- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (1)
Visite totali: (272) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org “CREDO NELLO SPIRITO SANTO”. Un testo di Monsignor Guy-Marie Riobé, vescovo di Orléans (membro dell’Union fondata da Charles de Foucauld),ripreso da“Le Monde” del 10 luglio 1978,a c. di Federico La Sala

MEMORIA EVANGELICA ED ETA' DELLO SPIRITO (Gioacchino da Fiore: "Primus in timore, secundus in fide, tertius in charitate). "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1 Gv., 4. 1-16).
“CREDO NELLO SPIRITO SANTO”. Un testo di Monsignor Guy-Marie Riobé, vescovo di Orléans (membro dell’Union fondata da Charles de Foucauld),ripreso da“Le Monde” del 10 luglio 1978

(...) Credo nello Spirito che anima oggi le grandi spinte di liberazione che tendono verso una universalità umana concreta, diversa, capace quindi di comunione fatta attraverso l’uguale dignità e il libero incontro dell’uomo e della donna, delle etnie, delle culture (...)


a c. di Federico La Sala

Lo Spirito, secondo Monsignor Riobé

di Guy-Marie Riobé

in “www.baptises.fr” del 10 e 12 giugno 2011

(traduzione: www.finesettimana.org)

 

      • “Credo nello Spirito Santo”: con questo titolo, in una serie intitolata “Une brassée de confessions de foi”, per iniziativa di Henri Fesquet, “Le Monde” del 10 luglio 1978 ha pubblicato questo testo di Monsignor Guy-Marie Riobé, vescovo di Orléans (membro dell’Union fondata da Charles de Foucauld). Otto giorni prima della sua morte.

 

Quando potremo allora, liberati dalle nostre formule esangui e dalle nostre astrazioni, confessare la nostra fede nello Spirito Santo con una parola capace di andare da cuore a cuore, come una fiamma ne chiama un’altra?

Credere nello Spirito, è credere nella vita, è credere che ogni vita avrà in Lui, definitivamente, vittoriosamente, l’ultima parola su tutte le fatalità di disgregazione, di immobilismo e di morte.

Credere nello Spirito, è credere nella storia come storia di salvezza, storia di liberazione dell’uomo, di tutti gli uomini. Credo allo Spirito Santo non come ad una porta aperta per evadere, ma come alla sola speranza che possa, in definitiva, animare la storia degli uomini.

Credo nello Spirito che anima oggi le grandi spinte di liberazione che tendono verso una universalità umana concreta, diversa, capace quindi di comunione fatta attraverso l’uguale dignità e il libero incontro dell’uomo e della donna, delle etnie, delle culture.

Credo nello Spirito che vibra nelle grida del Terzo Mondo come un appello alla condivisione dei beni della terra, al rispetto dei popoli a lungo disprezzati, al dialogo delle civiltà riconosciute nelle loro differenze e nella loro originalità.

Ogni uomo è mio fratello perché siamo tutti figli di uno stesso amore. Ogni uomo è sacro per me perché ogni uomo è figlio di Dio. E Credo nello Spirito che nello stesso tempo fa crescere nei nostri paesi, in maniera talvolta selvaggia, sconcertante, una grande sete di senso.

È fuori dalle nostre Chiese, lo so, che molti uomini cercano quel Dio d’amore che solo lo Spirito può farci conoscere ed amare. Mi dispiace, ma li capisco. Tutte le istituzioni, tutti i segni, anche i più sacri, si degradano se non accettano ad ogni primavera di cambiar pelle, a qualsiasi costo, anche a costo di accettare lacerazioni e sofferenze. Le nostre comunità, come tutte le istituzioni, non sfuggono al tempo e alla sua usura.

La Chiesa, in diversi momenti della sua storia, ha avuto paura dello Spirito, ha smesso di essere mistica e creatrice per diventare giuridica e moralizzatrice. Allora le burrasche dello Spirito hanno soffiato alla sua periferia e a volte contro di lei in una grande esigenza di vita creatrice, di giustizia e di bellezza. “Ci sono atei che grondano parola di Dio”, diceva Péguy, ed è tuttora vero.

Credo che Dio ci accompagni tutti nella nostra avventura umana e che solo la sua presenza sia eterna, e non le strutture, le parole, le immagini che, a poco a poco, nel corso dei secoli, abbiamo adottato per dire a noi stessi la sua presenza tra noi. La nostra Chiesa non ha nulla da temere dalle critiche che le vengono da altri, se sa ascoltarle come un appello di Dio.

Essa non può sprangare le porte per disporre più sicuramente di se stessa. Essa riceve ad ogni istante da Dio per essere continuamente inviata, immersa nel mondo, povera, modesta, fraterna, messaggera di gioia, prestando la sua voce ai poveri, agli uomini che vengono torturati o uccisi, a tutti coloro che ci gridano silenziosamente il Vangelo. È questa per la Chiesa, e per ogni cristiano, la necessità, talvolta l’urgenza, di discernere e di fondare la ragione dei propri atteggiamenti, delle proprie reazioni davanti a tutti i grandi movimenti della storia. Discernere senza spegnere o contristare il libero sgorgare dello Spirito e della vita che suscita.

Così potremo ritrovare l’attualità di quei grandi risvegli umani, venuti dal cuore dell’uomo come delle pentecoste successive. È Dio che, attraverso tutta quella corrente che chiamiamo profetica, difende la sua opera, impedisce che sia mutilata o paralizzata. In questo, e negli aspetti più quotidiani della vita, c’è un vero dono dello Spirito in tanti veri viventi che non cessano di reinventare l’amore e la gioia profonda di essere. Scaturisce a volte alla superficie della storia, come un Dom Helder Camara, ad esempio. La Chiesa deve di nuovo lasciare che la parola di Dio fecondi la storia.

...

In queste contingenze necessarie, la mia fede cerca sempre al di là. Mi auguro che tra cristiani, di nuovo divisi, possiamo essere capaci di celebrare insieme, nella fede più pura, il nostro amore per Gesù Cristo che superi le nostre dispute di un tempo.

Mi auguro che tra credenti, alla ricerca del nostro unico Dio d’amore, sia possibile riunirci qualche volta, anche se nel silenzio delle nostre preghiere differenti, nell’unità dello stesso e solo Spirito che ci fa gridare Abba, Padre.

Mi auguro che tra uomini possiamo mettere in comune tutte le nostre forze d’amore perché i giovani di domani conoscano la fine dell’ingiustizia e dell’odio

Così sono in comunione con la speranza di tutti coloro che sono convinti che una terra di rispetto, di giustizia, di uguaglianza e di amicizia è possibile.

Mi sento solidale con coloro che ne hanno fatto la lotta della loro vita.

E mi rallegro per il fatto che attualmente molti giovani si siano prefissi il compito di ricostruire questa terra.

Abbiamo tutti appuntamento con questo amore sconosciuto che non possiamo o non osiamo nominare per paura di rinchiuderlo nei limiti del nostro tempo. A età diverse della propria vita, ciascuno lo accoglie e lo dice a modo suo. In momenti diversi del risveglio spirituale dell’uomo, ogni civiltà lo riceve e lo esprime nella propria cultura.

Perché è proprio l’umanità intera che ha appuntamento con Dio: alla sua nascita? In certi momenti della storia? All’apogeo della sua evoluzione? Che importa, è il segreto di Dio, non il mio, ma credo che lui è e sarà presente, in maniera inattesa, agli appuntamenti della storia umana, come è e sarà presente agli appuntamenti di ciascuna delle nostre storie personali. Mi basta ritrovare in questa speranza una gran parte del Vangelo.

È a questo punto che mi ricordo di Gesù di Nazareth. Lo ritrovo oggi nel cuore di tutto questo popolo di cercatori di Dio. Sì, credo che Gesù è vivo, sorgente dello Spirito, che è una persona presente, che può essere amico degli uomini, e che questa amicizia può essere lo scopo di tutta una vita. Essere cristiani, dopo tutto, non è accettare di ricevere se stessi continuamente da Cristo, come ci si riceve da ogni sguardo d’amore? Tutti i giorni, mi sembra di incontrare Cristo per la prima volta.

Mi basta credere che, tornando al Padre dopo la resurrezione, Cristo ci ha reso liberi attraverso il dono del suo Spirito e che ha aperto alla nostra responsabilità, fino a che Egli venga e perché venga, il cantiere della storia. In questa scia di libertà creatrice, non avremo mai finito di camminare da responsabili davanti a Dio, di imparare a vivere e a morire. 



Domenica 19 Giugno,2011 Ore: 15:04
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 19/6/2011 15.21
Titolo:IL PADRE NOSTRO ... IL DIO CHE CI INDUCE IN TENTAZIONE?
"Signore, insegnaci a pregare" (Lc., 11.1)

Dio è Amore - Deus charitas est

PRIMA LETTERA DI GIOVANNI (1 Gv.: 4, 1-16).

Carissimi, non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono comparsi nel mondo. ... Dio è Amore

Charissimi, nolite omni spiritui credere, sed probate spiritus si ex Deo sint: quoniam multi pseudoprophetæ exierunt in mundum.... Deus charitas est

***

O AMORE,

SPIRITO SANTO

PADRE NOSTRO,

CHE SEI NEI CIELI,
SIA SANTIFICATO IL TUO NOME,
VENGA IL TUO REGNO,
SIA FATTA LA TUA VOLONTA’
COME IN CIELO COSI’ IN TERRA.

TU CI DAI OGGI IL NOSTRO PANE PIU’ SOSTANZIOSO,
E RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI
COME NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI.
TU NON CI INDUCI IN TENTAZIONE
MA CI LIBERI DAL MALE.
COSI E’: COSI SIA.
AMEN.

****

Dio ci induce in tentazione?

di Hervé Giraud

in “www.temoignagechretien.fr” del 17 giugno 2011
(traduzione: www.finesettimana.org)

Nel Padre Nostro, ogni parola ha la sua importanza. Mentre la Conferenza episcopale francese lavora ad una nuova traduzione liturgica francofona della Bibbia, Mons. Giraud, vescovo di Soissons, ha voluto offrire ai lettori del suo blog - e ai cattolici in generale - la sua visione di una frase particolarmente importante del vangelo di Matteo: “Non indurci in tentazione”. Se questa frase sarà cambiata, bisognerà abituarsi a dire questa preghiera in modo diverso. Se no, la riflessione proposta pubblicamente dal vescovo permette, a suo avviso, di comprendere meglio il rapporto dei cattolici con la tentazione. Questo dibattito c’è stato del resto anche tra gli anglosassoni che stanno mettendo a punto il loro nuovo messale e dovrebbero utilizzarlo a partire dall’Avvento 2011.

«La nuova versione del Padre Nostro è apparsa nella liturgia cattolica in Francia con la messa della Veglia pasquale del 1966. Una richiesta poneva problema sia dal punto di vista teologico che da quello esegetico o filosofico: “Ne nous laissez pas succomber à la tentation” (non lasciarci soccombere alla tentazione) era diventato “Ne nous soumets pas à la tentation” (non sottoporci alla tentazione). Attualmente, nessuno è soddisfatto della traduzione ecumenica della sesta richiesta del Padre Nostro. In effetti, questa traduzione presuppone una certa responsabilità di Dio nella tentazione che ha condotto al peccato, al male.

La parola peirasmos potrebbe certo essere tradotta con “prova” e non con “tentazione”. Ma “non sottoporci alla prova” sembra chiedere a Dio di farci rifuggire dalla condizione umana normale, segnata dalla prova.

La traduzione letterale del testo greco di Matteo 6,13 dovrebbe essere “Ne nous induis pas en tentation” (non indurci in tentazione) o “Ne nous fais pas entrer en (dans la) tentation”, “Ne nous introduis pas en tentation” (non farci entrare, non introdurci nella tentazione). Il verbo eisphérô significa etimologicamente “portare dentro”, “far entrare”. La tentazione è vista come un luogo nel quale Dio ci introdurrebbe. Ma Dio potrebbe “introdurci” in tentazione? Questo verbo esprime un movimento locale verso un luogo dove si penetra. Fa pensare a Gesù, quando è condotto dallo Spirito nel deserto per esservi tentato (Mt 4,11), o anche nel Getsemani: “Priez pour ne pas entrer en tentation” (pregate per non entrare in tentazione) (Mt 26,41). Ora, in tutto il Nuovo Testamento, non è mai detto che Dio tenti la sua creatura umana. La formula sembra supporre che Dio possa tentare l’uomo, mentre è il diavolo che si incarica normalmente di questa operazione. Dio non è l’autore della tentazione.

Sono state studiate diverse traduzioni. “Ne nous soumets pas à la tentation” (non sottoporci alla tentazione): questa traduzione evoca l’immagine di un Dio che fa subire la tentazione e che sarebbe come l’autore della tentazione. “Fais que nous n’entrions pas en (dans la) tentation” (fa che non entriamo in tentazione): questa traduzione cerca di scagionare Dio dall’essere l’autore della tentazione. “Ne nous fais pas entrer dans la tentation” (non farci entrare in tentazione): certo, “entrare in tentazione” non significa necessariamente soccombervi, ma significa entrare in quella situazione critica in cui Satana (il Male) comincia a raggiungerci e in cui noi rischiamo, a causa della nostra debolezza, di lasciarci vincere. Tuttavia rischia di designare ancora una certa responsabilità di Dio nella tentazione.

“Ne nous laisse pas entrer en tentation” (non lasciarci entrare in tentazione); questa traduzione sarebbe la migliore anche perché si avvicinerebbe ad una fonte letteraria aramaica. In francese “lasciar fare” vuol dire “non impedire”. “Non lasciar fare” ha il senso positivo di “impedire”. Dio può permettere che noi entriamo nella tentazione e darci la forza di poterne “uscire”.

Dio non ci tenta, ma ci mette talvolta alla prova permettendo a Satana (il Male) di tentarci per purificarci. Con questa traduzione, noi supplichiamo Dio “Non permettere neppure che entriamo in tentazione”. Noi gli chiediamo di intervenire in nostro favore per allontanare dalla nostra strada un pericolo temuto, quello di rischiare di essere separati da Lui e dal suo Popolo.

La traduzione liturgica della Bibbia potrebbe quindi scegliere di proporre “E ne nous laisse pas entrer en tentation” sulla base di Matteo 26,41. Già la Bibbia di Segond del 1964 riprendeva l’espressione “Ne nous laisse pas entrer en tentation”, come farà la Bibbia di Gerusalemme del 2000. La sua introduzione nel Padre Nostro della messa e nell’uso corrente attende un accordo dei vescovi, di tutte le Chiese e le Comunità ecclesiali francofone, perché è importante che i cristiani continuino a dire insieme la preghiera che il Signore ha insegnato.»

Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (1) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Dottrina della fede secondo Ratzinger

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info