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www.ildialogo.org I PESCI DEL WEB E LA RETE DELLA CYBERTEOLOGIA "CATTOLICA": L'APOLOGIA DEL "CRISTIANEISMO" RATZINGERIANO DI ANTONIO SPADARO, DIRETTORE DELLA "CIVILTA' CATTOLICA". Una nota di Claudio Canal - con note,a c. di federico La Sala

ESPORTARE IL CATTOLICESIMO NELLA RETE: LA CYBER-TEOLOGIA POLITICA RATZINGERIANA DEL "LEI NON SA CHI SONO IO" CONTRO IL CRISTIANESIMO DELLA RETE PARITARIA ("PEER-TO-PEER")!. CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE ...
I PESCI DEL WEB E LA RETE DELLA CYBERTEOLOGIA "CATTOLICA": L'APOLOGIA DEL "CRISTIANEISMO" RATZINGERIANO DI ANTONIO SPADARO, DIRETTORE DELLA "CIVILTA' CATTOLICA". Una nota di Claudio Canal - con note

La Chiesa, un social network che rifiuta il peer-to-peer. "(...) è inaccettabile per l’autore ogni forma di Chiesa Opensource in cui i fedeli partecipino alla sua costruzione e al suo «mantenimento» in vita in una specie di Wikicclesia permanente (...)"


a c. di federico La Sala

Un tale romanocentrismo manda nel cestino con un semplice delete teologico tutte le collettività cristiane e non solo, alle prese con forme nuove di connettività, comunione, cooperazione attraverso la Rete e di lì nel mondo e che nella centralità cattolica non si riconoscono


 

 

 

La Chiesa, un social network che rifiuta il peer-to-peer

di Claudio Canal (il manifesto, 1 agosto 2012)

Oggi Gesù di Nazareth sarebbe un hacker, un blogger? Quanti followers avrebbe su Twitter? Ne avrebbe? Domande fantateologiche, ispirate dalla lettura di Cyberteologia. Pensare il Cristianesimo al tempo della Rete (Vita e Pensiero 2012, pp. 148, euro 14) di Antonio Spadaro.

Direttore della più che autorevole e centenaria rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica, Spadaro è molto attivo in rete, critico letterario ha fondato nel 1998 il blog Bombacarta-scritture ed espressioni creative, dal 2011 il blog Cyberteologia cui si associa il quotidiano on line The CyberTheology Daily. Titoli e sottotitoli dei capitoli sono accattivanti, L’uomo decoder e il motore di ricerca di Dio, Una Chiesa "hub"?, La Rivelazione nel bazar, Corpo mistico e connettivo, Dal microfono sull’altare alla preghiera dell’avatar...

Spadaro non è un frequentatore occasionale della rete, è immerso ma non affogato, come succede a molti addetti ai lavori. Partecipe, non patito. È disponibile a farsi interrogare dalla rete, perciò le sue descrizioni e analisi non sono scontate e sono utili anche a chi alla parola teologia sente puzza di bruciato. Cyber-, neuro-, nano- sono prefissi che tirano molto e promuovono ipso facto un prodotto culturale come attraente e irrinunciabile. Cyberteologia non fa eccezione. Il suo significato può spaziare da un livello base di consueta riflessione teologica sul web fino al riconoscimento della natura «mistica», quasi sacramentale, della Rete.

Non a caso Spadaro nell’ultimo capitolo ricorda il confratello Teilhard de Chardin che fin dal 1947 parlava di noosfera, una complessa membrana di conoscenza, una «rete nervosa avviluppante la superficie intera della Terra». Il Vaticano non mancò di punire Teilhard per questo e per le sue convinzioni evoluzionistiche, salvo, come da prassi consolidata, arruolarlo sessant’anni dopo. Anche il mondo «laico» italiano se ne sbarazzò con sufficienza. Si veda la beffarda poesia che gli dedicò Montale, A un gesuita moderno.

Spadaro è ben attento a non farsi risucchiare dalla Rete, ne riconosce i tratti religiosi presenti perfino nel linguaggio elementare, salvare, convertire, condividere..., e soprattutto sa che il cybermondo si costituisce proprio come sacramento, ex opere operato direbbero i teologi di scuola, perché non solo rappresenta la realtà, ma è in grado di produrla. Non un semplice strumento, utile per amplificare predicazione e presenza della Chiesa nella società, come il microfono, la radio, la televisione, ma un ambiente che agisce e si autogenera.

Per questo è inaccettabile per l’autore ogni forma di Chiesa Opensource in cui i fedeli partecipino alla sua costruzione e al suo «mantenimento» in vita in una specie di Wikicclesia permanente. Uno dei teorici di questa posizione è un teologo nordamericano di confessione presbiteriana, Landon Whitsitt, di cui si può pensare quello che si vuole, ma che qui ci permette di sottolineare un consistente limite di Cyberteologia che porta come sottotitolo Pensare il Cristianesimo al tempo della Rete. Secondo una radicata tradizione italiana, non solo clericale, Cristianesimo appare sempre come sinonimo di Chiesa Cattolica: infatti, sostiene Spadaro, questa non può stare in un rapporto tra pari, peer-to-peer, bensì va collocata nell’opposto modello client-server in cui sono indispensabili mediazioni sacramentali e gerarchiche.

La Chiesa è sì un grande social network, un bene comune, potremmo dire, un google connettivo che stabilisce relazioni, ma in cui non si può diluire né esaurire, perché - afferma Spadaro - prima di tutto è un Corpo Mistico unito a Cristo, secondo una sintetica affermazione data da Paolo nella Lettera ai Romani.

Il che sarebbe un bel modo per dire che con le forme della Rete bisogna fare criticamente i conti, che la virtualità è volatile, che le «comunità» create dalla rete sono transitorie, che è importante stare nella Rete a condizione di saperne uscire, nonostante la labilità dei confini tra virtuale e reale, che se non c’è vita offline è assai improbabile che si crei da sé online, che il corpo digitale interferisce con il corpo organico ma (per ora?) non lo sostituisce.

Il problema è che quando un cattolico evoca il Corpo Mistico - avendo a disposizione anche un’altra nozione di Chiesa, quella di Popolo di Dio - in ultima istanza vuole significare Chiesa Cattolica Apostolica Romana.

Infatti, di tutte le possibili e necessarie forme di resistenza al cannibalismo della Rete, Spadaro privilegia la piattaforma della liturgia cattolica, proprio quella sacramentale ed eucaristica della «presenza reale», anche se non gli scappa la temibile parola transustanziazione.

Un tale romanocentrismo manda nel cestino con un semplice delete teologico tutte le collettività cristiane e non solo, alle prese con forme nuove di connettività, comunione, cooperazione attraverso la Rete e di lì nel mondo e che nella centralità cattolica non si riconoscono.


SUL TEMA, IN RETE, SI CFR.:

-  LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

-  OBBEDIENZA CIECA: TUTTI, PRETI, VESCOVI, E CARDINALI AGGIOGATI ALLA "PAROLA" DI PAPA RATZINGER ("DEUS CARITAS EST", 2006)

-  KANT E SAN PAOLO. COME IL BUON GIUDIZIO ("SECUNDA PETRI") VIENE (E VENNE) RIDOTTO IN STATO DI MINORITA’ DAL GIUDIZIO FALSO E BUGIARDO ("SECUNDA PAULI").

-  "Dominus Iesus": RATZINGER, LO "STERMINATORE DI ECUMENISMO". Un ’vecchio’ commento del teologo francescano Leonard Boff

-  LA "PROFEZIA" DI MARSHALL MCLUHAN: NARCISO E LA MORTE DELL’ITALIA. Il "rimorso di incoscienza" di Marshall McLuhan



Mercoledì 01 Agosto,2012 Ore: 11:48
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 01/8/2012 15.34
Titolo:ANNO DELLA FEDE E GRANDEZZA DEL CREDERE.....
SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO. (Federico La Sala)
________________________________________________________________

Verso l’Anno della fede indetto da Benedetto XVI


La grandezza del credere

di Rino Fisichella *

Benedetto XVI è ritornato più volte sul tema della fede. Nei suoi auguri natalizi alla Curia romana ha detto: "Il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede. Se ad essa non troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione ed una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci".

Alla stessa stregua durante il suo viaggio in Germania aveva osservato: "Occorre forse cedere alla pressione della secolarizzazione, diventare moderni mediante un annacquamento della fede? Naturalmente, la fede deve essere ripensata e soprattutto rivissuta oggi in modo nuovo per diventare una cosa che appartiene al presente. Ma non è l’annacquamento della fede che aiuta, bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi. Non saranno le tattiche a salvarci, ma una fede ripensata e rivissuta in modo nuovo".

Come si può osservare, due idee ritornano con frequenza: la fede deve essere ripensata e vissuta. L’Anno della fede potrebbe essere un’occasione propizia su questo versante. Un vero kairos da cogliere per consentire alla grazia di illuminare la mente e al cuore di dare spazio per far emergere la grandezza del credere.

Una mente illuminata dovrebbe essere capace, anzitutto, di evidenziare le ragioni per cui si crede. In questi ultimi decenni, il tema non è stato proposto in teologia né, di conseguenza, nella catechesi. La cosa non è indolore. Senza una solida riflessione teologica che sia in grado di produrre le ragioni del credere, la scelta del credente non è tale. Essa si ferma a una stanca ripetizione di formule o di celebrazioni, ma non porta con sé la forza della convinzione. Non è solo questione di conoscenza di contenuti, ma di libertà.

Si può parlare di fede come se si trattasse di formule chimiche conosciute a memoria. Se, tuttavia, manca la forza della scelta sostenuta da un confronto con la verità sulla propria vita, tutto si sgretola. La forza della fede è gioia di un incontro con la persona viva di Gesù Cristo che cambia e trasforma la vita. Saper dare ragione di questo permette ai credenti di essere nuovi evangelizzatori in un mondo che cambia.

Il secondo termine usato da Benedetto XVI è una fede vissuta. Essa è tanto più necessaria, quanto più si coglie il valore della testimonianza. D’altronde, proprio in riferimento all’evangelizzazione, Paolo VI affermava senza indugi che "il mondo di oggi non ascolta più volentieri i maestri, ma ascolta i testimoni. E se ascolta i maestri è perché sono testimoni" (Evangelii nuntiandi, 41). Sono passati decenni, eppure questa verità permane con una carica di inalterata attualità. Il mondo di oggi ha fame di testimoni. Ne sente un bisogno vitale, perché ricerca coerenza e lealtà.

Siamo dinanzi al tema del cor ad cor loquitur, che ha avuto in Newman un vero maestro. Una fede che porta con sé le ragioni del cuore è più convincente, perché ha la forza della credibilità. La sfida, pertanto, è poter coniugare la fede vissuta con la sua intelligenza e viceversa.

*

(©L’Osservatore Romano 1° agosto 2012)
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 03/8/2012 12.02
Titolo:NUOVA EVANGELIZZAZIONE E ... FISICHELLA. Una lettera .di don Antonelli ...
LETTERA DI DON ALDO ANTONELLI A:

- Don Giuseppe Costa
- Direttore Libreria Editrice Vaticana
- 00120 CITTA’ DEL VATICANO

Ricevo la Vs. del 31 Luglio 2012, nella quale vi pregiate di presentare in offerta le Vostre pubblicazioni. Il sottoscritto fa presente la sua piena riluttanza ad accettare offerte di pubblicazioni nelle quali figura anche solo la firma di mons. Rino Fisichella, fosse anche la Bibbia.

Non vogliamo avere niente a che fare con colui che frequenta ambienti depravati ed è amico di ladri, spergiuri, mendaci e corruttori di minorenni.

- Aldo Antonelli
- (Parroco della Parrocchia Santa Croce Antrosano - AQ)

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Indice completo articoli sezione:
Dottrina della fede secondo Ratzinger

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