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www.ildialogo.org IL PAPA E IL POTERE DELLE CHIAVI. SE LA CHIESA VUOLE RINNOVARSI, APRIRE GLI ARCHIVI, DIRE TUTTO. Due note di don Enzo Mazzi,a cura di Federico La Sala

DOPO LO SCANDALO PEDOFILIA. Piena luce e non solo parole o provvedimenti tardivi contro gli abusi....
IL PAPA E IL POTERE DELLE CHIAVI. SE LA CHIESA VUOLE RINNOVARSI, APRIRE GLI ARCHIVI, DIRE TUTTO. Due note di don Enzo Mazzi

(...) le parole di Cristo a Pietro, "A te darò le chiavi..." sono scritte in nero su oro con lettere cubitali sul cornicione della navata della Basilica di S. Pietro. Ebbene, è il momento di usarle queste chiavi non solo per condannare o assolvere i peccati del mondo ma anche per sradicare quelli della Chiesa incominciando con l’aprire la segretezza degli archivi (...)


a cura di Federico La Sala

La crisi è tutta dentro la Chiesa

di Enzo Mazzi (il manifesto, 11.04.2010)

Questa imponente alzata di scudi da parte dell’establishment ecclesiastico in difesa dell’istituzione cattolica e della persona del papa aggrava i problemi anziché risolverli. Non ci vuole molto a capirlo. I media sono avidi di misteri e di scandali. Più si nasconde e più si offre loro l’occasione di scavare e scoprire e realizzare scoop scandalistici. La persona scompare, la sua dignità, i suoi diritti sono calpestati. Il mercato dell’informazione è questo. Andrebbe moralizzato. Ma è impossibile senza moralizzare tutto il sistema del mercato di cui il mercato dell’informazione è parte costitutiva.

E chi può compiere tale moralizzazione o almeno tentarla? Non certo il potere ecclesiastico che è tutto interno al sistema. Il potere, ogni potere compreso quello della Chiesa cattolica sta sfuggendo al controllo degli uomini e sta incarnandosi nell’entità sempre più inafferrabile e incontrollabile che si chiama danaro. Il potere ecclesiastico non ha metabolizzato la grande trasformazione operata dalla modernità. L’ha esorcizzata e si è lasciato ingoiare senza produrre in sé gli anticorpi per aprire varchi di liberazione. Alzano barricate e non si accorgono che la crisi è dentro, anche quella mediatica, per cui non fanno che peggiorare la situazione.

La soluzione non sta nel chiudersi ma forse nell’aprirsi senza paura. Aprire gli archivi, dire tutto. Lo dice con una chiarezza inusuale qui in Italia l’arcivescovo di Poitiers, monsignor Albert Rouet, scrivendo su Le Monde del 4 aprile scorso. «Perché ci sia pedofilia sono necessarie due condizioni, una profonda perversione e un potere. Questo vuol dire che ogni sistema chiuso, idealizzato, sacralizzato è un pericolo. Quando una istituzione, compresa la Chiesa, si erge in posizione di diritto privato e si ritiene in posizione di forza, le derive finanziarie e sessuali diventano possibili. È quanto rivela l’attuale crisi e tutto questo ci obbliga a tornare all’Evangelo: la debolezza del Cristo è costitutiva del modo di essere Chiesa. Bisogna scendere dalla montagna, scendere in pianura, umilmente».

In questi giorni in cui le alte gerarchie della Chiesa si lamentano per gli attacchi che le loro persone ricevono dai media mi sono andato a rileggere una stupenda pagina del Giornale dell’anima (il diario personale di Roncalli) nella quale Papa Giovanni confessa di soffrire - «il mio cuore sanguina» - ma non per gli attacchi contro la sua persona quanto piuttosto per «ogni forma di diffidenza o di trattamento scortese verso chicchessia, soprattutto verso i piccoli, i poveri, gli inferiori». Quale differenza!

È quello che dice da anni e soprattutto che tenta di fare in concreto la chiesa amante del Concilio. In particolare sono le comunità di base, per lo più ignorate ed emarginate, che tentano la strada della debolezza, condivisione, semplicità, trasparenza, democrazia reale. Che esse da fastidioso incomodo si rivelino la vera risorsa per il superamento della imponente crisi che sta attraversando la Chiesa Cattolica nel mondo?


Dopo lo scandalo pedofilia

La Chiesa ha una sola strada, la chiarezza

di Don Enzo Mazzi (l’Unità, 12.04.2010)

Le vittime della pedofilia del clero chiedono che il papa apra finalmente gli archivi vaticani e quelli diocesani. Piena luce e non solo parole o provvedimenti tardivi contro gli abusi: è questa la richiesta pressante che sale da tutto il mondo. E non solo dalle vittime dirette. Tutti ci sentiamo e siamo in qualche modo vittime di questo immenso scandalo che investe la Chiesa cattolica. E tutti chiediamo luce.

Sin dal medioevo l’impresa araldica dei Papi fa vedere insieme allo stemma di famiglia o personale del pontefice due chiavi, in segno della trasmissione di ciò che viene formalmente denominato il "potere delle chiavi". E le parole di Cristo a Pietro, "A te darò le chiavi..." sono scritte in nero su oro con lettere cubitali sul cornicione della navata della Basilica di S. Pietro. Ebbene, è il momento di usarle queste chiavi non solo per condannare o assolvere i peccati del mondo ma anche per sradicare quelli della Chiesa incominciando con l’aprire la segretezza degli archivi.

È sentire comune che sia un grande errore questo imponente arroccamento in difesa dell’istituzione ecclesiastica e della persona del papa. Anzi è l’errore di fondo. Non è l’istituzione o la gerarchia che va difesa ma le vittime. C’è un dissenso diffuso verso questa ostensione di potere da parte dei vertici vaticani, come fossimo ancora in pieno medioevo al tempo degli scontri fra papato e impero.

È un dissenso che penetra, per ora larvatamente, fra gli stessi vescovi. Si manifesta solo in alcune situazioni più aperte. Ad esempio in Francia dove l’arcivescovo di Poitiers, mons. Albert Rouet, esplode scrivendo su Le Monde del 4 aprile. “Ogni sistema chiuso, idealizzato, sacralizzato è un pericolo. Quando una istituzione, compresa la Chiesa, si erge in posizione di diritto privato e si ritiene in posizione di forza, le derive finanziarie e sessuali diventano possibili. È quanto rivela l’attuale crisi e questo ci obbliga a tornare all’Evangelo: la debolezza del Cristo è costitutiva del modo di essere Chiesa. Bisogna scendere dalla montagna, scendere in pianura, umilmente”.

Sono anni che la chiesa conciliare dice queste cose. Il cardinale Giacomo Lercaro, nel 1967, fu “dimissionato” da vescovo di Bologna per aver detto cose simili. Da allora fu uno stillicidio di rimozioni, sospensioni, scomuniche contro comunità e preti che praticavano e annunciavano la dimensione profetica della povertà, della debolezza, della trasparenza, della democrazia di base, del non-potere. Mentre verso i preti pedofili si usava “cura paterna”, si coprivano i loro misfatti e si lasciavano sconsideratamente in mezzo ai bambini.

La chiesa dei Lercaro e delle comunità di base fu chiamata dispregiativamente “chiesa del dissenso”. È venuto forse il tempo del suo riscatto. Se la Chiesa cattolica vuol rinnovarsi non resta che affidarsi alla dimensione profetica tenuta viva da queste realtà che si rivelano una grande risorsa.



Lunedě 12 Aprile,2010 Ore: 09:18
 
 
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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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