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www.ildialogo.org IL CROLLO DELL'ASSE: IL CARDINALE BERTONE E LA CADUTA DA CAVALLO. Commenti e riflessioni di Marco Politi e Mirella Camera, sull'esito delle elezioni amministrative - con premessa,a c. di Federico La Sala

CHIESA E STATO: IL SONNO DELLA RAGIONE EVANGELICA E COSTITUZIONALE GENERA MOSTRI...
IL CROLLO DELL'ASSE: IL CARDINALE BERTONE E LA CADUTA DA CAVALLO. Commenti e riflessioni di Marco Politi e Mirella Camera, sull'esito delle elezioni amministrative - con premessa

Nel rovescio inglorioso, che colpisce il premier e l’alleato Bossi, affonda anche la politica di sostegno ad oltranza offerta dal Vaticano al sistema di potere berlusconiano. (...) La Chiesa istituzionale ha seguito Comunione e Liberazione e i suoi uomini al servizio di Berlusconi a occhi chiusi, con una assenza di discernimento semplicemente sconvolgente (...)


a c. di Federico La Sala

Premessa  

VIVA L’ITALIA. LA QUESTIONE "CATTOLICA" E LO SPIRITO DEI NOSTRI PADRI E E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI.  Per un ri-orientamento antropologico e teologico-politico. (Federico La Sala)

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 Il cardinale Bertone e la sconfitta del terzo B.

C’è un terzo “B” sconfitto nella primavera italiana. Si chiama Bertone. Cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano. Nel rovescio inglorioso, che colpisce il premier e l’alleato Bossi, affonda anche la politica di sostegno ad oltranza offerta dal Vaticano al sistema di potere berlusconiano.

di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 1 giugno 2011)

CI SONO STATI , a tratti, moniti sui comportamenti di Berlusconi da parte della presidenza della Cei, a volte critiche più ruvide sono venute dal giornale dei vescovi Avvenire, ma niente ha smosso il segretario di Stato vaticano dalla linea di benevola copertura nei confronti del berlusconismo. Al cambio della guardia tra Ruini e Bagnasco alla presidenza della conferenza episcopale italiana nel marzo 2007, Bertone con lettera ufficiale avocò a sé i rapporti tra Chiesa e governo italiano. “Per quanto concerne i rapporti con le istituzioni politiche - mise nero su bianco rivolto a Bagnasco - assicuro fin d’ora a vostra eccellenza la cordiale collaborazione e la rispettosa guida della Santa Sede, nonché mia personale”. Compito della Segreteria di Stato, spiegò, è di “intessere e promuovere le relazioni con gli Stati e di attendere agli affari che, sempre per fini pastorali, debbono essere trattati con i Governi civili”.

In questi anni la “guida” di Bertone non ha mostrato una Chiesa super partes, impegnata nella sua missione pastorale. L’applicazione concreta si è tradotta in un sistematico puntello al Cavaliere qualunque cosa facesse. Da Letizia Noemi a Ruby niente - nonostante qualche lieve, episodica scossa - ha mutato il corso della linea Bertone. Il Vaticano ha chiuso gli occhi sulle violazioni più eclatanti dell’etica pubblica e ha assistito inerte ad una macelleria istituzionale, che continua a stupire le cancellerie delle democrazie occidentali.

PER IMPEDIRE ad un milione di cittadini italiani di stringere un patto di coppia solidale con diritti e doveri garantiti dalle istituzioni, per impedire una legge che desse diritto ai malati terminali di non restare attaccati ad un tubo ad ogni costo, tutto del sistema berlusconiano è stato tacitamente benedetto. E benevolenti sorrisi sono stati riservati ai proclami di fedeltà del premier, frenetico nel ricordare i suoi trascorsi salesiani. “Da parte mia non verrà mai nulla contro il Vaticano”, dichiarò il 10 dicembre scorso, quattro giorni prima del voto di fiducia , guardando negli occhi il salesiano Bertone ad un pranzo con altri nove neocardinali nell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede.

Nell’imbarazzo degli stati d’Europa e d’America una delle più antiche diplomazie del mondo è stata piegata ai disegni di potere berlusconiani. Lo si è avvertito con cruda chiarezza nell’agosto 2009, quando Il Giornale attaccò Boffo. Mentre Feltri massacrava il direttore del giornale dell’episcopato italiano, l’Osservatore Romano criticava pubblicamente la linea di Avvenire in tema di immigrazione, facendo sapere a tutti che i rapporti con il governo erano “eccellenti”. Per pudore Bertone aveva dovuto disdire il pranzo con Berlusconi all’Aquila in occasione della festa della Perdonanza, ma poche settimane dopo all’aeroporto di Ciampino il Cavaliere poteva presentarsi tranquillamente davanti a Benedetto XVI in partenza per Praga, che lo accoglieva con un “che piacere rivederla”.

È stato un collateralismo tenace, quello praticato dal cardinale Bertone in questi anni. Non ha certo giovato al prestigio della Chiesa. Quando l’8 luglio 2010 il segretario di Stato si presentò a casa Vespa per partecipare ad una “cena di compleanno”, organizzata per consentire a Berlusconi di persuadere Casini a rientrare nel suo governo - sotto l’ala protettiva di Santa Romana Chiesa - anche in Vaticano si sentirono diffusi mormorii di critica per l’infelice partecipazione. Alle elezioni i moderati e i cattolici hanno mostrato di andare da un’altra parte, tocca al Vaticano decidere se continuare con la linea Bertone o lasciare che l’Italia possa iniziare a rigenerarsi. Bene sarebbe che anche i vescovi venissero lasciati liberi di captare l’umore dei fedeli.

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La caduta da cavallo

di Mirella Camera

-  in “a latere...” (http://alatere.myblog.it/) del 31 maggio 2011 

E ora si moltiplicano le analisi per capire cosa è successo nell’elettorato alle elezioni amministrative che hanno messo ko Berlusconi. Eppure è di una semplicità elementare: il troppo stroppia. C’è un punto di rottura in tutte le cose, persino dopo il costante lavoro di anestesia delle coscienze che il berlusconismo ha compiuto in 20 anni.

Lo svelamento avviene per gradi. All’inizio una deformazione può essere celata, e quando emerge la si può persino considerare come qualcosa di nuovo e originale, una caratteristica che fa personaggio. Poi però la deformazione cresce e prende il sopravvento, così come si esaltano certi tratti in una caricatura. Se nessuno la ferma, si nutre di se stessa e diventa abnorme, paradossale, grottesca. E’ quello che è successo allo stile politico di Berlusconi e dei suoi fedelissimi nell’ultimo anno, compiendo questa metamofosi; o meglio, svelando la sua profonda natura e rendendola visibile attraverso una sempre crescente deformità che solo i ciechi e i disonesti intellettuali hanno continuato a sostenere come se fosse "normale".

I ciellini di corte, supportati da gerarchie completamente accecate, in questi anni hanno aiutato il berlusconismo ad avvelenare la convivenza in cambio del biblico piatto di lenticchie, e sono arrivati a capovolgere i più elementari principi del buon senso, prima ancora che dell’etica cristiana.

Una volta Giorgio Vittadini ha detto: "Berlusconi è un puttaniere, ma dobbiamo voltarlo per difendere i valori della famiglia". Se la logica è questa possiamo continuare: B, è un bugiardo, ma dobbiamo votarlo per difendere la verità; è un corruttore, ma dobbiamo votarlo per difendere la giustizia; è uno che pensa solo ai suoi interessi, ma dobbiamo votalo per difendere il bene comune; ha come dio il potere e il denaro, ma dobbiamo votarlo per difendere la religione cattolica. E così hanno fatto.

Persino dopo la disfatta di Milano, a urne ancora calde, Formigoni ha rilasciato un’intervista nella quale vagheggiava di portare Berlusconi al Colle, mettendo là, dove dovrebbe stare la più alta figura di garanzia istituzionale, colui che ha fatto strame delle istituzioni e dichiarato guerra alla stessa Costituzione.

In questi anni solo poche voci di cattolici si sono levate, ed erano quelle di singoli commentatori, di comunità di base, di gruppi legati al volontariato, di piccole chiese locali, di stampa minore, se si esclude la voce sempre chiara e inequivocabile di Famiglia Cristiana. La Chiesa istituzionale ha seguito Comunione e Liberazione e i suoi uomini al servizio di Berlusconi a occhi chiusi, con una assenza di discernimento semplicemente sconvolgente. Solo nell’ultima prolusione il cardinal Bagnasco ha preso le distanze, pur con quella sua prosa tutta "prudenza" che dice e non dice. Ma c’è voluta tutta la forza straniante del grottesco per insinuare qualche disagio in una Chiesa che dovrebbe invece coltivare come un tesoro il dono della profezia.

Il berlusconismo sta tramondando. Probabilmente non sarà un processo rapido e indolore. I cocci resteranno a lungo nella convivenza civile. E soprattutto rimarrà la costernazione, lo stupore, il dolore di moltissimi cattolici nell’aver visto in tutti questi anni la Chiesa italiana affiancare con la sua autorevolezza proprio chi inoculava nel Paese un’anticultura fatta di menzogne, corruzione, prepotenza, disprezzo delle regole, ingiustizia, egoismo, slealtà, amoralità, idolatria del potere. Lontana anni luce dallo stile evangelico.

 



Mercoledì 01 Giugno,2011 Ore: 09:22
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 01/6/2011 21.24
Titolo:RISULTATI ELETTORALI E COMMENTO DI BRUNO FORTE. La linea di Tettamanzi una luce ...
«È un segnale importante sul piano etico e sociale La gente non ne può
più»

intervista a Bruno Forte a cura di Gian Guido Vecchi

in “Corriere della Sera” del 1 giugno 2011

«Ora l’attenzione di tutti è rivolta all’analisi delle conseguenze politiche, ma questo come pastore
non mi riguarda. A me sta a cuore la svolta sul piano etico».

E da questo punto di vista, eccellenza, che ne dice?

«Che è un segnale importante perché la gente non ne può più. È chiaro che in questa vicenda ci
siano segnali di insoddisfazione profonda rispetto alla scena etica e sociale del Paese. Anche se il
difficile comincia adesso».

L’arcivescovo e teologo Bruno Forte ha partecipato ieri sera alla recita del rosario guidata da
Benedetto XVI nei Giardini vaticani. «La scorsa settimana è stato commovente che tutti i vescovi
italiani, con il Papa, abbiano pregato e rinnovato l’affidamento del nostro Paese a Maria: un gesto
profetico...».

Perché la gente non ne può più?

«Perché è stanca della scena politica che si presenta ogni giorno. Molte cose non vanno, la
situazione economica, la fatica ad arrivare a fine mese, la crisi generale, ma anche le ferite allo stato
sociale, la famiglia, il lavoro, la scuola, l’educazione, la sanità, le difficoltà delle piccole imprese,
insomma i problemi reali. C’è voglia di cambiamento».

In che modo?

«La priorità assoluta è che si faccia l’interesse dei più deboli. Non è possibile anteporre il bene
privato a quello pubblico, occorre trasparenza di comportamenti e rispetto degli impegni, soprattutto
una politica nella quale i toni aggressivi di questa campagna elettorale siano abbandonati per
sempre: io sento una forte esigenza di serietà, anche nei rapporti tra istituzioni».

Mesi fa lei parlò di «disgusto» , il presidente della Cei ha denunciato una politica
«inguardabile» e ridotta a «vaniloquio».

«Le parole del cardinale Bagnasco sono state un segnale importante perché profondamente vero.
Noi tutti vescovi ci siamo sentiti rappresentati da questa denuncia».

A Milano si è evocata Zingaropoli...

«La linea del cardinale Tettamanzi risplende come una luce per tutti: ha ricordato ciò che dice la
dottrina sociale della Chiesa sulla dignità di ogni essere umano, demonizzare le sue posizioni
significa non conoscerla».

Nell’assemblea Cei c’era disagio per l’uso della «leva della paura».
«Tra l’altro mi è sembrata una scelta assolutamente improduttiva. Può funzionare quando le cose
vanno bene e si ha paura di perdere ciò che si ha. Ma quando invece vanno male, e si ha bisogno di
proposte credibili, l’evocazione della paura infastidisce, esaspera e produce il contrario di quello
che si voleva ottenere».

E adesso?

«C’è bisogno di un sussulto etico generale. Nei momenti difficili ci vogliono modelli di
responsabilità e solidarietà, figure come De Gasperi o Adenauer, gente che univa l’assoluta
dedizione al bene comune alla totale affidabilità sul piano personale: e questo, sia chiaro, va chiesto
a tutti».

Perché diceva che il difficile comincia ora?

«Di là dall’onda del momento, abbiamo bisogno di convinzioni profonde, di scelte da portare avanti
pagando di persona. E questo è molto più difficile, in questo senso le elezioni hanno detto più un
"no" che un "sì". Occorre qualcosa di diverso, c’è un’esigenza di etica sociale e personale forte.
Perciò la grande sfida comincia ora, penso alla nuova generazione di politici cristiani più volte
evocata dal Papa: ridare ai giovani il gusto della cosa pubblica, la convinzione che vale la penaimpegnarsi per il bene comune. Noi pastori abbiamo il dovere di educare alla politica come forma
di carità: oggi, lo so, è un’espressione che fa sorridere. Questo è il problema»

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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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