- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (2)
Visite totali: (399) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org ARTE FEDE E "CARITAS" (DI UN CATTOLICISMO SENZA SPERANZA): UN "MESSAGGIO PROMOZIONALE" PER IL CARDINALE RAVASI (ANZI, PER IL CYBERCARDINALE). Un "canto" di Marco Ansaldo - con alcune note,a c. di Federico La Sala

ARCHEOLOGIA EVANGELICA: "CHARITAS" (1 Gv., 4.8), "CHARIDAD" (San Giovanni della Croce - 14 dicembre). Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica con il titolo "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno (nemmeno il cardinale Ravasi) ne sollecita la correzione. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!
ARTE FEDE E "CARITAS" (DI UN CATTOLICISMO SENZA SPERANZA): UN "MESSAGGIO PROMOZIONALE" PER IL CARDINALE RAVASI (ANZI, PER IL CYBERCARDINALE). Un "canto" di Marco Ansaldo - con alcune note

Un cardinale che ha debuttato in rete con unsuo blog personale, che collabora con quotidiani "laici" online, va in televisione, scrive ogni giornoil "Mattinale" sul giornale dei vescovi Avvenire, partecipa a convegni che spaziano dai media allamusica contemporanea, organizza in Vaticano incontri inediti per giovani blogger. Sostiene che laChiesa è indietro e che è giunta l'ora di Internet, gira il mondo con la sua iniziativa il "Cortile deiGentili" che ha aperto ai laici e addirittura agli atei


a c. di Federico La Sala

NOTE SUL TEMA:





__________________________________________________________________________

Ravasi, Il cybercardinale "così portiamo la fede sul web"

di Marco Ansaldo (la Repubblica, 14 dicembre 2011)


«L'uomo è l'unico animale capace di arrossire. Ma è anche l'unico ad averne bisogno (Mark Twain)». «Cadere non è pericoloso, né è disonorevole. Ma non rialzarsi è tutte e due le cose (Konrad Adenauer)». Commento di uno dei 4419 followers: «Se tutti quanti seguissero card Ravasi nessuno chiederebbe alla Chiesa di pagare l'Ici». Una battuta, ovviamente, ma che dà conto della popolarità di un cardinale ora attivo anche su Twitter. Un cardinale che ha debuttato in rete con un suo blog personale, che collabora con quotidiani "laici" online, va in televisione, scrive ogni giorno il "Mattinale" sul giornale dei vescovi Avvenire, partecipa a convegni che spaziano dai media alla musica contemporanea, organizza in Vaticano incontri inediti per giovani blogger. Sostiene che la Chiesa è indietro e che è giunta l'ora di Internet, gira il mondo con la sua iniziativa il "Cortile dei Gentili" che ha aperto ai laici e addirittura agli atei.

A fare questo non è un eretico rivoluzionario ma il presidente del Pontificio consiglio per la Cultura del Vaticano, Sua Eminenza Reverendissima il cardinale Gianfranco Ravasi. Papabile, secondo non pochi osservatori. Il cardinale mediatico, 69 anni, d'altra parte, è un vulcano di progetti e, a sentire la sua segretaria personale, per il 2012 ha già un'agenda fitta di appuntamenti. «Non c'è niente da fare - allarga le braccia, con un sorriso, monsignor Pasquale Iacobone, responsabile del dipartimento Arte e Fede al Pontificio consiglio - è un milanese».
 
E nelle parole del principale collaboratore del porporato si legge: è un gran lavoratore, uno caparbio, che non molla mai. Con un forte senso della tradizione, ma al tempo stesso un innovatore. Presente oggi sul fronte della comunicazione come nessun altro nella gerarchia ecclesiastica. I suoi tweet spaziano da citazioni
colte (i vangeli, le lettere di San Paolo, i grandi scrittori) ad annunci sugli appuntamenti che non si possono perdere fino ai suoi incontri, dalla Caritas al Ceo di Google. Grande biblista, teologo, ebraista e archeologo.

Tutte attività, però, che nelle sapienti mani di Ravasi non restano polverose e inaccessibili, ma acquistano sapore e vigore nuovo, trasformate in spunti di azione e di riflessione. Scrive Sua Eminenza in uno degli ultimi blog, intitolato "Zitti!": «Difficile vivere con gli uomini perché è assai difficile farli stare in silenzio. Dopo un viaggio in treno di qualche ora è difficile dare torto al pessimismo che vena questa considerazione di Nietzsche. (…) Qualche volta viene il desiderio che si compia l'annuncio del libro dell'Apocalisse: "Si fece silenzio nel cielo per circa
mezz'ora" (8,1). È come se risuonasse sul pianeta un poderoso "Zitti!"». 

«C'è ancora un lungo cammino da fare - spiega il cardinale - ma adesso è il momento di essere su Internet. C'è un divario che va colmato, dopo il divorzio tra il linguaggio dei sacerdoti e quello dei fedeli. La Chiesa ha davanti un duplice problema. Da un lato deve riuscire a trovare un approccio nuovo. Dall'altro, far sì che il linguaggio nuovo non spenga il contenuto: ci sono valori grandissimi che, se ridotti dentro un formato troppo freddo, rischiano di svanire. Ecco la sfida complicata: l'anima deve entrare in un piccolo formato - e Ravasi sembra riferirsi agli sms - pur essendo infinita». 

E allora i blog, Eminenza? Non c'è paura in Vaticano di quest'ondata? «Chi segue quel fronte - risponde l'alto prelato, che lo scorso maggio ha organizzato un incontro per i blogger nell'auditorium San Pio X - sa che può essere un campo molto pericoloso, perché è facile che una frase, seppur minima, possa avere la forza di un'offesa. Però non possiamo sottrarci. Noi dobbiamo guardare a tutto il complesso dell'informazione. E allora come si fa a ignorare i blogger? I blog sono
soggetti fondamentali della comunicazione, anche se il loro modo di relazionarsi è diverso rispetto a chi, come me, scrive ancora le lettere a mano». 

Difatti Ravasi è uomo capace di coniugare strumenti nati da poco con mezzi largamente consolidati. Sua Eminenza insiste sul bisogno di informazione. «Questo mondo, che a volte sembra un groviglio di assurdità, è comunque il nostro mondo. E la lettura del giornale - continua, citando Hegel - è la preghiera del mattino dell'uomo moderno. E' necessario leggere i quotidiani. Ed è un atteggiamento snobistico quello di chi dice che i giornali non li legge mai, anzi non li guarda nemmeno: un atteggiamento sbagliato. Lo stesso credente, al mattino, deve avere la Bibbia e il giornale, nel quale
verifica, misura, incrocia la sua esistenza». 

Il suo impegno si allarga così dai tweet ai blog, dagli articoli per l'online alle comunicazioni più tradizionali. Come i programmi religiosi su Canale 5, o i libri (le sue riflessioni su Avvenire sono appena uscite da Mondadori con il titolo Le parole del mattino), o le conferenze internazionali per il "Cortile dei Gentili". Un progetto che rimanda allo spazio dell'antico Tempio di Gerusalemme. Un luogo ora diventato palestra di dialogo, con intellettuali di diversa provenienza. E che da Madrid, Parigi e Firenze si sta allargando a Bucarest, Tirana, Stoccolma, Chicago.

Il cardinale Dionigi Tettamanzi, poco prima di lasciare ad Angelo Scola la diocesi di Milano, così gli si è rivolto in un Duomo affollato: «Molti tra i presenti hanno trovato in te un autentico maestro della Parola». Non c'è dubbio che, con la sua prosa pacata, Ravasi, ha la capacità dei grandi divulgatori di rendere facile e commestibile quello che è difficile e complesso. Rappresenta l'esempio più alto di una svolta nella Chiesa, come ha sottolineato di recente Eugenio Scalfari sull'Espresso, «del dialogo attraverso il quale si convince l'interlocutore o se ne è convinti, senza pregiudizi». 

Osserva Ravasi che «negli ultimi anni c'è stato un cambiamento antropologico». McLuhan, spiega, «ci ha insegnato che i mezzi di comunicazione sono diventati la nostra protesi. E questa atmosfera così permeante attraversa tutti, anche chi si ostina a non avere la tv in casa o il computer. Pure la Chiesa ne è coinvolta. Dobbiamo adattare il dialogo, aggiornandoci. Diceva nel 1950 Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, al filosofo Jean Guitton: "Bisogna essere antichi e moderni. Cosa serve dire il vero, se i nostri contemporanei non ci capiscono?"». 


Mercoledì 14 Dicembre,2011 Ore: 11:26
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 14/12/2011 18.01
Titolo:Dalla cattedra al cortile. Un dialogo senza ascolto ...
Dalla cattedra al cortile

di Piero Stefani (Il pensiero della settimana, 26 febbraio 2011)

Una delle intuizioni più profonde del card. Martini fu di istituire la «cattedra dei non credenti». L’esempio di Milano fu imitato da molti, in modi non sempre felici. Invero, nel succedersi delle edizioni, anche nella diocesi ambrosiana l’iniziativa perse progressivamente di smalto. Assunse, infatti, più l’aspetto di «liturgia culturale» che di vero e proprio confronto. Ciò non toglie la geniale originalità dell’iniziativa.

Il suo fulcro era ben espresso dal titolo scelto. Un vescovo, a cui spetta, per definizione, la cattedra, dava voce a insegnamenti che provengono dall’esterno e giungono fino all’interno. Per comprenderlo occorre aver a mente che l’impostazione degli incontri non si concentrava sul confronto tra persone dotate o sprovviste di fede. Questo aspetto non era escluso, ma non era il più significativo.

La qualifica di «non credente» è spesso riduttiva o addirittura impropria, dominata com’è da una pura negazione. Nella «cattedra» era invece propria; e lo era perché il senso più autentico della proposta stava nell’affermare che le ragioni più serie della non credenza venivano considerate una forma di interlocuzione, esterna e interna, indispensabile perché ci fosse una fede matura. Analogamente la testimonianza di un credente pensoso non era avvertita priva di significato da parte di chi, in virtù della sua riflessione e della sua coscienza, era indotto a negare l’esistenza di una realtà trascendente o, quanto meno, nutriva dubbi al suo riguardo.

Si comprende, allora, sia perché Martini parlasse del dialogo con il non credente che è in noi, sia perché dichiarasse che la vera distinzione non era quella che sussiste tra credenti e non credenti, ma quella che divide le persone pensanti dai non pensanti. Si potrebbe tentare una sintesi: le persone pensanti sono coloro che danno spazio dentro di sé alle ragioni dell’«altro»; lo fanno non per consegnarsi all’incertezza, ma per render più mature le proprie convinzioni. Ciò avviene solo nel caso in cui il confronto sia sincero e alieno tanto da interessi di parte quanto da convenienze reciproche; condizioni queste ultime ormai estremamente rare.

In luogo della «cattedra dei non credenti», la Chiesa universale ora lancia un’iniziativa chiamata «cortile dei gentili». Affidata al Pontificio Consiglio della Cultura (prefetto card. Ravasi), il «cortile» è stato preinaugurato un paio di settimane fa a Bologna; mentre l’avvio ufficiale avverrà a Parigi verso fine marzo.

La scelta dell’espressione è stata spiegata da Benedetto XVI nel suo discorso tenuto alla Curia romana a fine 2009. Si prendono le mosse dal fatto che, sentendo parlare di «nuova evangelizzazione», persone agnostiche o atee (le quali «devono stare a cuore a noi come credenti») forse si spaventano. Tuttavia in loro rimane presente la questione Dio. Come primo passo dell’evangelizzazione bisogna perciò tener desta la loro ricerca di Dio. A tal proposito, aggiunge Ratzinger, vengono in mente le parole di Gesù che, sulla scorta di Isaia, presentano il tempio di Gerusalemme come casa di preghiera per tutti i popoli (Mc 11,17; Is 56,7).

Gesù pensava «al cosiddetto cortile dei gentili, che sgomberò da affari esteriori perché ci fosse lo spazio per i gentili che lì volevano pregare l’unico Dio, anche se non potevano prender parte al mistero, al cui servizio era riservato l’interno del tempio». Si pensava cioè a persone che conoscono Dio solo da lontano: «che desiderano il Puro e il Grande anche se Dio rimane per loro il “Dio ignoto” (cfr. At 17,23)». «Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorte di “cortile dei gentili” dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto».

È noto che l’esegesi biblica non ha alcun peso nei documenti ufficiali della «Chiesa docente», perciò non val la pena di impegnarsi a mostrare quanto sia inesatta l’interpretazione del passo evangelico qui proposta. Il punto serio è altrove; esso sta nel fatto che, in questa immagine, la Chiesa prende il posto del tempio (e di Israele). La sua cura e generosità sono però tali da aprire una dependance in cui è concessa ospitalità ad alcuni incerti ricercatori di Dio. Nel suo interno, la Chiesa celebra il mistero e nessuna crepa solca il suo levigato seno. In questa prospettiva sarebbe un vero e proprio ossimoro parlare della parte non credente che è in noi e sarebbe addirittura inconcepibile che le ragioni serie del dubbio e della negazione siano meritevoli di ascolto al fine di liberare la propria fede da sovrastrutture improprie.
In realtà, però, a dover essere purificato non è solo il cortile, è anche e soprattutto l’interno del tempio.

In definitiva, il «cortile» che si sta inaugurando presuppone un dialogo senza ascolto. A quanto si può immaginare (e l’impressione è confermata dalla prime avvisaglie), nessuno accederà a essa per mettersi in discussione; dichiaratamente non lo faranno mai i credenti (si può, dunque, già ipotizzare quale sarà la lista degli invitati). Se i fatti confuteranno queste previsioni, saremo ben lieti di ricrederci.

Del resto mettersi in discussione è difficile per tutti. Le drammatiche vicende libiche di queste ore dovrebbero indurre l’Italia a mobilitarsi (ma non ne vediamo tracce consistenti) e ad aprire un profondo ripensamento a proposito della sua storia (in Cirenaica Badoglio e Graziani non si comportarono meglio di quanto faccia Gheddafi nei suoi ultimi giorni di potere), del suo passato prossimo e dei suoi affari presenti. Sono considerazioni che non valgono per la Grecia, Cipro e Malta.

Questi ultimi giorni dimostrano, ancora una volta, che anche ottanta o settanta anni fa i governi e le società erano fatti di uomini esattamente come siamo noi che peraltro siamo, volenti o nolenti, molti più informati di allora. In Libia si compiono stragi e qui ci si preoccupa del prezzo del petrolio e della possibile invasione degli immigrati; mentre, quando si passa ad altro compartimento stagno, si riesce, per esempio, persino a scandalizzarci che alla fine degli anni trenta l’Inghilterra mandataria contingentasse l’immigrazione ebraica in Palestina.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 09/1/2012 12.18
Titolo:L'omelia via Twitter, 140 battute ...
L'omelia via Twitter, 140 battute per parlare a un pubblico immenso


di Armando Torno (Corriere della Sera, 9 gennaio 2012)


Tutti hanno avuto qualcosa da dire sulle prediche o meglio sulle omelie tenute durante le sacre funzioni. I fedeli si sono sovente lagnati per la lunghezza; non pochi esponenti della gerarchia
ecclesiastica, di contro, hanno recentemente espresso preoccupazioni per il tono dimesso, gli errori proferiti e, purtroppo, per l'inconsistenza degli argomenti evocati.

Le prediche lunghe stancano, certe altre possono favorire interpretazioni labili delle Scritture. Tanto più che sempre meno
sacerdoti conoscono le lingue originali della Bibbia.

Il cardinale Gianfranco Ravasi, ministro vaticano della Cultura, l'ha pensata bella rilanciando la sfida di un vescovo francese, Hervé Giraud: far circolare le omelie attraverso Twitter. Certo, sono
140 battute, ma il pubblico a cui giunge il messaggio è vastissimo e il contenuto è possibile certificarlo. Non c'è la voce che tuona dal pulpito, ma poche parole facili da leggere che ricordano a tutti momenti e messaggi della fede cattolica.

Un tempo la predica si trasformava sovente in cultura. Per fare un esempio tra i molti possibili, basterà citare Giordano da Pisa che, al tempo di Dante, richiamava in Santa Maria Novella mezza Firenze: oggi i suoi vocaboli sono preziosi riferimenti nei dizionari della lingua italiana. Di oratori sacri è piena la nostra letteratura e anche padre Cristoforo — personaggio chiave de I promessi sposi di Manzoni — era un predicatore (venne mandato a piedi a raggiungere i pulpiti di Rimini).

Oggi le parole delle omelie, o anche delle meditazioni per il giorno di festa, si perdono. In televisione il cardinale Ravasi ha un vasto seguito, così come altri predicatori (anche non cattolici)
lo hanno trovato, magari grazie alle radio, ma questa via di Twitter va incontro a un pubblico completamente diverso.

Non stupiamoci: sono giovani o anche ragazzi. Per diverse ragioni, molti di loro non hanno mai ascoltato una predica. Twitter li informerà per la prima volta. Con 140 battute. Ma per colpire una
sensibilità possono bastare.

Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (2) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Dottrina della fede secondo Ratzinger

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info