gli artigiani, per quanto si legge nel libro di papa Joseph Ratzinger ’L’infanzia di Gesu" secondo il quale nel Vangelo "non si parla di animali". Ma da qui a mettere in discussione un pezzo fondamentale del presepe, ce ne vuole. O meglio: non se ne parla proprio.

* ANSA, 21.11.2012



Venerdì 23 Novembre,2012 Ore: 13:37
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 23/11/2012 14.30
Titolo:Il Bambin Gesù dI Bendetto XVI ...
Il Bambin Gesù del Papa

Quei racconti diversi sull'infanzia di Cristo

di Vito Mancuso (la Repubblica, 21 novembre 2012)

Con il volume intitolato L’infanzia di Gesù che arriva oggi in libreria nei principali paesi del mondo si conclude l’opera complessiva di quasi mille pagine in tre volumi dedicata da Joseph Ratzinger a Gesù di Nazaret. Con essa egli intende far tornare i cattolici a identificare narrazione evangelica e storia reale come avveniva fino a qualche decennio fa, prima dello sviluppo della moderna esegesi storico-critica. Raggiunge l’autore il suo obiettivo? A mio avviso no, perché si tratta di una mission impossible.

Tutti amiamo il Natale con la sua atmosfera di gioia e di pace, e questo nuovo libro del Papa è di grande aiuto nel viverne la spiritualità. L’oggetto sono i primi due capitoli del Vangelo di Matteo e del Vangelo di Luca, i cosiddetti “vangeli dell’infanzia”. Per secoli essi sono stati letti come reali resoconti storici, ma oggi l’esegesi biblica storico-critica è pressoché unanime nel dichiarare il contrario. L’obiettivo del Papa è che i vangeli dell’infanzia possano tornare a essere letti come storicamente fondati.

Il suo avversario di conseguenza non può che essere l’esegesi che, privilegiando la filologia e la storiografia, evidenzia la problematica storicità di molte narrazioni evangeliche. Con questo gli esegeti non intendono dire che i Vangeli sono falsi, ma solo che sulla loro base non si può ricostruire con certezza la storia di Gesù, tanto meno quella della sua nascita, e che occorre leggerli sapendo che la finalità è teologico-spirituale e non storiografica. Nei Vangeli vi sono dati storicamente certi accanto a elaborazioni simboliche storicamente inattendibili e il compito dell’esegesi storico-critica consiste nel distinguere le due dimensioni. L’inevitabile conseguenza però è che il Gesù dei Vangeli non coincide con il Gesù della storia, cioè l’esatto contrario dell’intento programmatico di Ratzinger dichiarato nel primo volume: “Presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il Gesù storico in senso vero e proprio”. E precisamente per questo anche nel nuovo libro, come già nei precedenti, il Papa rivolge ricorrenti attacchi all’esegesi storico-critica (cf. per esempio le pagine 25, 60, 62, 78, 123).

Ma, come tutti coloro che prima di lui hanno tentato di armonizzare i racconti evangelici, anche Ratzinger sorvola sulle contraddizioni tra i resoconti di Matteo e di Luca. Sono esse a rendere impossibile una storia dell’infanzia di Gesù degna di questo nome, come ritengono studiosi del calibro di Brown, Sanders, Meier, Dunn, Barbaglio, Fabris, Maggioni, Jossa, Ortensio da Spinetoli, Pesce e molti altri.

Certo tra Matteo e Luca vi sono elementi comuni: l’identità dei genitori, l’annuncio angelico, il concepimento di Maria senza rapporti sessuali con il marito, la nascita a Betlemme sotto il regno di Erode, il trasferimento a Nazaret. Ma vi sono anche discordanze che non possono essere armonizzate: prima della nascita di Gesù, Maria e Giuseppe o risiedevano a Nazaret (Luca) o risiedevano a Betlemme (Matteo); il loro viaggio da Nazaret a Betlemme o ci fu (Lc) o non ci fu (Mt); Gesù nacque o in casa dei genitori (Mt) o in una mangiatoia (Lc); la strage dei bambini di Betlemme o accadde (Mt) o non accadde (Lc); i genitori o fuggirono in Egitto per salvare il bambino dai soldati di Erode (Mt) o andarono al tempio di Gerusalemme per la circoncisione senza che i soldati di Erode si curassero del bambino (Lc); la famiglia da Betlemme o tornò subito a casa a Nazaret di Galilea (Lc), oppure si recò a Nazaret solo dopo essere stata in Egitto e per la prima volta (Mt).

Opposta è inoltre l’atmosfera complessiva che avvolge la nascita di Gesù, regale e tragica in Matteo, semplice e bucolica in Luca: a chi dare credito? Nella mente dei fedeli i due racconti si mescolano senza distinguere gli elementi dell’uno e dell’altro, e il Papa promuove questa tradizionale mescolanza acritica, ma l’esigenza storiografica non lo consente, i dati stanno o come li presenta Matteo o come li presenta Luca, oppure né in un modo né nell’altro, in ogni caso non sono armonizzabili. Quindi se fosse vero, come scrive Ratzinger, che Matteo e Luca “volevano scrivere storia, storia reale, avvenuta” (p. 26), ci troveremmo davvero in un bel guaio, perché uno dei due evangelisti sicuramente sarebbe in errore.

C’è inoltre la questione di come la notizia del concepimento verginale sia giunta agli evangelisti. Il Papa propende per la “tradizione familiare” (p. 65), nel senso che sarebbe stata Maria a comunicare ai discepoli lo straordinario evento di aver concepito il figlio senza rapporti sessuali. Ma se fosse stato davvero così, non si spiegherebbe la scarsa attenzione del Nuovo Testamento per Maria, compreso il libro degli Atti degli apostoli scritto proprio da Luca che la menziona solo una volta e quasi di sfuggita, mentre dà molto più spazio non solo a Pietro e a Paolo ma persino a personaggi secondari come Lidia la commerciante di porpora. È forse credibile che Luca, sapendo direttamente da Maria del concepimento straordinario di Gesù, negli Atti la trascuri completamente, senza scrivere nulla su dove viveva, cosa faceva, come finì la sua vicenda terrena, e senza averle mai dato neppure una volta la parola? Tutto ciò porta a dubitare molto di quanto sostiene il Papa.

La realtà è che i Vangeli dell’infanzia presentano un profilo storico complessivo abbastanza improbabile. Il dato storico sicuro (la nascita di Gesù) è circondato da una serie di particolari incerti se non improbabili, a cominciare dal luogo della nascita, che per il Papa è ovviamente la tradizionale Betlemme, mentre “la maggioranza degli studiosi dubita che Gesù nacque a Betlemme” (The Cambridge Companion to Jesus, p. 22) e un esegeta cattolico come Raymond Brown è giunto a parlare di “prove positive a favore di Nazaret”.

I Vangeli sono quindi inaffidabili? No, sono degni di fiducia, ma solo a patto di distinguervi diversi livelli di storicità, cioè dati storicamente sicuri, dati probabili e dati improbabili. In particolare i vangeli dell’infanzia sono un’interpretazione del significato esistenziale di Gesù, per manifestare il quale il racconto della sua nascita è stato arricchito di una serie di elementi simbolici, com’era normale nell’antichità per i grandi personaggi. Tutto ciò lungo i secoli è servito ad attrarre l’attenzione su Gesù, perché nel passato l’umanità identificava la presenza del divino con i miracoli e lo straordinario. Oggi però avviene il contrario. Oggi i miracoli e lo straordinario sono più di danno che di aiuto all’autentica comunicazione spirituale. Siamo giunti a una visione del mondo più pacata, più disincantata, più realistica, ai fregi del barocco si preferisce l’austera semplicità del romanico.

Questa maggiore maturità si riflette nel lavoro dell’esegesi biblica mediante il metodo storicocritico, un lavoro serio e altamente qualificato come mai prima d’ora nella storia era avvenuto, un lavoro dal respiro internazionale e interconfessionale i cui risultati si offrono alla coscienza senza forzature dogmatiche. Ratzinger però non ama il metodo storico-critico, lo ritiene dannoso per la fede e forse per questo nel suo libro neppure menziona l’autore dello studio più importante sui vangeli dell’infanzia, il già citato Raymond Brown, sacerdote cattolico, a lungo membro della Pontificia Commissione Biblica. Brown conclude così la sua opera monumentale sui vangeli dell’infanzia: “Qualsiasi tentativo di armonizzare le narrazioni fino a farne una storia coerente è destinato al fallimento” (La nascita del Messia, Assisi 1981, p. 677). Ratzinger neppure menziona Brown, ma proprio per questo la sua opera, nonostante alcune belle pagine di taglio spirituale, va incontro al destino prefigurato dal grande biblista americano.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 25/11/2012 18.08
Titolo:Riproposizione, in chiave devota, del genere ottocentesco delle «vite di Gesù».
Il mondo di Joseph Ratzinger

di Piero Stefani (“Il pensiero della settimana”, 25 novembre 2012)

La Premessa all’ultimo libro di Jospeh Ratzinger - Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù - termina con queste parole: «spero che il piccolo libro, nonostante i suoi limiti, possa aiutare molte persone nel loro cammino con e verso Gesù». Non c’è ragione per dubitare che quella dichiarata costituisca l’effettiva intenzione del papa. Tuttavia, forse ancor più dei due volumi precedenti dedicati a Gesù di Nazaret (2007 e 2011), quest’ultimo sembra guidare il lettore non tanto verso la comprensione del Gesù dei vangeli quanto verso la conoscenza del pensiero di Jospeh Ratzinger. Ciò avviene, in buona parte, a motivo del fatto che Benedetto XVI applica ai due vangeli dell’infanzia. secondo Matteo e secondo Luca, gli stessi criteri adottati per descrivere la vita pubblica di Gesù. Poco spazio è concesso alla riflessione sul loro peculiare genere letterario e nessuna attenzione è riservata al fatto che il vangelo più antico, quello di Marco, trascuri ogni riferimento all’infanzia di Gesù.

Leggere queste pagine significa essere trasportati nel mondo di Benedetto XVI, ambito che, il più delle volte, appare distante dal nostro mondo. Le preoccupazioni del papa non sono le nostre, così come i nostri problemi non sono i suoi. Più volte Ratzinger sostiene che le storie contenute nei primi capitoli di Matteo e Luca prospettano il concreto calarsi dell’universale in uno specifico tempo e in un determinato luogo; l’autore dell’Infanzia di Gesù appare invece lontano dal tempo e dal mondo in cui è chiamato a operare. L’atteggiamento avrebbe tratti di nobiltà se fosse consapevole; di contro risulta evanescente se pretende, come lascia ritenere l’autore, di fornire risposte convincenti a problemi contemporanei.

Se le riflessioni contenute nel testo rispettassero rigorosamente un genere letterario di tipo omiletico-spirituale, il lettore troverebbe in esse spunti belli, alcuni dei quali sarebbero, in effetti, in grado di aiutarlo a progredire nel suo cammino di fede. Tuttavia anche questi passaggi sono indeboliti dalla pretesa del libro di essere non tanto una meditazione quanto una presentazione storica della prima parte della vita di Gesù.

Il bersaglio costante del libro di Ratzinger, più volte dichiarato in maniera esplicita, è la posizione, condivisa dalla gran parte della ricerca biblica attuale, secondo cui le storie dell’infanzia di Gesù non sono storiche nel senso fattuale del termine. Esse si presentano piuttosto come racconti teologici i quali sono veri non perché corrispondono agli avvenimenti in quanto tali, ma perché arricchiscono la comprensione del messaggio evangelico. Il loro stile si imparenterebbe perciò a quello del midrash narrativo. Inoltre, in base alla polisemia propria del genere - ed è il secondo grande obiettivo polemico di Benedetto XVI - quelli di Matteo e Luca sono intesi come due racconti differenti, significativi proprio a motivo della loro irriducibile diversità.

La semplice lettura dell’indice del libro attesta che la posizione di Benedetto XVI è una specie di riproposizione, in chiave devota, del genere ottocentesco delle «vite di Gesù». Il discorso, infatti, si dipana attraverso una specie di successione cronologica di storie provenienti sia da Matteo sia da Luca. In effetti, qua e là, l’autore segnala qualche discrepanza tra i due vangeli, ma esse, in ogni caso, sono sempre reciprocamente compatibili; la ragione di ciò è semplice: tutte hanno alle spalle gli stessi eventi effettivamente accaduti.

Il procedimento di Benedetto XVI è diametralmente opposto a quello della ricerca biblica che parte dalle fonti, le valuta per poi chiedersi se, attraverso esse, si possa risalire agli avvenimenti. Ratzinger parte, invece, dal presupposto che gli avvenimenti siano veri in senso fattuale e, al più, concede una qualche diversità nei modi in cui essi sono teologicamente interpretati. Tutto è accaduto nell’ordine dei fatti: l’apparizione dell’angelo a Zaccaria nel tempio, l’annunciazione nella casa di Nazaret, i sogni di Giuseppe, la nascita a Betlemme, i re magi, la fuga in Egitto, la strage degli innocenti e così via. Anzi, sono proprio questi accadimenti a rivelare l’autentico significato di antiche profezie rimaste per secoli «parole in attesa». Il vaticinio di Isaia pronunciato nel 733 a.C. relativo a una vergine che partorirà un figlio ha aspettato per secoli di essere spiegato, ogni tentativo di darne ragione è rimasto, però, frustrato fino al momento in cui il passo viene citato da Matteo in relazione alla nascita di Gesù (di passaggio, Ratzinger non si preoccupa affatto di precisare che ‘almah in ebraico significa giovane donna, vergine, si dice betulah ) (cfr. p.60-62).

Si dirà che per secoli si è ragionato così come fa ora Benedetto XVI. L’affermazione non appare affatto scontata. Basti pensare che una gran parte dell’iconografia delle storie dell’infanzia deriva dai vangeli apocrifi (in particolare il cosiddetto Proto-vangelo di Giacomo). Quando la si raffigurava nessuno si faceva problema se la palma che si piegò verso la famigliola in fuga verso l’Egitto (rappresentata in vari mosaici antichi) corrispondesse o meno a un fatto storico. Lo stesso vale per «lo sposalizio della Vergine» reso celeberrimo da Raffaello. Quale sia il pensiero di Ratzinger al riguardo non può dirsi in modo esplicito (in tutto il libro non c’è alcun riferimento agli apocrifi), tuttavia pare ragionevole ritenere che neppure lui darebbe credito a queste narrazioni le quali, non a caso, sono appunto apocrife. Benedetto XVI, peraltro, dichiara apertamente la storicità del profeta non ebreo Balaam (p. 107), mentre tace sul fatto se lo stesso criterio sia estendibile anche alla sua asina parlante (Nm 24, 22-35).

Ratzinger insiste più volte sul fatto che il testo evangelico deve parlare anche a noi. Questo presupposto ermeneutico relativizzerebbe la portata dell’accesso storico che consegnerebbe quegli scritti a un remoto passato. Si tratta di un argomento rovesciabile come un guanto. L’istanza di conseguire una comprensione storica è infatti tipicamente nostra. Il testo biblico non può parlare a noi moderni a prescindere da questo tipo di approccio il quale, è ovvio, non è, né vuole essere, assoluto. Peraltro ogni documento è da considerarsi in se stesso storico, non nel senso di narrare sempre e comunque eventi realmente accaduti, ma in quanto testimonia le convinzioni di chi l’ha prodotto. Proprio il presupposto che quei testi ci devono parlare induce a considerarli narrazioni teologiche.

Se l’interesse per il libro fosse circoscritto a coloro che si occupano del pensiero del suo autore, questo terzo e conclusivo volume su Gesù sarebbe persino utile. Purtroppo le cose, con ogni probabilità, andranno in modo diverso. Ciò avverrà a causa del silenzio pubblico (e del dissenso privato) manifestato da molti biblisti. Essi non si sentiranno liberi di parlare e incasseranno senza replicare i fendenti che, in modo sbrigativo, Joseph Ratzinger infligge - in questo caso con poca umiltà - a studi condotti con acume ed erudizioni immensi. Visto in quest’ottica, il sintomo è grave

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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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