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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org SAN FRANCESCO DI PAOLA E LO STEMMA DEL SUO ORDINE: CHARITAS. Una nota di lettura del quadro di Ludovico Pozzoserrato (1654-1726),a c. di Federico La Sala

IL NOME DI DIO: AMORE ("CHARITAS") O MAMMONA ("CARITAS")?! L’ERRORE FILOLOGICO E TEOLOGICO DI PAPA BENEDETTO XVI, NEL TITOLO DELLA SUA PRIMA ENCICLICA - Deus caritas est, 2006.
SAN FRANCESCO DI PAOLA E LO STEMMA DEL SUO ORDINE: CHARITAS. Una nota di lettura del quadro di Ludovico Pozzoserrato (1654-1726)

Nella mano tiene un bastone al quale si appoggia pesantemente, sormontato da quello che diverrà il suo motto CHA: charitas. Secondo la tradizione, un angelo, forse l’arcangelo Michele, gli apparve mentre pregava, tenendo fra le mani uno scudo luminoso su cui si leggeva la parola Charitas e porgendoglielo disse: “Questo sarà lo stemma del tuo Ordine”


a c. di Federico La Sala

 San Francesco di Paola  [1416 - 1507]

 di  Ludovico Pozzoserrato  (1654-1726) *

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San Francesco di Paola
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Il dipinto

* [Museo diocesano di Treviso: cfr. www.diocesitv.it/irc/2009-03.../Museo_Diocesano_Tv_(parte_2).doc

è particolare, perchè la figura del Santo, rappresentato come un vecchio in abiti francescani, è contornato da dieci scene che raffigurano altrettanti fatti prodigiosi a lui attribuiti. Nella mano tiene un bastone al quale si appoggia pesantemente, sormontato da quello che diverrà il suo motto CHA: charitasSecondo la tradizione, un angelo, forse l’arcangelo Michele, gli apparve mentre pregava, tenendo fra le mani uno scudo luminoso su cui si leggeva la parola Charitas e porgendoglielo disse: “Questo sarà lo stemma del tuo Ordine”.

La sua vita fu uno stupore continuo sin dalla nascita, nel 1416 a Paola, cittadina calabrese sul Mar Tirreno in provincia di Cosenza, da una coppia di genitori già avanti negli anni, che si rivolsero in preghiera a San Francesco di Assisi, affinché intercedesse per loro.

La madre fece poi un voto al Santo, di tenere il figlio in un convento di Frati Minori per un intero anno, vestendolo dell’abito proprio dei Francescani (il voto dell’abito è usanza ancora esistente nell’Italia Meridionale) se avesse salvato la vista che il bimbo stava perdendo da un occhio, a causa di un ascesso. Dopo qualche giorno l’ascesso scomparve completamente.

In quel anno l’adolescente rivelò subito doti eccezionali; stupiva i frati dormendo per terra, con continui digiuni e preghiera intensa e già si cominciava a raccontare di prodigi straordinari, come quando assorto in preghiera in chiesa, si era dimenticato di accendere il fuoco sotto la pentola dei legumi per il pranzo dei frati, allora tutto confuso corse in cucina, dove con un segno di croce accese il fuoco di legna e dopo pochi istanti i legumi risultavano già cotti. Un’altra volta dimenticò di mettere le carbonelle accese nel turibolo dell’incenso; ai richiami del sacrestano andò a prenderle ma senza un recipiente adatto. Allora le depose nel lembo della tonaca senza che la stoffa si bruciasse.

Trascorso l’anno del voto, Francesco volle tornare a Paola fra il dispiacere dei frati e con i genitori intraprese un pellegrinaggio ad Assisi alla tomba di S. Francesco, era convinto che quel viaggio gli avrebbe permesso d’individuare la strada da seguire nel futuro.

Tornato a Paola, appena tredicenne, si ritirò a vita eremitica in un campo che apparteneva al padre, a quasi un chilometro dal paese. Era il 1429. Si riparò prima in una capanna di frasche e poi si spostò in una grotta, che egli stesso allargò scavando il tufo con una zappa; questa grotta è oggi conservata all’interno del Santuario di Paola.

Dopo poco tempo alcuni giovani, gli chiesero di poter vivere come lui nella preghiera e solitudine. Si costituì il primo nucleo del futuro Ordine dei Minimi. La piccola Comunità si chiamò Eremiti di frate Francesco.

Durante i lavori di costruzione dell’eremo, Francesco operò altri prodigi: un grosso masso che stava rotolando sugli edifici venne fermato con un gesto del santo e ancora oggi esiste sotto la strada del Santuario; Francesco entrò nella fornace per la calce a ripararne il tetto, passando fra le fiamme e rimanendo illeso (episodio illustrato nel nostro quadro); inoltre fece sgorgare una fonte con un tocco del bastone, per dissetare gli operai, oggi è chiamata l’acqua della cucchiarella, perché i pellegrini usano attingerne con un cucchiaio.

Ormai la fama di taumaturgo si estendeva sempre più e il papa Paolo II (1464-1471), inviò nel 1470 un prelato a verificare; giunto a Paola fu accolto da Francesco che aveva fatto portare un braciere per scaldare l’ambiente; il prelato lo rimproverò per l’eccessivo rigore che professava insieme ai suoi seguaci e allora Francesco prese dal braciere con le mani nude i carboni accesi senza scottarsi, volendo così significare che, se con l’aiuto di Dio si poteva fare ciò, tanto più si poteva accettare il rigore di vita.

La fama di questo monaco dalla grossa corporatura, con barba e capelli lunghi che non tagliava mai, si diffondeva in tutto il Sud, per cui fu costretto a muoversi da Paola per fondare altri conventi in varie località della Calabria. Gli fu chiesto di avviare una comunità anche a Milazzo in Sicilia, pertanto con due confratelli si accinse ad attraversare lo Stretto di Messina, qui chiese ad un pescatore se per amor di Dio l’avesse traghettato all’altra sponda, ma questi rifiutò visto che non potevano pagarlo. Senza scomporsi Francesco legò un bordo del mantello al bastone, vi salì sopra con i due frati e attraversò lo Stretto con quella barca a vela improvvisata. Il miracolo, fra i più clamorosi di quelli operati da Francesco, fu in seguito confermato da testimoni oculari, compreso il pescatore Pietro Colosa di Catona, piccolo porto della costa calabra, che si rammaricava e non si dava pace per il suo rifiuto.

Risanava gli infermi, aiutava i bisognosi, ‘risuscitò’ suo nipote Nicola, giovane figlio della sorella Brigida. Anche suo padre Giacomo Alessio, rimasto vedovo, entrò a far parte degli eremiti, diventando discepolo di suo figlio fino alla morte. Francesco alzava spesso la voce contro i potenti in favore degli oppressi, le sue prediche e invettive erano violente, per cui fu ritenuto pericoloso e sovversivo dal re di Napoli Ferdinando I d’Aragona (detto Ferrante), che mandò i suoi soldati per farlo zittire, ma essi non poterono fare niente, perché il santo eremita si rendeva invisibile ai loro occhi; il re alla fine si calmò, diede disposizione che Francesco potesse aprire quanti conventi avrebbe voluto.

Intanto si approssimava una grande, non desiderata svolta della sua vita. Un mercante italiano, di passaggio a Plessis-les-Tours in Francia, dove risiedeva in quel periodo il re Luigi XI (1423-1482), gravemente ammalato, parlò di Francesco ad uno scudiero reale, che informò il sovrano. Il re inviò subito un suo maggiordomo in Calabria ad invitare il santo eremita, affinché si recasse in Francia per aiutarlo, ma Francesco rifiutò, nonostante che anche il re di Napoli Ferrante appoggiasse la richiesta. Il re francese si rivolse allora al papa Sisto IV, il quale per motivi politici ed economici, non voleva scontentare il sovrano, ordinò all’eremita di partire per la Francia, con grande sgomento e dolore di Francesco perchè costretto a lasciare la sua terra e i suoi eremiti ad un’età avanzata, aveva 67 anni, e malandato in salute.

Nella sua tappa a Napoli, fu ricevuto con tutti gli onori da re Ferrante I, incuriosito di conoscere quel frate che aveva osato opporsi a lui; il sovrano assisté non visto ad una levitazione da terra di Francesco, assorto in preghiera nella sua stanza; poi cercò di conquistarne l’amicizia offrendogli un piatto di monete d’oro, da utilizzare per la costruzione di un convento a Napoli.

Si narra che Francesco ne prese una, la spezzò e ne uscì del sangue, quindi rivolto al re disse: “Sire questo è il sangue dei tuoi sudditi che opprimi e che grida vendetta al cospetto di Dio”. Predisse anche la fine della monarchia aragonese, che avvenne puntualmente nei primi anni del 1500.

Nel suo passaggio in terra francese il frate liberò Bormes e Frejus da un’epidemia. Nel maggio 1482 Francesco arrivò al castello dove risiedeva ammalato il re Luigi XI. A corte fu accolto con grande rispetto. Col re ebbe numerosi colloqui, per lo più miranti a far accettare al sovrano l’ineluttabilità della condizione umana, uguale per tutti e per quante insistenze facesse il re di fare qualcosa per guarirlo, Francesco rimase coerentemente sulla sua posizione, giungendo alla fine a convincerlo ad accettare la morte imminente, che avvenne in quello stesso anno.

Dopo la morte di Luigi XI, il frate, che viveva in una misera cella, chiese di poter ritornare in Calabria, ma la reggente Anna di Beaujeu e poi anche il re Carlo VIII si opposero, considerandolo loro consigliere e direttore spirituale. Giocoforza dovette accettare quest’ultimo sacrificio di vivere il resto della sua vita in Francia.

Francesco morì il 2 aprile 1507 a Plessis-les-Tours, vicino Tours dove fu sepolto, era un Venerdì Santo ed aveva 91 anni e sei giorni. Le sue reliquie subirono varie profanazioni e divisioni, furono poi riunite e dal 1935 si trovano nel Santuario di Paola; dopo quasi cinque secoli il santo eremita è ritornato nella sua Calabria di cui è patrono, come lo è di Paola e Cosenza. Nel 1943 papa Pio XII, in memoria della traversata dello Stretto, lo nominò protettore della gente di mare italiana.

 

 



Martedì 29 Novembre,2011 Ore: 13:04
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 29/11/2011 13.11
Titolo:“DEUS CARITAS EST”: IL “LOGO” DEL GRANDE MERCANTE ....
Caro BENEDETTO XVI ...

Corra, corra ai ripari (... invece di pensare ai soldi)!

Faccia come insegna CONFUCIO: provveda a RETTIFICARE I NOMI. L’Eu-angélo dell’AMORE (“charitas”) è diventato il Van-gélo del ’caro-prezzo’ e della preziosi-tà (“caritas”), e la Parola (“Logos”) è diventato il marchio capitalistico di una fabbrica (“Logo”) infernale ... di affari e di morte?!

Ci illumini: un pò di CHIAREZZA!!! FRANCESCO e CHIARA di Assisi si sbagliavano?! Claritas e Charitas, Charitas e Claritas... o no?!

Federico La Sala
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“DEUS CARITAS EST”: IL “LOGO” DEL GRANDE MERCANTE E DEL CAPITALISMO

di Federico La Sala *

In principio era il Logos, non il “Logo”!!! “Arbeit Macht Frei”: “il lavoro rende liberi”, così sul campo recintato degli esseri umani!!! “Deus caritas est”: Dio è caro-prezzo, così sul campo recintato della Parola (del Verbo, del Logos)!!! “La prima enciclica di Ratzinger è a pagamento”, L’Unità, 26.01.2006)!!!

Il grande discendente dei mercanti del Tempio si sarà ripetuto in cor suo e riscritto davanti ai suoi occhi il vecchio slogan: con questo ‘logo’ vincerai ! Ha preso ‘carta e penna’ e, sul campo recintato della Parola, ha cancellato la vecchia ‘dicitura’ e ri-scritto la ‘nuova’: “Deus caritas est” [Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006]!

Nell’anniversario del “Giorno della memoria”, il 27 gennaio, non poteva essere ‘lanciato’ nel ‘mondo’ un “Logo” ... più ‘bello’ e più ‘accattivante’, molto ‘ac-captivante’!!!

Il Faraone, travestito da Mosè, da Elia, e da Gesù, ha dato inizio alla ‘campagna’ del Terzo Millennio - avanti Cristo!!! (Federico La Sala)

*www.ildialogo.org/filosofia, Giovedì, 26 gennaio 2006.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 29/11/2011 16.25
Titolo:LA PRIMA ENCICLICA DI RATZINGER - A PAGAMENTO !!!
«DEUS CARITAS EST»,


LA PRIMA ENCICLICA DI RATZINGER E’ A PAGAMENTO


di red (www.unita.it, 25.01.2006)

«Dio è amore, chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui». «Solo il matrimonio riflette l’amore di Dio» e «uno Stato senza la giustizia è una banda di ladri». Della prima enciclica di papa Ratzinger (Deus caritas est) che parla dell’amore di Dio e del concetto di carità cristiana nel mondo d’oggi, forse è prudente non citare molto più. È infatti coperta da copyright e la Libreria Editrice Vaticana ne detiene tutti i diritti, come li detiene su tutte le parole scritte dal papa.

Secondo le norme emanate dal Segretario di Stato Angelo Sodano qualche mese fa (volute fortemente da Ratzinger) qualunque altro editore voglia pubblicare questa o un’altra enciclica (oppure un’esortazione apostolica, o un discorso) deve pagare. Anzi deve presentare prima un progetto di edizione alla Lev (il rapporto fra testo dell’enciclica e commento dovrebbe essere di 1 a 2: 1/3 del volume occupato dal documento e 2/3 dal commento teologico/filosofico) e poi deve pagare. E neppure poco: dal 3% al 5% del prezzo di copertina di ogni copia venduta con anticipo da concordare caso per caso in base alla tiratura. Fatti i calcoli, le parole del papa più costose sono proprio quelle scritte nelle encicliche, le meno costose quelle pronunciate nei discorsi, Angelus, catechesi del mercoledì, allocuzioni varie.

Ma non è tutto. Il copyright che fa delle parole di papa Benedetto XVI delle vere e proprie merci a pagamento ha anche un valore retroattivo. Secondo le norme della Santa Sede «sono sottoposti a copyright tutti gli scritti, i discorsi e le allocuzioni del Papa. Sia di quello felicemente regnante che dei predecessori, fino a 50 anni addietro».

E a questo punto la domanda che sorge spontanea è quella relativa ai diritti d’autore sulle parole del precedessore di Ratzinger, Giovanni Paolo II. Solo in lingua inglese sono 2.770 i titoli di libri che portano la sua firma, oltre mille in lingua spagnola, intorno ai 370 quelli in italiano. Per queste innumerevoli edizioni e traduzioni verranno reclamati nuovi diritti d’autore? In Vaticano, a quanto pare, nessuno lo sa o nessuno vuol dirlo.

«Ci verrebbe voglia di chiedere al Vaticano i danni economici per tutti i libri posti all’indice e dei quali è stata impedita la diffusione, a cominciare dal Dialogo dei Massimi Sistemi di Galileo - ha commentato con ironia l’antropologa Ida Magli - La retroattività vale soltanto per i Papi?’.

Comunque sia gli effetti del copyright voluto da Ratzinger hanno già dato i primi risultati economici per la Santa Sede. Alla casa editrice Baldini & Castoldi, che aveva usato in un’antologia un testo di Papa Ratzinger (tra l’altro di trenta righe e precedente alla sua elezione a Pontefice), è già arrivata l’ingiunzione a pagare 15 mila euro per i diritti di copyright a cui dovranno aggiungere la percentuale sul prezzo di copertina per ogni copia venduta dell’antologia.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 03/12/2011 10.11
Titolo:CHARITAS. La buona-parola (eu-charitas) - una buona notizia per oggi ....
Una buona notizia per oggi!

di Raymond Gravel

“www.lesreflexionsderaymondgravel.org” del 2 dicembre 2011 (traduzione: www.finesettimana.org)

2a domenica d’Avvento Anno B

La settimana scorsa abbiamo visto che l’Avvento è sempre attuale: questo tempo di attesa, questo tempo di vigilanza, non consiste nell’aspettare qualcuno che non è ancora arrivato o che tarda a venire, o attendere un evento che non si è ancora verificato... No! Questo tempo consiste nello scoprire qualcuno che è già qui e a riconoscerlo negli eventi che sono i nostri, attraverso le donne e gli uomini di oggi... Che cosa dobbiamo mettere a fuoco dei testi della Parola di oggi?

1. Inizio. “Inizio della Buona Notizia di Gesù Cristo, Figlio di Dio” (Mc 1,1). In una frase, l’evangelista Marco, che scrive a dei pagani convertiti, dà tutto il senso del suo vangelo, della sua Buona Notizia. Non lo dice come se si trattasse di una Buona Notizia annunciata un tempo e che gli tocca ripetere per il suo tempo. No! È “l’inizio”, “il principio”, quindi una Buona Notizia che è sempre nuova, che deve adattarsi ed attualizzarsi al tempo in cui è pronunciata e proclamata. È l’inizio, non di un testo, ma di un’azione di Dio, importante quanto l’inizio del mondo: “In principio, Dio creò il cielo e la terra” (Gen 1,1) o l’inizio del vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio” (Gv 1,1).

E per annunciare la sua Buona Notizia, Marco non esita a citare l’Antico Testamento, ma lo fa liberamente, senza preoccuparsi dell’esattezza delle citazioni: “Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada” (Mc 1,2b). Marco ci dice che è scritto nel libro del profeta Isaia (Mc 1,2a), anche se questa citazione viene da una mescolanza tratta dal libro dell’Esodo, versione greca (Es 23,20) e del profeta Malachia (Ml 3,1). E il resto: “Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Mc 1,3) ci viene dal profeta Isaia nella versione greca, dei Settanta.

La Buona Notizia che Marco annuncia riguarda, non Gesù di Nazareth, che lui non conosce, ma Gesù Cristo, Figlio di Dio, quello che la Pasqua gli ha rivelato. Siccome Gesù Cristo è vivo, si incarna nei cristiani di tutti i tempi. Questo significa che si incarna anche oggi: tocca a noi riconoscerlo... Per questo motivo, nel 2011, è ancora l’inizio di una Buona Notizia di Gesù Cristo, Figlio di Dio, che vive oggi, in mezzo a noi.

2. Il deserto. “E si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (Mc 1,4). Ma attenzione! Nel vangelo la parola peccato non ha la connotazione che le diamo oggi. La parola peccato traduce la condizione umana in tutta la sua fragilità... condizione che fa sì che ci si allontani dal Dio dell’Alleanza e che si abbia bisogno di conversione per ritornarvi. E questo avviene nel deserto, perché il deserto è il luogo del vuoto, del silenzio, della pace, della serenità che permette gli inizi. È lì che tutto comincia: la presa di coscienza di ciò che siamo, il nostro bisogno di conversione, il nostro desiderio di cambiare la realtà e la necessità di parteciparvi. È lì, nel deserto, che possono rinascere tutte le speranze. È lì che Giovanni Battista dà il suo battesimo d’acqua per indicare la conversione del cuore, e questo battesimo si rivolge a tutti senza eccezione: ai ricchi come ai poveri, ai capi come al popolo, ai religiosi come agli esclusi.

Il deserto è anche l’esperienza del popolo di Dio in esilio a Babilonia, cui fa eco la prima lettura di oggi. Per tornare da Babilonia a Gerusalemme, il popolo deve inventare dei cammini di libertà:“Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio” (Is 40,3). Quindi non c’è una pista già tracciata. Dio non procede mai su itinerari già tracciati. Perché? Perché la vita non torna mai sui suoi passi: si inventa man mano, continuamente. Ad ogni modo, nonostante l’insicurezza della strada da fare: “Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata” (Is 40,4). Dio promette di accompagnare coloro che preparano la via e coloro che la percorrono (Is 40,11).

Nel suo vangelo, Marco recupera il battesimo di Giovanni Battista per annunciare un altro battesimo: il battesimo cristiano, il battesimo nello Spirito Santo, che ci fa diventare figli e figlie di Dio, fratelli e sorelle del Cristo di Pasqua: “Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo” (Mc 1,8). Nella sua avventura cristiana, neanche la Chiesa può procedere su itinerari già tracciati. Anche oggi, la strada è da inventare. Malgrado l’insicurezza che ci assilla, dobbiamo aprire nuovi sentieri, e non dobbiamo aver paura: Cristo ci accompagna.

3. La giustizia. Il primo valore di tutta la Bibbia, è la Giustizia. Viene addirittura prima dell’Amore, perché, come si può amare qualcuno se si è ingiusti verso di lui? Il Salmo 84 di questa domenica lo dice esplicitamente: “Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo. Certo, il Signore donerà il suo bene e la nostra terra darà il suo frutto; giustizia camminerà davanti a lui: i suoi passi tracceranno il cammino”. Il che significa che sui cammini che inventiamo nella nostra avventura cristiana, Cristo ci accompagna; ci precede, ma, allo stesso tempo, la Giustizia cammina davanti a lui, ecco l’importanza di lavorare per restaurarla.

Oggi, a che cosa dobbiamo convertirci? La più grande conversione che è richiesta alla Chiesa, ai suoi capi e a tutti i suoi membri, è di accogliere, di accettare, di aprirsi alle realtà nuove delle donne e degli uomini del nostro tempo. È attraverso queste realtà che Cristo vive e che può portare un messaggio di speranza in questo mondo nuovo cominciato più di 2000 anni fa. Abbiamo tutte e tutti per missione di lavorare a questo. Il mondo attuale e le sue bellezze, i suoi progressi, ma anche le sue involuzioni, i suoi limiti e le sue fragilità. Che la Chiesa riconosca le bellezze del mondo e che dia prova di compassione, di indulgenza e di perdono, per i suoi limiti e le sue povertà. È il solo modo di far nascere la speranza oggi.

È talmente vero che agli interrogativi delle prime comunità cristiane sul ritorno di Cristo, l’autore della seconda lettera di Pietro, scritta verso l’anno 125, di cui leggiamo oggi un brano, tenta di rassicurarci. Quando ci si interroga sul nostro futuro e ci si domanda quando questo mondo di sofferenze, di intolleranze, di divisioni, di guerre e di morte finirà, l’autore di questa lettera di Pietro ci dice di non fare come i fondamentalisti biblici che cercano una risposta al quando, ma piuttosto una risposta al Che fare nell’attesa? Scrive: “Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” (2Pt 3,9).

E aggiunge: “Davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno (2Pt 3,8). Che vuol dire: smettete di cercare la data della fine del mondo o del ritorno di Cristo; rimboccatevi le maniche e lavorate nell’attesa, perché la fine dipende da noi. La salvezza non è solo personale o individuale: è anche collettiva e comunitaria. Da qui deriva l’importanza di impegnarci a fare del nostro mondo un mondo più giusto e più fraterno: “secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia” (2Pt 3,13). Tocca a noi farle realizzare.

Terminando, vorrei citarvi l’esegeta francese Edouard Cothenet che ci dice che non si possono fare promesse si non ci si impegna per realizzarle: “Per favore, non fate promesse! Non promettete niente a coloro che sono esiliati sotto lo sguardo vile delle nazioni rifugiate dietro il dovere di non ingerenza, né a coloro che rinsecchiscono per la fame sulle loro terre aride di morte, né a coloro che non vedono nessuna ragione di sperare ancora, né a coloro che tendono il cuore per mendicare briciole d’amore, né a coloro che si sentono definitivamente stretti nella morsa della miseria, né a coloro che sono stati esclusi dalla comunità... Non promettete niente o, allora, mettetevi al lavoro con Colui che è andato avanti per tutta la sua vita e pagando col suo sangue per mantenere la Promessa che aveva fatto: Vengo per salvarvi. Le promesse hanno senso solo se le si realizza!”.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 11/1/2012 15.02
Titolo:Paola, la scomparsa della statua di San Francesco ....
Paola, la scomparsa della statua di San Francesco non è un furto

La Capitaneria ha individuato una nave sospetta che aveva chiesto le coordinate. I sub dei carabinieri propendono per la rimozione accidentale *

L’ipotesi del furto della statua sottomarina di San Francesco di Paola, appare sempre più remota. I carabinieri subacquei di Messina hanno indagato sul luogo dove è stata impiantata il 25 novembre 2007 la statua di San Francesco di Paola degli Abissi, sparita a fine dicembre. I sommozzatori dell’Arma hanno rilevato, in base a tracce e indizi vari raccolti, che il monumento sottomarino è stato sradicato con violenza dal fondale insieme al suo piedistallo.

Uno stato di cose che lascia immaginare l’opera accidentale della rete a strascico di un peschereccio di grosse dimensioni, che ha rimosso bruscamente la statua. Una ricostruzione supportata dal fatto che eventuali ladri avrebbero tentato di svitare l’imponente scultura bronzea dal piedistallo, che invece non si trova, lasciando prevedere che sia rimasto attaccato ai piedi dell’opera. Il battello da pesca si sarebbe dunque portato a circa un chilometro dalla riva, dove si trovava il monumento, dopo aver chiesto le coordinate dello stesso alla Capitaneria, o forse a danno compiuto per capire il motivo del brusco rallentamento della corsa. Avrebbe quindi lasciato una traccia.

L’intenzione dell’equipaggio era di effettuare la pesca a strascico in zona vietata, a 29 metri di batimetria, che per legge deve essere invece minimo 50. Il gigantesco sacco legato a cavi d’acciaio passando sulla zona avrebbero letteralmente sradicato la scultura dal fondale e il suo piedistallo, che poi si sarebbero impigliati tra i fili metallici. A questo punto, secondo la ricostruzione più attendibile, per reazione la nave ha arrestato la sua corsa e con i suoi potenti verricelli tentava di tirare in barca la rete e il suo pesante carico. A filo d’acqua l’equipaggio ha potuto notare il San Francesco, decidendo di rimettere in moto la nave e di allontanarsi con il sacco ancora in acqua. Pertanto durante la traversata nel punto incognito dell’abbandono le reti non solcavano il fondale. Il monumento sarebbe stato poi abbandonato nei paraggi. Ma le ricerche non hanno finora sortito gli effetti sperati.

Dal canto suo la Capitaneria di porto ha individuato la nave sospetta, quella che aveva chiesto le coordinate del San Francesco attraversando lo specchio d’acqua del litorale paolano. Non resta che attendere gli sviluppi dell’indagine coordinata dalla Procura di Paola. Gli eventuali responsabili, se non si saranno appropriati della statua, dovranno rispondere di danneggiamento colposo, un illecito civile e non un reato perseguibile penalmente.

* IL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA, 11/01/2012:

http://www.ilquotidianoweb.it/it/calabria/cosenza_paola_statua_sottomarina_san_francesco_non_furto_s...
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 18/1/2012 23.36
Titolo:Ritrovata in mare Statua San Francesco di Paola
Ritrovata in mare Statua San Francesco di Paola

La scultura in bronzo era scomparsa il 28 dicembre 2011

(ANSA) - CETRARO (COSENZA), 18 GEN - La capitaneria di porto di Cetraro ha ritrovato la statua di san Francesco di Paola, scomparsa il 28 dicembre scorso. Secondo quanto si e’ appreso la scultura bronzea si trovava sott’acqua a duecento metri circa dal luogo originario in cui era stata posta. Il ritrovamento e’ avvenuto grazie anche al lavoro svolto dal gruppo sub paolano, che in questi giorni ha piu’ volte setacciato i fondali del mare di Paola. (ANSA).

* ANSA, 18 gennaio 2012, 18:35:

http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/calabria/2012/01/18/visualizza_new.html_46193739.html
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 19/1/2012 09.46
Titolo:Paola, ritrovata in mare la statua di San Francesco
Paola, ritrovata in mare la statua di San Francesco

E’ stato il sub Piero Greco a ritrovare la statua a circa 200 metri da dove era stata posta. Il sindaco di Paola lo ringrazia *

19/01/2012 E’ stato Piero Greco, a ritrovare la statua scomparsa; lui insieme ai suoi sub, dai primi giorni di gennaio ha lavorato per scandagliare lo specchio d’acqua del tratto di costa. Qualche settimana fa sempre Greco (nel riquadro) aveva vissuto la falsa emozione di aver ritrovato il monumento nel tratto di mare di Fuscaldo, prima di intravedere nell’acqua torbida il pezzo di un’antica imbarcazione. Ma ieri pomeriggio finalmente il ritrovamento ad una profondità batimetrica di 32 metri. La statua si presentava poggiata sul fondale con la base del piedistallo, lievemente inclinato, con il viso rivolto verso la città. Attorno qualche residuo di rete, ma tutto sommato in buone condizioni. Purtroppo gli manca il braccio con cui reggeva il bastone, di cui al momento non si ha traccia. L’ipotesi più accreditata della rimozione a fine dicembre, da parte di un peschereccio che effettuava in maniera fraudolenta la pesca a strascico sottocosta, ha trovato ieri la conferma.

La scultura era stata abbandonata dopo poco tempo a 200 metri circa in direzione nord ovest dal luogo dove rimossa, a un chilometro dalla foce del torrente Isca e ad una profondità di 29 metri. Determinante ieri l’individuazione della sua boa da parte della capitaneria di porto, che inizialmente era stata risucchiata sott’acqua e riaffiorata dopo che la sua catena si era sgrovigliata per effetto delle correnti sottomarine dalla imponente scultura bronzea e il suo piedistallo. La guardia costiera ha così prontamente allertato ieri pomeriggio Piero Greco, che giunto sul posto si è immerso e costatato che sotto c’era davvero il San Francesco.

IL SINDACO PERROTTA RINGRAZIA

«Con grande emozione ho accolto la notizia del ritrovamento di una statua che era diventata simbolo per tante persone che guardavano al mare anche attraverso la sua presenza. Pertanto esprimo un nuovo ringraziamento alla magistratura, alla capitaneria di porto, a tutti i pescatori e la gente di mare che si è prodigata in ogni momento e con uno sforzo anche economico per ritrovarla.

Un ringraziamento ancora più particolare al Gruppo subacqueo di Piero Greco -- ha sottolineato il sindaco Roberto Perrotta a nome dei devoti paolani - che forse più degli altri ha patito questo evento e che oggi si rallegra per il buon esito. A Piero che mi ha tenuto costantemente informato il plauso della nostra città, perché attraverso la sua opera meritoria ancora una volta ci ha fatto sentire partecipi di una bellissima avventura». Perrotta pensa ad organizzare qualcosa per ricordare questo lieto evento e farlo coincidere con una data significativa dal punto di vista religioso: «Speriamo adesso di poter accogliere al più presto la statua e di fare festa insieme a tutte le persone di buona volontà che guardano al nostro Santo con affetto e con trasporto. Sarebbe bello magari festeggiare in occasione del 7 febbraio, una delle date nelle quali Paola ricorda l’alto patronato di San Francesco».

Il sindaco spera nell’aiuto di tutti anche per trovare di nuovo le condizioni per poter allocare nel fondale del mare di Paola il San Francesco degli Abissi. Inoltre, la capitaneria di Porto dovrebbe avere individuato la nave che ha provocato il danno in maniera colposa, sradicando dal fondale la statua con le sue grosse reti e portandola alla distanza dove ritrovata e lasciata cadere giù. Si tratta di un illecito non perseguibile penalmente, che comporterà ovviamente un risarcimento. La Procura della Repubblica di Paola, pertanto, archivierà presto l’inchiesta penale.

L’idea di collocare la maestosa opera in bronzo nelle acque antistanti il litorale paolano partì da un ragazzino non vedente, durante uno dei numerosi raduni promossi dal centro Subacqueo paolano, per far vivere ai diversamente abili le bellezze del mare. Il bambino, toccando la statua sul lungomare di Paola, espresse il desiderio di toccarne una nel fondale. Da qui l’idea di realizzare l’opera in bronzo, alta due metri, condivisa dal centro Subacqueo di Piero Greco e sposata dall’amministrazione comunale, che venne posizionata sul fondale nel novembre del 2007.

* IL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA, 19.01.2012

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