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www.ildialogo.org MAGISTERO RATZINGERIANO AL C.N.R.: CASO DE MATTEI. A VERGOGNA DELLA COMUNITA’ SCIENTIFICA E ACCADEMICA ITALIANA, CATTOLICA E LAICA. Un'intervista al "fondamentalista non riluttante" di Antonio Gnoli e una nota su "il barone e l'invertito" di Marco D'Eramo, con appunti,a c. di Federico La Sala

SCIENZA E FEDE DELLA CHIESA DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!
MAGISTERO RATZINGERIANO AL C.N.R.: CASO DE MATTEI. A VERGOGNA DELLA COMUNITA’ SCIENTIFICA E ACCADEMICA ITALIANA, CATTOLICA E LAICA. Un'intervista al "fondamentalista non riluttante" di Antonio Gnoli e una nota su "il barone e l'invertito" di Marco D'Eramo, con appunti

ROBERTO DE MATTEI. «Io ripropongo una cosmologia cristiana che fa capo alla stessa visione di Benedetto XVI» (...) MARCO D'ERAMO. È così che discepoli di Galileo, scienziati evoluzionisti e baciapile oscurantisti vivono tutti insieme felici e contenti.


a c. di Federico La Sala

 

 Il fondamentalista non riluttante

De Mattei: Il paradiso terrestre è esistito davvero

intervista a Roberto De Mattei,

a cura di Antonio Gnoli (la Repubblica, 11 aprile 2011)

Confesso una certa curiosità mentale mentre mi avvio all’appuntamento col professor Roberto De Mattei, l’uomo che con le sue idee - professate in varie sedi e occasioni - ha vinto l’Oscar del ridicolo. Che linea tenere, che domande rivolgergli, in una parola che cosa ci si aspetta da un signore che, con tutti i distinguo, ha sostenuto tesi balzane e in ogni caso antiscientifiche, come il creazionismo, l’immutabilità delle specie, la datazione della Terra a soli 15-20 milioni di anni fa?

Se insieme al taccuino avessi con me un bel "tapirone d’oro", la questione potrebbe risolversi in pochi attimi. Ma in fondo, De Mattei non è un caso umano, è un affare più complicato: un uomo solo (o quasi) che sostiene certe idee. Non basta questo per farne un eroe della resistenza ottusa?

Il problema è che De Mattei non è un signore qualunque: egli è vicepresidente del Cnr, un incarico che lo pone ai vertici della struttura che in teoria dovrebbe guidare la ricerca scientifica in Italia. Ma al tempo stesso egli ha una rubrica su Radio Maria, dirige il periodico Le radici cristiane, insegna alla Nuova Università Europea che appartiene ai Legionari di Dio. Il suo ultimo libro (pubblicato da Lindau) è una rilettura molto polemica del Concilio Vaticano II. Sguazziamo in un bel pasticcio ideologico.

Da dove nascono le sue provocazioni?

«Dalla mia coerenza. E dai miei studi. Sono stato allievo di Augusto Del Noce e Armando Saitta. Ho insegnato come associato all’Università di Cassino. Oggi ho un incarico alla Nuova Università Europea dove insegno storia moderna e storia del cristianesimo. Purtroppo sono spesso dipinto in maniera caricaturale».

Lei è vicepresidente del Cnr, un grande ente scientifico, diciamo il corrispettivo del Max Planck. Come è avvenuta la sua nomina?

«Fu la Moratti, nel 2004 Ministro dell’Istruzione, a nominarmi».

Perché scelse lei?

«Il Cnr ha anche un settore minoritario dedicato alle scienze umane. Al cui interno cadono le mie competenze».

Si è mai chiesto se ci fossero studiosi più preparati di lei, più legittimati sotto il profilo dei titoli e delle idee?

«Ho scritto centinaia di articoli, decine di libri, partecipato a convegni internazionali».

Non ci sono echi significativi dei suoi lavori nella comunità scientifica.

«Non è questo il punto. La contestazione alla mia nomina, una vera e propria levata di scudi, si basava sul fatto che la mia cultura cattolica era negatrice di alcuni valori fondanti della democrazia occidentale. Non ho mai nascosto che la fede religiosa non sia solo una questione privata, ma vada testimoniata pubblicamente».

Ho di fronte un missionario e un martire.

«Penso che il cristianesimo non possa ridursi a una religione intimistica e individuale, ma debba proiettarsi nella vita pubblica».

E questo l’autorizza a dichiarare che lo tsunami in Giappone è stato un castigo divino?

«Parlavo a titolo personale da una radio cattolica e non in qualità di vicepresidente del Cnr. Ho svolto una riflessione sul grande mistero del male e ho detto che tutto ciò che accade ha un significato. Non si muove foglia che Dio non voglia, verità antica e perenne. Coloro che credono in Dio sanno che esiste una remunerazione, che per i cattolici sia chiama inferno. E come si legge nella dottrina di Sant’Agostino e Bossuet anche i popoli possono peccare e per questo essere puniti».

Terremoto in Giappone e all’Aquila, devastazioni, guerre, catastrofi, crisi. Per lei Dio è molto occupato in questo momento?

«Non direttamente. Se Egli permette questo male non intendo dire che sia l’autore del male, perché altrimenti cadremmo in una visione manichea. Non esiste un Dio del male. Egli è il sommo bene capace di trarre il bene dal male. Anche dalla catastrofe giapponese».

Il Giappone è a prevalenza scintoista.

«Non ho la pretesa di conoscere la ragione per cui Dio ha permesso che ciò accadesse. Ma so che una ragione c’è».

Un’affermazione così perentoria e ilare la mette in totale contrasto con la comunità scientifica.

«Mi mette in contrasto con lo scientismo. A cominciare da Galileo, lo stesso Newton, ma poi Spallanzani, Mercalli, Pasteur, Mendel, fino a Max Planck, sono stati grandi scienziati che hanno creduto all’esistenza di Dio e non hanno trovato un contrasto tra la loro fede e la scienza».

Ma nessuno di loro si è piegato ai metodi biblici per spiegare il mondo. Per lei la Bibbia è il testo di riferimento?

«Per un cattolico non può che essere così. Lei sa che fin dal Concilio di Trento...».

Non vada troppo indietro. Contro l’evoluzionismo lei è un assertore del disegno divino. E le prove le ricava tutte dalla Bibbia. Un po’ poco, no?

«Per un cattolico la Sacra Scrittura va letta non come libero esame razionalista, ma alla luce della tradizione e del magistero della Chiesa».

Con quali conseguenze?

«Che un cattolico deve credere, per esempio, nella storicità di quel passo della Genesi in cui si afferma che Adamo ed Eva sono la coppia originaria da cui è nato il genere umano».

Uno scienziato inorridirebbe.

«Respingo il poligenismo evoluzionista. Se un cattolico lo accettasse verrebbe a cadere l’idea di un peccato originale trasmesso da una coppia di progenitori a tutta l’umanità. La mia battaglia culturale non è solo contro il laicismo, ma si svolge soprattutto all’interno del mondo cattolico sottomesso al clima intellettuale dominante».

Insomma lei sostiene che Adamo ed Eva non sono figure simboliche ma reali?

«Il paradiso terrestre è una realtà storica non una metafora».

Non le viene il dubbio che la storia della Terra, la sua origine, si possa raccontare in maniera diversa?

«Io ripropongo una cosmologia cristiana che fa capo alla stessa visione di Benedetto XVI».

Lei sa che la grande rivoluzione scientifica del Seicento cambia nel profondo anche la cosmologia cristiana, come può non tenerne conto?

«Mi pare più grave voler interdire la possibilità a un cattolico di esporre pubblicamente le proprie visioni cosmologiche e metafisiche».

Fino al punto di affermare che la caduta dell’Impero Romano avvenne principalmente per colpa dei gay?

«In realtà in quell’occasione io feci mio il discorso del Papa che paragonava la crisi del mondo attuale alla decadenza dell’Impero Romano. La cui caduta, secondo me, più che alle invasioni barbariche va fatta risalire al relativismo morale e culturale che lo minavano dall’interno».

E i gay?

«Un ragionamento che ho ripreso da Salviano di Marsiglia. Coevo di Sant’Agostino».

Come è stata la sua infanzia?

«Tranquilla. Sono nato e vissuto a Roma. Provengo da una famiglia cattolica. Mio padre e mio nonno erano professori universitari. Sono sposato e ho cinque figli ormai grandi».

Come reagiscono alle sue intemerate?

«Sono tutti dei buoni cattolici. Ho il loro sostegno. Certo, ricevo da fuori molti insulti, ma anche gente che mi sostiene e mi incita ad andare avanti».

Ha mai immaginato di farsi prete?

«Non ho mai avuto questa vocazione, né crisi mistiche. Sono un’eco del XXI secolo di una tradizione che viene da lontano e che è radicata nel senso comune. Quelle che espongo non sono idee originali o particolari, perché se tali fossero vivrebbero lo spazio di una bufera mediatica. Al di là della mia persona queste idee affondano nelle radici della coscienza stessa dell’Occidente».

Lei è un cattolico integralista?

«Mi piacerebbe definirmi un cattolico tout court. Ma oggi è insufficiente. Sono un cattolico senza compromessi».

 

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 Il barone e l’invertito

di Marco D’Eramo (il manifesto, 12 aprile 2011)

Invertiti, avvertiti, convertiti, divertiti, pervertiti, riveriti, sovvertiti di tutta Italia, unitevi! Anzi uniamoci contro l’esimio barone Roberto De Mattei che sulle onde di Radio Maria attribuisce la caduta dell’impero romano all’«effeminatezza degli invertiti» e teme per l’Italia «l’invasione dell’Islam» («religione indubbiamente basata sulla violenza e sulla sopraffazione»). Uniamoci noi per liberarci di quest’inquietante macchietta, che non è un radioimbonitore qualunque, ma è il vicepresidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Cioè dell’organo statale preposto alla ricerca scientifica.

Facciamolo, visto che migliaia e migliaia di intrepidi scienziati italiani se ne guardano bene. E, per ragioni di bottega, lo temono e si tacciono. Questo paladino del razionalismo critico era noto finora per le tesi creazioniste, per avere organizzato nel 1999 un convegno antidarwiniano e per aver scritto nel 2009 Evoluzionismo: il tramonto di un’ipotesi, pamphlet finanziato con 9.000 euro di denaro pubblico.

Ma da ultimo si è superato, prima con la fantasiosa spiegazione del perché declinò la civiltà classica (un declino davvero lungo: Socrate e Platone «invertiti» erano - per usare l’elegante termine di De Mattei - nove secoli prima che l’impero romano fosse dissolto). E poi per aver spiegato, sempre su Radio Maria, che il terremoto e lo tsunami che hanno colpito il Giappone «sono una voce terribile ma paterna della bontà di Dio», tesi ribadita ieri in un’intervista ad Antonio Gnoli di Repubblica: «Anche i popoli possono peccare e per questo essere puniti».

Non sappiamo se De Mattei sarà ricordato come l’uomo che schiantò Darwin. Ma certo già oggi è colui che ha disintegrato la reputazione prima di Letizia Moratti e Mariastella Gelmini, e poi dell’intero corpo scientifico italiano. Infatti quel che rende insopportabili le panzane del già professore associato all’università di Cassino è quel che il pensiero femminista chiama «il luogo di enunciazione».

Molti telepredicatori statunitensi propagano castronerie ancora più surreali, ma almeno loro non sono stati messi alla testa dell’apparato pubblico di ricerca scientifica. Invece le ministre Moratti e Gelmini lo nominarono nel consiglio d’amministrazione del Cnr per ingraziarsi un po’ il Vaticano e un po’ la corrente di Gianfranco Fini, visto che De Mattei è considerato in quota ai finiani: e quest’affiliazione non è estranea all’indulgenza, soprattutto recente, mostrata nei suoi confronti dai professori di centrosinistra. Certo che De Mattei al Cnr è come un iconoclasta alla Galleria degli Uffizi. Con un altro governo sarebbe stato inimmaginabile mettere un creazionista bigotto nella sala di controllo della ricerca.

Ma chi da questa storia esce peggio è la comunità scientifica e accademica italiana. Più delle corbellerie omofobe di De Mattei, a colpire è il silenzio pavido degli scienziati. È la loro viltà. Abbiamo tanto sparlato degli accademici sovietici che subirono le assurde dottrine biologiche di Lyssenko senza fiatare, per paura di perdere il posto, per compromesso, per quieto vivere, perché magari nel frattempo Stalin lasciava lavorare veri scienziati come Pyotr Kapitza e Lev Landau.

Ma allora cosa dovremmo dire dei nostri accademici, dei ricercatori che tacciono o tutt’al più mugugnano sottovoce? (Il mugugno era diritto garantito alle ciurme in cambio del divieto -pena la morte - di ammutinamento). Anzi bofonchiano. A volte persino lo difendono perché il prode De Mattei sarebbe l’unico baluardo che ripara il presidente del Cnr Luciano Maiani dalle Gelmini, dai Berlusconi, o dai tagli di Tremonti.

Il fisico Maiani è un valentuomo, ma il peso della Chiesa l’ha sentito tutto sulle sue spalle: quando nel 2007 firmò una lettera pubblicata dal manifesto in cui alcuni docenti (tra cui Marcello Cini e Giorgio Parisi) definivano «incongrua» la visita di papa Ratzinger all’università La Sapienza di Roma, come per incanto la sua nomina al Cnr fu bloccata per mesi in Commissione. È così che discepoli di Galileo, scienziati evoluzionisti e baciapile oscurantisti vivono tutti insieme felici e contenti.


Sul tema, in rete, si cfr.:

-  ROMOLO AUGUSTOLO: L’ITALIA NON E’ NUOVA A QUESTI SCENARI. C’E’ CAPO E "CAPO" E STATO E "STATO": MUSSOLINI E LENIN A CONFRONTO. 
-  L’analisi di Gramsci (già contro derive staliniste!), una bussola per non naufragare e una lezione di vita e di libertà

-   CIO’ CHE LA GERARCHIA VATICANA E LA CEI NON HA ANCORA CAPITO DELLA COSTITUZIONE ITALIANA E DELL’ITALIA.

-  L’ITALIA FERITA E SCONCERTATA. DOPO CHE IL SUO PAPA HA BENEDETTO E GUIDATO L’ATTACCO, BRUNO FORTE SI CHIEDE "COME CURARE L’ALBERO MALATO DELLA POLITICA". Una nota di premessa sull’inizio dell’offensiva e le sue "riflessioni sui nostri tempi", oggi

 



Martedì 12 Aprile,2011 Ore: 13:49
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 13/4/2011 10.36
Titolo:Misteri della fede ....
Misteri della fede: il prof. De Mattei ai vertici del Cnr

Le uscite del vice

di Rino Falcone (l’Unità, 13.04.2011)

Le dichiarazioni che il vice-presidente del Cnr ha rilasciato negli ultimi tempi hanno avuto grande eco nei media nazionali. Si tratta di affermazioni i cui tratti di fondamentalismo sono difficili da ritrovare persino nelle più estreme posizioni del clericalismo ipertradizionalista. Piuttosto che entrare nel merito delle gravi tesi sostenute, vorrei affrontare una questione metodologica.

Il principio di libertà d’opinione non può esimerci da indagare con attenzione l’opportunità di certi giudizi quando espressi in sede di rappresentanza istituzionale e la loro compatibilità con incarichi di forte rilevanza simbolica. Il punto è: se le opinioni di De Mattei si fondano nella dimensione della fede perché mai dovrebbe egli assumere un incarico così rilevante nel principale Ente di ricerca nazionale? Ente che esprime nella sua essenza più profonda le ragioni del pensiero razionale. Ente che organizza una comunità di scienziati, ne disciplina le azioni e ne finalizza le strategie.

Perché mai una tale comunità (quella scientifica) deve trovare rappresentanza (seppure nella funzione di “vice”) in chi ha come principale obiettivo l’affermazione del pensiero dogmatico? Altri ambiti socio-politici (o più strettamente metafisici e confessionali) possono ospitare tali opinioni. E la società può/deve prendersi carico di stabilire spazi di confronto costante e dinamico tra questi approcci metodologici differenti e contrapposti. Ma mai confonderli!

Come è successo allora che De Mattei sia finito nel CdA del Cnr? Come si organizza la ricerca nel nostro Paese? In queste settimane alcuni enti di ricerca (tra cui il Cnr) hanno definito i cosiddetti «statuti autonomi» a seguito della legge 165 del 2007.

Il ministro Gelmini, ha fortemente distorto le intenzioni di quella legge e operato trasformazioni e pressioni tali che gli statuti varati non produrranno autogoverno e reale autonomia statutaria. In particolare, le comunità scientifiche non potranno esprimere loro rappresentanze dirigenziali e la politica continuerà a svolgere un ruolo preminente (con gli evidenti paradossi cui stiamo assistendo).

Le comunità scientifiche hanno manifestato pubblicamente le loro preoccupazioni per questo fatto ma l’opinione pubblica, alquanto disattenta ai temi sostanziali per il futuro del Paese, ha offerto un’attenzione infinitesimale rispetto a quella che oggi si è attivata per il caso De Mattei.

Eppure i due fenomeni sono strettamente connessi. Ed è la stessa Costituzione ad indicare la soluzione quando nell’articolo 33 pone l’esigenza di rendere autonome le istituzioni della conoscenza. Ecco perché una malintesa relazione tra scienza e politica può condurre a clamorose e controproducenti aberrazioni.

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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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