- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (345) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Dalla sicurezza del convento alle battaglie del mondo. Un omaggio alle religiose statunitensi,da Adista Documenti n. 22 del 09/06/2012

Dalla sicurezza del convento alle battaglie del mondo. Un omaggio alle religiose statunitensi

da Adista Documenti n. 22 del 09/06/2012

DOC-2447. NEW YORK-ADISTA. Mary Luke Tobin, l’unica donna statunitense invitata a partecipare al Concilio Vaticano II; Ita Ford, Maura Clarke, Dorothy Kazel e Jean Donovan, martiri nel Salvador; Helen Prejean, la suora che tanto ha contribuito alla lotta contro la pena di morte: sono solo alcune delle religiose statunitensi a cui il direttore del settimanale dei gesuiti statunitensi America, p. James Martin, ha voluto rendere omaggio, in un momento, come quello attuale, in cui il Vaticano ne mette pesantemente in discussione l’operato con il commissariamento del loro massimo organismo di rappresentanza, la Leadership Conference of Women Religious (Lcwr, v. Adista n. 16/12).

Martin evidenzia come le suore che presero i voti 50 anni fa, promesse ad una vita di semiclausura, si siano ritrovate, dopo il Vaticano II, di fronte ad una vita religiosa completamente aggiornata e trasformata: «Agli inizi degli anni ’60 – ha affermato Martin in un contributo video - la grande assemblea dei vescovi cattolici produsse numerosi documenti, tra cui Perfectae caritatis. Poco dopo Paolo VI diffuse la sua esortazione Evangelii nuntiandi e altre lettere in cui invitava chiaramente le religiose ad aggiornarsi e a riformarsi. E queste ritornarono alla fonte dei loro documenti costitutivi, per capire cosa realmente avevano detto fondatori e fondatrici e il compito che erano chiamate a portare avanti. E scoprirono che quello che dovevano fare non era rimanere in semiclausura, ma uscire nel mondo e vestire come vestivano abitualmente le donne del loro tempo. Andare fuori, in una parola».

E così hanno fatto, arricchendo con una grande varietà di ministeri la vita religiosa (v. l’intervista di suor Jeannine Gramick su Adista notizie, n. 19/12). Ma il Vaticano, anziché trarne le dovute conseguenze, è intervenuto contro il loro presunto “femminismo radicale” nominando un vescovo, mons. Peter Sartain, di Seattle, che dovrà correggerne gli orientamenti. Nel frattempo, il 30 maggio, una rappresentanza delle superiore delle religiose si è riunita a Washington per un incontro di tre giorni, allo scopo di stabilire il modo in cui rispondere al Vaticano. I vertici dell’organismo intendono «muoversi con cautela, senza arrivare ad un giudizio frettoloso», si legge in un comunicato, «in un’atmosfera di preghiera, di contemplazione e di dialogo». «Ci impegneremo nel dialogo laddove possibile – prosegue il comunicato – e resteremo aperte all’azione dello Spirito Santo. Chiediamo la vostra preghiera per noi e per la Chiesa in questo momento critico».

Del fatto che nel provvedimento vaticano sia in gioco «una questione di genere» è certa suor Theresa Kane, già tra le responsabili della Lcwr, intervistata dal National Catholic Reporter (29/5). «Non capiscono - afferma - quanto abbiamo da dire sul nostro futuro e su ciò che sta accadendo». È proprio come se in Vaticano «non apprezzassero ciò che abbiamo realizzato. E non vedessero il valore e la saggezza di ciò che le religiose hanno fatto in tutti questi anni».

Di seguito riportiamo, in una nostra traduzione della trascrizione in spagnolo del contributo video, l’intervento di p. James Martin, espressione di gratitudine nei confronti di tante religiose che hanno svolto un ruolo fondamentale per la vita della Chiesa negli Stati Uniti. (ludovica eugenio)

GRAZIE, SORELLE

di James Martin

Si sta parlando molto in questi giorni delle religiose cattoliche di cui hanno scritto i notiziari. Si sarà letto che la Congregazione per la Dottrina della Fede ha aperto una cosiddetta “indagine dottrinale” nei riguardi della Conferenza delle Superiore Religiose degli Stati Uniti. Cosa significa? Significa che il Vaticano sta conducendo un’indagine sull’istituzione che riunisce la maggior parte delle religiose di questo Paese, nota come Lcwr, Leadership Conference of Women Religious.

Ma non si tratta qui di parlare del documento vaticano, bensì di rivolgere l’attenzione a queste donne e al compito da esse svolto negli Stati Uniti a partire dal Concilio Vaticano II. È vero che l’“indagine dottrinale” vaticana è stata motivo di dolore e di delusione per molte di queste religiose. Molte persone nei blog e nei mezzi di comunicazione si sono chieste quale sia il problema, forse ignorando il fatto che l’“indagine dottrinale” è la continuazione di una lunga ispezione apostolica rivolta a tutte le congregazioni religiose femminili in generale. Cosicché non c’è da sorprendersi che le religiose statunitensi si sentano ultimamente un po’ demoralizzate.

E c’è anche un altro elemento che credo sia importante ricordare e che alcune critiche di quanti non vedono di buon occhio questa organizzazione di religiose probabilmente passano sotto silenzio: molte delle suore di cui stiamo parlando, che oggi sono vicine ai 70 o agli 80 anni, sapevano perfettamente, al momento di abbracciare la vita religiosa, che avrebbero indossato l’abito e vissuto in semiclausura in un convento, nel modo tradizionale. Cosa è accaduto allora? Che c’è stato il Concilio Vaticano II. Agli inizi degli anni ’60, la grande assemblea dei vescovi cattolici produsse numerosi documenti, tra cui il Decreto sul rinnovamento della vita religiosa, Perfectae caritatis. Poco dopo Paolo VI diffuse la sua esortazione Evangelii nuntiandi e altre lettere in cui invitava chiaramente le religiose ad aggiornarsi e a riformarsi. E queste ritornarono alla fonte dei loro documenti costitutivi, per capire cosa realmente avevano detto fondatori e fondatrici e il compito che erano chiamate a portare avanti. E scoprirono che quello che dovevano fare non era rimanere in semiclausura, ma uscire nel mondo e vestire come vestivano abitualmente le donne del loro tempo. Andare fuori, in una parola.

E non dobbiamo dimenticare che queste donne erano state minuziosamente preparate a vivere in semiclausura. La cosa più facile, per loro, sarebbe stata quella di continuare a vivere alla maniera tradizionale. Tuttavia, abbracciarono i cambiamenti che proponeva loro il Concilio Vaticano II, malgrado rappresentasse l’opzione più difficile a quel tempo. Un’amica religiosa mi diceva l’altra sera: «Abbiamo preso molto sul serio questi documenti». Pertanto, credo che qualsiasi critica a queste donne - anche quella del Vaticano - dovrebbe iniziare con il riconoscimento di come esse abbiano risposto fedelmente a quanto chiedeva loro la Chiesa.

E ancora più importante è rivolgere lo sguardo alle stesse religiose. Facciamolo. Guardiamo ad alcune di queste donne dell’era del Concilio e vediamo quello che sono riuscite a fare per fedeltà a Dio:

1) Per iniziare, pensiamo a Mary Luke Tobin, delle Suore di Loreto, unica donna americana invitata a partecipare al Concilio Vaticano II. Chiamata poi a guidare la Lcwr, lottò per tutta la vita a favore della pace e della giustizia, fino alla sua morte, avvenuta all’età di 98 anni. Una donna portentosa nella storia religiosa degli Stati Uniti.

2) Vi sono anche donne che considero eroiche, come Ita Fordy e Maura Clarke, della congregazione di Maryknoll, la religiosa orsolina Dorothy Kazel e la missionaria laica Jean Donovan. Martiri nel Salvador a causa del loro deciso impegno a favore dei più poveri, le quattro donne pagarono con la vita la loro personale sequela di Cristo. Sono state donne come queste a incarnare lo spirito del Concilio Vaticano II.

3) Pensiamo anche a una donna incredibile come Dorothy Stang, martire in Brasile per la sua lotta a favore dei senza terra. Suor Dorothy è stata assassinata appena alcuni anni fa mentre leggeva le beatitudini. Una donna ineguagliabile, missionaria delle Suore di Notre Dame di Namur, la cui testimonianza è servita di ispirazione a tante persone.

4) È probabilmente conosciuta anche suor Helen Prejean, autrice del libro Dead men walking, di cui potremmo dire che ha contribuito più di chiunque altro al mondo alla coscientizzazione relativa alla pena di morte e al rifiuto che, come cattolici, dobbiamo esprimere riguardo a questo procedimento disumano.

5) E penso a donne come suor Elizabeth Johnson, della Congregazione di San Giuseppe, docente alla Fordham University a New York, i cui libri su Gesù, su Dio e su Maria, scritti in un elegante stile letterario, hanno aiutato tante persone ad avvicinarsi a Dio.

6) Non dimentichiamo neppure le cinque Suore Adoratrici del Sangue di Cristo, il cui impegno a favore dei poveri le ha condotte al martirio in Liberia, nel 199: Agnes Mueller, Barbara Ann Muttra, Shirley Kolmer, Kathleen McGuire e Joel Kolmer.

7) Così come non dimentichiamo Mary Daniel Turner, la precedente superiora generale delle Suore di Notre Dame di Namur e presidente della Lcwr, coautrice del libro The Transformation of American Catholic Sisters, grande promotrice della giustizia e del rinnovamento della Chiesa prima e dopo il Concilio Vaticano II.

8) Penso anche alle donne che lavorano nel campo della spiritualità, come la priora benedettina Joan Chittister o suor Joyce Rupp, i cui scritti teologici hanno permesso a tanti di avvicinarsi al Signore.

Ma penso ugualmente ad altre religiose i cui nomi possono non essere noti, suore che dirigono collegi e università, docenti di scuole e istituti, lavoratrici sociali, responsabili di pastorale, infermiere, medici. Donne che hanno saputo mettere a frutto le più diverse capacità all’interno della Chiesa. Sono queste le religiose che, insieme, sostengono la Chiesa cattolica negli Stati Uniti, con i loro voti di povertà, castità e obbedienza, e che pongono al servizio della comunità tutto il denaro guadagnato con il loro lavoro. Donne che ora si stanno avvicinando alla fine della loro vita attiva.

Da ultimo, mi piacerebbe condividere anche un ricordo più personale, riguardo ad alcune suore che ho conosciuto e che hanno indubbiamente segnato la mia vita, come suor Louise French B.V.M., di Dubunque, insegnante di varie generazioni di gesuiti alla Loyola University di Chicago, adorata dai suoi alunni. E lasciatemi parlare anche di un’altra mia amica, Janice Farnham, religiosa di Gesù e Maria, che è stata mia insegnante durante la mia formazione teologica e che ha voluto fare visita a mio padre malato, già in stato terminale, malgrado a tale scopo abbia dovuto viaggiare quattro ore in treno, per stare con lui un’ora all’ospedale, prima di intraprendere il giorno successivo il viaggio di ritorno. Quando la ringraziai, fu lei a voler ringraziare me, perché considerava un onore il fatto di aver potuto accompagnare mio padre.

Tra i miei direttori spirituali vi sono state anche delle religiose, tra cui una che, in mezzo a una forte crisi spirituale, ha saputo orientarmi in maniera stimolante e illuminante. Quando le ho espresso la mia gratitudine, mi ha risposto che il merito non era suo, che lei era stata semplicemente la mano di Dio. Ho avuto a che fare con molte religiose nel corso della mia vita come gesuita e le ammiro come vere figure eroiche.

Qualunque possa essere la nostra opinione sul documento del Vaticano, è chiaro che ha addolorato e demoralizzato molte religiose cattoliche che hanno donato generosamente la propria vita alla Chiesa. Cosicché credo sia per tutti noi un buon momento per ringraziarle. Grazie a tutte voi, magnifiche religiose, che avete giocato un ruolo tanto importante nelle nostre vite, che ci avete condotto a Cristo per un’enorme varietà di cammini, magari percorrendo il cammino del martirio, ma anche il cammino di quest’altro martirio quotidiano che è vivere semplicemente come religiose cattoliche secondo i voti della povertà, della castità e dell’obbedienza. Mi piacerebbe ringraziarvi personalmente per tutto questo e sarebbe stupendo se tutti ringraziassero alcune delle proprie religiose preferite. Perché credo che sia sempre il momento giusto per esprimere gratitudine. E, soprattutto in questi tempi, vorrei dire alle religiose cattoliche degli Stati Uniti: grazie, sorelle!

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Mercoledì 06 Giugno,2012 Ore: 15:42
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Dottrina della fede secondo Ratzinger

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info