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www.ildialogo.org «SUL “PRO MULTIS” IL PAPA SBAGLIA». IL TEOLOGO SCRIVE, L’EDITORE CATTOLICO PUBBLICA, I VESCOVI LEGGONO,di Adista Notizie n. 29 del 28/07/2012

«SUL “PRO MULTIS” IL PAPA SBAGLIA». IL TEOLOGO SCRIVE, L’EDITORE CATTOLICO PUBBLICA, I VESCOVI LEGGONO

di Adista Notizie n. 29 del 28/07/2012

36800. BOLOGNA-ADISTA. Un libro pubblicato da una casa editrice cattolica che critica apertamente una decisione del papa è di per sé già una notizia. Lo è ancora di più se quel libro ha la prefazione di un noto teologo. Ma se, come in questo caso, il libro è stato addirittura inviato in copia saggio a tutti i vescovi italiani, la notizia allora è davvero sorprendente. Ma assolutamente vera.

Il caso è quello di un saggio già apparso in una versione più breve su Il Regno Attualità (10/2012), per essere poi pubblicato in volume, dopo essere stato riveduto ed ampliato. Si tratta di Per una moltitudine. Sulla traduzione delle parole eucaristiche, un libro scritto da Francesco Pieri, docente di Greco biblico e Patrologia alla Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna, presentato da Severino Dianich, già presidente dell’Associazione Teologica Italiana, e pubblicato dalla casa editrice Dehoniana Libri (che appartiene alla galassia editoriale dei religiosi dehoniani ma non va confusa con Edb, le Edizioni Dehoniane di Bologna).

Nel libro (Dehoniana Libri, 2012, pp. 48, 4,50), Pieri sostiene l’inopportunità della traduzione «il calice del mio sangue versato per molti» (invece che «per tutti»), voluta da Benedetto XVI attraverso la Pontificia Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (la quale a sua volta ne ha informato i presidenti delle diverse Conferenze episcopali nazionali in una lettera datata 17 ottobre 2006). La formula in latino, presente nel Missale Romanum, unico per tutte le nazioni e su cui si basano le traduzioni autorizzate nelle lingue nazionali, è: «Accipite et bibite ex eo omnes: / hic est enim calix sanguinis mei / novi et aeterni testamenti: / qui pro vobis et pro multis effundetur / in remissionem peccatorum. / Hoc facite in meam commemorationem». L’espressione pro multis dopo il Concilio fu tradotta in italiano con la formula “per tutti” e nella maggior parte delle altre lingue in modo analogo: in tedesco für alle, in inglese for all, in spagnolo por todos los hombres, in francese pour la multitude. Dietro le questioni linguistiche, quella, di enorme rilevanza teologica e pastorale, dell’universalità del messaggio e della testimonianza di Gesù. Per questa ragione, nel corso degli anni più recenti, molte sono state le resistenze delle Conferenze episcopali nazionali a recepire la decisione del Vaticano. E diversi vescovi e consigli presbiterali hanno contestato apertamente l’ordine di Roma. Evitando di conformarvisi. Anche in Italia, nonostante un episcopato molto moderato ed allineato ai vertici ecclesiastici, la Cei stenta ad adeguarsi e, come ha recentemente raccontato Sandro Magister sull’Espresso, nel novembre del 2010, nel corso della loro Assemblea Generale, soltanto 11 dei 187 vescovi presenti votarono in favore della formula «per molti». Inoltre, come spiega Pieri nel suo libro, la decisione di Ratzinger lascia perplessi anche nel metodo, oltre che nel merito. Il Concilio ha riconosciuto alle «autorità ecclesiastiche territoriali» la competenza circa la traduzione e l’adattamento dei testi liturgici, che la Santa Sede ha poi il compito di approvare e promuovere, dopo aver fatto eventuali osservazioni e correzioni. Questo papa ha invece scelto il percorso inverso, come del resto ha fatto su molte altre questioni (e Wojtyla prima di lui), quello che va dal centro alla periferia, minando così quella «reciprocità tra primato della sede romana e collegialità dei vescovi posti a capo delle Chiese» che pure era un assunto del Vaticano II.

Nel merito, l’autore rileva inoltre come non esista un testo biblico nel quale sia presente la formula «pro vobis et pro multis»: per questo, scrive, «le due espressioni sono da considerarsi come sostanzialmente equivalenti, nei rispettivi contesti, e non è esegeticamente corretto contrapporle».

Del resto, rileva ancora Pieri, è evidente che l’espressione «per molti» suona diversamente alle nostre orecchie rispetto all’intenzione di Marco e Matteo: «“Molti” si oppone in italiano sia a “pochi” che a “tutti”»; quindi in diverse frasi la parola “molti” può di fatto equivalere sia a “non pochi”, sia a “non tutti”. L’autore cita a supporto della sua tesi il biblista Albert Vanhoye, il quale spiega che «la parola ebraica rabbim significa soltanto che c’è di fatto “un grande numero”, senza specificare se esso corrisponda o meno alla totalità».

E allora, come tradurre efficacemente? Una soluzione secondo Pieri c’è, ed avrebbe il pregio di salvare “capra” (cioè una maggiore fedeltà nella traduzione), e “cavoli” (ossia cercare di non tradire il senso profondo delle parole di Gesù): «Essa è rappresentata dalla felicissima traduzione del Messale francese “pour la multitude”, che potrebbe senza molte difficoltà essere tradotta in italiano e probabilmente anche nelle altre lingue romanze con la formula “per la moltitudine” o “per una moltitudine”. Con il vantaggio evidente che, proprio come rabbim, “moltitudine” si oppone a “pochi”, ma non si oppone a “tutti”, e lascia aperta l’interpretazione in tal senso. Accogliere tale traduzione nella liturgia della Chiesa italiana offrirebbe un reale aiuto a una corretta comprensione del testo e insieme un esempio d’intelligente ricezione delle disposizioni vaticane, in grado di fungere da modello anche ad altre Chiese particolari». (valerio gigante)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Venerdì 27 Luglio,2012 Ore: 15:50
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 27/7/2012 16.46
Titolo:IL PAPA SBAGLIA ... MA TUTTI OBBEDISCONO!!!
LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!


SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO!!!


Federico La Sala
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 07/8/2012 12.42
Titolo:"PRO MULTIS. Sulla lettera del 14 aprile scorso ai vescovi tedeschi ...
LITURGIA

Il sangue di Gesù «per molti»
e perché lo riconoscessero

di Mimmo Muolo (Avvnire, 07.08.2012)

La questione del pro multis, sulla quale il Papa si è pronunciato con la lettera del 14 aprile scorso ai vescovi tedeschi, continua a essere approfondita a livello accademico da teologi e liturgisti con contributi sensibili alla riflessione di Benedetto XVI. Tra questi quelli di Francesco Pieri, sacerdote bolognese e docente di liturgia, e di Silvio Barbaglia, presbitero novarese e docente di esegesi dell’Antico e Nuovo Testamento. Il primo ha dedicato all’argomento un libro in uscita per i tipi della Dehoniana Libri (Per una moltitudine. Sulla traduzione delle parole eucaristiche). Il secondo un saggio sulla rivista Fides et Ratio dell’Istituto Superiore di Scienze religiose "Romano Guardini" di Taranto.

In discussione non è in alcun modo l’indicazione pontificia di adottare il pro multis nella liturgia, ma il modo migliore di tradurre l’espressione latina in italiano, dove - come hanno evidenziato autorevoli studiosi e numerosi pastori - dire semplicemente «per molti», dopo decenni di «per tutti», potrebbe anche risultare disorientante. Problema che nella traduzione in tedesco non è stato ravvisato e, infatti, in Germania sta per essere adottata la formula «für viele» e anche in altre parti del mondo (America Latina, Spagna, Ungheria, Stati Uniti) si sta tornando all’uso del «per molti», mentre in Francia si è optato da tempo per l’espressione «per la moltitudine». Una scelta, questa, ritenuta valida sia da Pieri, sia da Barbaglia, il quale ultimo tra l’altro dichiara di essere partito dall’intenzione di dimostrare la maggiore plausibilità della traduzione «per tutti», ma di aver cambiato idea nel corso della sua ricerca.

Vediamo più da vicino la questione. Attualmente al momento della consacrazione del vino il sacerdote dice: «Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati». Questa traduzione, entrata in uso con il Messale di Paolo VI, come ricorda Pieri nel suo saggio, era imperniata su un’interpretazione – detta tecnicamente inclusiva e all’epoca unanimemente accolta dagli esegeti – secondo cui il «per molti» di fatto equivarrebbe al «per tutti». Ora, però, come ha ricordato il Papa nella sua lettera ai vescovi tedeschi, su questa tesi non c’è più il «consenso esegetico» di qualche decennio fa. E si impone, dunque, una maggiore fedeltà agli originali neotestamentari che fondano il testo liturgico. I quali originali sono in particolare due: Marco 14,24 e Matteo 26,28. Il pro multis ripreso dalla liturgia latina nelle parole sul calice deriva esattamente da qui.

Ed eccoci al problema della traduzione in italiano. Sia Pieri nel suo testo, sia il teologo Severino Dianich, nella prefazione, ricordano che nella lingua ebraica e nelle lingue antiche l’espressione «per molti» indica semplicemente un grande numero, senza specificare se esso corrisponde o meno alla totalità. Ecco perché Pieri conclude: «Nel caso del pro multis riteniamo che esista una soluzione per avvicinarsi alla lettera della formula senza tradirne il senso. Essa è rappresentata dalla felicissima traduzione del Messale francese, pour la multitude, che sarebbe senza difficoltà adottabile in italiano e probabilmente anche nelle altre lingue romanze: "per la moltitudine" o se si preferisce "per una moltitudine". Una tale traduzione, più vicina alla lettera del Messale romano di quella attualmente in uso, aiuterebbe a dischiudere a un maggior numero di fedeli il cuore stesso della preghiera eucaristica».

Anche per Barbaglia la parola «molti» è portatrice di una natura «indefinita», funzionale ad aprire in termini universali ex parte Dei la destinazione del dono salvifico». Solo Dio conosce l’identità e il numero dei molti. Per cui il biblista piemontese propone di tradurre «per voi e per moltitudini», eventualmente aggiungendo l’aggettivo «immense» , proprio per sottolineare la dimensione indefinita.

Sin qui il dibattito accademico. Resta il fatto che Gesù ha detto «per molti» e non «per tutti». Ma egli non è forse venuto a salvare tutti gli uomini? La risposta di Benedetto XVI è nella già ricordata lettera all’episcopato tedesco: «La ragione vera consiste nel fatto che Gesù in tal modo si è fatto riconoscere come il Servo di Dio di Isaia 53». Cioè, dice il Papa, in tal modo «egli si è rivelato con la figura annunciata dalla profezia».

Mimmo Muolo
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 16/8/2012 13.10
Titolo:L’Ultima cena ....
L’Ultima cena. Per molti ma non per tutti

di Luigi Accattoli (Corriere della Sera/la Lettura, 12 agosto 2012)

«Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati»: dice così l’attuale formula della consacrazione del vino in traduzione italiana. Ma da sei anni il Papa chiede che in tutto il mondo si adotti una traduzione letterale del testo latino, che ha «pro vobis et pro multis» e gli episcopati si vanno allineando, ma non quello italiano che vorrebbe mantenere le parole «per tutti». Ne è nata una disputa che vede anche la proposta «per la moltitudine», o «per moltitudini immense».

Il dibattito ha più di quarant’anni e risale alle traduzioni del Messale Romano nelle lingue moderne, all’indomani del Vaticano II. Quella italiana fu approvata da Paolo VI nel 1971. La questione è stata riproposta da papa Benedetto con una lettera ai vescovi della Germania che ha la data del 14 aprile di quest’anno, con la quale si rifaceva a una lettera circolare inviata nel 2006 dalla Congregazione per il culto alle Conferenze episcopali dei Paesi dov’era in vigore la traduzione «per tutti» per invitarle a rimediare. La sollecitazione del Papa teologo fa parte del suo miniprogramma di «riforma della riforma liturgica», com’è stato chiamato da alcuni osservatori.

La lettera del Papa ai vescovi della sua Germania ovviamente vale per gli episcopati di tutto il mondo alle prese con analoghe traduzioni «inclusive» e dunque anche per il nostro. Benedetto nella lettera rifà la storia della traduzione «per tutti», si appella alla più recente traduzione «unificata tedesca» della Bibbia - cioè condivisa da cattolici e protestanti - che è tornata al «per molti» e conclude: «La traduzione di pro multis con per tutti non è stata una traduzione pura, bensì un’interpretazione, che era, e tuttora è, ben motivata, ma è una spiegazione e dunque qualcosa di più di una traduzione». È perciò necessario che essa venga «sostituita dalla semplice traduzione per molti».

Le lingue coinvolte sono tutte le principali, tranne il francese che ha «pour la multitude». La prima Conferenza episcopale ad accettare l’invito del Papa è stata nel 2009 quella dell’Ungheria. Sono seguite alcune Conferenze latinoamericane (Messico, Cile, Argentina, Paraguay, Uruguay, Bolivia), mentre i vescovi spagnoli attendono che venga approvata la nuova edizione del messale che avrà «por muchos» e non più «por todos los hombres». Nelle chiese anglofone «for many» al posto di «for all» è in uso dal 2011. I vescovi del Portogallo hanno votato per la sostituzione del «por todos» con il «por muitos» e attendono il via libera di Roma per la pubblicazione del nuovo messale. In tedesco sta per arrivare il «ffir Viele» voluto dal Papa tedesco al posto di «ffir Alle».

I nostri vescovi - generalmente in prima fila nel seguire i desiderata papali - in questa occasione sono tra i renitenti e si mostrano affezionati al «per tutti», se non altro al fine di risparmiarsi le obiezioni dei partecipanti alle celebrazioni, che direbbero: «Si cambia di nuovo?», ma anche: «Il sangue di Cristo non è sparso per tutti?». Nel novembre del 2010, in una votazione su questa richiesta del Papa, 171 nostri vescovi votarono «no», 11 «sì», mentre solo 4 furono quelli che proposero «per la moltitudine». Ed è oggi verosimile che siano quei quattro ad averla vinta: la soluzione alla francese sta infatti guadagnando terreno tra i nostri studiosi.

Francesco Pieri, prete di Bologna e professore di Liturgia e greco biblico, propone «per la moltitudine» nel volumetto appena uscito Per una moltitudine. Sulla traduzione delle parole eucaristiche (Edb). Un altro studioso, Silvio Barbaglia, prete di Novara e professore di Esegesi, suggerisce «per moltitudini» con un intervento sulla rivista «Fides et Ratio» intitolato Per tutti oppure per molti? I due hanno l’appoggio del decano dei teologi italiani Severino Dianich, prete di Pisa, che firma l’introduzione al volume di Pieri.

Per Pieri «una soluzione per avvicinarsi alla lettera della formula senza tradirne il senso è rappresentata dalla felicissima traduzione del messale francese, pour la multitude, che sarebbe senza difficoltà adottabile in italiano e probabilmente anche nelle altre lingue romanze: per la moltitudine o se si preferisce per una moltitudine. Una tale traduzione, più vicina alla lettera del messale romano di quella attualmente in uso, aiuterebbe a dischiudere a un maggior numero di fedeli il cuore stesso di quella preghiera eucaristica con la quale per oltre un millennio e mezzo l’Occidente ha celebrato la messa, professando la propria fede e alimentando la propria devozione».

«Credo - scrive Barbaglia - che l’espressione letterale più corretta che renda il senso innovativo dato dalla redazione liturgica sia: per voi e per moltitudini. Ma l’espressione pro multis potrebbe anche essere resa con due termini invece di uno: attraverso un sostantivo che esprima l’idea della moltitudine, accompagnato da un aggettivo che ne sottolinei la dimensione in-definita. L’aggettivo della lingua italiana - proveniente dalla lingua latina - che meglio esprime tutto ciò è immenso, che significa senza misura: esattamente la dimensione di ciò che non è delimitato o definito. L’esito dell’analisi qui condotta sarebbe dunque per voi e per moltitudini immense».

Tra le accezioni di «moltitudine» il dizionario Battaglia elenca come sesta - e con una quantità di esempi, dal Pallavicino al Leopardi - quella che indica «l’universalità, la generalità, la maggioranza degli uomini, l’umanità intera». E in questo significato che già l’adottarono i vescovi francesi e che la propongono ora gli studiosi italiani, sostenendo che «moltitudine» corrisponde meglio di «molti» al senso del greco «polloi» che è nei Vangeli (e dell’ebraico «rabbim» che forse fu sulla bocca di Gesù), dal quale viene il latino «multis», perché indica una «quantità senza misura», aperta alla totalità, mentre «molti» nella nostra lingua si oppone a «tutti» e suona quindi come escludente la totalità
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 26/8/2012 15.22
Titolo:Quell’Ultima Cena con le sedie vuote ...
Quell’Ultima Cena con le sedie vuote

di Bruno Forte (Corriere della Sera, 26 agosto 2012)

«Per tutti» o «per molti?». «Equivalenza dinamica» o «equivalenza formale» nell’esercizio della traduzione? «Corrispondenza letterale» o «corrispondenza strutturale» all’originale? Queste antitesi stanno animando il dibattito («la Lettura», 12 agosto) intorno all’opportunità di modificare la traduzione della formula della consacrazione eucaristica del vino, che nell’attuale versione suona: «Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me».

L’espressione dibattuta è quel «per tutti», che - se rende correttamente il senso generale del greco hypér pollôn e del latino pro multis - è tuttavia meno precisa sul piano strettamente esegetico e su quello teologico.

Sul piano esegetico, Papa Benedetto XVI, nella lettera inviata ai vescovi tedeschi sull’argomento (14 aprile), precisa: «Negli anni Sessanta, quando il messale romano, sotto la responsabilità dei vescovi, dovette essere tradotto in lingua tedesca, esisteva un consenso esegetico sul fatto che il termine "i molti", "molti", in Isaia 53,11, fosse una forma espressiva ebraica per indicare l’insieme, "tutti". La parola "molti" nei racconti dell’istituzione di Matteo e di Marco era pertanto considerata un semitismo e doveva essere tradotta con "tutti". Ciò venne esteso anche alla traduzione del testo latino, dove pro multis, attraverso i racconti evangelici, rimandava a Isaia 53 e quindi doveva essere tradotto con "per tutti". Tale consenso esegetico si è sgretolato; non esiste più. Nel racconto dell’Ultima Cena della traduzione unificata tedesca si legge: "Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti". Ciò rende evidente una cosa molto importante: la traduzione di pro multis con "per tutti" non è stata una traduzione pura, bensì un’interpretazione, che era, e tuttora è, ben motivata, ma è una spiegazione e dunque qualcosa di più di una traduzione».

A quest’affermazione viene da alcuni obiettato che «tradurre» è comunque sempre «interpretare»: «Anche laddove lessicalmente possibile, il calco linguistico può nascondere un profondo tradimento del senso» (Francesco Pieri, Per una moltitudine. Sulla traduzione delle parole eucaristiche, Dehonianna, Bologna 2012). Vale, tuttavia, specialmente per il testo sacro e per la lingua liturgica il principio che il linguaggio da usarsi nelle traduzioni ha e deve mantenere una sua alterità, che in certa misura lo sottrae ai gusti spesso effimeri del tempo e delle mode: «La sacra Parola - scrive ancora il Papa - deve emergere il più possibile per se stessa, anche con la sua estraneità e con le domande che reca in sé... La Parola deve essere presente per se stessa, nella sua forma propria, a noi forse estranea; l’interpretazione deve essere misurata in base alla sua fedeltà alla Parola, ma al tempo stesso deve renderla accessibile a chi l’ascolta oggi».

Da una parte, dunque, è bene rispettare l’«estraneità» dell’originale; dall’altra, bisogna cogliere la «coappartenenza» ad esso dell’uditore attuale: «Alla Chiesa è affidato il compito dell’interpretazione affinché - nei limiti della nostra rispettiva comprensione - ci giunga il messaggio che il Signore ci ha destinato... Anche la traduzione più accurata non può sostituire l’interpretazione: fa parte della struttura della Rivelazione il fatto che la Parola di Dio venga letta nella comunità interpretante della Chiesa, che la fedeltà e l’attualizzazione si leghino tra loro».

Ci si deve muovere, dunque, fra Scilla e Cariddi, anche se è evidente che tutte le soluzioni intermedie, per quanto apprezzabili, siano inevitabilmente compromissorie. Così quella preferita dai vescovi francesi - pour la multitude - o l’altra con l’articolo indeterminativo, sostenuta nel citato libro di Pieri: «per una moltitudine», così argomentata: «Moltitudine si oppone a pochi, ma non si oppone a tutti e lascia aperta l’interpretazione in tal senso». L’uso dell’articolo indeterminativo rimanderebbe anche alla traduzione italiana di Apocalisse 7,9, riferita ai salvati: «Ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani».

All’argomentazione esegetica va unita quella teologica, a mio avviso particolarmente chiarificatrice: mi riferisco alla distinzione comune nella tradizione teologica fra redemptio objectiva e redemptio subjectiva. La ripropone, ad esempio, un geniale tomista del secolo scorso, il canadese Bernard Lonergan: «È vero che Cristo è la causa efficiente necessaria a che noi compiamo opere salutari... ma non è vero che tutta l’opera di Cristo per noi si riduca alla ragione efficiente ed esemplare, in quanto la redenzione come mezzo o, come talvolta si dice, la redenzione oggettiva vuol dire più di questo» (traduzione del De bono et malo. Supplementum). Quale sia questo di più, lo si comprende dalla necessità del libero assenso della creatura all’opera del Redentore: se «la redenzione obiettiva si riferisce all’opera di Cristo compiuta per amore nostro», la redenzione soggettiva è il nostro appropriarci del dono gratuitamente offertoci dal Salvatore attraverso l’adesione ad esso.

Mi sembra allora corretto ragionare così: col «per tutti» si mette bene in luce la redenzione oggettiva, la destinazione universale del dono della salvezza offerta in Cristo; col «per molti», presupponendo ovviamente il dato oggettivo, si mette in luce la dignità e la necessità della libera scelta di ciascuno. Teologicamente, mi sembra insomma più rispettosa della libertà di ognuno la traduzione «per molti», che peraltro in nessun modo esclude l’offerta della salvezza a tutti fatta da Gesù in Croce. Per questo preferisco la traduzione "per molti" e ritengo che ben spiegata possa essere di aiuto e di stimolo a tanti.

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