- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (5)
Visite totali: (867) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org ALL'OMBRA DEL DIO MAMMONA, UNA BENEDETTA CORRUZIONE. Una nota di Marco Lillo e la lettera di denuncia di Mons. Carlo Maria Viganò - con alcuni appunti,a c. di Federico La Sala

Sul Vaticano, in Piazza san Pietro, il "Logo" del Grande Mercante!!! Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!
ALL'OMBRA DEL DIO MAMMONA, UNA BENEDETTA CORRUZIONE. Una nota di Marco Lillo e la lettera di denuncia di Mons. Carlo Maria Viganò - con alcuni appunti

Furti nelle ville pontificie coperti dal direttore dei Musei Vaticani, monsignor Paolo Nicolini. E poi fatture contraffatte all’Università Lateranense a conoscenza addirittura dell’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per l’evangelizzazione. E ancora: interessi del monsignore in una società che fa affari con il Vaticano ed è inadempiente per 2,2 milioni di euro. Ammanchi per centinaia di migliaia di euro all’Apsa - rivelati dal suo stesso presidente - e frodi all’Osservatore, rivelate da don Elio Torregiani, ex direttore generale del giornale. C’è tutto questo nella lettera (...)


a c. di Federico La Sala

 

APPUNTI  SUL TEMA: 

"Deus caritas est". La prima enciclica di Ratzinger è a pagamento

 "DEUS CARITAS EST": LA VERITA’ RECINTATA!!!

TUTTO A "CARO-PREZZO": QUESTO "IL VANGELO CHE ABBIAMO RICEVUTO". IL VANGELO DI RATZINGER, BERTONE, RUINI, BAGNASCO E DI TUTTI I VESCOVI.

LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE. AL GOVERNO DELLA CHIESA UN PAPA CHE PREDICA CHE GESU’ E’ IL FIGLIO DEL DIO "MAMMONA" ("Deus caritas est") E AL GOVERNO DELL’ **ITALIA** UN PRESIDENTE DI UN PARTITO (che si camuffa da "Presidente della Repubblica") e canta "Forza Italia" (1994-2009).  

___________________________________________________________________________

 

 Benedetta corruzione

 

di Marco Lillo (il Fatto Quotidiano, 27 gennaio 2012)

Furti nelle ville pontificie coperti dal direttore dei Musei Vaticani, monsignor Paolo Nicolini. E poi fatture contraffatte all’Università Lateranense a conoscenza addirittura dell’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per l’evangelizzazione. E ancora: interessi del monsignore in una società che fa affari con il Vaticano ed è inadempiente per 2,2 milioni di euro. Ammanchi per centinaia di migliaia di euro all’Apsa - rivelati dal suo stesso presidente - e frodi all’Osservatore, rivelate da don Elio Torregiani, ex direttore generale del giornale.

C’è tutto questo nella lettera che Il Fatto pubblica oggi. I toni e i contenuti sono sconvolgenti per i credenti che hanno apprezzato gli appelli del Papa. “Maria ci dia il coraggio di dire no alla corruzione, ai guadagni disonesti e all’egoismo” aveva detto nel giorno dell’Immacolata del 2006 Ratzinger. Eppure il Papa non ha esitato a sacrificare l’uomo che aveva preso alla lettera quelle parole: Carlo Maria Viganò, l’arcivescovo ingenuo ma onesto, approdato alla guida dell’ente che controlla le gare e gli appalti del Vaticano. La lettera di Viganò è diretta a “Sua Eminenza Reverendissima il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Città del Vaticano”, praticamente al primo ministro del Vaticano.

Quando scrive a Bertone l’8 maggio del 2011, Viganò è ancora il segretario generale del Governatorato. Ed è proprio dopo questa lettera inedita, e non dopo quella del 27 marzo già mostrata in tv da Gli intoccabili, che Viganò viene fatto fuori. La7 si è occupata mercoledì scorso della lotta di potere che ha portato alla promozione-rimozione di Viganò a Nunzio apostolico negli Usa.

L’arcivescovo-rinnovatore aveva trovato nel 2009 una perdita di 8 milioni di euro e aveva lasciato al Governatorato nel 2010 un guadagno di 22 milioni (34 milioni secondo altri calcoli). Nonostante ciò è stato fatto fuori da Bertone grazie all’appoggio del Papa e del Giornale di Berlusconi.

A questa faida vaticana è stata dedicata buona parte della trasmissione condotta da Gianluigi Nuzzi che, nonostante lo scoop, si è fermata al 3,4% di ascolto. In due ore sono sfilati anche il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, un uomo del Vaticano in Rai, Marco Simeon e il vice di Viganò al Governatorato, monsignor Corbellini. Sono state poste molte domande sulle lettere scritte prima e dopo ma non su quella dell’8 maggio che è sfuggita agli Intoccabili. Peccato perché proprio in questa lettera si trovano storie inedite che coinvolgono nella parte di testimoni o vittime di accuse anche diffamanti, gli ospiti di Nuzzi.

E peccato anche perché nella lettera ci sono molte risposte (di Viganò ovviamente) ai quesiti posti da Nuzzi. Tipo: chi è la fonte del Giornale che ha scatenato la polemica tra Viganò e i suoi detrattori? Oppure: perché Viganò è stato cacciato? Probabilmente dopo la lettera che pubblichiamo sotto era impossibile per il Papa mantenere Viganò al suo posto.

Il segretario del Governatorato non scriveva solo di false fatture e ammanchi milionari. Non lanciava solo accuse diffamatorie sulle tendenze sessuali dei suoi nemici ma soprattutto metteva nero su bianco i risultati di una vera e propria inchiesta di controspionaggio dentro le mura leonine. E non solo spiattellava i risultati, (tipo: la fonte del Giornale è monsignore Nicolini che vuole prendere il mio posto. O peggio: Monsignor Nicolini ha contraffatto fatture e defraudato il Vaticano) ma sosteneva che le sue fonti erano personaggi di primissimo livello come don Torregiani, monsignor Fisichella e monsignor Calcagno.

Infine minacciava : “I comportamenti di Nicolini oltre a rappresentare una grave violazione della giustizia e della carità sono perseguibili come reati, sia nell’ordinamento canonico che civile, qualora nei suoi confronti non si dovesse procedere per via amministrativa, riterrò mio dovere procedere per via giudiziale”. Una minaccia ancora valida nonostante l’oceano separi l’arcivescovo dalla Procura. Anche perché il telefonino di Viganò continua a squillare a vuoto.


Carte di credito, fatture false, traffici e complotti

di Carlo Maria Viganò (il Fatto Quotidiano, 27 gennaio 2012)

 

Domenica, 8 maggio 2011 

Sua Eminenza Reverendissima

Il Sig. Card. Tarcisio Bertone,

Segretario di Stato Città del Vaticano.

Nella lettera riservata che Le avevo indirizzato il 27 marzo 2011, che affidai personalmente al Santo Padre attesa la delicatezza del suo contenuto, affermavo di ritenere che il cambiamento cosi radicale di giudizio sulla mia persona che Vostra Eminenza mi aveva mostrato nell’Udienza del 22 marzo scorso non poteva essere frutto se non di gravi calunnie contro di me ed il mio operato (....) ed ora, dopo le informazioni di cui sono venuto in possesso, anche in sincero e fedele sostegno all’opera di Vostra Eminenza, a Cui è affidato un incarico così oneroso ed esposto a pressioni di persone non necessariamente ben intenzionate (....) con tale spirito di lealtà e fedeltà che reputo mio dovere riferire a Vostra Eminenza fatti e iniziative di cui sono totalmente certo, emerse in queste ultime settimane, ordite espressamente al fine di indurre Vostra Eminenza a cambiare radicalmente giudizio sul mio conto, con l’intento di impedire che il sottoscritto subentrasse al Card. Lajolo come Presidente del Governatorato, cosa in Curia da tempo a tutti ben nota. Persone degne di fede hanno infatti spontaneamente offerto a me e S.E. Mons. Corbellini, Vice Segretario Generale del Governatorato, prove e testimonianze dei fatti seguenti:

1. Con l’avvicinarsi della scadenza di detto passaggio di incarichi al Governatorato, nella strategia messa in atto per distruggermi agli occhi di Vostra Eminenza, vi è stata anche la pubblicazione di alcuni articoli, pubblicati su Il Giornale, contenenti calunniosi giudizi e malevole insinuazioni contro di me. Già nel marzo scorso, fonti indipendenti, tutte particolarmente qualificate - il Dott. Giani (Domenico Giani, ex finanziere ed ex agente dei servizi segreti italiani nel Sisde poi nominato direttore dei servizi di sicurezza e Ispettore Capo della Gendarmeria del Vaticano Ndr) il Prof. Gotti Tedeschi (Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello IOR, l’istituto finanziario del Vaticano, Ndr) il Prof. Vian (Gian Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano Ndr) e il Dott. Andrea Tornielli, all’epoca Vaticanista di Il Giornale, - avevano accertato con evidenza uno stretto rapporto della pubblicazione di detti articoli con il Dott. Marco Simeon, almeno come tramite di veline provenienti dall’interno del Vaticano. A conferma, ma soprattutto a complemento di tale notizia, è giunta a S.E. Mons. Corbellini e a me la testimonianza, verbale e scritta, del Dott. Egidio Maggioni (ex presidente della società pubblicitaria SRI, Socially Responsible Italia Spa in rapporti di affari con il Vaticano Ndr), persona ben introdotta nel mondo dei media, ben conosciuta e stimata in Curia, fra gli altri, dal Dott. Gasbarri (direttore amministrativo di Radio Vaticana, Ndr), da S.E. Mons. Corbellini e da Mons. Zagnoli, già responsabile del Museo Etnologico-Missionario dei Musei Vaticani. Il Dott. Maggioni ha testimoniato che autore delle veline provenienti dall’interno del Vaticano è Mons. Paolo Nicolini, Delegato per i Settori amministrativo-gestionali dei Musei Vaticani. La testimonianza del Dott. Maggioni assume un valore determinante in quanto egli ha ricevuto detta informazione dallo stesso Direttore de Il Giornale, Sig. Alessandro Sallusti, con il quale il Maggioni ha una stretta amicizia da lunga data. 2. L’implicazione di Mons. Nicolini, particolarmente deplorevole in quanto sacerdote e dipendente dei Musei Vaticani, è confermata dal fatto che il medesimo Monsignore, il 31 marzo scorso, in occasione di un pranzo, ha confidato al Dott. Sabatino Napolitano, Direttore dei Servizi Economici del Governatorato, nel contesto di una conversazione fra appassionati di calcio, che prossimamente oltre che per la vittoria del campionato da parte dell’lnter (previsione errata purtroppo, Ndr), si sarebbe festeggiata una cosa ben più importante, cioè la mia rimozione dal Governatorato. (...)

3. Sul medesimo Mons. Nicolini sono poi emersi comportamenti gravemente riprovevoli per quantosi riferisce alla correttezza della sua amministrazione, a partire dal periodo presso la Pontificia Università Lateranense, dove, a testimonianza di S.E. Mons. Rino Fisichella (presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione Ndr) furono riscontrate a suo carico: contraffazioni di fatture e un ammanco di almeno settantamila euro. Cosi pure risulta una partecipazione di interessi del medesimo Monsignore nella Società SRI Group, del Dott. Giulio Gallazzi, società questa attualmente inadempiente verso il Governatorato per almeno due milioni duecentomila euro e che, antecedentemente aveva già defraudato L’Osservatore Romano, come confermatomi da Don Elio Torreggiani (direttore generale della Tipografia Vaticana Ndr) per oltre novantasettemila Euro e I’A.P.S.A., per altri ottantacinquemila, come assicuratomi da S.E. Mons. Calcagno (presidente dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede, Ndr). Tabulati e documenti in mio possesso dimostrano tali affermazioni e il fatto che Mons. Nicolini è risultato titolare di una carta di credito a carico della suddetta SRI Group, per un massimale di duemila e cinquecento euro al mese.

4. Altro capitolo che riguarderebbe sempre Mons. Nicolini concerne la sua gestione ai Musei Vaticani. (...) volgarità di comportamenti e di linguaggio, arroganza e prepotenza nei confronti dei collaboratori che non mostrano servilismo assoluto nei suoi confronti, preferenze, promozioni e assunzioni arbitrarie fatte a fini personali; innumerevoli sono le lamentele pervenute ai Superiori del Governatorato da parte dei dipendenti dei Musei (...).

5. Poiché i comportamenti sopra descritti di Mons. Nicolini, oltre a rappresentare una grave violazione della giustizia e della carità, sono perseguibili come reati, sia nell’ordinamento canonico che civile, qualora nei suoi confronti non si dovesse procedere per via amministrativa, riterrò mio dovere procedere per via giudiziale.

6. Per quanto riguarda il Dott. Simeon, pur essendo per me più delicato parlarne atteso che dai media risulta essere persona particolarmente vicina a Vostra Eminenza, non posso tuttavia esimermi dal testimoniare che, da quanto personalmente sono venuto a conoscenza in qualità di Delegato per le Rappresentanze Pontificie, il Dott. Simeon risulta essere un calunniatore (nel caso a mia precisa conoscenza, di un sacerdote) e che lui stesso è OMISSIS Ndr. Tale sua OMISSIS, Ndr mi è stata confermata da Prelati di Curia e del Servizio Diplomatico. Su questa grave affermazione che faccio nei confronti del Dott. Simeon sono in grado di fornire i nomi di chi è a conoscenza di questo fatto, compresi Vescovi e sacerdoti.

7. A tale azione di denigrazione e di calunnie nei miei confronti ha contribuito anche il Dott. Saverio Petrillo, che si è sentito ferito nel suo orgoglio per un’inchiesta condotta dalla Gendarmeria Pontificia - atto questo dovuto a seguito di un furto avvenuto l’anno scorso nelle Ville Pontificie di cui il medesimo Dott. Petrillo non aveva informato né i Superiori del Governatorato né la Gendarmeria. A provocare poi una sua ulteriore reazione contro di me, è stata la decisione presa dal Presidente Cardinale Lajolo (e non da me), di affidare la gestione delle serre delle Ville al Sig. Luciano Cecchetti, Responsabile dei Giardini Vaticani, con l’intento di creare una sinergia fra le esigenze di questi ultimi e lerisorsedisponibilinelleVillePontificie, il cui debito di gestione annuale raggiunge i 3 milioni e mezzo di euro.

8. Non stupirebbe poi nessuno se anche qualche altro Direttore del Governatorato avesse voluto formulare delle critiche nei miei confronti, attesa l’azione incisiva di ristrutturazione, di contenimento degli sprechi e delle spese, da me operata secondo i criteri di una buona amministrazione, le indicazioni datemi dal Cardinale Presidente e i consigli gestionali della società consulente McKinsey. Non ho tuttavia prove in tale senso (...) Ritengo quanto sopra esposto sufficiente per dissipare le menzogne di quanti hanno inteso capovolgere il giudizio di Vostra Eminenza sulla mia persona, sull’idoneità a che abbia a continuare la mia opera al Governatorato (....) Ho ritenuto mio dovere farlo, animato dallo stesso sentimento di fedeltà che nutro verso il Santo Padre.



Venerdì 27 Gennaio,2012 Ore: 10:56
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 27/1/2012 12.27
Titolo:Veleni sulla finanza vaticana e la Santa Sede attacca La7
Veleni sulla finanza vaticana e la Santa Sede attacca La7

di Marco Ansaldo (la Repubblica, 27 gennaio 2012)


C'è chi parla di legittima difesa, e chi invece di autogol mediatico. Quel che è certo, ora, è che la minaccia di azioni legali partita dal Vaticano contro il programma "Gli intoccabili", de La7, trasmesso mercoledì sera sui misteri della finanza nella Santa Sede, finirà per portarsi dietro una serie di contraccolpi a tutti i livelli.

Ieri il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha diffuso
una nota ufficiale e dichiarato che su «alcune accuse anche molto gravi» fatte in diretta «nei confronti dei membri del Comitato finanza e gestione del Governatorato e della Segreteria di Stato», la stessa Segreteria di Stato e il Governatorato sono impegnati «a perseguire tutte le vie legali per garantire l'onorabilità di persone moralmente integre».

Che cosa è successo? "Gli intoccabili" ha mostrato una lettera inviata il 27 marzo 2011 al Papa da monsignor Carlo Maria Viganò, allora segretario generale del Governatorato, cioè l'ente che si
occupa della gestione economica della Città del Vaticano. Nella missiva l'alto prelato, un anno e mezzo prima chiamato dallo stesso Benedetto XVI a rimettere in sesto le finanze dello Stato, avvertiva il Pontefice di una manovra di corridoio per rimuoverlo. «Un mio trasferimento - scriveva Viganò a Joseph Ratzinger - provocherebbe smarrimento in quanti hanno creduto fosse possibile risanare tante situazioni di corruzione e prevaricazione». Il monsignore, sfrondando le spese, era riuscito a dimezzare le perdite, giunte nel 2009 a 8 milioni di euro, arrivando a 34,4 di avanzo.

Sotto accusa un «comitato finanza e gestione composto da alcuni grandi banchieri, i quali sono risultati fare più il loro interesse che i nostri». Nel mirino 4 pezzi da novanta: Pellegrino Capaldo, Carlo Fratta Pasini, Ettore Gotti Tedeschi e Massimo Ponzellini.

L'epilogo è noto: lo scorso 18 ottobre Viganò fu nominato dal segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, quale nuovo nunzio apostolico a Washington, una destinazione in ogni caso di grande prestigio. Ma l'incarico - apparso ad alcuni in realtà come una
rimozione ("promoveatur ut amoveatur") - venne accompagnato nelle Segrete stanze da malumori, sfociati in una lettera di minacce anonime indirizzata a Bertone.

Missiva finita sui giornali e attribuita a un misterioso "Corvo".
Nella trasmissione alcuni intervistati, comparsi senza nome, hanno parlato di attacchi a Viganò provenuti da fornitori che avevano visto dimezzati o cancellati i propri contratti in Vaticano. Contratti e appalti in cui, secondo il monsignore, lavoravano sempre le stesse ditte, a costi raddoppiati.

A difendere la Santa Sede, in diretta, era il direttore dell'Osservatore Romano, lo storico della Chiesa Giovanni Maria Vian, in quello che è risultato un botta-e-risposta non privo di asprezze,
durante il quale il responsabile dell'organo ufficiale del Papa ha minacciato di alzarsi e lasciare il programma.

Ieri è stata la volta del portavoce della Santa Sede a reagire. Padre Lombardi ha spiegato che «l'avvicendamento alla guida del Governatorato non intende certamente essere un passo indietro rispetto alla trasparenza e al rigore, ma un ulteriore passo avanti». «Noi abbiamo fatto il nostro dovere di cronisti di individuare documenti - è la replica del conduttore del programma, Gianluigi Nuzzi, autore qualche anno fa del bestseller "Vaticano Spa" (Chiarelettere) -
verificarne l'autenticità e renderli pubblici». E ha proposto di ospitare alla prossima puntata padre Lombardi. Che non ha contestato la lettera incriminata («amarezza per la diffusione di documenti
riservati»), quanto piuttosto lo «stile di informazione faziosa nei confronti del Vaticano e della Chiesa cattolica».
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 31/1/2012 10.10
Titolo:Il Vaticano sta prendendo per il naso da mesi la giustizia e la Banca d’Italia ....
Lo Ior si fa beffe dell’Italia

di Marco Lillo (il Fatto Quotidiano, 31 gennaio 2012)

Il Vaticano sta prendendo per il naso da mesi la giustizia e la Banca d’Italia. Il Governo Monti dovrebbe fare la voce grossa e ottenere il rispetto degli impegni assunti in materia di antiriciclaggio ma c'è un piccolo particolare: il ministro della giustizia che dovrebbe essere in prima linea in questa battaglia, è stato l'avvocato del presidente della banca vaticana, lo IOR, Ettore Gotti Tedeschi.

La
linea del Vaticano in questa materia non corrisponde affatto alle promesse di trasparenza contrabbandate in pubblico. Lo dimostra un documento che Il Fatto pubblica in esclusiva.

Si intitola “Memo sui rapporti IOR-AIF” ed è un documento “confidenziale” e “riservato” circolato negli uffici del Papa e della Segreteria di Stato e annotato a penna da una mano che - secondo gli
esperti di cose Vaticane - potrebbe essere quella di monsignor Georg Ganswein, il segretario di Benedetto XVI. E’ stato scritto da un personaggio molto in alto che si può permettere di sottoporre
la sua analisi ai vertici del Vaticano.

Al di là di chi sia l’autore, il “memo” dimostra che il Papa, il
segretario di Stato Tarcisio Bertone, il presidente dello AIF, l'autorità di controllo antiriciclaggio Attilio Nicora e i vertici dello IOR sono tutti a conoscenza della linea sul fronte antiriciclaggio che si può sintetizzare così:
non si deve collaborare con la giustizia italiana per tutto quello che è successo allo IOR fino all’aprile 2011.

Il “Memo”, come dimostrano le note appuntate a penna dalla
segreteria del Santo Padre, è stato “Discusso con SER (Sua Eminenza Reverendissima) il Cardinale Bertone il 3 novembre” 2011. L’autore della nota, favorevole a una maggiore apertura verso Bankitalia e le Procure, aggiunge:
Bertone “Si è trovato d'accordo sulle mie considerazioni!
Incontrerà SER il cardinale Attilio Nicora (Presidente dell’AIF) e il direttore AIF (Francesco Ndr) De Pasquale”. Il memo, così annotato, è stato poi girato, al presidente dello IOR e al direttore dell’AIF.


Basta scorrere il testo per capire la rilevanza della partita in gioco: “Dall'entrata in vigore della legge vaticana anti-riciclaggio, avvenuta il primo aprile 2011, si sono tenuti numerosi incontri tra lo
IOR e l'AIF (Autorità creata dalla nuova legge del Vaticano Ndr), rivolti da una parte a dimostrare alla nuova Autorità le iniziative intraprese per l'adeguamento delle procedure interne alle misure
introdotte dalla legge....”


IN QUESTA prima parte il memo ripercorre la vicenda del mutamento della normativa antiriciclaggio, intervenuto sotto la spinta dell’indagine della Procura di Roma. Il pm Stefano Rocco
Fava e il procuratore aggiunto Nello Rossi - a settembre del 2010 - avevano sequestrato 23 milioni di euro che stavano per essere trasferiti dal conto dello IOR presso il Credito Artigiano alla Jp
Morgan di Francoforte (20 milioni di euro) e alla Banca del Fucino (3 milioni) e aveva indagato il presidente IOR, Ettore Gotti Tedeschi e il direttore Cipriani. Secondo i pm, lo IOR si era rifiutato di
dire “le generalità dei soggetti per conto dei quali eventualmente davano esecuzioni alle operazioni”. Cioé chi era il reale proprietario dei soldi. Dalle indagini della Guardia di Finanza emergeva un quadro inquietante: lo IOR mescolava sul suo conto al Credito Artigiano i 15 milioni di euro provenienti dalla CEI, e frutto dell’8 per mille dei contribuenti italiani, con fondi di soggetti diversi.

Non solo: da altre operazioni emergeva che lo IOR funzionava come una fiduciaria e i suoi conti erano stati usati per schermare persino i proventi di una presunta truffa allo Stato italiano realizzata dal padre e dallo zio (condannato per fatti di mafia) di don Orazio Bonaccorsi.

DI FRONTE a un simile scenario i pm romani si erano opposti al dissequestro dei 23 milioni di euro nonostante le dotte motivazioni dell’avvocato del presidente dello IOR, il professor Paola
Severino. Il ministro ora ha lasciato lo studio e si è cancellato dall’Albo anche se non ha comunicato alla Procura chi la sostituirà nella difesa di Gotti Tedeschi.

A sbloccare la situazione comunque non fu l’avvocato Severino ma il Papa in persona. Con una Lettera Apostolica per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario il 30 dicembre 2010, Benedetto XVI ha istituito l’Autorità di informazione finanziaria (AIF), per il contrasto del riciclaggio.

I pm romani motivarono così il loro parere favorevole al dissequestro nel maggio 2011: “l’AIF ha già iniziato una collaborazione con l’UIF fornendo informazioni adeguate su di un’operazione intercorsa tra IOR e istituti italiani e oggetto di attenzione”.

Peccato che, un minuto dopo essere rientrato in possesso dei suoi 23 milioni, lo IOR ha cambiato completamente atteggiamento. Tanto che in Procura non si nasconde il disappunto per quel dissequestro “sulla fiducia”. Ora si scopre che la giravolta vaticana è una scelta consapevole delle gerarchie, come spiega lo stesso “memo”
discusso dai cardinali Nicora e Bertone e dallo stesso Gotti Tedeschi. “L'AIF (.... ) ha inoltrato allo IOR alcune richieste di informazioni relative a fondi aperti presso l'Istituto, cui quest'ultimo ha
corrisposto, consentendo tra l'altro lo sblocco dei fondi sequestrati dalla Procura di Roma (....)

Ultimamente, tuttavia la Direzione dell'Istituto ha ritenuto di riscontrare le richieste dell' AIF - relative ad operazioni sospette o per le quali sono in corso procedimenti giudiziari - fornendo informazioni soltanto su operazioni effettuate dal primo aprile 2011 in avanti.

Nel corso dell'ultimo incontro tra IOR e AlF del 19 ottobre u.s. tale posizione è stata sostenuta dall'Avv. Michele Briamonte (dello studio Grande Stevens Ndr), sulla base di un generale principio di irretroattività della legge, per il quale le misure introdotte dalla legge antiriciclaggio, (....) non possono valere che per l'avvenire”.

Questa linea interpretativa, ovviamente, ostacola enormemente il lavoro degli investigatori italiani e l’Aif ne è consapevole tanto che, come si evince dal memo ha ribadito “il proprio diritto/dovere ad accedere a tutti i dati e le informazioni in possesso dello IOR (...)
motivando tale posizione con argomentazioni attinenti alla lettera e alla ratio della legge, al rispetto degli standard internazionali cui la Santa Sede ha aderito, allo svuotamento dell'effettività della
disciplina appena introdotta, al rischio di una valutazione negativa dell'organismo internazionale chiamato a esaminare il sistema Vaticano di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del
terrorismo”.

PURTROPPO l'operazione trasparenza era solo uno specchietto per le allodole. Nel frattempo il Vaticano ha spostato la sua operatività dalle banche italiane alla JP Morgan, soprattutto a Francoforte. La banca americana ha però un solo sportello (non accessibile alla clientela comune) a Milano, che è già finito, da quello che risulta al Fatto, nel mirino dell’attività ispettiva della Banca d’Italia. E così il 25 gennaio è stato pubblicato un decreto pontificio che ha ratificato tre convenzioni contro il riciclaggio.
Sembra ci sia anche un articolo sull’obbligo di “adeguata verifica”
prima del fatidico primo aprile. In Procura però stavolta non si fidano.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 10/2/2012 11.14
Titolo:“Complotto di morte”. Guerre poco sante ...
“Complotto di morte”

di Marco Lillo (il Fatto Quotidiano, 10 febbraio 2012)

Mordkomplotts. “Complotto di morte”. Fa impressione leggere nero su bianco su un documento strettamente confidenziale e riservato, pubblicato in esclusiva dal Fatto che un Cardinale autorevole, l’arcivescovo di Palermo Paolo Romeo, prevede con preoccupante certezza la morte del Papa entro novembre del 2012. Una morte che, per la sicurezza con la quale è stata pronosticata, lascia intendere agli interlocutori del cardinale l’esistenza di un complotto per uccidere Benedetto XVI.

L’appunto è anonimo e reca la data del 30 dicembre del 2011. È stato consegnato dal Cardinale colombiano Darío Castrillón Hoyos alla segreteria di Stato e al segretario del Papa nei primi giorni di gennaio con il suggerimento di effettuare indagini per comprendere esattamente cosa abbia fatto e con chi abbia parlato l’arcivescovo Romeo in Cina.

Il Pontefice è stato informato del contenuto dell’appunto a metà gennaio scorso direttamente dal cardinale Castrillon durante un’udienza riservata e il Papa deve avere fatto un salto sulla sedia. Il documento si apre con una premessa in lettere maiuscole: “Strettamente confidenziale”.

Probabilmente gli uomini che curano la sicurezza del Pontefice - a partire dalla Gendarmeria Vaticana guidata dall’ex agente dei servizi segreti italiani, Domenico Giani - stanno cercando di verificare le circostanze in cui sono state pronunciate quelle terribili previsioni e la loro credibilità. Da sempre si favoleggia sulle congiure vaticane e sono stati scritti molti libri sulla morte sospetta di Giovanni Paolo primo.

Qui però siamo di fronte a un inedito assoluto. Mai nessuno aveva messo nero su bianco l’ipotesi di un complotto per far fuori il Papa. Un complotto che potrebbe realizzarsi da qui al novembre prossimo e che è inserito nel documento all’interno di un’analisi inquietante delle divisioni interne alla Chiesa che vedono contrapposti il Papa e il Segretario di Stato Tarcisio Bertone alla vigilia di una presunta successione, che ci auguriamo sia invece lontana nel tempo. Secondo la ricostruzione attribuita dal documento all’arcivescovo Romeo sarebbe Angelo Scola, arcivescovo di Milano, il successore designato da Papa Ratzinger.

Il documento in possesso del Fatto è scritto in lingua tedesca, probabilmente perché sia compreso appieno solo dal Papa e dai suoi stretti collaboratori e connazionali, come monsignor George Ganswin. Inizia con un lungo ‘oggetto’ in neretto: “Viaggio del Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, a Pechino a novembre 2011. Durante i suoi colloqui in Cina, il Cardinale Romeo ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi. Le dichiarazioni del Cardinale sono state esposte, da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso, con tale sicurezza e fermezza, che i suoi interlocutori in Cina hanno pensato con spavento, che sia in programma un attentato contro il Santo Padre”.

Dopo questa premessa esplosiva, il testo si articola in tre paragrafi, ciascuno con un titolo in neretto. Il primo è “Viaggio a Pechino”; il secondo “Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone” e il terzo è “Successione di Papa Benedetto XVI”.

Nel primo paragrafo si ricostruisce lo strano viaggio in Cina effettuato dall’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, un personaggio influente nella Chiesa: 73 anni, nominato Cardinale nel Concistoro del 20 novembre 2010 dal Papa, parteciperà al prossimo Conclave. Nato ad Acireale da una famiglia ricca e numerosa Romeo è un estroverso, amante della buona cucina e delle tecnologie tanto che sul sito della sua Arcidiocesi si legge “Seguici su twitter” che secondo lui “Il signore avrebbe potuto usare per i dieci comandamenti”.

Dopo una lunga carriera che lo ha portato in Filippine, Venezuela, Ruanda, Colombia e Canada fu nominato Nunzio in Italia e nel 2006 quando doveva essere nominato il presidente della Conferenza episcopale italiana, promosse una consultazione tra tutti i vescovi italiani, mai autorizzata e sconfessata da Benedetto XVI. Anche il cardinale Castrillon de Hoyos fu sconfessato dal Papa per una sua lettera del 2001 nella quale si complimentava con un vescovo francese condannato per non avere voluto denunciare alle autorità civili un suo sacerdote, colpevole per abusi sessuali su minori.

Castrillon, più vecchio di Romeo appartiene alla corrente più tradizionalista della Chiesa e nel 2009 da presidente della Commissione “Ecclesia Dei”, quando si occupava dei Lefevbriani, non segnalò al Papa il pericolo rappresentato dalle posizioni antisemite del vescovo Williamson. A 80 anni nel 2010 è un pensionato e non parteciperà al prossimo conclave.

Castrillon forse avverte come un’invasione di campo la visita di Romeo in Cina. Un paese nel quale è in corso una durissima repressione sulla comunità cristiana che si rifiuta di assoggettarsi al regime. Secondo quanto è scritto nel documento però Romeo non si sarebbe occupato di questo :

“A novembre 2011 il Cardinale Romeo si è recato con un visto turistico a Pechino, dove, di fatto, non ha incontrato nessun esponente della Chiesa Cattolica in Cina, bensì uomini d’affari italiani, che vivono o meglio lavorano a Pechino, e alcuni interlocutori cinesi. A Pechino il Cardinale Romeo ha dichiarato di essere stato inviato personalmente da Papa Benedetto XVI per proseguire, o meglio verificare i colloqui avviati dal Cardinale Dario Castrillón Hoyos a marzo 2010 in Cina. Inoltre ha affermato di essere l’interlocutore designato del Papa per occuparsi in futuro delle questioni fra la Cina e il Vaticano ”.

Nel primo paragrafo l’anonimo estensore del documento consegnato agli uomini del Segretario di Stato Bertone e del Papa da Castrillon sostanzialmente tratteggia un Romeo un po’ sbruffone. L’arcivescovo di Palermo si accredita come un antico amico del cardinale Castrillon, esperto di rapporti con le chiese clandestine dai tempi della sua esperienza nelle Filippine, e persino come il componente di una sorta di direttorio segreto che governerebbe la Chiesa di Ratzinger.

“Il Cardinale Romeo ha sorpreso i suoi interlocutori a Pechino informandoli che lui - Romeo - formerebbe assieme al Santo Padre - Papa Benedetto XVI - e al Cardinale Scola una troica. Per le questioni più importanti, dunque, il Santo padre si consulterebbe con lui - Romeo - e con Scola”. Poi arriva il paragrafo sulle critiche che Romeo avrebbe rivolto al capo del Governo della Chiesa, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone.

“Il Cardinal Romeo ha aspramente criticato Papa Benedetto XVI, perché si occuperebbe prevalentemente della liturgia, trascurando gli “affari quotidiani”, affidati da Papa Benedetto XVI al Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Chiesa Cattolica Romana”.

Non solo: Bertone e Ratzinger sono descritti come una coppia di litiganti costretti a convivere nelle mura leonine:

“Il rapporto fra Papa Benedetto XVI e il suo Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone sarebbe molto conflittuale. In un’atmosfera di confidenzialità il Cardinale Romeo ha riferito che Papa Benedetto XVI odierebbe letteralmente Tarcisio Bertone e lo sostituirebbe molto volentieri con un altro Cardinale. Romeo ha aggiunto però, che non esisterebbe un altro candidato adatto a ricoprire questa posizione e che per questo il Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone continuerebbe a svolgere il suo incarico”.

A questo punto, dopo aver premesso che “Anche il rapporto fra il Segretario di Stato e il Cardinale Scola sarebbe altrettanto avverso e tormentato”, arriva il paragrafo nel quale ci si occupa della successione del Papa, che vedrebbe in posizione privilegiata proprio il cardinale Scola, da sempre vicino a Comunione e Liberazione.

“In segreto il Santo Padre si starebbe occupando della sua successione e avrebbe già scelto il Cardinale Scola come idoneo candidato, perché più vicino alla sua personalità. Lentamente ma inesorabilmente lo starebbe così preparando e formando a ricoprire l’incarico di Papa. Per iniziativa del Santo Padre - così Romeo - il Cardinale Scola è stato trasferito da Venezia a Milano, per potersi preparare da lì con calma al suo Papato. Il Cardinale Romeo ha continuato a sorprendere i suoi interlocutori in Cina - prosegue il documento consegnato dal cardinale colombiano al Papa - in Cinacontinuando a trasmettere indiscrezioni”.

Ed ecco che, dopo avere esaminato il quadro dei rapporti conflittuali all’interno del Vaticano in vista della successione a Ratzinger, Romeo, secondo l’appunto, avrebbe gettato di fronte ai suoi interlocutori la bomba:

“Sicuro di sé, come se lo sapesse con precisione, il Cardinale Romeo ha annunciato, che il Santo Padre avrebbe solo altri 12 mesi da vivere. Durante i suoi colloqui in Cina ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi. Le dichiarazioni del Cardinale sono state esposte, da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso, con tale sicurezza e fermezza, che i suoi interlocutori in Cina hanno pensato con spavento, che sia in programma un attentato contro il Santo Padre”.

Per accreditare la veridicità dei fatti riportati il documento maliziosamente chiosa: “Il Cardinale Romeo si sentiva al sicuro e non poteva immaginare, che le dichiarazioni fatte in questo giro di colloqui segreti potessero essere trasmesse da terzi al Vaticano”. La chiusura è dedicata al tema centrale che angoscia evidentemente l’estensore: la successione a Ratzinger: “Altrettanto sicuro di sé Romeo ha profetizzato che, già adesso sarebbe certo benché ancora segreto, che il successore di Benedetto XVI sarà in ogni caso un candidato di origine italiana.

Come descritto prima, il Cardinale Romeo ha sottolineato, che dopo il decesso di Papa Benedetto XVI il Cardinale Scola verrà eletto Papa. Anche Scola avrebbe importanti nemici in Vaticano”. Il Fatto nella serata di ieri ha contattato telefonicamente il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, per chiedere la posizione ufficiale del Vaticano su questo documento ma la sua risposta è stata: “Pubblicate quello che credete ma vi prendete una responsabilità. Mi sembra una cosa talmente fuori dalla realtà e poco seria che non voglio nemmeno prenderla in considerazione. Mi sembra incredibile e non voglio nemmeno commentare”. Un atteggiamento di totale negazione dei fatti che appare discutibile perché il documento pone quesiti importanti non solo sulla salute e la sicurezza del Papa ma anche sulla situazione a dir poco sconcertante in cui versa la Chiesa.

Benedetto XVI è il capo della religione più diffusa sulla terra. Per 2 miliardi di cattolici è il custode della dottrina e - al di là della veridicità delle affermazioni contenute nell’appunto che va tutta verificata - questo testo deve essere portato all’attenzione dell’opinione pubblica. Una lettera simile non è una questione che può restare confinata nel circuito epistolare tra gendarmi, Segreteria di Stato e cardinali ma deve essere spiegata ai cristiani sempre più attoniti per quello che leggono sui giornali. Il Fatto ha già pubblicato il 4 febbraio scorso la lettera del Nunzio negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò, già segretario del Governatorato della Città del Vaticano, nella quale l’arcivescovo formulava accuse gravissime sulla corruzione, i furti e le false fatturazioni dentro le mura leonine e accusava di presunti reati monsignor Paolo Nicolini, direttore dei Musei Vaticani. Poi abbiamo pubblicato un documento esclusivo sui rapporti Aif-Uif che documentava la scelta del Vaticano di non fornire informazioni bancarie precedenti all’aprile del 2011 alle autorità antiriciclaggio. Ora si scopre un documento nel quale si parla senza remore di morte certa del Papa e si favoleggia persino di un possibile complotto per uccidere il Pontefice.

Per questo l’appunto sulla morte del Papa deve essere pubblicato: perché se ne verifichi coram populo l’origine e la veridicità e soprattutto perché finalmente Santa Romana Chiesa esca dal silenzio e spieghi ai suoi fedeli (e non solo a loro) come è possibile che tra i cardinali e il Papa circolino previsioni certe di morte e ipotesi omicidiarie che solo a leggerle fanno venire i brividi.

__________________________________________________

Guerre poco sante

di Antonio Padellaro (il Fatto Quotidiano, 10 febbraio 2012)

Non sorprende che il portavoce vaticano definisca incredibile il documento che pubblichiamo (cos’altro dovrebbe dire?), così come non ci aspettiamo che il cardinale Castrillón e il cardinale Romeo, ciascuno per la parte che lo riguarda, svelino cosa si nasconde realmente dietro il contenuto sconvolgente di quelle pagine scritte in tedesco. Nella lunga storia della Chiesa, gli attentati alla vita dei pontefici non sono stati pochi (senza contare le morti sospette: Papa Luciani), ma è difficile ricordare una premonizione così datata: “Entro 12 mesi”. Tuttavia quelle pagine esistono e nessuna smentita potrà cancellarle. Si possono fare molte ipotesi. Una polpetta avvelenata all’interno della Santa Sede? Difficile credere che una ricostruzione così precisa sia il prodotto di una fabbrica dei falsi finalizzata a screditare due eminenti porporati.

Scoprire che nei Palazzi apostolici (da lì giunge l’appunto) si annidano corvi e serpenti non darebbe del Vaticano un’immagine ancora più desolante?

Più realistico considerare autentico il documento Castrillón e verosimile il resoconto del viaggio cinese di Romeo. Per l’importanza delle fonti. Per le verifiche compiute dal Fatto. E anche perché la guerra (poco santa) tra fazioni e correnti intorno a Ratzinger non può certo sorprendere dopo gli imbrogli e le ruberie denunciate da monsignor Viganò con la lettera pubblicata dal Fatto. Una cosa è certa: da oggi in poi ci sarà molto da raccontare sui segreti che il trono di San Pietro non riesce più a celare.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 10/2/2012 18.21
Titolo:Omicidi, sequestri e silenzi da papa Luciani a Viganò ....
Omicidi, sequestri e silenzi da papa Luciani a Viganò

di Ferruccio Sansa (il Fatto Quotidiano, 10 febbraio 2012)

Tanti scandali. Nessuna certezza. Le Mura Vaticane custodiscono intatti i loro misteri. Vicende che secondo alcuni sfiorano i vertici della Chiesa e che si intrecciano con la storia del nostro Paese. Ma l’accertamento della verità, come l’autorità giudiziaria italiana, pare talvolta essersi fermato all’ingresso dello Stato Pontificio.

L’infarto di Papa Luciani

“Ieri mattina sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere!”, è il 26 agosto 1978 quando Albino Luciani pronuncia queste parole. Il 28 settembre muore. Il referto parla di “infarto miocardico acuto”. E all’inizio nessuno dubita. Quel Papa dai modi miti, si dice, stroncato da una tensione insostenibile. Il tempo, però, rivela altro: Luciani si preparava a essere un Pontefice innovatore, con il desiderio di riportare la Chiesa alla semplicità originaria. Un impegno, però, che doveva scontrarsi le influenti gerarchie vaticane abituate a gestire potere e centinaia di miliardi. Saranno le inchieste giornalistiche a pronunciare per la prima volta la parola “omicidio”. Ne parlerà a Paolo Borsellino anche un pentito di mafia,

Vincenzo Calcara. Emersero così alcune circostanze mai chiarite: alla morte di Luciani fu deciso di non effettuare l’autopsia. Non fu mai chiarito del tutto chi ritrovò il corpo. Si raccontò poi di un incontro che il Papa aveva appena avuto per verificare le finanze della Chiesa. Infine, si è parlato della lista di nomine (e rimozioni) che avrebbe dovuto essere comunicata proprio il giorno della morte.

L’attentato a Wojtyla

Piazza San Pietro, 13 maggio 1981, attentato al Papa. L’unica cosa certa è che a sparare fu Mehmet Ali Agca (condannato all’ergastolo e graziato nel 2000). Le sue dichiarazioni contraddittorie hanno lasciato intravvedere perfino complici in Vaticano. L’ipotesi più seguita parla di un attentato progettato dal Kgb insieme con la Stasi della Germania Est. I servizi comunisti si sarebbero serviti di terroristi bulgari e dei Lupi Grigi turchi. Ma il pentito Caldara sosteneva che la mafia aveva avuto un ruolo nella vicenda.

Lo scandalo Ior

A gettare una luce - o un’ombra - diversa sui gialli del Vaticano sono gli scandali che vedono collegati Ior (l’Istituto Opere Religiose), Paul Marcinkus, Michele Sindona e P2. Dalle inchieste sul crack emerse che lo Ior avrebbe fornito una copertura per drenare 1.500 miliardi dalle casse dell’Ambrosiano. Non solo: Calcara sostenne che Marcinkus era a contatto anche con ambienti di Cosa Nostra. Uno scandalo, quello del Banco Ambrosiano, finito nel sangue con le morti di Guido Calvi, della sua segretaria e di Michele Sindona. Oltre a Giorgio Ambrosoli che stava cercando di fare chiarezza sull’Ambrosiano. E Marcinkus? Annullata sulla base dei Patti Lateranensi la richiesta di estradizione, morì con i suoi segreti a Sun City, in Arizona, a 84 anni.

Il rapimento Orlandi

Emanuela ha 15 anni quando scompare il 22 giugno 1983. Da quel giorno comincia una storia infinita di depistaggi, di piste che non si sa mai se siano vere o false. È Giovanni Paolo II nell’Angelus del 3 luglio 1983 a dire per primo pubblicamente che si tratta di un sequestro. Intanto è un supplizio continuo di telefonate anonime. Prima tocca a Pierluigi e Mario (telefonisti legati, pare, alla Banda della Magliana) che vorrebbero far credere alla fuga. Poi tocca a un uomo dall’accento americano che qualcuno sostiene fosse Marcinkus. Quindi spunta il possibile collegamento con la Magliana che si dice volesse chiedere la restituzione dei miliardi investiti nello Ior. I testimoni raccontano di aver visto Emanuela per l’ultima volta a due passi dalla Basilica di Sant’Apollinare. C’è chi sostiene che fosse con un uomo che somigliava a Renatino De Pedis, uno dei capi della Banda. Proprio lui che incredibilmente è sepolto all’interno della Basilica. Sabrina Minardi, ex moglie del giocatore Bruno Giordano in quegli anni legata a De Pedis, sostiene di aver assistito alla sepoltura di Emanuela. Agca invece assicura: “Emanuela è viva”. Un sedicente ex agente del Sismi sostiene si trovi in un manicomio inglese. Mille piste, nessuna verità.

Spari alle guardie svizzere

Alois Estermann viene nominato capo delle Guardie Svizzere la mattina del 4 maggio 1998. La sera viene ucciso con la moglie Gladys Meza Romero e con la guardia Cedric Tornay. La soluzione ufficiale del giallo arriva dopo poche ore di indagine condotta tutta dentro le Mura Vaticane: Tornay era un ragazzo instabile, fumava canne. Aveva una cisti nel cervello che lo avrebbe reso più aggressivo. Cedric avrebbe ucciso Estermann per vendicarsi di una promozione negata. La moglie dell’ufficiale si sarebbe trovata nel posto sbagliato. Un mare di prove (troppe hanno pensato in molti). Testimoni che spariscono e riemergono anni dopo accanto al Papa.

Il caso Viganò

Il 27 marzo 2011 monsignor Carlo Maria Viganò, all’epoca segretario generale del Governatorato (che gestisce le casse vaticane) scrive a Benedetto XVI. Viganò, chiamato un anno prima dal Papa a rimettere in sesto le finanze vaticane, lancia un allarme: vogliono di rimuovermi, ma “un mio trasferimento provocherebbe smarrimento in quanti hanno creduto fosse possibile risanare tante situazioni di corruzione e prevaricazione”. Viganò ha portato i conti da 8 milioni di perdite a 34,4 di avanzo. Il monsignore accusa “grandi banchieri che sono risultati fare più il loro interesse che i nostri”. Il 18 ottobre Viganò viene nominato nunzio apostolico a Washington dal segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Una destinazione di prestigio. E lontana dai conti del Vaticano.Ma il programma "Gli intoccabili" scopre la storia
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 12/2/2012 12.36
Titolo:Al di là del Tevere “un nido di vipere”
Al di là del Tevere “un nido di vipere”

di Roberto Faenza (il Fatto Quotidiano, 12 febbraio 2012)


Bisognerebbe interrogarsi da cosa derivi il potere del Vaticano sui media italiani. Ne sa qualcosa questo giornale, che sfidando l’ira dei colleghi quotidiani, ha appena pubblicato un documento sconcertante. Documento minimizzato dagli altri giornali. Per non concedere al Fatto l’onore delle armi di fronte a uno scoop giustamente definito una bomba da Santoro in trasmissione? Non credo sia questa la ragione.
Il motivo risiede nel timore reverenziale di urtare la “sensibilità” d’oltre Tevere. Ringraziamo Internet e la stampa internazionale, se lo scoop del Fatto ha ricevuto la giusta attenzione.

A mio avviso la parte più drammatica del documento inviato al Papa non è nella rivelazione di un possibile attentato (ora grazie alla pubblicazione di sicuro allontanato; almeno di questo si renderà merito).

L’elemento più inquietante è nelle righe che sottintendono una faida interna in seno alle segrete stanze. Il New York Times, che se c’è da dare una notizia dell’ira del Vaticano se ne frega, ha cominciato a frugare in quei segreti, a partire dalla trasmissione di Gianluigi Nuzzi su La7 a proposito della lettera dell’attuale Nunzio apostolico a Washington (pare ancora per poco) sulla presunta corruzione all’interno del Governatorato di Città del Vaticano.

Questo silenzio omertoso che costringe gran parte dei media italiani a tenere la schiena poco dritta ha radici antiche. Quando negli anni Settanta insegnavo a Washington, ebbi l’avventura di “liberare” per la prima volta una serie di documenti segreti della amministrazione americana che riguardavano l’Italia e il Vaticano.

Si trattava di rivelazioni scottanti, antesignane del lavoro che fa oggi Julian Assange, incluse le fotocopie degli assegni pagati ai politici nostrani e ad alcuni prelati. Questi documenti li ho pubblicati in un primo libro circolato indenne grazie alla Feltrinelli, Gli americani in Italia, e poi in un secondo, Il Malaffare, subito tolto dal mercato dalla Mondadori.

Alla vigilia della Liberazione, un documento Top secret dell’ambasciata americana a Roma informa Washington che sono stati
“agganciati” due alti prelati, Monsignor Perrone e Monsignor Dadaglio, i quali spifferano agli yankee quanto sta avvenendo in Vaticano, ovvero i timori di Pio XII per un possibile governo con dentro i comunisti. I due prelati rivelano che in Vaticano non tutti sono d’accordo con il Papa, tra questi Monsignor Tardini, che è a capo di una corrente “non ostile” al Pci.

La documentazione relativa a questi “intrighi del Vaticano”, così li definisce la stessa amministrazione americana, viene inviata ad alcuni giornalisti italiani perché ne scrivano, favorendo così il deflagrare di alcune posizioni troppo progressiste. Come si vede, quando si vuole scrivere si scrive.

Ancora più scottante la documentazione che concerne Monsignor Giovambattista Montini. Prima di diventare Segretario di stato e poi Papa Paolo VI, Montini viene “agganciato” da James Angleton, capo del controspionaggio di stanza a Roma. È convinto delle capacità del prelato, ma preoccupato del suo orientamento “poco conservatore”. Lo farà intercettare e monitorare tramite cimici piazzate nei suoi uffici da alcuni prelati compiacenti.

Le “trame in Vaticano”, così le qualificano i documenti, si fanno particolarmente accese, quando negli anni Sessanta si prepara il Concilio Vaticano II e la DC sta per aprire al partito socialista. Giovanni XXIII appare favorevole, ma non sono pochi i cardinali che la pensano diversamente e vorrebbero metterlo “sotto tutela”.

SI AGITANO come in un balletto il Sottosegretario di stato Monsignor Dell’Acqua e i monsignori Berloco e Iginio Cardinale, capo protocollo della Segreteria. Monsignor Vagnozzi, il delegato apostolico nella capitale americana, fa addirittura la spia di nascosto al Papa. Si presenta in gran segreto ai dirigenti del Dipartimento di stato per comunicare che “Giovanni XXIII ha un cancro inoperabile. Gli restano da vivere dai 6 ai 12 mesi. Monsignor Vagnozzi ha pregato di non fare il suo nome”. Lo stesso monsignore diventerà Presidente della Prefettura per gli Affari economici.

Ai tempi del breve e misterioso pontificato di Papa Luciani il cardinale Palazzini gli contesterà la sua reticenza sugli “immorali affari dello IOR” di Monsignor Marcinkus, “in combutta con Calvi eSindona”. Tutto questo cicaleccio preoccupa la stampa americana, che comincia a filtrare notizie. Silenzio invece sui nostri quotidiani.

Spiegano bene all’Italian desk del Dipartimento di stato: il
Vaticano e la Chiesa sono due entità diverse: il primo è un vero e proprio stato con un suo governo. E come tutti i governi è attraversato da correnti e conflitti interni. La Chiesa invece, scrivono a Washington, si occupa delle anime dei fedeli, in quanto vera erede di Cristo. Il Vaticano, aggiungono, talvolta appare in dissidio con la Chiesa. È sicuramente il “partito” italiano più
influente, temuto dalla stampa, riverito e omaggiato persino dal partito comunista. Poi in una nota definiscono la città del Vaticano “un nido di vipere”. Ora come allora?

Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (5) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Dottrina della fede secondo Ratzinger

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info