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www.ildialogo.org IN NOME DEL SACROSANTO CONCILIO, RISCOPRIRE L'ESSENZA DELLA CHIESA!!! Un'intervista a mons. Iginio Rogger, a cura di Maria Teresa Pontara Pederiva - con note,a c. di Federico La Sala

IL MESSAGGIO EVANGELICO E LA COSTITUZIONE "SACROSANTUM CONCILIUM" NON HANNO NULLA A CHE FARE CON IL "MAGISTERO" della gerarchia cattolico-costantiniana di "Gesù" come "Dominus Iesus" e di Dio come "ricchezza" (Benedetto XVI, Deus caritas est, 2006)! "Bisogna intendersi sul termine sacro: anche l'adorazione del vitello d'oro era sacra!" (I. Rogger).
IN NOME DEL SACROSANTO CONCILIO, RISCOPRIRE L'ESSENZA DELLA CHIESA!!! Un'intervista a mons. Iginio Rogger, a cura di Maria Teresa Pontara Pederiva - con note

Mentre mi chiedevo se la Chiesa dovesse essere monarchia papale o piuttosto una collegialità di responsabilità, la SC fornisce già una risposta. Illuminante l'approvazione: queste cose “placuerunt”ai Padri del Concilio, significa “sono state decise”. E' un parlamento! E il papa, in virtù della potestà conferitagli, le approva. Non era più il tempo di Pio IX! Per me è stata una gioia.


a c. di Federico La Sala

NOTE SUL TEMA:

LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!
 

TUTTO A "CARO-PREZZO": QUESTO "IL VANGELO CHE ABBIAMO RICEVUTO". IL VANGELO DI RATZINGER, BERTONE, RUINI, BAGNASCO E DI TUTTI I VESCOVI. 

SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO. (Federico La Sala)

 

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Riscoprire l'essenza della Chiesa


intervista a mons. Iginio Rogger

a cura di Maria Teresa Pontara Pederiva ( “vita trentina”, 8 gennaio 2012)


Nella 1° costituzione, sulla liturgia, c'è già l'ecclesiologia di comunione della Lumen Gentium, dice mons. Rogger, ma non l'abbiamo ancora compresa. A 50 anni dall’indizione del Vaticano II parla Iginio Rogger, ancora oggi il massimo storico del Concilio di Trento e negli anni ’60 uno dei protagonisti della riforma liturgica conciliare.

Del Concilio di Trento conosce ogni particolare, ma anche sul Vaticano II non scherza e cita a memoria passi delle Costituzioni, in latino, perché, dice, “la traduzione italiana ha spesso perduto il pieno significato dell'originale”. Mons. Iginio Rogger, classe 1919, docente di storia della Chiesa e liturgia, ne è stato uno dei protagonisti trentini.

Come sono stati accolti l'annuncio e l'indizione?

Nessuno se lo aspettava. All'annuncio del gennaio '59 nella Basilica di San Paolo stavo lavorando al 4° volume di Storia della Chiesa: pareva fosse la fine del Vaticano I ancora privo di solenne formale conclusione. Ma ricordiamo cosa succedeva qui al momento dell’indizione. Nel febbraio 1961 per decisione fulminea del papa si chiudeva l'episcopato De Ferrari, causa malattia, e il governo della diocesi veniva affidato ad un amministratore apostolico, il vescovo Gargitter di Bressanone. E' seguito un biennio dove l'attenzione era sì in loco, ma aumentavano gli interrogativi su quanto accadeva laggiù. L'incertezza in parte termina con la nomina di Gottardi nel febbraio '63. Nel frattempo inizia un Concilio che non assomiglia a nessuno dei precedenti perché saltano tutti i vecchi schemi. 

In che senso?

Nel numero di persone coinvolte e nelle intenzioni: non per condannare eresie, ma per aggiornare idee e strutture. E per una definizione più esatta e completa della Chiesa, anche se il nostro contesto catechistico non ne sentiva alcuna necessità. La parola “innovatores” era conosciuta dal Tridentino in ambito protestante: qualcosa da combattere, come le dottrine secolarizzatrici del '700. E ancora la
ricomposizione dell'unità dei cristiani, il collegamento col mondo contemporaneo ...

Dal Trentino chi era presente a Roma?

Gargitter ci rappresentava tutti. A giugno '63 entra Gottardi, a luglio apre il Museo Diocesano e a dicembre il 4° centenario della conclusione del Concilio di Trento. Intanto, morto Roncalli, succede Paolo VI e il 3-4 dicembre siamo ammessi al Concilio come delegazione trentina: il 3 per la solenne commemorazione della chiusura del Tridentino, il giorno dopo per l'approvazione della Sacrosantum Concilium, 1° Costituzione conciliare, nonostante tutte le manovre dei tradizionalisti.

In che termini è innovativa?

Mentre mi chiedevo se la Chiesa dovesse essere monarchia papale o piuttosto una collegialità di responsabilità, la SC fornisce già una risposta. Illuminante l'approvazione: queste cose “placuerunt” ai Padri del Concilio, significa “sono state decise”. E' un parlamento! E il papa, in virtù della potestà conferitagli, le approva. Non era più il tempo di Pio IX! Per me è stata una gioia.

Quanto condivisa allora e oggi?

Ancora oggi poco: Ratzinger non ha sentito il bisogno di convocare un concilio per la questione del messale latino. Nella SC c'è già chiaro il costrutto teologico della Lumen Gentium: un'ecclesiologia ben definita che con grave dolore constato non ancora recepita.Ci può fare qualche esempio? Una serie di circostanze hanno congelato la situazione. Tutto andrebbe educato, maturato …

Intende dire che è mancato un coinvolgimento?

“Le celebrazioni liturgiche sono azioni della Chiesa”, ma se non sai cos'è … va spiegato. Della Dei Verbum occorrerebbe citare più spesso: “Dio parla al suo popolo”, al popolo di oggi, come di ogni tempo. Come la SC n. 7: “Cristo è sempre presente (“praesens adest”) nella sua Chiesa e in modo speciale nelle azioni liturgiche”. Quando si parla di estensione delle lingue nazionali (n. 36), si
rimanda alle autorità territoriali, ai vescovi. Ai nn.41 e 42 la vita liturgica “intorno vescovo”, poi estesa alle parrocchie. E ancora “senso della comunità parrocchiale” e “celebrazione comunitaria della messa domenicale”. Ho ancora il testo di p. Hertling che usavamo all'università, “Communion und Primat”: la Chiesa non è altro che comunione. Anche da lui è maturato il Vaticano II. 

E poi come si è andati avanti?

Era stato istituito un organismo apposito, presieduto dal card. Lercaro, per i nuovi libri liturgici. Per il messale guidava mons. Wagner, direttore dell'istituto liturgico di Treviri, all'epoca il più competente. Dal gennaio '64 sono stato coinvolto nella commissione del nuovo Breviarioribattezzato Liturgia delle Ore. Nell'introduzione le mie parole: “oratio populi Dei”. Ricordavo san Cipriano: quando preghiamo diciamo sempre “Padre nostro”. La preghiera del cristiano non è mai individuale.
Nella messa abbiamo reintrodotto la preghiera dei fedeli perduta nei secoli proprio a causa della lingua latina che aveva estromesso il popolo. Ero anche nella commissione De cantibus: pensiamo al Sanctus, canto del popolo, da cantare spontaneamente, non da ascoltare dal coro. 

E la musica?

Meglio una chitarra che aiuti l'assemblea che strumenti che facciano cantare il coro per conto suo. Bisogna intendersi sul termine sacro: anche l'adorazione del vitello d'oro era sacra!

E' sentito il ritorno al latino?

Non si possono cambiare le cose a proprio gusto. Risponderà la storia, ma non commetterei l'errore di tornare indietro: il Padre eterno vuole aiutarci a capire, perché ci vuol bene, tutti quanti. 

Il problema allora è sempre l'idea di Chiesa? 

Nel '50, tornato dalla Gregoriana, ho iniziato ad insegnare storia della Chiesa, ma nel '55 si avvertì l'urgenza di una disciplina liturgica, al di là del rubricismo di allora (come si tenevano le dita), così insegnavo anche liturgia. E' Cristo che battezza, è lui che parla quando si legge la Scrittura, ma non si riceve l'eucaristia se non ci si sente fratelli. “Dove due o tre sono riuniti ...”.
Clemente Romano scrive: “la Chiesa di Dio che è pellegrina a Roma alla Chiesa di Dio che è pellegrina a Corinto”. Non è meno Chiesa quella di Corinto! Non è la soggezione al romano pontefice - secondo l'infallibilità di Pio IX - l'appartenenza alla Chiesa, ma la fedeltà a Cristo. Tutte le Chiese sono prime ed apostoliche, là dove insieme comprovano la loro unità, insieme al successore di Pietro. Quella che è mancata in questi anni è la dimensione storica. Vigilio ricorre ad Ambrogio per la conferma a vescovo di Trento, perché in lui vede la cattolicità. Senza comunione si fanno solo guerre di religione.

Sente la necessità di un altro Concilio?

Direi di no. Ci sono dei momenti in cui non si può perdere il treno: c'è già il Vaticano II da attuare. Guardini diceva “Siamo ancora capaci di liturgia?”. Se non abbiamo capito cos'è la Chiesa stento a rispondere di sì. Bisogna lavorare ancora.


Giovedì 05 Gennaio,2012 Ore: 18:04
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 07/1/2012 17.31
Titolo:NEL SEGNO DELLA CURIA ...
Nel segno della Curia



Aumenta l'influenza della Curia e del segretario di Stato Tarcisio Bertone

di Giacomo Galeazzi (La Stampa, 07.01.2012)


Benedetto XVI ha scelto 22 nuovi cardinali. Il sacro collegio è un insieme di pesi diversi: è il Pontefice regnante che lo modifica con innesti, offrendo così indicazioni per la propria, futura, successione. E così nella geopolitica vaticana cresce il peso dell’Italia e della Curia.

Il concistoro (il quarto dell’era Ratzinger) si terrà il 18 e il 19 febbraio: riceveranno la berretta 7 italiani e 15 stranieri. Dieci neo-porporati guidano dicasteri vaticani: sale il «partito romano», dunque, l’influenza del segretario di Stato Tarcisio Bertone al quale sono legati i curiali Calcagno, Versaldi, Coccopalmerio, Bertello, Santos Abril y Castelló.

Più della metà degli elettori sono europei (67 su 125) e un quarto italiani (30). Si rafforzano anche la pattuglia nordamericana (15, incluso l’arcivescovo di New York, Dolan) e quella asiatica (9), mentre resta sostanzialmente ferma la componente sudamericana (da 21 a 22) e cala quella africana (scenderà a 10 non appena il nigeriano Arinze avrà raggiunto gli 80 anni perdendo il diritto di voto).

Benedetto XVI sfora di tre unità il tetto di 120 fissato da Paolo VI. Il vescovo di Hong Kong, Joh Tong, 72 anni, sarà l’unico cardinale cinese elettore, mentre la prassi che nega la porpora al capo di una diocesi il cui predecessore sia «under 80» è stata applicata per Nosiglia a Torino ma non per Betori a Firenze né per Collins a Toronto.

Non figurano nella lista il ministro della Sanità, Zimowski, il responsabile della nuova evangelizzazione Fisichella (malgrado sia impegnato nell’Anno della Fede proclamato da Benedetto XVI) e, a sorpresa, il patriarca maronita del Libano Bechara Rai (accusato in patria di essere troppo filo-siriano).I vescovi seguano l’esempio dei Magi, siano «vigilanti e non cerchino la gloria mondana», ha ammonito ieri Benedetto XVI: oggi si cerca di narcotizzare l’inquietudine del cuore, eppure «la vera supernova che ci guida è Cristo».

Entrano nel «senato del Papa» i residenziali Duka (Praga), Eijk (Utrecht), l’indiano di rito siro-malabarese Alencherry, Woekli (Berlino, 55 anni, il più giovane tra i porporati). Esclusi dal conclave i quattro ultraottantenni: il belga Ries, il romeno di rito greco cattolico Marusin e i due teologi Becker e Grech. Col Concistoro di febbraio gli elettori nominati da Benedetto XVI salgono a 63 e superano i porporati creati da Wojtyla (62).

Sebbene l’84enne Ratzinger sia in salute, adesso è più chiaro che nella scelta del suo successore avranno un ruolo fondamentale i cardinali italiani e la Curia romana. Il Pontefice disegna l’identikit del pastore. Il vescovo «deve essere un uomo dal cuore inquieto che non si accontenta delle cose abituali di questo mondo», ma «segue l’inquietudine del cuore che lo spinge ad avvicinarsi interiormente sempre di più a Dio, a cercare il suo volto,a conoscerlo sempre di più, per poterlo amare sempre di più».

Il modello per le gerarchie ecclesiastiche sono i Re Magi: «Anche il Vescovo deve essere un uomo dal cuore vigilante che percepisce il linguaggio sommesso di Dio e sa discernere il vero dall’apparente». E sopporta pure la derisione:«ricolmo del coraggio dell’umiltà, non si interroga su che cosa dica di lui l’opinione dominante, trae il criterio di misura dalla verità di Dio ed è capace di precedere e di indicare la strada». Un programma di governo.

* La Stampa, 7/1/2012

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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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