- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (700) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org "NON UCCIDERE" - NE' CON LA SPADA, NE' CON LA PENNA! LA VISIONE DI DIO E LA RAGIONE. Una riflessione del cardinale Angelo Scola, con alcune note,a c. di Federico La Sala

MESSAGGIO EVANGELICO E SPIRITO CRITICO -KANTIANO. SUL DETTO COMUNE: "CIO' CHE PUO' ESSERE GIUSTO IN TEORIA, MA NON VALE PER LA PRASSI" (Immanuel Kant, 1793).
"NON UCCIDERE" - NE' CON LA SPADA, NE' CON LA PENNA! LA VISIONE DI DIO E LA RAGIONE. Una riflessione del cardinale Angelo Scola, con alcune note

Dal libro “Non uccidere” che sta per uscire nella serie “I comandamenti” de Il Mulino, scritto dal cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, e da Adriana Cavarero, docente di filosofia politica all’università di Verona, anticipiamo la prima parte del capitolo sul significato di “Non uccidere” di Scola.


a c. di Federico La Sala

Premessa sul tema (cliccare sui titoli, per andare al testo):

 

 


«Perché non si deve uccidere?» La visione di Dio e la ragione

Dal libro “Non uccidere” che sta per uscire nella serie “I comandamenti” de Il Mulino (pp. 144, € 12), scritto dal cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, e da Adriana Cavarero, docente di filosofia politica all’università di Verona, anticipiamo la prima parte del capitolo sul significato di “Non uccidere” di Scola.

di Angelo Scola (Corriere della Sera, 9 maggio 2011)

«Non uccidere» è il comandamento che nel Decalogo esprime il valore inviolabile della vita degli esseri umani agli occhi di Dio. Dal punto di vista della coscienza morale razionale e di una riflessione filosofica che cosa vi corrisponde? Che cosa, cioè, della visione di Dio sull’uomo è visibile anche dalla ragione umana? Dio vede nell’uomo la sua immagine; la ragione filosofica è in grado di vedere nell’uomo una dote eccezionale, che lo pone come essere singolare nell’universo: la sua capacità di aprirsi all’orizzonte intero della realtà, con il suo interesse e la sua domanda, la sua intuizione e il suo ragionamento, il suo desiderio e la sua affezione.

È da ciò che gli deriva quella capacità di interpretare e trasformare realtà, di produrre forme e cultura, di costruire e abitare mondo, che lo rende così diverso da tutti gli altri viventi e così implicato con tutti gli esseri. L’uomo è l’essere che stabilisce relazioni in ogni direzione, perché egli stesso è un io-in-relazione e capace di porsi in relazione di pensiero e d’azione con tutti i suoi simili e con la realtà intera. In tal senso l’uomo è centro del mondo, perché il «mondo» (che è ben più di un cosmo quantitativo) esiste solo in ragione del suo centro.

Né i ripetuti tentativi di fare dell’uomo una creatura tra le altre, forse un po’ superiore, ma senza l’originalità irriducibile di abbracciare con le sue doti la realtà intera e di «costituire mondo», sono in grado di farlo con coerenza. Chi teorizza la parzialità dell’uomo (il suo essere nient’altro che un pezzo del cosmo), infatti, lo può fare considerando pur sempre una totalità di riferimento che è vista con il pensiero: l’uomo è una parte di un tutto pensato da quello stesso che lo considera solo parte, aggregato fisico, organismo biologico, apparato psichico, funzione sociale, ecc.

Chi riduce l’uomo a una parte lo fa inevitabilmente in riferimento a una certa totalità di mondo: il cosmo fisico, il mondo biologico, l’evoluzione, la totalità sociale, ecc. In altri termini, si può pensare l’uomo come «parte» , ma ci si contraddice pragmaticamente: si dice il contrario di quello che si fa; il pensiero umano che parla dell’uomo come parte lo fa pensando il tutto rispetto a cui l’uomo è parte.

È questa la contraddizione su cui si fondano (cioè si invalidano) tutti i riduzionismi che pretendono di definire con le loro categorie parziali il tutto umano. Tale capacità umana è manifestazione di qualcosa di invisibile, eppure potente, cui è possibile dare i molti nomi di cui si è servita la lunga riflessione occidentale, come pensiero, soggettività, trascendentalità, anima, non equivalenti, ma convergenti sull’idea di un nucleo costitutivo l’identità umana in quanto umana, essenziale, intrascendibile, inafferrabile; di cui ci si può disfare solo attraverso una difficilissima operazione di radicale riduzionismo materialistico, il cui esito è di non aver più spiegazione plausibile dell’inequivocabile differenza operativa e culturale dell’uomo. Questa gloria dell’essere, che è l’uomo, è il luogo in cui si incontrano la visione di Dio e la riflessione umana stessa. Essa è l’oggetto proprio della proibizione di «Non uccidere» .

Perché non si deve uccidere? Perché l’uomo è creato «a immagine e somiglianza di Dio» e l’uccisione dell’uomo, oggetto del compiacimento di Dio («Dio vide quanto aveva fatto [con la creazione dell’uomo], ed ecco, era cosa molto buona» , Gen 1,31), è affronto e disprezzo di Dio; così risponde la coscienza teologica.

Perché l’uomo è portatore di una «dignità incomparabile, senza prezzo» , come pensa Kant; così risponde una tradizione filosofica che ha dato il suo lessico alla cultura moderno-contemporanea della libertà e dei diritti umani. Ma la ragione del «Non uccidere» richiede un approfondimento, decisivo quanto all’apprezzamento della radicalità della proibizione e al senso della norma.

Ciò che non si deve voler uccidere è l’uomo come tale, considerato nella sua identità antropologica propria, cioè, per essere rigorosi, nella sua trascendentalità, che ha una dignità senza prezzo perché è incomparabile ed è tale perché è la condizione di ogni esperienza, di ogni azione, relazione, significato. Come si diceva, essa è la condizione dell’apparire del mondo, cioè della relazione intenzionale e culturale per cui l’uomo apre in torno a sé il mondo, ovvero la realtà in quanto pensata, interpretata, trasformata. Trascendentalità vuol dire pensiero, desiderio, volontà, libertà; è, perciò, anche la condizione di incontro tra gli uomini, delle loro relazioni intersoggettive e socializzanti.

Approfondire il comandamento significa affermare che voler uccidere il tutto antropologico, di cui si diceva, non è possibile senza contraddizione, in un duplice senso. In un primo senso, perché l’uccidere tratta l’identità trascendentale umana come qualcosa che può essere scambiato, barattato con altro o sacrificato per altro. Chi uccide, infatti, è motivato dall’evitare un danno per sé o per altri (e tramite altri ancora per sé). Lo fa per vendicare qualcosa di sé o di altri, per «far pagare» un debito verso di sé o altri, per sacrificare altri a un bene superiore, per immolare altri a un DioPadrone...

In ogni caso la dignità è equiparata a qualcosa di inferiore a sé o è resa oggetto di qualcosa di superiore a essa; in ogni caso è ridotta a oggetto: la sorgente stessa d’ogni possibile esperienza diventa oggetto misurato e sottoposto a un particolare sentire, quello dell’ira, della bramosia o della vendetta, oppure è reso oggetto dell’interesse anonimo di un progetto storico (il Terzo Reich, il comunismo mondiale, la globalizzazione tecnocratica) o di un Dio così impotente da aver bisogno del sangue di sue creature, ecc. La violenza dell’uccidere sta essenzialmente in questo scarto di livello, per cui l’umano è oggettivato e l’altro uomo è cosificato; una cosificazione - si noti - di fatto solo immaginata o voluta, perché in realtà impossibile: se l’uomo fosse cosificabile, semplicemente non sarebbe l’essere soggettivo trascendentale che è.

 


Lunedì 09 Maggio,2011 Ore: 23:35
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Dottrina della fede secondo Ratzinger

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info