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www.ildialogo.org LA BUONA NOVELLA, FINALMENTE! GESU' HA CHIARITO E "SOTTOLINEATO CHI E' IL SUO PADRE". Una sintesi dell'intervento di Benedetto XVI all'udienza generale del mercoledì,a c. di Federico La Sala

MEMORIA EVANGELICA. GESU' HA LASCIATO IN EREDITA' A TUTTA L'UMANITA' LO SPIRITO SANTO ("CHARITAS"), IL PAPA TEOLOGO TEORIZZA (COME TRADIZIONE "COSTANTINIANA" VUOLE) INVECE CHE HA LASCIATO A LUI LA RICCHEZZA ("CARITAS") DA AMMINISTRARE IN SUO NOME E PER LA SUA "SACRA FAMIGLIA" UNITA...
LA BUONA NOVELLA, FINALMENTE! GESU' HA CHIARITO E "SOTTOLINEATO CHI E' IL SUO PADRE". Una sintesi dell'intervento di Benedetto XVI all'udienza generale del mercoledì

IL NOME DI DIO: AMORE ("CHARITAS") O MAMMONA ("CARITAS")?! "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST"(1 Gv., 4.1-8)


a c. di Federico La Sala

NOTE SUL TEMA: 

Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo...

FILOLOGIA E TEOLOGIA. A KAROL WOJTYLA, IN MEMORIA. "Se mi sbalio, mi coriggerete" (Giovanni Paolo II) 
-  PER RATZINGER, PER IL PAPA E I CARDINALI, UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI. L’Acca in fuga

"È significativo che l’espressione di Tertulliano: "Il cristiano è un altro Cristo", sia diventata: "Il prete è un altro Cristo"" (Albert Rouet, arcivescovo di Poitiers, 2010).

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Durante l'udienza generale il Papa parla della santa Famiglia

A scuola di preghiera
nella casa di Nazaret

 

 

La casa di Nazaret è "una scuola di preghiera" dove si impara "ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato profondo della manifestazione del Figlio di Dio, traendo esempio da Maria, Giuseppe e Gesù". Lo ha detto il Papa all'udienza generale di mercoledì 28 dicembre, nell'Aula Paolo VI, parlando della santa Famiglia.


Attraverso alcuni brani evangelici legati all'infanzia di Gesù - la presentazione al tempio, l'atteggiamento di Maria e Giuseppe di fronte al mistero dell'Incarnazione, il ritrovamento tra i dottori di Gerusalemme - Benedetto XVI ha messo in luce come la famiglia di Nazaret si riveli "il primo modello della Chiesa in cui, intorno alla presenza di Gesù e grazie alla sua mediazione, si vive tutti la relazione filiale con Dio Padre, che trasforma anche le relazioni interpersonali, umane". 


Questa appare evidente soprattutto quando Gesù, nel momento in cui viene ritrovato dai genitori tra i dottori del tempio dopo tre giorni di ricerche, afferma che la sua missione è occuparsi delle cose del Padre. "Così Egli - ha commentato il Pontefice - indica chi è il vero Padre, la vera casa". E così rivela "che Egli non ha fatto niente di strano, di disobbediente. È rimasto dove deve essere il Figlio, cioè presso il Padre, e ha sottolineato chi è il suo Padre". 


In queste parole "appare tutto il mistero cristologico" del Figlio. Ma si svela anche il "mistero nostro di cristiani, che siamo figli nel Figlio" e lo testimoniamo soprattutto attraverso la preghiera. Non a caso - ricorda il Papa - Gesù raccomanda ai discepoli: "quando pregate dite "Padre". E, naturalmente non ditelo solo con una parola, ditelo con la vostra esistenza, imparate sempre più a dire con la vostra esistenza: "Padre"; e così sarete veri figli nel Figlio, veri cristiani".


In questa prospettiva, la sacra Famiglia si trasforma realmente in "icona della Chiesa domestica, chiamata a pregare insieme". Proprio nella famiglia, infatti, "i bambini, fin dalla più tenera età, possono imparare a percepire il senso di Dio, grazie all'esempio e all'insegnamento dei genitori: vivere in un'atmosfera segnata dalla presenza di Dio". Per il Pontefice, dunque, "un'educazione autenticamente cristiana non può prescindere dall'esperienza della preghiera". Da qui l'invito a "riscoprire la bellezza di pregare assieme come famiglia alla scuola della Santa Famiglia di Nazaret".



(©L'Osservatore Romano 29 dicembre 2011)



Giovedì 29 Dicembre,2011 Ore: 13:29
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 29/12/2011 15.11
Titolo:PER LA CHIESA, SAN GIUSEPPE E’ ANCORA UN GOJ ...
PER LA CHIESA CATTOLICA, SAN GIUSEPPE E’ ANCORA UN "GOJ", UNO STRANIERO.

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO" E FA IL SANTO "PADRINO".... CON "MAMMONA" E "MAMMASANTISSIMA"!

GESU’, GIUSEPPE, SACRA FAMIGLIA?! RESTITUIRE L’ANELLO DEL PESCATORE A GIUSEPPE... E ANNUNCIARE LA BUONA-NOVELLA!!!

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La ’buona’ novella cattolica e la grande \"risata\" di Luigi Pirandello:

Un “goj”

di Luigi Pirandello *

Il signor Daniele Catellani, mio amico, bella testa ricciuta e nasuta - capelli e naso di razza - ha un brutto vizio: ride nella gola in un certo modo così irritante, che a molti, tante volte, viene la tentazione di tirargli uno schiaffo.

Tanto più che, subito dopo, approva ciò che state a dirgli. Approva col capo; approva con precipitosi:
Già, già! già, già! Come se poc’anzi non fossero state le vostre parole a provocargli quella dispettosissima risata.

Naturalmente voi restate irritati e sconcertati. Ma badate che è poi certo che il signor Daniele Catellani farà come voi dite. Non c’è caso che s’opponga a un giudizio, a una proposta, a una considerazione degli altri.

Ma prima ride.

Forse perché, preso alla sprovvista, là, in un suo mondo astratto, così diverso da quello a cui voi d’improvviso lo richiamate, prova quella certa impressione per cui alle volte un cavallo arriccia le froge e nitrisce. Della remissione del signor Daniele Catellani e della sua buona volontà d’accostarsi senz’urti al mondo altrui, ci sono del resto non poche prove, della cui sincerità sarebbe, io credo, indizio di soverchia diffidenza dubitare.

Cominciamo che per non offendere col suo distintivo semitico, troppo apertamente palesato dal suo primo cognome (Levi), l’ha buttato via e ha invece assunto quello di Catellani.

Ma ha fatto anche di più. S’è imparentato con una famiglia cattolica, nera tra le più nere, contraendo un matrimonio cosiddetto misto, vale a dire a condizione che i figliuoli (e ne ha già cinque) fossero come la madre battezzati, e perciò perduti irremissibilmente per la sua fede. Dicono però che quella risata così irritante del mio amico signor Catellani ha la data appunto di questo suo matrimonio misto.

A quanto pare, non per colpa della moglie, però, bravissima signora, molto buona con lui, ma per colpa del suocero, che è il signor Pietro Ambrini, nipote del defunto cardinale Ambrini, e uomo d’intransigentissimi principii clericali.

Come mai, voi dite, il signor Daniele Catellani andò a cacciarsi in una famiglia munita d’un futuro suocero di quella forza? Mah!

Si vede che, concepita l’idea di contrarre un matrimonio misto, volle attuarla senza mezzi termini; e chi sa poi, fors’anche con l’illusione che la scelta stessa della sposa d’una famiglia così notoriamente divota alla santa Chiesa cattolica, dimostrasse a tutti che egli reputava come un accidente involontario, da non doversi tenere in alcun conto, l’esser nato semita.

Lotte acerrime ebbe a sostenere per questo matrimonio. Ma è un fatto che i maggiori stenti che ci avvenga di soffrire nella vita sono sempre quelli che affrontiamo per fabbricarci con le nostre stesse mani la forca. Forse però - almeno a quanto si dice non sarebbe riuscito a impiccarsi il mio amico Catellani, senza l’aiuto non del tutto disinteressato del giovine Millino Ambrini, fratello della signora, fuggito due anni dopo in America per ragioni delicatissime, di cui è meglio non far parola.

Il fatto è che il suocero, cedendo obtorto collo alle nozze, impose alla figlia come condizione imprescindibile di non derogare d’un punto alla sua santa fede e di rispettare col massimo zelo tutti i precetti di essa, senza mai venir meno a nessuna delle pratiche religiose. Pretese inoltre che gli fosse riconosciuto come sacrosanto il diritto di sorvegliare perché precetti e pratiche fossero tutti a uno a uno osservati scrupolosamente, non solo dalla nuova signora Catellani, ma anche e più dai figliuoli che sarebbero nati da lei.

Ancora, dopo nove anni, non ostante la remissione di cui il genero gli ha dato e seguita a dargli le più lampanti prove, il signor Pietro Ambrini non disarma. Freddo, incadaverito e imbellettato, con gli abiti che da anni e anni gli restano sempre nuovi addosso e quel certo odore ambiguo della cipria, che le donne si dànno dopo il bagno, sotto le ascelle e altrove, ha il coraggio d’arricciare il naso, vedendolo passare, come se per le sue nari ultracattoliche il genero non si sia per anche mondato del suo pestilenzialissimo foetor judaicus. Lo so perché spesso ne abbiamo parlato insieme.

Il signor Daniele Catellani ride in quel suo modo nella gola, non tanto perché gli sembri buffa questa vana ostinazione del fiero suocero a vedere in lui per forza un nemico della sua fede, quanto per ciò che avverte in sé da un pezzo a questa parte.

Possibile, via, che in un tempo come il nostro, in un paese come il nostro, debba sul serio esser fatto segno a una persecuzione religiosa uno come lui, sciolto fin dall’infanzia da ogni fede positiva e disposto a rispettar quella degli altri, cinese, indiana, luterana, maomettana?

Eppure, è proprio così. C’è poco da dire: il suocero lo perseguita. Sarà ridicola, ridicolissima, ma una vera e propria persecuzione religiosa, in casa sua, esiste. Sarà da una parte sola e contro un povero inerme, anzi venuto apposta senz’armi per arrendersi; ma una vera e propria guerra religiosa quel benedett’uomo del suocero gliela viene a rinnovare in casa ogni giorno, a tutti i costi, e con animo inflessibilmente e acerrimamente nemico.

Ora, lasciamo andare che - batti oggi e batti domani - a causa della bile che già comincia a muoverglisi dentro, l’homo judaeus prende a poco a poco a rinascere e a ricostituirsi in lui, senza ch’egli per altro voglia riconoscerlo. Lasciamo andare. Ma lo scadere ch’egli fa di giorno in giorno nella considerazione e nel rispetto della gente per tutto quell’eccesso di pratiche religiose della sua famiglia, così deliberatamente ostentato dal suocero, non per sentimento sincero, ma per un dispetto a lui e con l’intenzione manifesta di recare a lui una gratuita offesa, non può non essere avvertito dal mio amico signor Daniele Catellani.

E c’è di più. I figliuoli, quei poveri bambini così vessati dal nonno, cominciano anch’essi ad avvertir confusamente che la cagione di quella vessazione continua che il nonno infligge loro, dov’essere in lui, nel loro papà. Non sanno quale, ma in lui dov’essere di certo. Il buon Dio, il buon Gesù - (ecco, il buon Gesù specialmente!) - ma anche i Santi, oggi questo e domani quel Santo, ch’essi vanno a pregare in chiesa col nonno ogni giorno, è chiaro ormai che hanno bisogno di tutte quelle loro preghiere, perché lui, il papà, deve aver fatto loro, di certo, chi sa che grosso male! Al buon Gesù, specialmente!

E prima d’andare in chiesa, tirati per mano, si voltano, poveri piccini, ad allungargli certi sguardi così densi di perplessa angoscia e di dogliosa rimprovero, che il mio amico signor Daniele Catellani si metterebbe a urlare chi sa quali imprecazioni, se invece... se invece non preferisse buttare indietro la testa ricciuta e nasuta e prorompere in quella sua solita risata nella gola.

Ma sì, via! Dovrebbe ammettere altrimenti sul serio d’aver commesso un’inutile vigliaccheria a voltar le spalle alla fede dei suoi padri, a rinnegare nei suoi figliuoli il suo popolo eletto: ’am olam, come dice il signor Rabbino. E dovrebbe sul serio sentirsi in mezzo alla sua famiglia un goj, uno straniero; e sul serio infine prendere per il petto questo suo signor suocero cristianissimo e imbecille, e costringerlo ad aprir bene gli occhi e a considerare che, via, non è lecito persistere a vedere nel suo genero un deicida, quando in nome di questo Dio ucciso duemil’anni fa dagli ebrei, i cristiani che dovrebbero sentirsi in Cristo tutti quanti fratelli, per cinque anni si sono scannati tra loro allegramente in una guerra che, senza pregiudizio di quelle che verranno, non aveva avuto finora l’eguale nella storia.

No, no, via! Ridere, ridere. Son cose da pensare e da dir sul serio al giorno d’oggi?

Il mio amico signor Daniele Catellani sa bene come va il mondo. Gesù, sissignori. Tutti fratelli. Per poi scannarsi tra loro. E naturale. E tutto a fil di logica, con la ragione che sta da ogni parte: per modo che a mettersi di qua non si può fare a meno d’approvare ciò che s’è negato stando di là.

Approvare, approvare, approvar sempre. Magari, sì, farci sì prima, colti alla sprovvista, una bella risata. Ma poi approvare, approvar sempre, approvar tutto. Anche la guerra, sissignori.

Però (Dio, che risata interminabile, quella volta!) però, ecco, il signor Daniele Catellani volle fare, l’ultimo anno della grande guerra europea, uno scherzo al suo signor suocero Pietro Ambrini, uno scherzo di quelli che non si dimenticano più.

Perché bisogna sapere che, nonostante gran carneficina, con una magnifica faccia tosta il signor Pietro Ambrini, quell’anno, aveva pensato di festeggiare, per i cari nipotini, la ricorrenza del Santo Natale più pomposamente che mai. E s’era fatti fabbricare tanti e tanti pastorelli di terracotta: i pastorelli che portano le loro umili offerte alla grotta di Bethlehem, al Bambinello Gesù appena nato: fiscelle di candida ricotta panieri d’uova e cacio raviggiolo, e anche tanti Franchetti di Soffici pecorelle e somarelli carichi anch’essi d’altre più ricche offerte, seguiti da vecchi massari e da campieri. E sui cammelli, ammantati, incoronati e solenni, i tre re Magi, che vengono col loro seguito da lontano lontano dietro alla stella cometa che s’è fermata su la grotta di sughero, dove su un po’ di paglia vera è il roseo Bambinello di cera tra Maria e San Giuseppe; e San Giuseppe ha in mano il bàcolo fiorito, e dietro sono il bue e l’asinello.

Aveva voluto che fosse ben grande il presepe quell’anno, il caro nonno, e tutto bello in rilievo, con poggi e dirupi, agavi e palme, e sentieri di campagna per cui si dovevano veder venire tutti quei pastorelli ch’eran perciò di varie dimensioni, coi loro branchetti di pecorelle e gli asinelli e i re Magi.

Ci aveva lavorato di nascosto per più d’un mese, con l’aiuto di due manovali che avevan levato il palco in una stanza per sostener la plastica. E aveva voluto che fosse illuminato da lampadine azzurre in ghirlanda; e che venissero dalla Sabina, la notte di Natale, due zampognari a sonar l’acciarino e le ciaramelle. I nipotini non ne dovevano saper nulla.

A Natale, rientrando tutti imbacuccati e infreddoliti dalla messa notturna, avrebbero trovato in casa quella gran sorpresa: il suono delle ciaramelle, l’odore dell’incenso e della mirra, e il presepe là, come un sogno, illuminato da tutte quelle lampadine azzurre in ghirlanda. E tutti i casigliani sarebbero venuti a vedere, insieme coi parenti e gli amici invitati al cenone, questa gran maraviglia ch’era costata a nonno Pietro tante cure e tanti quattrini.

Il signor Daniele lo aveva veduto per casa tutto assorto in queste misteriose faccende, e aveva riso; aveva sentito le martellate dei due manovali che piantavano il palco di là, e aveva riso.

Il demonio, che gli s’è domiciliato da tanti anni nella gola, quell’anno, per Natale, non gli aveva voluto dar più requie: giù risate e risate senza fine. Invano, alzando le mani, gli aveva fatto cenno di calmarsi; invano lo avena ammonito di non esagerare, di non eccedere. - Non esagereremo, no! - gli aveva risposto dentro il demonio. - Sta’ pur sicuro che non eccederemo. Codesti pastorelli con le fiscelline di ricotta e i panierini d’uova e il cacio raviggiolo sono un caro scherzo, chi lo può negare? così in cammino tutti verso la grotta di Bethlehem! Ebbene, resteremo nello scherzo anche noi, non dubitare! Sarà uno scherzo anche il nostro, e non meno carino. Vedrai.

Così il signor Daniele s’era lasciato tentare dal suo demonio; vinto sopra tutto da questa capziosa considerazione: che cioè sarebbe restato nello scherzo anche lui.

Venuta la notte di Natale, appena il signor Pietro Ambrini con la figlia e i nipotini e tutta la servitù si recarono in chiesa per la messa di mezzanotte, il signor Daniele Catellani entrò tutto fremente d’una gioia quasi pazzesca nella stanza del presepe: tolse via in fretta e furia i re Magi e i cammelli, le pecorelle e i somarelli, i pastorelli del cacio raviggiolo e dei panieri d’uova e delle fiscelle di ricotta - personaggi e offerte al buon Gesù, che il suo demonio non aveva stimato convenienti al Natale d’un anno di guerra come quello - e al loro posto mise più propriamente, che cosa? niente, altri giocattoli: soldatini di stagno, ma tanti, ma tanti, eserciti di soldatini di stagno, d’ogni nazione, francesi e tedeschi, italiani e austriaci, russi e inglesi, serbi e rumeni, bulgari e turchi, belgi e americani e ungheresi e montenegrini, tutti coi fucili spianati contro la grotta di Bethlehem, e poi, e poi tanti cannoncini di piombo, intere batterie, d’ogni foggia, d’ogni dimensione, puntati anch’essi di sé, di giù, da ogni parte, tutti contro la grotta di Bethlehem, i quali avrebbero fatto veramente un nuovo e graziosissimo spettacolo.

Poi si nascose dietro il presepe.

Lascio immaginare a voi come rise là dietro, quando, alla fine della messa notturna, vennero incontro alla meravigliosa sorpresa il nonno Pietro coi nipotini e la figlia e tutta la folla degli invitati, mentre già l’incenso fumava e i zampognari davano fiato alle loro ciaramelle.

* LUIGI PIRANDELLO, UN «GOJ», Novelle per un anno, Mondadori.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 29/12/2011 16.05
Titolo:TRUCCARE LE CARTE!!! LA TRADIZIONE DEI FARAONI E DEL "LATINORUM" E' CON NOI ....
Wikipedia e il cardinale

di Gianni Barbacetto (il Fatto Quotidiano, 29 dicembre 2011)

Può il Vaticano far cambiare una voce di Wikipedia? Sì, può farlo. È successo per la voce su Angelo Scola, il nuovo cardinale arcivescovo di Milano, proveniente dal movimento di Cl. Tutto è nato da un articolo del Fatto Quotidiano, pubblicato il 19 giugno 2011: “Alla vigilia dell’ordinazione, il rettore Attilio Nicora decide di ‘fermare’ il giovane Scola. Il seminario milanese ha una tradizione antica e prestigiosa, che risale a San Carlo Borromeo: non può tollerare che alcuni seminaristi vivano tra i chiostri silenziosi di Venegono come fossero un corpo separato, senza riconoscere davvero l’autorità dei superiori, dei professori, dei teologi, del padre spirituale, perché hanno i loro maestri, i loro superiori, i loro teologi, i loro padri spirituali. Monsignor Nicora spiega ai ciellini che vogliono farsi ordinare preti che non possono usare il seminario ambrosiano come fosse un taxi”. Dunque l’attuale arcivescovo di Milano è stato, da giovane, di fatto espulso dal seminario milanese.

La vicenda finisce su Wikipedia, che cita la fonte: l’articolo del Fatto. A questo punto, però, si muove padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. Contatta, con estrema cortesia, il sottoscritto, chiedendogli se è in grado d’indicargli la via per far cambiare la voce di Wikipedia, poiché questa mette in grave imbarazzo un altro cardinale, monsignor Attilio Nicora, il quale nega di aver “fermato” Scola: questi viene ordinato sacerdote nel luglio 1970, mentre Nicora diventa rettore del seminario milanese soltanto nell’ottobre successivo. Chi scrive non sa dare al gentilissimo padre Lombardi alcuna indicazione utile su come cambiare una voce di Wikipedia. Ma passano alcune settimane e accade il miracolo.

Dall’enciclopedia on line scompare la notizia di Scola “fermato” per “settarismo”, sostituita da una nota che dice così: “Gianni Barbacetto, nel suo articolo ‘Scola a Milano, la rivincita del vescovo di Cl’, sostenne che ‘alla vigilia dell’ordinazione il rettore Attilio Nicora decide di fermare il giovane Scola’, perché aderente al movimento di Cl. Questa vicenda non trova conferma nella realtà, in quanto Scola fu ordinato nel luglio 1970 e Attilio Nicora divenne rettore del seminario solo il 7 ottobre 1970. Lo spostamento di Scola a Teramo fu motivato dalla decisione dei suoi superiori a Venegono di attendere 18 mesi di ferma militare prima della sua ordinazione; Scola preferì invece essere ordinato subito”.

Ammettiamo allora che non sia vera la vox populi che attribuisce proprio a Nicora - non ancora rettore, ma già autorevole professore a Venegono - la decisione di “fermare” il ciellino candidato al sacerdozio. La decisione formale è quindi del rettore precedente, l’indimenticato monsignor Bernardo Citterio. Ma la sostanza resta immutata: la diocesi di Milano sceglie di non procedere neppure all’ordinazione diaconale di Scola, che gli avrebbe evitato il servizio militare. È di fatto un’espulsione.

Vecchie storie degli anni Settanta, in cui le passioni ideologiche erano forti, a destra, a sinistra e anche nella Chiesa. Nei decenni successivi, Scola non ha mancato di dimostrare libertà di pensiero e autonomia anche dal movimento in cui è cresciuto. Ma i fatti restano fatti: Wikipedia ora cambierà di nuovo la voce su Scola, cardinale arcivescovo di Milano e, chissà, possibile futuro papa?
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 29/12/2011 17.59
Titolo:Éric Jaffrain: «La fede non è un prodotto come gli altri». Intervista ....
Éric Jaffrain: «La fede non è un prodotto come gli altri»

intervista a Éric Jaffrain, a cura di Nadia Henni-Moulaï

in “www.temoignagechretien.fr” del 28 dicembre 2011 (traduzione: www.finesettimana.org)

-Lei parla della Chiesa come un “prodotto”. Che cosa significa?

Da diversi anni, la Chiesa (cattolica) presenta la religione come si presenta un prodotto di consumo,
usando l'approccio nato dal marketing commerciale. A mio avviso, si tratta di un errore strategico
fondamentale: la Chiesa non deve vendere se stessa, ma il suo prodotto centrale. Non si vende la
fede come uno spazzolino da denti.

-La Chiesa sarebbe quindi un'azienda...

Assolutamente! Ma che manca di chiarezza nella sua visione, nella sua missione e nei suoi prodotti.
La sua strategia d'impresa è troppo legata alla propria marca, in quanto cerca di venderla come
prodotto centrale. Oggi, la Chiesa difende più la propria azienda che Dio, nel senso che il
packaging (riti, forme di devozione, atmosfera, gerarchia) diventa il modo di consumo inaggirabile.
In questo, l'istituzione si è sostituita alla figura divina: prima di tutto, non siete credenti, ma
cattolici.

-Perché?

Perché il pensiero collettivo viene prima della devozione personale. Se un prete, ad esempio,
desidera esprimersi in maniera diversa dalle procedure stabilite, la sua iniziativa verrà limitata, se
non bloccata dalla gerarchizzazione. Ogni dignitario cattolico dipende dai suoi “superiori”, così
come l'individuo membro di questo movimento.

Ma possiamo dire che anch'essa ha avuto i suoi “indignati” fin dagli anni '80, con il movimento
carismatico (le Renouveau), che ha obbligato a maggiore libertà, come molti secoli prima hanno
fatto i gesuiti o i domenicani. Questi ultimi, recuperati dall'istituzione, hanno rafforzato il suo potere
dirigenziale.

-Questo marketing molto speciale non è alla base di una forma di proselitismo?

Ad un certo livello sì. I numeri recenti lo indicano. Nel mondo, il cattolicesimo mostra una tendenza
alla diminuzione, contrariamente al protestantesimo e all'islam. Tutta la strategia marketing consiste
nel riconquistare “le parti di mercato” perdute, con il sostegno di campagne di comunicazione, per
dare un'immagine giovanile e new look dell'istituzione. Da qui deriva una vera strategia di
marketing dispiegata nei confronti degli individui. Una religione che vuole conservare le sue parti
di mercato adotta una linea di conquista, come le aziende concorrenti.

-Quindi si parla di modo di consumo e di religione...

Questo è il rischio. La Chiesa, come ogni altra religione, che vende se stessa piuttosto che rendere la
spiritualità accessibile, prende il posto di Dio. Anche se non si parla direttamente di marketing
commerciale, i metodi sono estremamente simili: la religione, per mantenere la sua leadership
moltiplicherà i modi di consumo: quasi inevitabilmente arriverà a proporre dei prodotti di richiamo,
populisti, che attraggono o che obbligano, per valorizzare l'istituzione a scapito del consumo del
prodotto centrale, cioè della fede.

Ma forse le cose stanno mutando, e obbligheranno le religioni al cambiamento: il cittadino cerca di
allontanarsi dall'istituzione per essere più vicino a un Dio che rivendica essere il suo prima di essere
quello dell'istituzione. Il prodotto reclamato non è più la Chiesa, ma la fede, Dio, Gesù. La società
civile si appropria del religioso, che diventa “ecologico”.

Non dimentichiamo che il valore di un prodotto è dato da colui che lo consuma e non da colui che
lo vende. Un prodotto è “buono” solo se, consumato, migliora l'opinione o il benessere del
consumatore. Lo stesso vale per la religione: non è lei che cambia interiormente l'essere umano, ma
ciò che viene dall'alto. Se la religione non è un “buon prodotto dall'alto”, ha solo legittimità per se
stessa; di fatto, la si rifiuterà e con essa tutta la spiritualità.

-E l'islam in tutto questo?

Anche se l'islam non ha una gerarchia come la Chiesa cattolica, certi movimenti musulmani, o lacultura islamica di certi paesi, hanno la stessa tendenza a vendere la loro ideologia come elemento
centrale, inaggirabile, per il cittadino, il che dà la sensazione che anche l'islam difenda il proprio
ambito d'influenza. E come in Francia prima del 1905 (data della separazione della Chiesa e dello
Stato) sembra voler dettare le regole dei cittadini secondo le proprie regole.

Da qui derivano le polemiche che l'islam suscita in Francia e in Europa. La paura di veder sorgere
uno Stato religioso spiega gli irrigidimenti nei confronti di questa religione. Se una ideologia
politica, una religione, o perfino una certa economia, tenta di imporsi nella società civile, creerà o
conflitti o diffidenza. Il religioso, o più “ecologicamente”, lo spirituale, è necessario alla società,
come la laicità. E anche se verticale e orizzontale non hanno gli stessi fondamenti, possono
incrociarsi. L'islam ha forse questo approccio, ma l'Europa non l'ha inteso così. Allora questa
religione deve rassicurare e affermare che le libertà sono rispettate.

In questo, penso che l'islam potrebbe fare un vero marketing. In compenso, certi movimenti o eventi
islamici mi fanno pensare agli stessi comportamenti cattolici, che assumono un marketing di
conquista, piuttosto che un marketing del dono.


-Molte persone deplorano l'aspetto unicamente commerciale del Natale. Lei è d'accordo?

Sì, Natale è diventato un business prima di essere una festa religiosa; e questo per due ragioni.
Innanzitutto, la Chiesa è responsabile di questo stato di fatto. Come ho già spiegato
precedentemente, poiché la Chiesa non è più legittima, non lo sono più neanche i suoi prodotti, tra
cui il Natale. Inoltre, essendo il Natale un riferimento storico e culturale molto popolare, è stato
conservato dalla religione... commerciale, che cerca di aumentare il suo giro d'affari. Oggi la gente
vive questa festa senza veramente metterla in relazione a Cristo. Eppure, la ricerca di spiritualità
diventa una tendenza pesante: si cerca Dio, ma non in chiesa.

-Sì, ma i credenti hanno comunque il loro libero arbitrio...

Infatti, è per questa ragione che è ingiusto sentire la Chiesa dire al mondo secolare: “Voi avete
buttato fuori Gesù.” Perché la Chiesa ha protetto il suo ambito d'influenza, rendendo inaccessibile la
figura di Cristo e la fede. Poiché tutti i consumi devono passare dall'istituzione, questo sopprime la
libertà di credere. Accettando Natale come una festa commerciale, il cittadino non manifesta
necessariamente un rifiuto a credere, ma una reazione a un potere.

-Il marketing religioso è quindi a servizio di interessi non spirituali?

In effetti può esserlo. È una delle ragioni per cui il mio concetto di marketing è fondato sul dono, e
non sul profitto né sulla performance. Lo spirituale, come il secolare, può essere legittimato ad
andarsene dal momento che non contribuisce all'economia totalitaria che abbiamo attualmente. Gli
industriali hanno imposto al grande pubblico un modo di acquistare e di consumare. L'obsolescenza
programmata dei prodotti ne è un buon esempio. Tutto è fatto per spingerci al consumo: il cittadino,
prima di essere un umano, deve essere un consumatore e un oggetto di risorsa per l'impresa.

Pur usando parole diverse, la religione può comportarsi nello stesso modo: reclutare dei praticanti
della sua ideologia, e non rispondere alla ricerca di spiritualità, di libertà e di felicità. La società è in
grave crisi e si cerca. Ha bisogno di guarigione per i suoi cittadini in maniera olistica, cioè nelle sue
quattro componenti: quella fisiologica, quella sociale, quella emozionale e quella spirituale. E la
componente religiosa può essere di aiuto, in quanto lavora alla riconciliazione dell'uomo con se
stesso, con l'altro e con il divino.

(articolo pubblicato anche sul n° 33 di Salamnews, dicembre 2011)

* Consulente in marketing non commerciale, ha creato il concetto di “gift economy”, l'economia del
dono. Autore di La Guérison de l’économie (Éd. Jouvence), che sarà pubblicato nel 2012.

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