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www.ildialogo.org DIREZIONE SPIRITUALE E MAGISTERO MAMMONICO. In Vaticano discutono ancora se rendere obbligatorio o no che il vescovo denunci i preti criminali. La testimonianza di una vittima, in un resoconto di Marco Politi - con alcune note,a c. di Federico La Sala

"TEBE": IN VATICANO NON C’E’ SOLO LA "SFINGE" - C’E’ LA "PESTE"!!! SI DIFENDE LA FAMIGLIA!? MA QUALE FAMIGLIA - QUELLA DI GESU’ (Maria - e Giuseppe!!!) O QUELLA DI EDIPO (Laio e Giocasta)?!
DIREZIONE SPIRITUALE E MAGISTERO MAMMONICO. In Vaticano discutono ancora se rendere obbligatorio o no che il vescovo denunci i preti criminali. La testimonianza di una vittima, in un resoconto di Marco Politi - con alcune note

Don Virginio Colmegna, che a Milano dirige la Casa della Carità, afferma di aver letto il diario di Emanuela con “fatica, disgusto e conati di vomito”, augurandosi che il violentatore “ammantato di potere religioso” si assuma le sue responsabilità e decida di “rompere la copertura ipocrita del silenzio”. Nel diario, Emanuela scrive di un incidente. A me ha confessato di essersi gettata da un ponte.


a c. di Federico La Sala

MATERIALI SUL TEMA:

 SACERDOZIO E PEDOFILIA: I PASTORI MANGIANO GLI AGNELLI E LE PECORE! Il "promotore di giustizia" Charles J. Scicluna rassicura tutta la Gerarchia: "il fenomeno non è così esteso come si vorrebbe far credere".

LA CHIESA E IL VERGOGNOSO SILENZIO SULLA PEDOFILIA DELLA GERARCHIA VATICANA. Il tradimento strutturale della fiducia. Una nota sul numero 3 (2004) della rivista "CONCILIUM"

PEDOFILIA E POLITICA DELLA MENZOGNA. LA PERDITA TOTALE DI CREDIBILITA’ E LA CATASTROFE DEL VATICANO. "Come se Dio non ci fosse"!!! Gesù!!! Nel maggio del 2001, il Cardinale Joseph Ratzinger, attuale Papa Benedetto XVI, inviò una lettera confidenziale a tutti i vescovi cattolici per proteggere la Chiesa nascondendo gli abusi sessuali sui bambini !!! Un articolo di Jamie Doward, dal "Guardian". 

RIPARARE IL MONDO. LA CRISI EPOCALE DELLA CHIESA ’CATTOLICA’ E LA LEZIONE DI SIGMUND FREUD. (fls)

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ABUSI D'OLTRETEVERE

“Volevo farmi suora, un prete si è fatto me”

di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 9 febbraio 2012)

Ho iniziato a fare direzione spirituale quando avevo 18 anni e la storia è iniziata quasi subito. Il don aveva capito il mio punto debole, la carenza d’affetto e, piano piano, lavorando sulla mia psiche fragile, è riuscito a mettermi in testa che l’amore, l’affetto, è un bene che si può vendere e comprare. La nostra frase era “Cinque minuti di quello che vuoi tu in cambio di cinque minuti di quello che voglio io”. Io volevo solamente sfogarmi, parlare dei miei problemi ed essere abbracciata, volevo essere messa al centro dell’attenzione, cosa che non accadeva mai nella mia famiglia.

La prima volta è stato così. “Ti porto in camera, ci sdraiamo sul letto così ti abbraccio meglio”. Ero talmente inesperta che non avevo mai visto un pene in vita mia, non sapevo come si facevano certe cose, ma poi ho dovuto imparare per forza. Stavamo su quel letto, c’erano volte in cui io dovevo semplicemente stare ferma e lui mi ravanava dappertutto e volte in cui si sedeva sul mio collo e io avevo paura di soffocare.

In camera sua c’era un crocifisso di legno pesante, proprio sopra il letto. Io avevo il terrore che quel crocifisso potesse cadermi in testa. Poi lui si rivestiva in fretta, mi buttava i vestiti e mi diceva di andarmene, aveva fretta di liberarsi di me.

Adesso Emanuela Violani (lo pseudonimo che ha scelto) ha più di ventisei anni. Il diario le è servito per rielaborare il trauma. Per cinque anni, in un paesino di campagna, è stata abusata da un prete. Aveva più di diciott’anni. Non era una minore. “Soltanto” una ragazza fragilissima, dedita all’alcol, manipolata come oggetto sessuale.

Era prete da poco. Ogni tanto andavamo al parcheggio del cimitero ed era sempre la solita storia: ho dovuto pagare tutto quello che mi ha dato. Ogni tanto mi portava al cinema o a mangiare una pizza. Io ero contenta perché non uscivo mai, solo che poi al ritorno andavamo a finire sempre in qualche parcheggio isolato e lì non mi doveva abbracciare per cinque minuti, dovevo subito iniziare. Per due anni mi sono ubriacata quasi tutti i fine settimana e quando non bevevo, andavo dal don perché avevo bisogno di riempire il vuoto della mia anima. Capivo che lui mi stava usando, ma io volevo stare con qualcuno. Ho anche avuto disturbi alimentari, mi nutrivo quasi esclusivamente di latte e nell’estate 2003 sono arrivata a pesare 41 chili. Era agosto, faceva caldo, stavo talmente male che non mi interessava della mia verginità, avrei dato tutto pur di essere presa in braccio e coccolata per qualche minuto, ma quando mi sono accorta che faceva sul serio, mi sono spaventata, ho iniziato a sentire male e gli ho detto di fermarsi. Lui (cento e più chili contro i miei quarantuno) con una mano mi teneva ferma e con l’altra mi tappava la bocca, poi ricordo il sangue, un “vaffanculo” detto da me e un “lo volevi anche tu” detto da lui. Ci ho messo un anno a capire che cosa mi era successo veramente, ho capito che razza d’uomo era solo quando ci siamo rivisti dopo diversi mesi e mi ha sbattuta fuori casa perché non volevo fare porcate con lui.

Da giovane Emanuela, molto credente, voleva diventare suora missionaria. Ora dice: “Volevo farmi suora e il prete si è fatto me”. Mi sono confessata da don D. Ho detto che avevo commesso un solo grande peccato: “Atti impuri con un prete” e lui mi ha detto cose orribili, mi ha detto che io ero il demonio sulla terra, che se quel prete dava la comunione dopo essere stato con me rovinava la sua comunità. Ero lì in ginocchio in quella chiesa scura con un pretino anziano che mi faceva cadere addosso dei massi enormi e non sapevo come difendermi. Non voleva darmi l’assoluzione, ma poi si è convinto e mi ha detto di non rifare più certe cose. Io sono uscita dal confessionale di corsa perché lui voleva vedermi, facevo fatica a stare in piedi, facevo fatica a parlare, ero sbiancata. Emanuela per chiedere aiuto si confida, mandando lettere a un altro sacerdote.

Don B. le leggeva ma un giorno le ha buttate via perché quando facevo le cose con don G. io descrivevo nei minimi dettagli le porcate che facevamo. Don B. ha buttato via questi miei “resoconti” perché ha detto che potrebbero finire nelle mani sbagliate. Quando a don B. in una lettera ho descritto per filo e per segno della violenza e ho chiesto: “È stata violenza?”, lui mi ha presa in un angolo della chiesa e, sottovoce per non farsi sentire, mi ha detto: “Se le cose sono andate come le hai descritte, sì, è stata violenza”, poi ssst, silenzio e se n’è andato”.

Don Virginio Colmegna, che a Milano dirige la Casa della Carità, afferma di aver letto il diario di Emanuela con “fatica, disgusto e conati di vomito”, augurandosi che il violentatore “ammantato di potere religioso” si assuma le sue responsabilità e decida di “rompere la copertura ipocrita del silenzio”. Nel diario, Emanuela scrive di un incidente. A me ha confessato di essersi gettata da un ponte.

Venti giorni dopo l’operazione, venti giorni soltanto dopo che mi hanno aperto la testa, mi hanno ricostruita con il metallo e con le viti, mi hanno tirato fuori le ossa della faccia che erano entrate... venti giorni dopo don G. mi ha detto che non ero più buona neanche a fare pompini.

Ho voluto rompere la cortina dello pseudonimo. Ho rintracciato Emanuela per sapere cosa è accaduto dopo. Mi ha detto al telefono che per anni, dopo che si rifiutava di vedere il suo violentatore, il prete l’ha perseguitata con messaggini. Finalmente lo ha denunciato per violenza. In Questura le hanno risposto che era passato troppo tempo. È andata dal vescovo. Il tribunale ecclesiastico doveva intervenire, ma nulla è successo. Il prete ha confessato di avere compiuto un “atto di debolezza”, ora è parroco. Le hanno proposto di versare una somma di denaro a un’associazione benefica da lei indicata. Così, per non dovere ammettere pubblicamente responsabilità, Emanuela ha rifiutato.

In Vaticano l’altro giorno hanno organizzato una veglia per le vittime, ma discutono ancora se rendere obbligatorio o no che il vescovo denunci i preti criminali.



Giovedì 09 Febbraio,2012 Ore: 11:24
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 10/2/2012 10.30
Titolo:Si cambia passo, ma sulle denunce restano tanti «se» ---
Si cambia passo, ma sulle denunce restano tanti «se»


di Luca Kocci (il manifesto, 10 febbraio 2012)


Negli ultimi dieci anni oltre quattromila casi di abusi sessuali commessi da preti e religiosi su bambini, ragazze e ragazzi minorenni sono stati segnalati alla Congregazione vaticana per la dottrina della fede. Lo rivela il cardinale statunitense William Levada, prefetto dell'ex Sant'uffizio, a cui, secondo una disposizione del 2001 di papa Wojtyla, i vescovi dovrebbero comunicare tutti i casi di abuso e di violenza da parte di sacerdoti contro minori di cui sono a conoscenza.

Benché alto - quattromila in dieci anni significa più di un caso al giorno - il numero sembra assai inferiore alla realtà: Michael Bemi e Patricia Neal (del National catholic risk retention group e del National catholic services) parlano di «almeno centomila vittime solo negli Usa» dal 1950 ad oggi. Cifre degne di una guerra in cui lo stupro viene utilizzato come arma.

In questo caso, però, si parla di pedofilia ecclesiastica, al centro dei lavori del simposio internazionale sull'abuso sessuale Verso la
guarigione e il rinnovamento che si è chiuso ieri sera alla Pontificia università gregoriana di Roma, con vescovi e preti in rappresentanza di 110 conferenze episcopali.

Un incontro senza precedenti, che segna un evidente cambio di passo rispetto al passato in cui la parola d'ordine era negare il fenomeno. Ma non ancora una svolta: su un punto, quello dell'obbligo da parte dei vescovi di denunciare alle autorità civili l'autore delle violenza, le parole dei rappresentanti del Vaticano non sono chiare.

Come non è chiara la Lettera circolare della Congregazione per la dottrina della fede del maggio 2011 inviata alle Conferenze episcopali di tutto il mondo per aiutarle a preparare le «linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici»: si invita ad «ascoltare le vittime» e a «proteggere i minori», a garantire «un'adeguata formazione a sacerdoti e religiosi» e a «vigilare» sui loro comportamenti, fino a «limitare l'esercizio del ministero da parte di un chierico » o a dimetterlo se
riconosciuto colpevole. Si chiede anche di «collaborare» con le autorità statali, perché l'abuso sessuale dei minori «rappresenta anche un crimine perseguibile dal diritto civile», sebbene «i
rapporti con le autorità possano variare da Paese a Paese», precisa mons. Charles Scicluna, promotore di giustizia - una sorta di pm - della Congregazione per la dottrina della fede. E comunque mai se la notizia dell'abuso fosse stata appresa in confessione.


Una collaborazione con tanti "se" e "ma". Eppure, spiega Marier Collins - una donna irlandese di 66 anni violentata da un prete quando ne aveva 13 ed era ricoverata in ospedale - «avevo 47 anni quando parlai del mio abuso per la prima volta» ma «l'inizio della guarigione per me è stato il giorno in cui il mio aggressore in tribunale ha ammesso la sua colpa».

In Italia, per ammissione dello stesso Bagnasco, la Cei riconosce oltre cento casi di abusi compiuti negli ultimi dieci anni. A maggio verranno presentate le «linee guida» per «affrontare la questione
in spirito di giustizia, avendo premura - spiega - in primo luogo per le vittime degli abusi e curando in particolare la formazione dei futuri sacerdoti». E chissà se si farà cenno anche alla giustizia
terrena.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 12/2/2012 12.32
Titolo:la città del Vaticano “un nido di vipere”. Ora come ....
Al di là del Tevere “un nido di vipere”

di Roberto Faenza (il Fatto Quotidiano, 12 febbraio 2012)


Bisognerebbe interrogarsi da cosa derivi il potere del Vaticano sui media italiani. Ne sa qualcosa questo giornale, che sfidando l’ira dei colleghi quotidiani, ha appena pubblicato un documento sconcertante. Documento minimizzato dagli altri giornali. Per non concedere al Fatto l’onore delle armi di fronte a uno scoop giustamente definito una bomba da Santoro in trasmissione? Non credo sia questa la ragione.
Il motivo risiede nel timore reverenziale di urtare la “sensibilità” d’oltre Tevere. Ringraziamo Internet e la stampa internazionale, se lo scoop del Fatto ha ricevuto la giusta attenzione.

A mio avviso la parte più drammatica del documento inviato al Papa non è nella rivelazione di un possibile attentato (ora grazie alla pubblicazione di sicuro allontanato; almeno di questo si renderà merito).

L’elemento più inquietante è nelle righe che sottintendono una faida interna in seno alle segrete stanze. Il New York Times, che se c’è da dare una notizia dell’ira del Vaticano se ne frega, ha cominciato a frugare in quei segreti, a partire dalla trasmissione di Gianluigi Nuzzi su La7 a proposito della lettera dell’attuale Nunzio apostolico a Washington (pare ancora per poco) sulla presunta corruzione all’interno del Governatorato di Città del Vaticano.

Questo silenzio omertoso che costringe gran parte dei media italiani a tenere la schiena poco dritta ha radici antiche. Quando negli anni Settanta insegnavo a Washington, ebbi l’avventura di “liberare” per la prima volta una serie di documenti segreti della amministrazione americana che riguardavano l’Italia e il Vaticano.

Si trattava di rivelazioni scottanti, antesignane del lavoro che fa oggi Julian Assange, incluse le fotocopie degli assegni pagati ai politici nostrani e ad alcuni prelati. Questi documenti li ho pubblicati in un primo libro circolato indenne grazie alla Feltrinelli, Gli americani in Italia, e poi in un secondo, Il Malaffare, subito tolto dal mercato dalla Mondadori.

Alla vigilia della Liberazione, un documento Top secret dell’ambasciata americana a Roma informa Washington che sono stati
“agganciati” due alti prelati, Monsignor Perrone e Monsignor Dadaglio, i quali spifferano agli yankee quanto sta avvenendo in Vaticano, ovvero i timori di Pio XII per un possibile governo con dentro i comunisti. I due prelati rivelano che in Vaticano non tutti sono d’accordo con il Papa, tra questi Monsignor Tardini, che è a capo di una corrente “non ostile” al Pci.

La documentazione relativa a questi “intrighi del Vaticano”, così li definisce la stessa amministrazione americana, viene inviata ad alcuni giornalisti italiani perché ne scrivano, favorendo così il deflagrare di alcune posizioni troppo progressiste. Come si vede, quando si vuole scrivere si scrive.

Ancora più scottante la documentazione che concerne Monsignor Giovambattista Montini. Prima di diventare Segretario di stato e poi Papa Paolo VI, Montini viene “agganciato” da James Angleton, capo del controspionaggio di stanza a Roma. È convinto delle capacità del prelato, ma preoccupato del suo orientamento “poco conservatore”. Lo farà intercettare e monitorare tramite cimici piazzate nei suoi uffici da alcuni prelati compiacenti.

Le “trame in Vaticano”, così le qualificano i documenti, si fanno particolarmente accese, quando negli anni Sessanta si prepara il Concilio Vaticano II e la DC sta per aprire al partito socialista. Giovanni XXIII appare favorevole, ma non sono pochi i cardinali che la pensano diversamente e vorrebbero metterlo “sotto tutela”.

SI AGITANO come in un balletto il Sottosegretario di stato Monsignor Dell’Acqua e i monsignori Berloco e Iginio Cardinale, capo protocollo della Segreteria. Monsignor Vagnozzi, il delegato apostolico nella capitale americana, fa addirittura la spia di nascosto al Papa. Si presenta in gran segreto ai dirigenti del Dipartimento di stato per comunicare che “Giovanni XXIII ha un cancro inoperabile. Gli restano da vivere dai 6 ai 12 mesi. Monsignor Vagnozzi ha pregato di non fare il suo nome”. Lo stesso monsignore diventerà Presidente della Prefettura per gli Affari economici.

Ai tempi del breve e misterioso pontificato di Papa Luciani il cardinale Palazzini gli contesterà la sua reticenza sugli “immorali affari dello IOR” di Monsignor Marcinkus, “in combutta con Calvi eSindona”. Tutto questo cicaleccio preoccupa la stampa americana, che comincia a filtrare notizie. Silenzio invece sui nostri quotidiani.

Spiegano bene all’Italian desk del Dipartimento di stato: il
Vaticano e la Chiesa sono due entità diverse: il primo è un vero e proprio stato con un suo governo. E come tutti i governi è attraversato da correnti e conflitti interni. La Chiesa invece, scrivono a Washington, si occupa delle anime dei fedeli, in quanto vera erede di Cristo. Il Vaticano, aggiungono, talvolta appare in dissidio con la Chiesa. È sicuramente il “partito” italiano più
influente, temuto dalla stampa, riverito e omaggiato persino dal partito comunista. Poi in una nota definiscono la città del Vaticano “un nido di vipere”. Ora come allora?
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 12/2/2012 12.34
Titolo:Al di là del Tevere “un nido di vipere” ...
Al di là del Tevere “un nido di vipere”

di Roberto Faenza (il Fatto Quotidiano, 12 febbraio 2012)


Bisognerebbe interrogarsi da cosa derivi il potere del Vaticano sui media italiani. Ne sa qualcosa questo giornale, che sfidando l’ira dei colleghi quotidiani, ha appena pubblicato un documento sconcertante. Documento minimizzato dagli altri giornali. Per non concedere al Fatto l’onore delle armi di fronte a uno scoop giustamente definito una bomba da Santoro in trasmissione? Non credo sia questa la ragione.
Il motivo risiede nel timore reverenziale di urtare la “sensibilità” d’oltre Tevere. Ringraziamo Internet e la stampa internazionale, se lo scoop del Fatto ha ricevuto la giusta attenzione.

A mio avviso la parte più drammatica del documento inviato al Papa non è nella rivelazione di un possibile attentato (ora grazie alla pubblicazione di sicuro allontanato; almeno di questo si renderà merito).

L’elemento più inquietante è nelle righe che sottintendono una faida interna in seno alle segrete stanze. Il New York Times, che se c’è da dare una notizia dell’ira del Vaticano se ne frega, ha cominciato a frugare in quei segreti, a partire dalla trasmissione di Gianluigi Nuzzi su La7 a proposito della lettera dell’attuale Nunzio apostolico a Washington (pare ancora per poco) sulla presunta corruzione all’interno del Governatorato di Città del Vaticano.

Questo silenzio omertoso che costringe gran parte dei media italiani a tenere la schiena poco dritta ha radici antiche. Quando negli anni Settanta insegnavo a Washington, ebbi l’avventura di “liberare” per la prima volta una serie di documenti segreti della amministrazione americana che riguardavano l’Italia e il Vaticano.

Si trattava di rivelazioni scottanti, antesignane del lavoro che fa oggi Julian Assange, incluse le fotocopie degli assegni pagati ai politici nostrani e ad alcuni prelati. Questi documenti li ho pubblicati in un primo libro circolato indenne grazie alla Feltrinelli, Gli americani in Italia, e poi in un secondo, Il Malaffare, subito tolto dal mercato dalla Mondadori.

Alla vigilia della Liberazione, un documento Top secret dell’ambasciata americana a Roma informa Washington che sono stati
“agganciati” due alti prelati, Monsignor Perrone e Monsignor Dadaglio, i quali spifferano agli yankee quanto sta avvenendo in Vaticano, ovvero i timori di Pio XII per un possibile governo con dentro i comunisti. I due prelati rivelano che in Vaticano non tutti sono d’accordo con il Papa, tra questi Monsignor Tardini, che è a capo di una corrente “non ostile” al Pci.

La documentazione relativa a questi “intrighi del Vaticano”, così li definisce la stessa amministrazione americana, viene inviata ad alcuni giornalisti italiani perché ne scrivano, favorendo così il deflagrare di alcune posizioni troppo progressiste. Come si vede, quando si vuole scrivere si scrive.

Ancora più scottante la documentazione che concerne Monsignor Giovambattista Montini. Prima di diventare Segretario di stato e poi Papa Paolo VI, Montini viene “agganciato” da James Angleton, capo del controspionaggio di stanza a Roma. È convinto delle capacità del prelato, ma preoccupato del suo orientamento “poco conservatore”. Lo farà intercettare e monitorare tramite cimici piazzate nei suoi uffici da alcuni prelati compiacenti.

Le “trame in Vaticano”, così le qualificano i documenti, si fanno particolarmente accese, quando negli anni Sessanta si prepara il Concilio Vaticano II e la DC sta per aprire al partito socialista. Giovanni XXIII appare favorevole, ma non sono pochi i cardinali che la pensano diversamente e vorrebbero metterlo “sotto tutela”.

SI AGITANO come in un balletto il Sottosegretario di stato Monsignor Dell’Acqua e i monsignori Berloco e Iginio Cardinale, capo protocollo della Segreteria. Monsignor Vagnozzi, il delegato apostolico nella capitale americana, fa addirittura la spia di nascosto al Papa. Si presenta in gran segreto ai dirigenti del Dipartimento di stato per comunicare che “Giovanni XXIII ha un cancro inoperabile. Gli restano da vivere dai 6 ai 12 mesi. Monsignor Vagnozzi ha pregato di non fare il suo nome”. Lo stesso monsignore diventerà Presidente della Prefettura per gli Affari economici.

Ai tempi del breve e misterioso pontificato di Papa Luciani il cardinale Palazzini gli contesterà la sua reticenza sugli “immorali affari dello IOR” di Monsignor Marcinkus, “in combutta con Calvi eSindona”. Tutto questo cicaleccio preoccupa la stampa americana, che comincia a filtrare notizie. Silenzio invece sui nostri quotidiani.

Spiegano bene all’Italian desk del Dipartimento di stato: il
Vaticano e la Chiesa sono due entità diverse: il primo è un vero e proprio stato con un suo governo. E come tutti i governi è attraversato da correnti e conflitti interni. La Chiesa invece, scrivono a Washington, si occupa delle anime dei fedeli, in quanto vera erede di Cristo. Il Vaticano, aggiungono, talvolta appare in dissidio con la Chiesa. È sicuramente il “partito” italiano più
influente, temuto dalla stampa, riverito e omaggiato persino dal partito comunista. Poi in una nota definiscono la città del Vaticano “un nido di vipere”. Ora come allora?

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