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www.ildialogo.org QUANTA CORRUZIONE IN VATICANO! Le rivelazioni di monsignor Carlo Maria Viganò: «Non avrei mai pensato di trovarmi davanti a una situazione così disastrosa», «inimmaginabile», e per giunta «a tutti nota in Curia». Sui misteri della finanza in Vaticano, una nota di Sergio Rizzo,a c. di Federico La Sala

IL NUOVO VANGELO DELLA GERARCHIA DELLA CHIESA DI ROMA: DIO E' IL NOSTRO "TESORO" ("DEUS CARITAS EST": BENEDETTO XVI, 2006)! Il nuovo Dio è "Mammona" ("caritas") e suo figlio è il "Padrone Gesù" ("Dominus Iesus"). Tutta la Curia applaude ....
QUANTA CORRUZIONE IN VATICANO! Le rivelazioni di monsignor Carlo Maria Viganò: «Non avrei mai pensato di trovarmi davanti a una situazione così disastrosa», «inimmaginabile», e per giunta «a tutti nota in Curia». Sui misteri della finanza in Vaticano, una nota di Sergio Rizzo

«Corruzione». La parola è sinonimo di malaffare e degrado morale. Ma se a pronunciarla è un altissimo prelato vicino al Papa, come rivela questa sera «Gli intoccabili», il programma d’inchiesta del giornalista Gian Luigi Nuzzi che va in onda su La7, allora vengono i brividi. Il suo nome: Carlo Maria Viganò, fino a qualche mese fa segretario generale del governatorato del Vaticano, la struttura che gestisce gli appalti e le forniture del più piccolo e potente Stato della Terra.


a c. di Federico La Sala

APPUNTI  SUL TEMA: 

"Deus caritas est". La prima enciclica di Ratzinger è a pagamento

 "DEUS CARITAS EST": LA VERITA’ RECINTATA!!!

TUTTO A "CARO-PREZZO": QUESTO "IL VANGELO CHE ABBIAMO RICEVUTO". IL VANGELO DI RATZINGER, BERTONE, RUINI, BAGNASCO E DI TUTTI I VESCOVI.

LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE. AL GOVERNO DELLA CHIESA UN PAPA CHE PREDICA CHE GESU’ E’ IL FIGLIO DEL DIO "MAMMONA" ("Deus caritas est") E AL GOVERNO DELL’ **ITALIA** UN PRESIDENTE DI UN PARTITO (che si camuffa da "Presidente della Repubblica") e canta "Forza Italia" (1994-2009). 

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I misteri della finanza in Vaticano: le rivelazioni di monsignor Viganò

di Sergio Rizzo (Corriere della Sera, 25 gennaio 2012)

«Corruzione». La parola è sinonimo di malaffare e degrado morale. Ma se a pronunciarla è un altissimo prelato vicino al Papa, come rivela questa sera «Gli intoccabili», il programma d’inchiesta del giornalista Gian Luigi Nuzzi che va in onda su La7, allora vengono i brividi. Il suo nome: Carlo Maria Viganò, fino a qualche mese fa segretario generale del governatorato del Vaticano, la struttura che gestisce gli appalti e le forniture del più piccolo e potente Stato della Terra.

«Corruzione» è proprio il termine che quel monsignore usa per descrivere in una clamorosa lettera a Benedetto XVI l’incredibile situazione che si è trovato davanti dopo aver assunto nel luglio del 2009 il delicatissimo incarico. Una bomba sganciata nelle stanze del potere vaticano il 27 marzo del 2011, nell’estremo tentativo di sventare una manovra di corridoio che culminerà con la sua rimozione.

«Un mio trasferimento provocherebbe smarrimento in quanti hanno creduto fosse possibile risanare tante situazioni di corruzione e prevaricazione», scrive Viganò al Papa. Facendo capire a Joseph Ratzinger di non essere affatto isolato: «I cardinali Velasio De Paolis, Paolo Sardi e Angelo Comastri conoscono bene la situazione».

La storia ricostruita da «Gli intoccabili» ha tutti gli ingredienti di un noir di prim’ordine. Trame misteriose, colpi di scena, testimonianze sconvolgenti. È un terremoto senza precedenti, che fa tremare i vertici delle gerarchie ecclesiastiche. Tutto comincia nel maggio del 2009, quando il Papa decide di affidare la gestione degli appalti al cardinale Giovanni Layolo e a monsignor Viganò, che sostituiscono rispettivamente il cardinale Edmund Casimir Szoka e monsignor Renato Boccardo nei ruoli di presidente e segretario generale del governatorato. Quella struttura è un buco nero: nel 2009 perde 8 milioni di euro. Cifra apparentemente modesta, ma estremamente significativa se rapportata alle dimensioni dello Stato Vaticano.

«Non avrei mai pensato di trovarmi davanti a una situazione così disastrosa», rivela Viganò in un altro scioccante appunto inviato a Ratzinger nella scorsa primavera. Definendola «inimmaginabile», e per giunta «a tutti nota in Curia». Dal pentolone che ha scoperchiato salta fuori l’inverosimile. I servizi tecnici sono un regno diviso in piccoli feudi. In Vaticano opera una cordata di fornitori che non fanno praticamente gare: dentro le mura dello Stato della Chiesa lavorano sempre le stesse ditte, a costi doppi rispetto all’esterno anche perché non esiste alcuna trasparenza nella gestione degli appalti di edilizia e impiantistica. Insomma, una moderna fabbrica di San Pietro che ingoia denaro a ritmi ingiustificati, come dimostra il conto astronomico che viene presentato per il presepe montato nel Natale 2009 a piazza San Pietro: 550 mila euro.

Non bastasse, c’è una situazione finanziaria allucinante: le casse del governatorato subiscono perdite del 50-60%. Per tamponarla, spiega Viganò, la gestione dei fondi è stata affidata a un «comitato finanza e gestione composto da alcuni grandi banchieri, i quali sono risultati fare più il loro interesse che i nostri». Racconta il monsignore che una sola operazione finanziaria nel dicembre 2009 ha mandato in fumo due milioni e mezzo di dollari.

Ma chi fa parte di questo comitato? Nuzzi fa i nomi di quattro pezzi da novanta della finanza italiana. Quelli di Pellegrino Capaldo, Carlo Fratta Pasini, Ettore Gotti Tedeschi e Massimo Ponzellini. Capaldo è l’ex presidente della Banca di Roma: banchiere cattolico apprezzatissimo anche al di fuori degli ambienti ecclesiastici, è attualmente il proprietario della casa vinicola Feudi di San Gregorio.

Fratta Pasini è il presidente del Banco popolare. Gotti Tedeschi, consigliere di amministrazione della Cassa depositi e prestiti, la banca del Tesoro italiano, nonché consigliere della Fondazione San Raffaele di don Luigi Verzé, è il banchiere poi scelto da Ratzinger per guidare lo Ior. Ponzellini è l’ex presidente della Banca popolare di Milano, ma ha ricoperto in passato anche molti incarichi in società del Tesoro, come il Poligrafico dello Stato.

Viganò prende l’incarico maledettamente sul serio. La sua scure colpisce dappertutto: non risparmianemmeno il conto del famoso presepe, tagliato d’emblée di 200 mila euro, né la gestione dei giardini, uno dei capitoli più problematici. Il risultato è che il bilancio del governatorato passa da un deficit di 8 milioni a un utile di 34,4 milioni nel giro di un anno. Ma tanto rigore non gli vale un encomio. Anzi, per lui cominciano i guai. «Viganò si è fatto un sacco di nemici e quei nemici si stanno muovendo nell’ombra per fargliela pagare», è il commento de «Gli intoccabili».

Fatto sta che sul Giornale escono alcuni articoli non firmati, nei quali è contenuto un segnale preciso: il segretario generale del governatorato ha praticamente le ore contate. Ed è proprio quello che accade. Il segretario di Stato Tarcisio Bertone lo solleva dall’incarico, e la decisione fa saltare anche la nomina a cardinale che gli sarebbe stata promessa. Tanto per cambiare la rimozione avviene con il solito meccanismo del promoveatur ut amoveatur. Viganò viene nominato Nunzio apostolico della Santa sede negli Stati Uniti e spedito a Washington. Incarico prestigiosissimo, anche se a 7.228 chilometri di distanza.

A nulla serve l’appello disperato e diretto a Ratzinger. Che anzi si rivela un errore, perché scavalcando Bertone ottiene semmai l’effetto contrario. Ma Viganò non digerisce affatto la decisione e inizia una corrispondenza infuocata con il segretario di Stato. Lettere nelle quali rivendica il risanamento ottenuto «eliminando la corruzione ampiamente diffusa», e chiede di essere messo a confronto con i suoi accusatori in un processo «ai sensi del canone 220 del codice di diritto canonico».

Senza limitarsi alle generiche affermazioni, riferisce il servizio de «Gli intoccabili», punta pure il dito su un personaggio che ritiene abbia avuto un ruolo nella vicenda che lo riguarda: Marco Simeon. Figlio di un benzinaio di Sanremo, è uno degli animatori della cooperativa sociale «Il Cammino», fornitrice di fiori del Papa. Considerato molto vicino a Bertone, è autore di una carriera fulminea, per gli standard italiani. Prima a Capitalia, la ex Banca di Roma di Cesare Geronzi, banchiere con altissime aderenze vaticane. Quindi a Mediobanca, come capo delle relazioni istituzionali, sempre al seguito di Geronzi. Infine alla Rai, dove a quello stesso incarico aggiunge la direzione di Rai Vaticano. Interpellato da Nuzzi, risponde con una risata: «Non ne so assolutamente niente». E forse questo è solo l’inizio.



Mercoledì 25 Gennaio,2012 Ore: 15:09
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 26/1/2012 21.08
Titolo:L'ira del Vaticano si scaglia contro La7, e contro «Gli intoccabili» di Gianluig...
«PRONTI ALLE VIE LEGALI»

La7, l'ira del Vaticano contro Nuzzi

Il Governatorato del Vaticano descritto «in modo parziale e banale». La replica: «Fatto il nostro dovere di cronisti»

MILANO- L'ira del Vaticano si scaglia contro La7. E in particolare contro «Gli intoccabili» di Gianluigi Nuzzi, ondata in onda mercoledì sera, sugli affari della Chiesa. La Santa Sede non ha gradito. Affatto. Tanto che il portavoce Federico Lombardi, in una nota ufficiale, parla di intraprende vie legali «per garantire l'onorabilità di persone moralmente integre e di riconosciuta professionalità, che servono lealmente la Chiesa, il Papa e il bene comune».

LA NOTA- Le «accuse» sono «molto gravi». La trasmissione presenta il Governatorato del Vaticano «in modo parziale e banale, esaltando evidentemente gli aspetti negativi», con il «facile risultato» di presentarlo «come caratterizzate in profondità da liti, divisioni e lotte di interessi». Lombardi definisce queste come «disinformazione» e «informazione faziosa nei confronti del Vaticano e della Chiesa». Lombardi difende monsignor Viganò «i criteri positivi e chiari di corretta e sana amministrazione e di trasparenza a cui si è ispirato continuano certamente ad essere quelli che guidano anche gli attuali responsabili del Governatorato, nella loro provata competenza e rettitudine». Il programma ha parlato di «mazzette, lavori gonfiati e pilotati nella Santa Sede». In particolare si è parlato di una lettera del nunzio apostolico Viganò al Papa in aprile in cui chiariva la situazione delle finanze.

LA REPLICA - «Noi abbiamo fatto il nostro dovere di cronisti e ci siamo trovati di fronte, per la prima volta forse nella storia della Chiesa, a un vescovo che denuncia fatti di corruzione che, stando proprio alle sue parole, sono stati portati all' attenzione direttamente del Santo Padre. Una denuncia che viene documentata con carte, lettere, eccetera». Cosi' Gianluigi Nuzzi, conduttore del programma di La7 Gli Intoccabili, commenta la nota del direttore della Sala stampa della Santa Sede padre Federico Lombardi. «Noi naturalmente -aggiunge Nuzzi- teniamo in massimo conto quanto scritto da padre Lombardi in questa nota della Santa Sede, alla quale daremo spazio nella prossima puntata. Ed inviteremo anche padre Lombardi in studio se lui ritenesse di dovere aggiungere qualcosa rispetto alla nota di oggi. Per il resto non posso che ribadire che noi facciamo i giornalisti: cerchiamo le notizie, le verifichiamo e le mettiamo in onda».

Redazione Online

* Corriere della Sera, 26 gennaio 2012
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 12/2/2012 12.49
Titolo:Al di là del Tevere “un nido di vipere”
Al di là del Tevere “un nido di vipere”

di Roberto Faenza (il Fatto Quotidiano, 12 febbraio 2012)

Bisognerebbe interrogarsi da cosa derivi il potere del Vaticano sui media italiani. Ne sa qualcosa questo giornale, che sfidando l’ira dei colleghi quotidiani, ha appena pubblicato un documento sconcertante. Documento minimizzato dagli altri giornali. Per non concedere al Fatto l’onore delle armi di fronte a uno scoop giustamente definito una bomba da Santoro in trasmissione? Non credo sia questa la ragione. Il motivo risiede nel timore reverenziale di urtare la “sensibilità” d’oltre Tevere. Ringraziamo Internet e la stampa internazionale, se lo scoop del Fatto ha ricevuto la giusta attenzione.

A mio avviso la parte più drammatica del documento inviato al Papa non è nella rivelazione di un possibile attentato (ora grazie alla pubblicazione di sicuro allontanato; almeno di questo si renderà merito).

L’elemento più inquietante è nelle righe che sottintendono una faida interna in seno alle segrete stanze. Il New York Times, che se c’è da dare una notizia dell’ira del Vaticano se ne frega, ha cominciato a frugare in quei segreti, a partire dalla trasmissione di Gianluigi Nuzzi su La7 a proposito della lettera dell’attuale Nunzio apostolico a Washington (pare ancora per poco) sulla presunta corruzione all’interno del Governatorato di Città del Vaticano.

Questo silenzio omertoso che costringe gran parte dei media italiani a tenere la schiena poco dritta ha radici antiche. Quando negli anni Settanta insegnavo a Washington, ebbi l’avventura di “liberare” per la prima volta una serie di documenti segreti della amministrazione americana che riguardavano l’Italia e il Vaticano.

Si trattava di rivelazioni scottanti, antesignane del lavoro che fa oggi Julian Assange, incluse le fotocopie degli assegni pagati ai politici nostrani e ad alcuni prelati. Questi documenti li ho pubblicati in un primo libro circolato indenne grazie alla Feltrinelli, Gli americani in Italia, e poi in un secondo, Il Malaffare, subito tolto dal mercato dalla Mondadori.

Alla vigilia della Liberazione, un documento Top secret dell’ambasciata americana a Roma informa Washington che sono stati “agganciati” due alti prelati, Monsignor Perrone e Monsignor Dadaglio, i quali spifferano agli yankee quanto sta avvenendo in Vaticano, ovvero i timori di Pio XII per un possibile governo con dentro i comunisti. I due prelati rivelano che in Vaticano non tutti sono d’accordo con il Papa, tra questi Monsignor Tardini, che è a capo di una corrente “non ostile” al Pci.

La documentazione relativa a questi “intrighi del Vaticano”, così li definisce la stessa amministrazione americana, viene inviata ad alcuni giornalisti italiani perché ne scrivano, favorendo così il deflagrare di alcune posizioni troppo progressiste. Come si vede, quando si vuole scrivere si scrive.

Ancora più scottante la documentazione che concerne Monsignor Giovambattista Montini. Prima di diventare Segretario di stato e poi Papa Paolo VI, Montini viene “agganciato” da James Angleton, capo del controspionaggio di stanza a Roma. È convinto delle capacità del prelato, ma preoccupato del suo orientamento “poco conservatore”. Lo farà intercettare e monitorare tramite cimici piazzate nei suoi uffici da alcuni prelati compiacenti.

Le “trame in Vaticano”, così le qualificano i documenti, si fanno particolarmente accese, quando negli anni Sessanta si prepara il Concilio Vaticano II e la DC sta per aprire al partito socialista. Giovanni XXIII appare favorevole, ma non sono pochi i cardinali che la pensano diversamente e vorrebbero metterlo “sotto tutela”.

SI AGITANO come in un balletto il Sottosegretario di stato Monsignor Dell’Acqua e i monsignori Berloco e Iginio Cardinale, capo protocollo della Segreteria. Monsignor Vagnozzi, il delegato apostolico nella capitale americana, fa addirittura la spia di nascosto al Papa. Si presenta in gran segreto ai dirigenti del Dipartimento di stato per comunicare che “Giovanni XXIII ha un cancro inoperabile. Gli restano da vivere dai 6 ai 12 mesi. Monsignor Vagnozzi ha pregato di non fare il suo nome”. Lo stesso monsignore diventerà Presidente della Prefettura per gli Affari economici.

Ai tempi del breve e misterioso pontificato di Papa Luciani il cardinale Palazzini gli contesterà la sua reticenza sugli “immorali affari dello IOR” di Monsignor Marcinkus, “in combutta con Calvi eSindona”. Tutto questo cicaleccio preoccupa la stampa americana, che comincia a filtrare notizie. Silenzio invece sui nostri quotidiani.

Spiegano bene all’Italian desk del Dipartimento di stato: il Vaticano e la Chiesa sono due entità diverse: il primo è un vero e proprio stato con un suo governo. E come tutti i governi è attraversato da correnti e conflitti interni. La Chiesa invece, scrivono a Washington, si occupa delle anime dei fedeli, in quanto vera erede di Cristo. Il Vaticano, aggiungono, talvolta appare in dissidio con la Chiesa. È sicuramente il “partito” italiano più influente, temuto dalla stampa, riverito e omaggiato persino dal partito comunista. Poi in una nota definiscono la città del Vaticano “un nido di vipere”. Ora come allora?

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