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www.ildialogo.org Gerarchie e potere Le scarpette rosse del papa,di Vittorio Mencucci

Gerarchie e potere Le scarpette rosse del papa

di Vittorio Mencucci

Qualche giorno fa, ho visto in televisione un imprenditore che fabbrica scarpe con metodi artigianali decantare i pregi della sua produzione di fama mondiale. Le più illustri personalità, ossia le più facoltose, calzano le scarpe da lui prodotte. Porta come primo esempio Obama, poi prende in mano le scarpette rosse del papa, le accarezza, le piega, le torce per mostrare quanto siano soffici, morbide, flessibili, resistenti, confortevoli… insomma «ci si sta da papa», direbbe la gente della nostra regione (le Marche) ex Stato pontificio, con un pizzico di ironia anticlericale. Nelle nostre terre il paragone con il papa veniva fatto per tutte le cose piacevoli, dai cibi al letto. Qui mi risuonano sconvolgenti le parole di Gesù quando manda gli apostoli ad annunciare il regno dei cieli: «Non procuratevi oro, né argento… né bisaccia, né due tuniche, né sandali, né bastone» (Mt 10,9). Certo sarebbe privo di senso chiedere oggi al papa di camminare scalzo, ma è altrettanto privo di senso che usi le scarpe della stessa marca dei potenti del mondo.

Allora riemergono alla mente i fantasmi vergognosi: c’era una volta la «sacra pantofola». Per secoli ci si è rivolti al papa con la formula: «Umilmente prostrati al bacio della sacra pantofola». Il gesto doveva essere compiuto da quanti venivano ammessi alla sua presenza. La proskynesis era usanza presso gli imperatori d’oriente. Il papa se ne appropria quando conquista il potere politico. Gregorio VII nel suo Dictatus Papae afferma che solo il papa può portare le insegne imperiali. Dopo l’elezione, prima di presentarsi in pubblico, il papa concedeva il privilegio agli uomini della sua corte di baciare per primi la sacra pantofola.

Degno di essere ricordato l’episodio di Pio IX. Alla chiusura del Concilio Vaticano I, anticipata frettolosamente per l’avvicinarsi dei bersaglieri che marciavano su Roma, i padri conciliari, congedandosi dal papa Pio IX, si prostrarono al bacio della sacra pantofola. Gesto particolarmente significativo a conclusione del Concilio che ha definito l’infallibilità del romano pontefice. Giunto il turno del patriarca ortodosso, Pio IX con una mossa rapida e insospettata ha messo la sacra pantofola sopra la testa e facendola oscillare ha esclamato: «Ma quando capirete!». È il fondo dell’abisso di un totale disprezzo della dignità umana, conseguenza perfettamente logica nel contesto mentale del sacro oggettivato che, arrogandosi la rappresentanza o l’identità con il divino, non riconosce limiti alla propria supremazia. Proprio perché il valore della persona ha la sua radice nel Vangelo, è triste constatare come non sia stata la Chiesa gerarchica a testimoniarlo. La rivendicazione è piuttosto venuta dalla parte opposta della barricata, da quella coscienza moderna tanto deprecata per la sua secolarizzazione.

La primavera conciliare ha portato un soffio di vento anche in questo settore. Con una battuta ironica sul proprio peso, papa Giovanni XXIII ha abolito sedia gestatoria, flabelli e proskynesis, ossia prostrazione con bacio della sacra pantofola. Quando la profezia si incontra con il buon senso popolare può aprire nuovi orizzonti. In questi cieli e terra nuovi mi piace sognare papa Celestino VI, alla maniera della Zarri, che invece di farsi cucire le scarpe dal ciabattino più celebre del mondo, abbia il coraggio di entrare in incognito in un magazzino della scarpa. Potrebbe essere un’ottima occasione per conoscere la gente e i suoi problemi. Certo il papa è ben informato con il supporto di precise statistiche di tutto quello che accade nel mondo, ma una cosa è leggere un foglio dove le persone sono numeri asettici, altro è incontrarle con il calore delle passioni buone e cattive. Forse si accorgerebbe che i papaboys delle Gmg sono molto diversi nella ferialità della vita quotidiana, dove non si trova più traccia dell’entusiasmo religioso; oppure che nessuno anela alla santità, ma per lo più ricerca una vita sessuale soddisfacente; oppure che i discorsi dell’autorità religiosa non intenzionano più la realtà della vita, come se si trattasse di una moneta fuori corso a cui nessuno fa più credito; oppure che tra i motivi dell’abbandono della pratica religiosa c’è sempre il disgusto e la ribellione per la cerimoniosità, l’autoritarismo e l’ingerenza politica della gerarchia ecclesiastica. E non sarebbe del tutto tempo sprecato se scambiasse quattro chiacchiere con la commessa, anche se un po’ scollacciata. Potrebbe rivelare squarci di vita più interessanti delle prevedibili relazioni del segretario di Stato vaticano.

Ma chi ha ricevuto il “dono” delle scarpette rosse non poteva almeno imporre al nobile ciabattino di tacere e di non sfruttare la figura del papa per pubblicizzare i suoi prodotti? Forse i cortigiani non hanno la capacità di indignarsi, ma io sì, ogni volta che vedo le scarpette rosse del papa e so che sono le scarpe più belle, più soffici, più resistenti. Il papa come gli uomini più facoltosi. Ma dove è andato a finire il Vangelo?

* Prete della diocesi di Senigallia (An)

Articolo tratto da
ADISTA
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Luned́ 26 Settembre,2011 Ore: 18:36
 
 
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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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