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www.ildialogo.org CHE IL POPOLO DI DIO ESCA DALLO STATUTO DI "MINORENNE". Di fronte agli abusi sessuali, la desolazione e il perdono del papa non bastano. Un "appello" di Jean-François Bouthors e altri ("Le Monde").,a cura di Federico La Sala

PER LA CRITICA DELL'ANTROPOLOGIA E DELLA TEOLOGIA MAMMONICA ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006), PRENDERE LA PAROLA E PARLARE IN PRIMA PERSONA, IN SPIRITO DI CARITA' ("Deus charitas est": 1 Gv., 4.8).
CHE IL POPOLO DI DIO ESCA DALLO STATUTO DI "MINORENNE". Di fronte agli abusi sessuali, la desolazione e il perdono del papa non bastano. Un "appello" di Jean-François Bouthors e altri ("Le Monde").

"Perché vogliamo vivere pienamente il nostro battesimo, intendiamo assumere la nostra responsabilità di membri della Chiesa. In questo dramma, noi siamo solidali: la vergogna della Chiesa è la nostra, ed è importante... che non ci accontentiamo del perdono dei vescovi e della desolazione del papa. È importante che noi, cattolici, domandiamo perdono - in nome di tutta la Chiesa, perché noi siamo la Chiesa -, alle vittime."


a cura di Federico La Sala

Di fronte agli abusi sessuali, la desolazione e il perdono del papa non bastano

di Jean-François Bouthors e altri*

in “Le Monde” del 10 aprile 2010 (traduzione: www.finesettimana.org)

Davanti agli atti di pedofilia di cui si sono resi colpevoli dei preti cattolici, in molti paesi del mondo, davanti alla sofferenza di numerose vittime e della loro famiglia, davanti all’indignazione suscitata dalle rivelazioni che si susseguono, non possiamo restare in silenzio. Questi drammi ci feriscono e ci indignano. Ma non possiamo accontentarci delle dichiarazioni delle autorità istituzionali della Chiesa. Non basta che Benedetto XVI scriva, come ha fatto, ai vescovi d’Irlanda, che condivida lo sgomento e il sentimento di tradimento che tali atti ispirano. Non basta che lui dica di essere “veramente desolato”.

È certo necessario che si rivolga con fermezza a coloro che si sono resi colpevoli di tali atti, necessario anche che rimproveri ai responsabili della Chiesa le loro mancanze nel trattare questi casi. È veramente il minimo che possa fare. Tuttavia, questo è passare sotto silenzio... il silenzio che ha a lungo accompagnato queste situazioni. Non sono situazioni nuove. Ben da prima che le nostre società fossero fortemente secolarizzate, tali atti erano stati commessi, e la letterature lo testimonia ampiamente. Ma si era soliti, tra i cristiani, non dire niente, rivolgere lo sguardo da un’altra parte, non lasciar trapelare nulla sperando che i panni sporchi sarebbero stati lavati in famiglia da coloro che esercitavano l’autorità.

Non solo si è a lungo ritenuto che questi fatti non fossero di competenza della giustizia civile, ma non si chiedeva neppure come operasse la giustizia ecclesiastica. Quest’ultima esercitava nel segreto, ma allo stesso tempo lasciava da parte due delle funzioni essenziali di ogni vera giustizia, quella di intervenire davanti al popolo - rappresentandolo come terza parte tra la vittima e i colpevoli - e quella dell’esemplarità della pena allo scopo di dissuadere altri potenziali colpevoli. In tali condizioni, non potendo manifestare pubblicamente la riparazione richiesta al colpevole, il perdono finisce per essere snaturato perché non può essere esercitato nella chiarezza. Per di più, quando si sa che spesso i colpevoli di abusi sono stati loro stessi vittime di abusi nella loro infanzia, senza che sia data loro la possibilità di ricostruire in sé ciò che il crimine ha distrutto, tale silenzio appare come un fattore costitutivo della possibilità di nuovi drammi...

E tale silenzio non riguarda solo l’istituzione. È anche il silenzio dei cristiani ordinari, che non sempre ignoravano tutto quello che succedeva in una certa parrocchia, o in una certa scuola, o in un certo movimento. Sicuramente, erano anch’essi vittime dello statuto di “minorenne” nel quale li manteneva la società clericale. Ma ciò non toglie che tutti portiamo una parte della colpa. Avremmo torto ad isolare gli atti di pedofilia da tutta una serie di comportamenti che hanno profondamente ferito molte persone, in particolare le pratiche intrusive se non inquisitorie e colpevolizzanti, nell’esercizio del sacramento della penitenza. Dei bambini e degli adolescenti hanno potuto esserne profondamente turbati in un’età in cui si forma la personalità intima e sappiamo a quali drammi può portare quello che gli psicanalisti chiamano “omicidi dell’anima”. Anche delle coppie ne hanno sofferto profondamente. In effetti, è tutto un rapporto con la sessualità nella Chiesa cattolica che deve essere messo in discussione, in tutto ciò che ha talvolta, paradossalmente, di pornografico, a causa di una fissazione ossessiva sul sesso come oggetto.

In senso più ampio, sono anche, nell’esercizio dell’autorità e della responsabilità, comportamenti derivanti dalle immagini di onnipotenza, che hanno ferito e continuano ad offendere, in mancanza del riconoscimento dell’altro come persona in senso pieno, per mantenerlo in una posizione di inferiorità. Come non vedere che questo insieme di comportamenti è uno dei grandi ostacoli alla trasmissione della fede? Come non vedere che getta un’ombra sulla “parola di vita” di cui la Chiesa “popolo di Dio” è portatrice?

Non possiamo lavarci le mani di questo stato di fatto. Siamo stati insieme vittime e partecipi di quella che possiamo ben chiamare “una struttura di peccato”. Certo, ci sono delle colpe e dei crimini precisi - ed è assolutamente importante da un lato che siano esaminati dalla giustizia civile, e dall’altro lato che la giustizia ecclesiastica li sanzioni pubblicamente - e non si tratta di farli scomparire in una forma di responsabilità collettiva. Tuttavia il peccato della Chiesa e dei suoi servi, tutti dobbiamo affrontarlo.

Perché vogliamo vivere pienamente il nostro battesimo, intendiamo assumere la nostra responsabilità di membri della Chiesa. In questo dramma, noi siamo solidali: la vergogna della Chiesa è la nostra, ed è importante, per metter fine al silenzio e alla perversità che vi si dissimula, che non ci accontentiamo del perdono dei vescovi e della desolazione del papa. È importante che noi, cattolici, domandiamo perdono - in nome di tutta la Chiesa, perché noi siamo la Chiesa -, alle vittime. Allora, per tutti coloro che vedono in questi crimini delle ragioni di dubitare che Cristo sia lui stesso amore, verità, libertà e giustizia, potrà aprirsi di nuovo la possibilità di accoglierlo come autentico salvatore.

Non avere il coraggio di chiedere perdono e non impegnarsi a far cambiare i modi del governo nella Chiesa, significa aprire la porta all’ingolfamento mediatico delle accuse e delle false giustificazioni, alla concatenazione dei rancori sordidi, alla designazione dei capri espiatori...

Gli occhi rivolti a Cristo, chiediamo perdono alle vittime. Dopo che un simile male è stato commesso, solo lui può aiutare a trovare le vie della verità, della giustizia e della pace.


  Jean-François Bouthors, editore e scrittore; 
  Christine Pedotti, editore, scrittore et cofondatrice della Conférence des Baptisé-e-s e del Comité de la Jupe ; 
  Anne Soupa, redattrice capo di Biblia, cofondatrice della Conférence des Baptisé-e-s e del Comité de la Jupe ; 
  Guy Aurenche, avvocato et présidente del Comité catholique contre la faim et pour le développement ; 
  Jean-Pierre Rosa, editore; 
  Gabriel Ringlet, teologo et vicerettore emerito della facoltà di Lovanio ; 
  Gilbert Caffin, oratore et teologo ; 
  Bernard Perret, economista ; 
  Monique Hébrard, scrittrice e giornalista a La Croix ; 
  Mijo Beccaria, presidente del Bureau international catholique de l’enfance ; 
  Jean Delumeau, storico; 
  René Poujol, ex direttore della redazione di Pèlerin ; 
  François Vaillant, filosofo et teologo 
  François Euvé, decano della facoltà di teologia del Centre Sèvres ; 
  Dominique Chivot,giornalista; 
  Claude Plettner, scrittore ed editore; 
  Jean-Claude Petit, presidente del Centre national de la presse catholique ; 
  Daniel Duigou, prete, psicaanalista et scrittore ; 
  Henri Madelin, teologo; 
  Helena Lassida, 
  Catherine Grémion, sociologo ; 
  Henri Tincq, 
  André Gouzes, 
  Gérard Testard, reponsabile di associazione; 
  Aimé Savard, giornalista.

 

 



Martedì 13 Aprile,2010 Ore: 17:46
 
 
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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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