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www.ildialogo.org LA CEI E LA PAROLA A "DOUBLE-FACE". Il cardinale Bagnasco e i vescovi di fronte alla crisi. "Anche la Chiesa si indigna". Una nota di Marco Politi - con alcuni appunti,a c. di Federico La Sala

I VESCOVI E LA PAROLA DI DIO: AMORE ("CHARITAS") O MAMMONA ("CARITAS")?! Fatto sta che la prima enciclica di Papa Benedetto XVI (Deus caritas est, 2006) è per Mammona. E si fa ancora finta di non vedere e non sapere ...
LA CEI E LA PAROLA A "DOUBLE-FACE". Il cardinale Bagnasco e i vescovi di fronte alla crisi. "Anche la Chiesa si indigna". Una nota di Marco Politi - con alcuni appunti

Ai cittadini il presidente della Cei chiede di vigilare sui propri governanti con un “più penetrante discernimento, per non cadere in tranelli mortificanti la stessa democrazia”. Si può dire che la gerarchia ecclesiastica questo discernimento lo ha sempre esercitato verso i governi passati?


a c. di Federico La Sala

APPUNTI SUL TEMA.

SIAMO ANCORA QUI....:

SINODO DEI VESCOVI 2008: L’ANNO DELLA PAROLA DI DIO - AMORE ("CHARITAS") O MAMMONA ("CARITAS")?! Fatto sta che la prima enciclica di Papa Benedetto XVI (Deus caritas est, 2006) è per Mammona.

LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE. AL GOVERNO DELLA CHIESA UN PAPA CHE PREDICA CHE GESU’ E’ IL FIGLIO DEL DIO "MAMMONA" ("Deus caritas est") ... E AL GOVERNO DELL’ **ITALIA** UN PRESIDENTE DI UN PARTITO (che si camuffa da "Presidente della Repubblica"), che canta "Forza Italia" con il suo "Popolo della libertà" (1994-2012).  

  IL MAGISTERO EQUIVOCO DI BENEDETTO XVI OGGI (2006-2012) E CIO’ CHE OGNI BUON CATECHISTA INSEGNAVA IERI (2005). Una lezione di don Mauro Agreste - con alcune note

IL PAPATO DI BENEDETTO XVI: SETTE ANNI DI OFFESE ALLA CHIESA E ALL’ITALIA. Una nota su un incontro del 2005 e sugli eventi successivi, fino ad oggi (Federico La Sala)

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Anche la Chiesa s’indigna

di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 25 settembre 2012)

Sulle macerie d’Italia il cardinale Bagnasco si schiera dalla parte della “rabbia degli onesti” contro la corruzione e gli scandali esplosi nelle Regioni. Immoralità e malaffare al centro e in periferia - scandisce - provocano “indignazione” mentre la classe politica “continua a sottovalutare” il marcio.

“Possibile che l’arruolamento nelle file della politica sia ormai così degradato?”, esclama. Sono parole forti quelle del presidente della Cei ad apertura dei lavori del Consiglio permanente, ma pronunciate come se la Chiesa istituzionale in questi vent’anni fosse stata super partes, inesorabile nel combattere malapolitica e malaffare.

Ma non è così. Nella lunga stagione berlusconiana, la Cei è stata alla finestra mentre si stravolgeva la legalità, si approvava la “modica quantità” di falso in bilancio, si aggredivano i giudici, si approvava il “Porcellum” e ninfette labbra-a-canotto calavano tra i “rappresentanti del popolo”.

Sì, a volte qualche bacchettata cardinalizia colpiva le indecenze più eccessive, richiamando i comandamenti della Costituzione, ma appena si doveva dire “basta” sul serio - Boffo ci provò sul giornale dei vescovi tre anni fa - il direttore dell’Avvenire fu lasciato decapitare da Feltri e la gerarchia ecclesiastica si è riallineata nel tacito appoggio al Cavaliere. La spina è stata staccata solo quando l’Europa ha deciso.

Anche ora il “cattolico impegnato in politica” Formigoni può mentire agli elettori su vacanze pagate dai lobbisti (si è mai visto qualcuno rimborsare un amico per migliaia di euro, tirando rotoli di banconote dalla tasca, senza usare un assegno o una carta di credito?) e sostenere con impudenza che il Papa prega per lui, mentre i vertici della Chiesa tacciono su questo strano credente.

Manca nella relazione al Consiglio permanente una riflessione autocritica. Certo, i cittadini sanno, come Bagnasco, che in alto si parla di austerità e tagli e poi “si scopre che ovunque si annidano cespiti di spesa assurdi e incontrollati”.

Però quanti vescovi nelle realtà locali hanno ignorato le malversazioni di fameliche classi dirigenti, cercando di ottenere qualche sussidio per le proprie opere? Ai cittadini il presidente della Cei chiede di vigilare sui propri governanti con un “più penetrante discernimento, per non cadere in tranelli mortificanti la stessa democrazia”. Si può dire che la gerarchia ecclesiastica questo discernimento lo ha sempre esercitato verso i governi passati? Non è poi trascorso tanto tempo da quando il cardinale Ruini premeva su Casini perché tornasse ad appoggiare il Berlusconi degli scandali.

E tuttavia l’intervento di Bagnasco rivela la grande preoccupazione che la Chiesa nel suo complesso fatta di preti, parrocchie, suore, diocesi, associazioni e anche vescovi e singoli fedeli - nutre per la crisi attuale. Undici milioni di euro sono stati raccolti per realizzare una ventina di Centri di comunità nelle zone terremotate dell’Emilia. Le Caritas regionali sono in azione. C’è allarme per i giovani immersi in un eterno precariato, allarme per la disoccupazione e l’inoccupazione e la “supremazia arbitraria della finanza” sulla viva società. C’è angoscia per il crescere della povertà. Bagnasco ribadisce l’importanza della “lotta inesorabile alla corruzione”.

Sul piano delle prospettive politiche la Cei si muove con cautela. Chi pensa che sarà neutrale alle elezioni, si sbaglia. La strategia è di rafforzare il Nuovo Centro di Casini e andare a un Monti-Bis o almeno una riedizione della grande coalizione (come risulta dall’indagine Ipsos/Acli sull’elettorato cattolico). Perciò la relazione insiste sulla necessità che il Governo continui il suo lavoro e “metta il Paese al riparo definitivo” da rischi e capitolazioni. Bagnasco esorta i politici a “non bruciare alcun ponte” e si spende per “competenza e autorevolezza” riconosciute internazionalmente.

Durissimo l’attacco del presidente della Cei all’ipotesi di una legge sulle coppie di fatto (implicitamente anche all’adozione di figli da parte di coppie gay) e all’autodeterminazione del paziente nel testamento biologico rudemente ricompresa nell’etichetta di “eutanasia”. Con toni da pre-campagna elettorale Bagnasco lancia l’allarme sulle “conseguenze nefaste di apparenti avanguardie?”. É un avvertimento pesante al centro-sinistra. Alle elezioni la Cei ci sarà eccome, e il Consiglio permanente di gennaio darà il là.



Martedì 25 Settembre,2012 Ore: 10:14
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 25/9/2012 10.18
Titolo:I TEMI PRINCIPALI DELLA PROLUSIONE DI BAGNASCO ...
CHIESA - CONSIGLIO PERMANENTE CEI

«Stringere i ranghi per amore all’Italia» *

Il cardinale Bagnasco ha aperto questo pomeriggio i lavori del Consiglio permanente della Cei, che proseguiranno fino a giovedì. In mattinata il presidente della Cei è stato ricevuto dal Papa, in udienza nel palazzo apostolico di Castelgandolfo. Nella Prolusione, il cardinale affronta subito il tema più drammatico di questi mesi, la crisi economica, che "interroga" i vescovi.

UN POPOLO TENACE, NON SCORAGGIAMOCI Occorre reagire alla tentazione dello scoraggiamento - dice Bagnasco riecheggiando le parole del Papa -, ma c’è una carenza di una visione globale, capace di tenere insieme i diversi aspetti dei problemi. "Il nostro popolo tiene, resiste, non si arrende e vuol reagire, esige la nuda verità delle cose". Gli italiani sono capaci di sacrifici ma non più a occhi chiusi.

TESTIMONI ATTENDIBILI DELLA SALVEZZA Il cardinale spiega che non si può essere "indifferenti alla sorte di chi è più sfortunato di noi", e cita i testimoni forti del nostro tempo: don Ivano Martini, il parroco morto nel terremoto dell’Emilia, il cardinale Martini, mons. Maffeo Ducoli, vescovo emerito di Belluno, deceduto di recente e poi i coraggiosi sacerdoti e vescovi del Sud, impegnati a riscattare la loro terra.

CHIESA UNITA INTORNO A PIETRO Bagnasco rimanda poi alla figura di Benedetto XVI, "nitida e disarmante". Ed ecco il grido di orgoglio: "La Chiesa non è moribonda, ma è forse l’unica a lottare per i diritti veri dei bambini, degli anziani e deglia mmalati, della famiglia, mentre la cultura dominante vorrebbe isolare e sterilizzare ciò che di umano resta nella nostra civiltà".

UN ANNO PASTORALE BENEDETTO All’avvio dell’anno pastorale nelle comunità cristiane, un pensiero va all’appuntamento di ottobre con il Sinodo mondiale dei vescovi sulla Nuova evangelizzazione e sul successivo Anno della fede. L’invito a di sviluppare al massimo le potenzialità delle comunità, per "bussare a ogni porta e a offrirci alla libertà di ogni famiglia".

PORTA DELLA FEDE E SGUARDO SUL MONDO Il cardinale volge lo sguardo ai "fantasmi anti-religiosi" che fanno la loro comparsa anche in Europa e ai cristiani perseguitati in troppe parti del mondo, nella "sostanziale indifferenza della comunità internazionale", e invoca il rispetto e la libertà religiosa.

SACERDOTI ENTUSIASTI, LAICI COERENTI Un capitolo della prolusione è dedicati a ruolo del clero e al laicato. In un’epoca di forte crisi delle vocazioni, "le anime cercano preti entusiasti, con una chiara identità, che li renda presenti nel mondo senza che siano del mondo". Quanto al laicato, serve un nuovo slancio e di una nuova generazione di politici cristianamente ispirati, capaci di dire una parola chiara e coraggiosa.

L’ITALIA ESCA DAL VICOLO CIECO Dato il momento particolarmente serio, la Chiesa fa appello alla responsabilità della società, perché "è necessario stringere i ranghi per amore al Paese": è l’ora di una "solidarietà lungimirante" - dice Bagnasco - che si concentri sui problemi dell’economia, del lavoro, della rifondazione dei partiti, delle procedure partecipative ed elettive, di una lotta inesorabile alla corruzione. "Dispiace molto che anche dalle Regioni stia emergendo un reticolo di corruttele e di scandali, inducendo a pensare che il sospirato decentramento dello Stato in non pochi casi coincide con una zavorra inaccettabile. Che l’immoralità e il malaffare siano al centro come in periferia non è una consolazione, ma un motivo di rafforzata indignazione, che la classe politica continua a sottovalutare. Ed è motivo di disagio e di rabbia per gli onesti. Possibile che l’arruolamento nelle file della politica sia ormai così degradato? Si parla di austerità e di tagli, eppure continuamente si scopre che ovunque si annidano cespiti di spesa assurdi e incontrollati".

Alla luce di questo, occorre prepararsi con rigore e intelligenza alle prossime elezioni, per un rinnovamento reale delle formazioni politiche.

POVERTA’ CRESCENTE, ASSILLO PER I GIOVANI La crisi morde ed è l’ora della "solidarietà lungimirante". Il clientelismo ha creato nel tempo situazioni oggi insostenibili e i giovani sono il nostro maggiore assillo, con le piaghe del precariato, che sta diventando anche una "malattia dell’anima". "Siamo con questi giovani - scandisce Bagnasco - perché è intollerabile lo sperpero antropologico di cui, lo malgrado, sono attori.

FAMIGLIA E VITA, IMPEGNO ANCHE LAICISSIMO "La gente non perdonerà la poca considerazione verso la famiglia così come la conosciamo", dice il presidente della Cei. "Specialmente in tempo di crisi si finisce per parlare d’altro, per esempio si discute di unioni civli che sono sostanzialmente un’imposizione simbolica, tanto poco in genere vi si è fatto ricorso là dove il registro è stato approvato". Si parla di libertà di scelta, osserva il cardinale, ma si vogliono assicurare gli stessi diritti della famiglia fondata sul matrimonio, senza l’aggravio dei suoi doveri. "Si modifica così il significato proprio del matrimonio, segnando il pensare sociale e l’educazione dei figli". Riconoscere le unioni di fatto non è neutrale, pur non obbligando alcuni, è fortemente condizionante per tutti. "Perché non si vuol vedere? Non si vuole riconoscere le conseguenze nefaste di queste apparenti avanguardie?". Bagnasco poi invoca sostegni per la famiglia, come luogo privilegiato su cui si fonda una società. "Un impegno sacrosanto e insieme laicissimo".

Nello stesso modo, si attende il varo definitivo, da parte del Senato, del provedimento relativo al fine vita (Dat). "Rimane un ultimo passo da compiere, se non si vuole che un’altra legislatura si chiuda con un nulla di fatto". La Chiesa è ugualmente impegnato nella salvaguardia della dignità degli embrioni, così come dei migranti che varcano il mare alla ricerca di una vita migliore.

* Avvenire, 24 settembre 2012
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 25/9/2012 11.13
Titolo:A SCUOLA DI ... GIULIO CESARE, IL PONTEFICE ATEO
Giulio Cesare, il pontefice ateo

Seguace di Epicuro, fu eletto alla massima carica religiosa

di Luciano Canfora (Corriere della Sera, 25.09.2012)

Nell’anno 63 a.C. Giulio Cesare, non ancora quarantenne, grazie ad una campagna elettorale costosissima che rischiò di portarlo definitivamente alla rovina, riuscì a farsi eleggere pontefice massimo, la più alta carica religiosa dello Stato romano. Lo scontro elettorale era stato durissimo; il suo principale antagonista Quinto Lutazio Catulo aveva messo in atto la più pervasiva corruzione elettorale fondata sulla capillare compravendita del voto. Cesare rispose con la stessa arma. Il «mercato politico» - come ancora oggi elegantemente lo si chiama - raggiunse in quell’occasione una delle sue vette. Cesare dovette indebitarsi a tal punto per far fronte ai costi di una tale oscena campagna elettorale da lasciarsi andare, parlando con la madre, alla celebre uscita: «Oggi mi vedrai tornare o pontefice massimo o esule». È Plutarco, al solito egregiamente informato su tutto quell’aspetto del reale che la storia «alta» trascura, a darci la notizia e a chiosarla con una interessante considerazione: con tale vittoria inattesa, e contro un avversario così forte e così autorevole, Cesare «intimidì gli ottimati, i quali capirono che avrebbe potuto indurre il popolo a qualunque audacia» (Vita di Cesare, 7).

Subito dopo esplode la congiura di Catilina. Cesare, che è pretore designato (entrerà in carica nel gennaio 62), è lambito dalla congiura. Ed in Senato, di fronte alla pressione fortissima di chi (come Cicerone e Catone) propugna l’esecuzione capitale dei congiurati, ormai scoperti e arrestati, Cesare sceglie di motivare, con argomenti tratti dalla filosofia di Epicuro, la proposta di lasciarli in vita. Con l’argomento che, se l’anima è mortale, la pena di morte è più lieve di una lunga detenzione! Sappiamo quanto si sia speculato da parte dei contemporanei, e poi degli studiosi moderni, intorno alla implicazione o meno di Cesare nella congiura. Cicerone - e non lui soltanto - era convinto che Cesare fosse compromesso: ma non ritenne di affermarlo apertamente, se non quando il dittatore era morto. Certo, la vittoria elettorale che consentì a Cesare di assumere il pontificato massimo venne al momento opportuno e rivestì lo stesso Cesare di una nuova sacralità protettiva, quanto mai giovevole in quel momento.

Essere implicati in un’iniziativa eversiva segreta si può in molti modi, che vanno dalla diretta partecipazione alla semplice, passiva consapevolezza del progetto. Cesare non era così imprudente da porsi in una posizione tale da divenire ricattabile, una volta fallito il piano, da compagni imprudenti o sfortunati. Cercò però di salvarli parlando in Senato nel modo in cui Sallustio, suo seguace, lo fa parlare, scomparsi ormai tutti i protagonisti della vicenda.

Decimo Silano aveva proposto la pena capitale e la proposta incontrava largo consenso. Cesare interviene per capovolgere una situazione difficilissima e si sforza di presentare la pena di morte come troppo lieve, con l’argomento che - nella sventura - «la morte non è un supplizio, è un riposo agli affanni», in quanto - prosegue in perfetto stile epicureo - «dopo la morte non c’è posto né per il dolore né per il piacere» (Sallustio, Congiura di Catilina, 51). Fa una notevole impressione il pontefice massimo che impartisce agli altri senatori una breve ed efficace (e strumentale) lezione di filosofia epicurea. Era noto che Cesare avesse, come tantissimi nelle classi colte romane, subìto l’influsso o sentito il fascino di quel lucido pensiero anticonsolatorio.

Replicando a Cesare in quel dibattito memorabile, che si concluse con la decisione illegale di procedere all’esecuzione capitale immediata, e senza processo, dei congiurati, Catone ironizzò: Cesare - disse - pontefice massimo, pretore designato, «ci ha amabilmente intrattenuto (bene et composite disseruit) sulla vita e sulla morte»; «se non erro - soggiunse - ha sostenuto teorie false, ha dichiarato infatti di non credere a quello che si narra degli inferi, che cioè i malvagi andranno a finire, dopo la morte, in contrade diverse da quelle destinate ai buoni: contrade tetre, incolte, sinistre, spaventevoli». Questa lezione di corretta credenza religiosa, impartita al pontefice massimo appena eletto, è una delle più sottili perfidie dell’oratoria politica di tutti i tempi.

Naturalmente il problema da porsi è come mai nella società politica romana fosse possibile e conciliabile con il mos maiorum e con la stabilità delle istituzioni avere un «papa ateo».
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 26/9/2012 09.20
Titolo:Bagnasco fa testamento
Bagnasco fa testamento

di Luca Kocci (il manifesto, 25 settembre 2012)

Il riconoscimento delle unioni di fatto avrebbe «conseguenze nefaste»: l’intera società andrebbe «al collasso». Era previsto che il cardinal Bagnasco, dando ieri il via ai lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana - in corso a Roma fino a giovedì prossimo - sarebbe intervenuto sulla questione dei registri comunali delle unioni di fatto, avviati da diverse amministrazioni comunali, fra cui quella milanese di Pisapia. Ma i toni e le parole usate dal presidente dei vescovi italiani sono state particolarmente, e inusualmente, dure.

Del resto le elezioni si avvicinano, gli schieramenti si agitano, ed è bene fissare preventivamente i paletti, come pure aveva fatto Ratzinger sabato scorso, ricevendo a Castel Gandolfo Pieferdinando Casini e i rappresentanti dell’Internazionale democristiana.

C’è la crisi, ma si perde tempo a «parlare d’altro», cioè di unioni civili, lamenta Bagnasco. In questo modo non si vuole «dare risposta a problemi reali», ma «affermare ad ogni costo un principio ideologico, creando dei nuovi istituti giuridici che vanno automaticamente ad indebolire la famiglia». Idea sbagliata e anche inutile, aggiunge il cardinale, che fa finta di non capire: c’è già il matrimonio civile, che basta e avanza, ma gli interessati vi si «sottraggono» - ovviamente le coppie omosessuali non sono minimamente contemplate -, perché «ci si vuol assicurare gli stessi diritti della famiglia fondata sul matrimonio, senza l’aggravio dei suoi doveri». Se il legislatore riconoscesse le unioni di fatto, «il significato proprio dell’istituzione matrimoniale» sarebbe modificato e «il pensare sociale» verrebbe «pesantemente segnato».

Quindi l’attacco diretto ai fautori del riconoscimento delle unioni: «Quando si vuole ridefinire la famiglia esclusivamente come una rete di amore, dove c’è amore c’è famiglia si dice, disancorata dal dato oggettivo della natura umana, un uomo e una donna, e dalla universale esperienza di essa, la società deve chiedersi seriamente a che cosa porterebbe tale riduzione, a quali nuclei plurimi e compositi, non solo sul versante numerico, ma anche su quello affettivo ed educativo».

Ma la risposta già c’è: «La società, come già si profila in altri Paesi, andrebbe al collasso». La strada, quindi, va percorsa nella direzione opposta, tanto più «nell’attuale congiuntura», in cui la famiglia è l’unico ammortizzatore sociale solido, e quindi va «sostenuta concretamente con provvedimenti sul fronte politico ed economico». È uno dei «principi irrinunciabili, e per questo non in discussione», a cui i politici cattolici devono adeguarsi, senza mercanteggiare «ciò che non è mercanteggiabile». Ricordando sempre, profetizza il presidente della Cei, che «la gente non perdonerà la poca considerazione verso la famiglia così come la conosciamo».

Sul fronte dei «principi non negoziabili» c’è un secondo punto: il testamento biologico. Bagnasco chiede «il varo definitivo, da parte del Senato, del provvedimento relativo al fine vita». Un testo più che controverso - e anche per questo fatto scivolare nelle sabbie mobili di Palazzo Madama - che però per il capo dei vescovi è frutto di «un grande e proficuo lavoro svolto a difesa della vita umana». E così il programma politico della Cei in vista delle prossime elezioni è pronto: chiunque voglia evitare scomuniche dall’alto sa cosa deve e non deve fare.

Chi invece appare già scomunicata è Renata Polverini, sebbene, come è prassi, non venga nominata esplicitamente, ma solo evocata. «Dispiace molto che anche dalle Regioni stia emergendo un reticolo di corruttele e di scandali», dice Bagnasco. «Che l’immoralità e il malaffare siano al centro come in periferia non è una consolazione, ma un motivo di rafforzata indignazione». È necessario che i cittadini, «insieme al diritto di scelta dei propri governanti, esercitino un più penetrante discernimento, per non cadere in tranelli mortificanti la stessa democrazia». Un discernimento che però dovrebbero praticare anche i vescovi, che tre anni fa, durante la campagna elettorale per le regionali del Lazio, quando c’era da sconfiggere il «mostro laicista» Bonino, alla Polverini impartirono solenni benedizioni.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 26/9/2012 16.21
Titolo:AGLI ORDINI DEL PONTEFICE MASSIMO. cenni storici su origine e sviluppo del suo p...
Il papa monarca-assoluto: cenni storici su origine e sviluppo del suo potere.

di Leonardo Boff ("Jornal do Brasil”, 17 settembre 2012) *

Abbiamo scritto precedentemente su queste pagine che la crisi della Chiesa-istituzione-gerarchia ha le sue radici nell’assoluta concentrazione di potere nella persona del Papa, potere esercitato in modo assolutistico, lontano da qualsiasi partecipazione dei cristiani e fonte di ostacoli praticamente insormontabili per il dialogo ecumenico con le altre Chiese.

All’inizio non fu così. La Chiesa era una comunità di fratelli. Non esisteva la figura del Papa. Nella Chiesa comandava l’Imperatore. Era lui il sommo pontefice (Pontifex Maximus), non il vescovo di Roma o di Costantinopoli, le due capitali dell’Impero. E così è l’imperatore Costantino a convocare il primo concilio ecumenico a Nicea (325), per decidere la questione della divinità di Cristo.

E di nuovo nel secolo VI è l’imperatore Giustiniano che ricuce Oriente e Occidente, le due parti dell’impero, reclamando per se stesso il primato di diritto e non quello di vescovo di Roma. Tuttavia, per il fatto che Roma vantava le tombe di Pietro e Paolo, la Chiesa romana godeva di particolare prestigio, come del resto il suo vescovo che davanti agli altri deteneva "la presidenza nell’amore" e esercitava il "servizio di Pietro", quello di confermare i fratelli nella fede, non la supremazia di Pietro nel comando.

Tutto cambia con Papa Leone I (440-461), grande giurista e uomo di Stato. Lui copia la forma romana del potere che si esprime nell’assolutismo e autoritarismo dell’imperatore; comincia a interpretare in termini strettamente giuridici i tre testi del N.T. riferibili al primato di Pietro: Pietro, in quanto roccia su cui si costruirebbe la Chiesa (Mt 16,8); Pietro, colui che conforta i fratelli nella fede ( Lc 22,32); e Pietro come pastore che deve prendersi cura delle pecore (Gv 21,15). Il senso biblico e gesuanico va nella direzione diametralmente opposta, quella dell’amore, del servizio e della rinuncia a ogni onore. Ma l’interpretazione dei testi alla luce del diritto romano - assolutistico - ha il sopravvento. Coerentemente, Leone I assume il titolo di Sommo Pontefice e di Papa in senso proprio.

Subito dopo gli altri papi cominciarono a usare le insegne e il vestiario imperiali, porpora, mitra, trono dorato, pastorale, stole, pallio, mozzetta: si creano palazzi con rispettive corti; si introducono abiti per vita da palazzo in vigore fino ai nostri giorni con cardinali e vescovi, cosa che scandalizza non pochi cristiani che leggono nei vangeli che Gesù era un operaio povero e senza fronzoli. Così finisce per essere chiaro che i gerarchi stanno più vicini al palazzo di Erode che alla culla di Betlemme.

C’è però un fenomeno che noi stentiamo a capire: nella fretta di legittimare questa trasformazione per garantire il potere assoluto del Papa, si fabbricano documenti falsi.

Primo. Una pretesa lettera del Papa Clemente (+96), successore di Pietro in Roma, diretta a Giacomo, fratello del Signore, il grande pastore di Gerusalemme, nella quale si dice che Pietro, prima di morire, aveva stabilito che lui, Clemente, sarebbe stato l’unico e legittimo successore. Evidentemente anche gli altri che sarebbero venuti dopo.

Falsificazione ancora più grande è la Donazione di Costantino, documento fabbricato all’epoca di Leone I, secondo il quale Costantino avrebbe dato in regalo al Papa di Roma tutto l’Impero Romano.

Più tardi, nelle dispute con i re Franchi, fu creata un’altra grande falsificazione le Pseudodecretali di Isidoro, che mettevano insieme documenti e lettere come provenienti dai primi secoli, il tutto a rafforzare il Primato giuridico del Papa di Roma.

Tutto culmina con il codice di Graziano (sec. XIII), ritenuto la base del diritto canonico, ma che poggiava su falsificazioni e norme che rafforzavano il potere centrale di Roma oltre che su canoni veri che circolavano nelle chiese.

Evidentemente tutto ciò viene smascherato più tardi, senza che con questo avvenga una qualsiasi modificazione nell’assolutismo dei Papi. Ma è deplorevole, e un cristiano adulto deve conoscere i tranelli usati e fabbricati per gestire un potere che cozza contro gli ideali di Gesù e oscura il fascino del messaggio cristiano, portatore di un nuovo tipo di esercizio del potere servizievole e partecipativo.

In seguito si verifica un crescendo nel potere dei Papi. Gregorio VII (+1085) nel suo Dictatus Papae (dittatura del Papa) si autoproclamò Signore assoluto della Chiesa e del mondo; Innocenzo III (+1216) si annuncia come vicario e rappresentante di Cristo; e infine Innocenzo IV (+1.254) si atteggia a rappresentante di Dio. Come tale sotto Pio IX, nel 1.870, il Papa viene proclamato infallibile in fatto di dottrina e morale.

Curiosamente, tutti questi eccessi non sono mai stati ritrattati o corretti dalla Chiesa gerarchica, perché questa ne trae benefici. Continuano a valere come scandalo per coloro che ancora credono nel Nazareno, povero, umile artigiano e contadino mediterraneo perseguitato e giustiziato sulla croce e risuscitato contro ogni ricerca di potere, e sempre più potere, perfino dentro la Chiesa. Questa comprensione commette una dimenticanza imperdonabile: i veri vicari-rappresentanti di Cristo, secondo il vangelo di Gesù (Mt 25,45) sono i poveri, gli assetati, gli affamati. La gerarchia esiste per servirli non per sostituirli.

Tradotto da Romano Baraglia

* Fonte: Incontri di Fine settimanana
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 27/9/2012 21.49
Titolo:Laziogate, le colpe del Vaticano ...
DON PAOLO FARINELLA - Laziogate, le colpe del Vaticano *

Come ho scritto tante volte, negli anni scorsi e a ridosso del cambio di guardia del governo italiano, imposto dall’Europa, il fallimento su tutta la linea dell’usurpatore Berlusconi non ha significato la fine delle disgrazie italiane. Anzi, adesso vengono allo scoperto con più veemenza perché è l’inizio di una fine tragica che durerà a lungo. Ho scritto, in epoca non sospetta, cioè anni addietro su questi «pacchetti» che il «berlusconismo» come virus infettivo ha inficiato il tessuto vitale del nostro Paese e saranno necessari decenni (dicevo 70 anni) di disintossicazione per cominciare a respirare aria salubre.

I fatti sono davanti a noi. Quando c’erano Pci e Dc, c’erano anche processi di selezione politica, aberranti se si vuole, come la supremazia del partito e il clericalismo raccomandatizio, che fungeva da deterrenza e c’erano «scuole di formazione politica» che preparavano alla responsabilità pubblica. Da quando Berlusconi ha sdoganato l’indecenza e i fascisti, facendo accettare il suo conflitto d’interessi come «sacrificio personale per la patria», la politica è stata invasa dalle cavallette senza testa e senza anima: predoni e prostitute, ladri e corrotti, mafiosi e malavitosi ... tutti hanno avuto accesso indiscriminato alla tavola della politica, trasformata in una mangiatoia a prescindere.

Il deserto è davanti a noi. Vent’anni di berlusconismo ed ecco il risultato: il Lazio, la Lombardia, la Calabria, il Molise e a continuare. Certo, quelli del Pd non scherzano nemmeno e pare che ce la mettano tutta per fare a gara nel tentativo di superare la destra, ma nonostante si sforzino non ci riescono perché la base è onesta, sana, lavoratrice, vive del proprio stipendio, onora gli impegni. La destra no, non può per essenza propria: la base è profittatrice, raccomandata, tendente al furto costitutivo, vuole essere furba, ricca e anche cattolica con l’imprimatur vaticano.

Avvenire, il giornale dei vescovi italiani, sabato 22 settembre 2012 riporta: «Oggi anche il presidente della Conferenza episcopale italiana, Angelo Bagnasco, è intervenuto sulla vicenda. Gli sprechi di cui si sente parlare in questi giorni “sono una cosa vergognosa”, ha detto l’arcivescovo di Genova. “Le ristrettezze devono farci stringere gli uni agli altri con maggiore bontà”, ha aggiunto: “pensare solo a noi stessi sarebbe egoista e miope”». L’Avvenire ha la memoria corta e non può fermarsi ad un cenno senza dire il dritto e il rovescio di come stanno le cose, perché se lo fa diventa immoralmente complice. Proviamo a chiarire per noi, che di solito seppelliamo la memoria passata e dimentichiamo, quasi fossimo affetti da alzheimer politico.

Aprendo i lavori del consiglio di presidenza della Cei, il giorno 22 settembre 2012, il cardinale di Genova e presidente della stessa Cei, Angelo Bagnasco, ha parlato di «un reticolo di corruttele e di scandali» per cui «è l’ora di una lotta penetrante e inesorabile alla corruzione». Ottima risposta in tempo reale. In verità mi sarei anche aspettato un vero atto di contrizione e di pentimento, le scuse dei vescovi a tutto il popolo italiano per avere sostenuto per 18 anni la fucina della corruzione, Silvio Berlusconi e il suo sistema di ladrocinio. Alle elezioni regionali laziali, la Cei appoggiò a spada tratta la candidatura di Renata Polverini alla presidenza della regione Lazio con tutte le forze «cattoliche». Bisogna ricordare cosa avvenne, altrimenti non si capisce cosa stia succedendo oggi.

Alle elezioni regionali del Lazio (28-29 marzo 2010), nel deserto della politica decaduta come un piombo nel vuoto, si candidò Emma Bonino, sostenuta dai radicali e dopo un po’ di torcicollo, anche da quella che eufemisticamente veniva chiamata «sinistra» (dal Pd a Sel). Emma Bonino, che era stata Commissario europeo stimatissima ed era vice presidente del Senato, aveva ufficialmente due handicap: era radicale e abortista. La sua vera colpa, però, fu l’impegno, se fosse stata eletta, a mettere drasticamente mano alla riforma della sanità regionale totalmente in mano privata: cliniche e servizi di istituti religiosi e privati affaristi. Se ciò si fosse realizzato, sarebbe finita la cuccagna dell’allegra compagnia.

Per evitare l’affronto di questa prospettiva che avrebbe visto una «abortista» e laica a capo della Regione Lazio, la «regione del papa» (!!!), l’ex presidente della Cei, il cardinale Camillo Ruini, il 10 gennaio 2010, nella sede del Seminario Romano, dove risiedeva, invitò a colazione il presidente del consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi e il suo reggi-oscenità e ombra complice, il nobiluomo di S. Santità Giovanni Letta, sottosegretario alla presidenza del consiglio, per mettere a punto insieme una strategia per scongiurare la vittoria di Emma Bonino che tutti i sondaggi davano per scontata.

I tre moschettieri si coalizzarono sulla candidatura di Renata Polverini, voluta da Berlusconi e Fini, donna insignificante, fascista e segretaria dello sparuto sindacato destrorso Ugl, da contrapporre all’altra donna con tutta la potenza di fuoco di una vera macchina da guerra agguerrita: l’influenza della gerarchia cattolica, le tv, i giornali e i rotocalchi di proprietà del capo banda e l’arte sottile del nobiluomo si mise in moto per convincere l’Udc di Pierferdinando Casini a fare parte della compagnia massonica. Non andarono tanto per il sottile, mettendo in moto ogni strumento lecito e illecito, sturando senza remore la fogna della corruzione, pur di fare vincere la destra. Era questione di vita o di morte per Berlusconi a livello governativo e per la Cei e il Vaticano a livello d’immagine e d’influenza. Il Vaticano era terrorizzato dalla vittoria di Emma Bonino perché, in caso di vittoria, il papa avrebbe dovuto riceverla e certamente non poteva prevedere i discorsi che avrebbe fatto «davanti al papa».

Per farla breve vennero eletti «i rappresentanti del malaffare» come Fiorito e compagni di merenda, Er Batman de Anagni. Quando nel V secolo in Italia scesero i vandali, furono più generosi e non si papparono tutto. Questi famelici e idrovore non hanno avuto rispetto per alcuno. La Polverini ha tagliato i sussidi ai disabili, ha ridotto alla fame la povera gente, ma ha approvato con la sua giunta e il suo consiglio leggi per distribuire soldi pubblici ai gruppi regionali e ai singoli consiglieri: 100.000,00 euro (diconsi cen-to-mi-la-eu-ro). Senza l’appoggio dei sedicenti cattolici e della gerarchia cattolica Polverini & C. non sarebbero stati eletti, ai disabili non sarebbero stati tolti 150 milioni di aiuti e oggi il presidente della Cei non si scandalizzerebbe a buon mercato.

Il 25 giugno 2012 parlando agli assistenti delle associazioni cattoliche, fu lo stesso segretario del cardinale Angelo Bagnasco, mons. Mariano Crociata a dire con disarmante ingenuità: «E’ impressionante come tanta nostra gente (leggi: cattolici che appoggiamo e di cui ci serviamo, ndr) sia parte integrante di quella folla ... di corrotti e corruttori, di evasori e parassiti, di profittatori e fautori di illegalità diffusa, difensori sistematici della rivendicazione dei diritti nell’ignoranza, se non nella denigrazione, dei doveri».

Tutti costoro fanno a gara per farsi fotografare col papa e con i cardinali, i quali non disdegnano, anzi «posano» beati e beoti con poco e nulla discernimento. Da mesi non si parla che dell’abisso in cui è caduta Comunione e Liberazione, rappresentata dal «povero, vergine e ubbidente» Roberto Formigoni che di corruttela ha intessuto la gestione della Regione lombarda, vendendo morale e religiosità a chi pagava meglio a suon di milioni, a spese della collettività. Non dovevano essere i custodi gelosi del bene comune e della dignità della persona? Il Celeste melmoso ha avuto anche il coraggio di dire al Meeting di Rimini che il papa gli ha fatto sapere che «prega per lui», con ciò volendo dire che stava sotto l’ascella papalina. Se ci stava comodo, lui! Da parte vaticana non c’è stata alcuna smentita, quindi? L’inferno esiste e si è spalancato davanti a noi. Purtroppo non fa distinzione e sta inghiottendo tutto e tutti.

* micromega.blogautore.

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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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