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www.ildialogo.org SENZA PIETA' E SENZA "GRAZIA DI DIO" ("CHARITAS"), IL CARDINALE BERTONEBOCCIA LA CANDIDATURA DELLA DIRETTRICE DELLA "CARITAS INTERNATIONALIS". Una nota di Marco Ansaldo - con premessa,a c. di Federico La Sala

CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE. La Chiesa gerarchica controlla le "azioni" dello Spirito santo e garantisce, amministra e distribuisce a "caro prezzo" ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006) la Grazia di Dio("charitas"). Avanti tutta!!! Verso il III millennio avanti Cristo!!!
SENZA PIETA' E SENZA "GRAZIA DI DIO" ("CHARITAS"), IL CARDINALE BERTONEBOCCIA LA CANDIDATURA DELLA DIRETTRICE DELLA "CARITAS INTERNATIONALIS". Una nota di Marco Ansaldo - con premessa

«All’interno dei termini propri del suo peculiare modo di partecipare alla missione della Chiesa - ha affermato il Segretario di Stato vaticano - e se in comunione con i legittimi Pastori», la Caritas svolge una «azione di advocacy», che «è una ricchezza della Chiesa».


a c. di Federico La Sala

Premessa sul tema (cliccare sui titoli evidenziati, per andare ai testi):

TUTTO A "CARO-PREZZO": QUESTO "IL VANGELO CHE ABBIAMO RICEVUTO". IL VANGELO DI RATZINGER, BERTONE, RUINI, BAGNASCO E DI TUTTI I VESCOVI. 

LA GRAZIA DEL DIO DI GESU’ E’ "BENE COMUNE" DELL’INTERA UMANITA’, MA IL VATICANO LA GESTISCE COME SE FOSSE UNA SUA PROPRIETA’. Bruno Forte fa una ’predica’ ai politici, ma non ancora a se stesso e ai suoi colleghi della gerarchia. Una sua nota, con appunti  (FLS)

__________________________________________________________________________

 Caritas, bocciata la direttrice scontro tra Bertone e Maradiaga

di Marco Ansaldo (la Repubblica, 24 maggio 2011)

La Caritas internationalis contro la Segreteria di Stato vaticana. L’influente cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente dell’organismo, contro il braccio destro del Papa, Tarcisio Bertone. È l’epilogo dell’assemblea generale della Caritas, i cui lavori si stanno svolgendo in questi giorni in Vaticano.

Al centro della contesa, in atto da mesi e che soprattutto nello scorso febbraio ha conosciuto toni aspri, la figura del segretario generale della confederazione, Lesley-Anne Knight, nata in Zimbabwe, la cui riconferma è stata esplicitamente bocciata dalla Segreteria di Stato vaticana, nonostante godesse del forte appoggio del presidente dell’organismo, Maradiaga appunto. Nel suo discorso d’apertura l’alto prelato honduregno, personalità di spicco della Chiesa latinoamericana e figura nota negli ambienti diplomatici internazionali, ha elogiato la segretaria uscente.

«Avremmo tutti voluto continuare il nostro viaggio con l’attuale segretario - ha scandito Maradiaga - il modo in cui non le è stato permesso di essere candidata ha causato il reclamo nella nostra confederazione, soprattutto tra le molte donne impegnate nella Caritas». Il caso, benché sommerso, risale allo scorso gennaio. Con una e-mail la Segreteria di Stato vaticana aveva fatto sapere che, in vista dell’assemblea di maggio, mentre Maradiaga avrebbe ricevuto il cosiddetto "nihil obstat" necessario per la riconferma, lo stesso nulla osta non sarebbe stato invece concesso per la Knight.

Il cardinale honduregno si era a quel punto mosso per tentare di far rivedere la decisione. Ma il 15 febbraio, con una lettera scritta di suo pugno alle Conferenze dei vescovi, Bertone chiudeva la questione. Nel suo scritto il Segretario di Stato vaticano motivava il proprio intento non criticando l’impegno della Knight, quanto con il desiderio di dare nuova enfasi alla «dimensione teologica» della Caritas, per «migliorare la comunicazione» fra l’organismo e la Santa Sede, e chiamando la Caritas ad agire «in stretta collaborazione» con i funzionari vaticani.

Nei corridoi il movimento umanitario era criticato per comportarsi più come una secolare Organizzazione non governativa che come un braccio della Chiesa.

Domenica sera una messa concelebrata da Bertone e Maradiaga alla vigilia delle cerimonie per i 60 anni della fondazione ha in parte stemperato i toni. Tuttavia, a ben leggere le parole espresse da Bertone nell’omelia, riportate dall’Osservatore Romano, un velato riferimento al caso è rimasto. «All’interno dei termini propri del suo peculiare modo di partecipare alla missione della Chiesa - ha affermato il Segretario di Stato vaticano - e se in comunione con i legittimi Pastori», la Caritas svolge una «azione di advocacy», che «è una ricchezza della Chiesa».



Martedì 24 Maggio,2011 Ore: 19:31
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 04/6/2011 10.02
Titolo:LA CARITAS INTERNATIONALIS E LA FORTE IDENTITA' CATTOLICA .....
Il ruolo distinto della Caritas Internationalis

di Editoriale


in “The Tablet” del 4 giugno 2011 (traduzione di Maria Teresa Pontara Pederiva)


Non è la prima volta che la Caritas Internationalis - grande agenzia umanitaria del mondo seconda
solo alla Croce Rossa – si è trovata ad attraversare un momento difficile nei rapporti con il
Vaticano. Ciò ha comportato la fuoruscita abbastanza demoralizzante del suo segretario generale, la
dott.ssa Lesley-Anne Knight, il cui rinnovo del contratto alla guida dell’organizzazione umanitaria
per altri quattro anni è stato bloccato da funzionari del Vaticano.
Sembra che ci siano tre elementi in gioco: una lotta per la conquista di un territorio tra la Caritas e
il dicastero vaticano che si occupa di carità, il Cor Unum; un conflitto di personalità, nel senso che
la dott.ssa Knight e la gerarchia vaticana hanno chiaramente fallito nel creare un buon rapporto di
lavoro; e una differenza di enfasi sulla politica, che ha portato alla luce il desiderio del Vaticano che
le agenzie di aiuto e sviluppo di matrice cattolica dovrebbero sviluppare una più forte identità
cattolica.


Ci sarebbero esili prove a sostegno di una voce circolata su Internet secondo la quale il vero reato
della Knight sarebbe stato quello di difendere alcune agenzie umanitarie affiliate alla Caritas in
Canada, accusate dagli attivisti pro-vita nordamericani di essere alquanto morbide in materia di
aborto. Se quello fosse stato il problema, sicuramente avrebbe dovuto essere gestito in modo
diverso.


La dott.ssa Knight, ex alto funzionario presso la sede Cafod a Londra, sarebbe probabilmente stata
rieletta all'unanimità se le fosse stato permesso di ricandidarsi. Il presidente rieletto della Caritas, il
card. Oscar Rodríguez Maradiaga, aveva parlato con forza in sua difesa. Il successore della Knight,
Michel Roy, già alla guida della Caritas di Francia, il Secours Catholique, non ha manifestato alcun
segnale che lo faccia porre in discontinuità con la gestione precedente. Ma, stando alle dichiarazioni
di un funzionario, il Vaticano premerebbe nell’intenzione di riformare la costituzione della Caritas
e creare un "nuovo profilo”.


Cosa questo possa significare è piuttosto confuso, ma sembrerebbe riferirsi al desiderio che la
Caritas venga percepita come essere più chiaramente sotto il controllo della Santa Sede. Esistono
due idee chiave in tensione fra loro: la necessità di preservare le professionalità all’interno della
Caritas, e la necessità di incorporarla all’interno del quadro delle attività principali della Chiesa, in
modo che essa non rappresenti solo un veicolo di carità cristiana, bensì anche di evangelizzazione.


Ma i professionisti non accettano con favore il ricevere imposizioni in merito al loro lavoro, né si
vedono semplicemente come dei missionari. Ciononostante, è vero che la loro professionalità deve
essere permeata di spiritualità cattolica, se la Caritas deve distinguersi per la sua azione.


Ritirare alla fonte il suo sostegno alla rielezione della Knight si è rivelato probabilmente il modo
meno brutale con cui il Vaticano ha potuto mettere in atto la sostituzione del direttore generale. Nel
racconto della dott.ssa Knight, nel corso dei suoi quattro anni a Roma, il Vaticano stesso avrebbe
fatto ben poco per favorire un buon rapporto con lei. Il Vaticano, se solo fosse più aperto su questa
vicenda, potrebbe ben dire qualcosa in risposta. Ma lo standard di approccio vaticano alle pubbliche
relazioni - mai spiegare, mai chiedere scusa - sembra applicarsi anche in questo caso. E qui sta il
pericolo.


Per cercare di costringere la Caritas e le sue 165 filiali internazionali in un cambiamento di ethos
senza prima persuadere sulla reale necessità di un cambiamento - o anche spiegare con chiarezza
cosa questo comporti - potrebbe sfociare facilmente un fallimento o una reazione di dissenso. Che
potrebbe anche finire per danneggiare o persino distruggere una rete che, attraverso un lavoro
coraggioso e instancabile per alleviare sofferenze e povertà, porta credito alla Chiesa cattolica in
tutto il mondo. E questo è già di per sé una manifestazione dei valori del Vangelo, un potente
strumento di evangelizzazione. In ogni riforma, la salvaguardia di questo spirito dovrà essere il
punto di partenza.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 05/6/2011 09.08
Titolo:Lesley-Anne Knight, Discorso di congedo all’Assemblea generale
Discorso di congedo all’Assemblea generale della Caritas

di Lesley-Anne Knight

in “Independent Catholic News” del 4 giugno 2011 (traduzione di Maria Teresa Pontara Pederiva)

Al termine dei quattro anni del suo mandato in qualità di Segretario generale della Caritas Internationalis, Lesley-Anne Knight si aspettava di servire per un altro mandato, ma la sua nomina era stata bloccata nelle scorse settimane dal Vaticano.

La dott.ssa Knight ha pronunciato il seguente discorso di congedo all’Assemblea generale della Caritas Internationalis lo scorso 27 maggio.

Vostra Eminenza, Eccellenze, Religiosi e Religiose, cari amici della Caritas, si dice che la vita è quello che ti accade, mentre sei impegnato a fare altri piani. Oggi, credevo di iniziare un secondo mandato come Segretario generale. Invece, mi trovo a dirvi addio e mi sembra di essere appena arrivata!

Quattro anni sono davvero un periodo troppo breve.

Ne parlavo ad un amico l’altro giorno, e lui mi ha detto che potevo prendere conforto nel fatto che ci sono stati molti leader di successo che hanno prestato servizio per un tempo altrettanto breve. Per esempio ... Giulio Cesare che fu capo dell’impero romano per circa quattro anni, fino a quando è stato pugnalato a morte nel 44 a. C.; Abraham Lincoln - considerato uno dei più grandi presidenti americani - in carica per soli quattro anni, fino al momento in cui gli spararono nel 1865; e John F. Kennedy, unico presidente cattolico degli Stati Uniti, è stato in carica meno di tre anni, prima di essere assassinato nel 1963.

"Ma faccio fatica a paragonare me stessa con un imperatore romano o di un presidente americano!", ho protestato. “Forse no - ha risposto il mio amico - ma devi comunque ringraziare di non essere stata assassinata”.

Sono stati una fonte di stress questi ultimi mesi, ma non sono questi i ricordi che voglio portare con me al momento di lasciare.

I ricordi sono tanti tesoro riguardo alla Caritas, ma più di tutto mi ricorderò delle persone della Caritas. Anche se ho solo avuto questo incarico solo per quattro anni, la mia partenza mette fine a un impegno all’interno della Caritas che abbraccia 20 anni, dei quali la maggior parte li ho trascorsi nel CAFOD, la nostra organizzazione in Inghilterra e Galles.

In particolare, mi ricordo delle tante persone al lavoro sul campo per la Caritas che ho avuto il piacere di incontrare durante la mia carriera. E sono molto lieta di averne rivisto alcuni in questa settimana.

Queste sono le persone che incarnano la vera essenza della Caritas: le persone che vivono e lavorano a fianco dei poveri, spesso il più difficile e pericoloso degli ambienti. Essi sono in prima linea nella battaglia contro la povertà, la loro realtà è lontana dal mondo esoterico degli statuti, dei regolamenti e del diritto canonico.

In molti casi essi hanno respinto una modalità di vita più comoda e gratificante per fare una opzione preferenziale per i poveri. Ecco il “cuore che vede” di cui parla papa Benedetto parla nella Deus Caritas est.

Si tratta di un’esperienza di umiltà necessaria a tutti i leader della Caritas quella di uscire sul campo e ricollegarsi con questa realtà fondamentale della Caritas in azione.

Dalla mia esperienza di programmi Caritas in tante parti del mondo, so che i lavoratori Caritas servono instancabilmente al fianco, e a favore, di gente di tutte le razze, persone di tutte le fedi, compresi quelli che non ne hanno nessuna. Essi sono un fulgido esempio di amore di Dio per l’umanità. Quale migliore dimostrazione dell’identità cattolica? Perché l’essere cattolico è, per sua stessa definizione, essere onnicomprensivo, lavorare per il bene comune di tutta l’umanità.

Mi ricordo anche dei nostri sostenitori Caritas sparsi in tutto il mondo. Ho avuto il piacere di incontrarli e parlare con molti di loro nel corso degli ultimi quattro anni. Alle riunioni dei cattolicinegli Stati Uniti e Canada, a Singapore, Australia, Nuova Zelanda, e in tutta Europa. Ho anche incontrato i rappresentanti dei trust e delle fondazioni che finanziano il nostro lavoro, così come singoli donatori, che spesso si rivolgono ai nostri uffici per contribuire con tutto ciò che possono permettersi di fronte ad un appello d’emergenza. In molti di questi incontri sono stata profondamente toccata dal rispetto e dall’ammirazione che in ogni parte del mondo la comunità cattolica ha per la Caritas Internationalis.

Sono convinta che essa sia una confederazione di cui essere molto orgogliosi. Nella relazione che ho preparato per l’Assemblea generale, ho parlato del viaggio che abbiamo intrapreso negli ultimi quattro anni. Credo che abbiamo compiuto davvero molta strada in questo periodo. Il mio augurio per la Caritas è che continui il suo viaggio, uniti nella mente e nel cuore. Non ho dubbi che siamo stati sulla strada giusta, e spero che la Caritas:

- Continui ad essere una voce forte e autentica dei poveri e si assicuri che le loro voci vengano ascoltate nei dibattiti internazionali sui cambiamenti climatici, migrazione, salute, sicurezza alimentare e povertà cronica;
- Continui a raggiungere e abbracciare la più ampia comunità di persone. Che possa collaborare con altre organizzazioni religiose e laiche che condividono i nostri stessi valori. C’è molto che noi possiamo dare e molto che possiamo imparare.

- E, infine, che continui a lavorare per un maggiore equilibrio tra donne e uomini nella direzione delle organizzazioni Caritas. Non dobbiamo dimenticare che le donne laiche costituiscono una percentuale enorme dei lavoratori Caritas. Esse meritano rispetto e riconoscimento. La mia nomina come la prima donna segretario generale nel 2007 è stato un passo coraggioso. Sapete bene che possiamo compiere anche noi un lavoro: unica paura è la misoginia e il pregiudizio che si incontra sulla strada.

Ma qualunque sia la direzione che la Caritas prenderà in futuro, io sono chiamata ad una strada nuova e voi ora avete un nuovo Segretario generale.

Mi congratulo con Michel Roy per la sua nomina. E’ stato per me un grande privilegio essere stata in grado di servire questa meravigliosa comunità che noi conosciamo come la Caritas - e sono certo che Michel proverà gli stessi sentimenti.

Ti consegno le redini con affetto. Sarai nelle mie preghiere, perché so che hai davanti a te delle sfide importanti.

Avrai bisogno del coraggio di un leone, la pelle di un rinoceronte, la saggezza di un gufo e la pazienza di un orso polare. E non so se vi è un animale con gli occhi nella parte posteriore della testa, ma so che anche questo potrebbe essere molto utile!

Ora vorrei ringraziare tutti coloro che nel corso di questi quattro anni mi hanno offerto la loro amicizia e il loro sostegno, e tutti coloro che hanno lavorato così duramente per aiutare la Caritas nella fisionomia che vediamo oggi.

Ringrazio il nostro Presidente, l’Ufficio di presidenza e la Commissione legale per tutte le loro indicazioni preziose e la saggezza dimostrata.

In particolare, ringrazio il card. Rodriguez e tutto il bureau per la fiducia che hanno riposto in me e per la loro costante fedeltà, sostegno e preoccupazione nei miei confronti nei mesi trascorsi. Ringrazio i nostri Coordinatori Regionali, che hanno sempre costituito una critica cassa di risonanza per le nuove proposte, e una preziosa fonte di consigli e feedback da parte loro regioni. Ringrazio tutte le Regioni che mi hanno invitato alle loro conferenze annuali, coloro che hanno fatto parte degli organi consultivi, dei gruppi di lavoro e consultazione. Devo anche ringraziare tutti coloro che sono stati coinvolti nella progettazione e nella realizzazione di questa Assemblea Generale, comprese i nostri gentili e disponibili volontari e ausiliari. Avete tutti lavorato straordinariamente duro e penso che i risultati delle vostre fatiche siano stati apprezzati da tutti noi.

Ma soprattutto, debbo ringraziare i colleghi della squadra del Segretariato generale, senza la loro esperienza e il loro intenso lavoro sarebbe stato impossibile il mio stesso lavoro, e la cui fedeltà e gentilezza mi hanno sempre sostenuto.

Miei cari amici e colleghi del Segretariato generale, desidero rivolgere a voi uno speciale pensiero.Abbiamo parlato tante volte negli ultimi mesi di essere in acque profonde e di come uscirne ... Ci siamo detti quanto sia importante leggere i segni dei tempi ... abbiamo cercato di capire e di compiere la volontà di Dio ...

Ho imparato che la volontà di Dio nella nostra vita non viene in linea retta, o con segni evidenti, o determinate scelte. La vita non è un insieme di costanti a cui ci aggrappiamo per la sicurezza o cercare un’affermazione. Al contrario, la vita è spesso confusa e sfocata, insicura sotto i tuoi piedi, incerta e tremolante al tatto. I nostri rapporti di amicizia non si sentono come ben saldi com’erano una volta. Il mondo intorno a noi si è inclinato e ha perso l’equilibrio senza chiederci il permesso. Nulla è ciò che era una volta, nulla è ciò che ha promesso di essere.

Ma una cosa è inevitabile: il nostro modo di affrontare qualsiasi avvenimento che ci accade all’esterno dipenderà interamente da ciò che siamo diventati dentro di noi.

Il luogo dove abbiamo fissato i nostri cuori, qualunque cosa sia ciò che abbiamo loro offerto, questo determinerà il nostro modo di fare esperienza di tutto quanto ci accade in questo momento. Michel, tu erediti un dream team (una squadra da sogno) che merita il tuo più alto rispetto e riconoscimento, per favore prenditi cura di loro.

Dopo l’annuncio che avrei lasciato la Caritas, sono stata travolta da decine di messaggi di sostegno e di buona volontà provenienti da ogni parte del mondo. Sono giunti da parte di lavoratori Caritas in tutte le nostre sette Regioni, da vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose, fondazioni caritative cattoliche, corpi diplomatici e la più ampia comunità umanitaria.

Vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno scritto, e anche tutti voi che mi avete espresso i vostri migliori auguri personalmente nel corso di questa settimana. Le vostre parole gentili, i pensieri e le preghiere sono state per me una sorgente enorme di forza e di ispirazione e mi hanno mostrato la profonda bontà che esiste all’interno della famiglia della Caritas che amo.

E io avverto profondamente che la Caritas è una comunità, anzi è per molti versi un modello per la visione di quell’”unica famiglia umana” a cui tendiamo.

Molte famiglie oggi - come anche la mia - sono sparse in tutto il mondo, spesso a migliaia di chilometri di distanza. I moderni mezzi di comunicazione rendono facile il tenersi in contatto. Ma tutti sappiamo che non vi è niente che possa sostituire il riunirsi di una famiglia vera, quando si può raggiungersi e abbracciarsi l’un l’altro. E questo vale anche per la nostra famiglia Caritas.

Una collega Caritas, molto saggia, e di lungo corso, una volta quando mi sentivo un po’ nervosa riguardo agli obiettivi e risultati che avremmo potuto raggiungere in una riunione mi ha dato un buon consiglio: "Abbi fiducia nel fatto stesso che ci troviamo”, mi disse. E infatti c’è qualcosa di molto speciale in un incontro Caritas. Ci incontriamo non solo per parlare di business, ma ci riuniamo per pregare insieme, abbracciarci l’un l’altro ed aprirci il cuore l’uno l’altro.

Ho sperimentato questa speciale comunione che regna in Caritas in diverse occasioni, ma mai in una maniera così intensa come nel corso questa settimana. In questa Assemblea generale ho avvertito il vostro abbraccio amoroso e questa è stata per una esperienza profondamente commovente e rigenerante.

Il vostro generoso riconoscimento del nostro lavoro comune compiuto negli ultimi quattro anni ha fatto sì che io possa andarmene in pace. Ho sempre cercato di fare quello che sentivo era giusto per la Caritas e sono molto grata che la famiglia Caritas l’abbia riconosciuto.

Mi vengono in mente le parole di san Pietro nella sua 1 Lettera:

“E chi potrà farvi del male se siete ferventi nel bene? Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia, questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo.

Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male” (1 Pt,3,13-17). Miei cari amici in Caritas, adesso che vi ho detto addio, prego altresì che restiate sempre orgogliosi e fiduciosi in quello che rappresentiamo come Caritas. E allo stesso modo che voi possiate rimanere aperti a tutto il nuovo che sta emergendo, aperti allo Spirito santo e a quello che Dio ci chiede di fare nel mondo di oggi, e ai nostri sforzi per diventare una sola famiglia umana. Rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità ... ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità” (Col 3,1-14).

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