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www.ildialogo.org LA CRISI DELLE COMUNITA’ MONTANE E L’EFFETTO SUI LAVORATORI.,di NINO LANZETTA

La settimana politica Irpina
LA CRISI DELLE COMUNITA’ MONTANE E L’EFFETTO SUI LAVORATORI.

di NINO LANZETTA

La crisi delle Comunità montane raccontata dai lavoratori è il titolo che Il Corriere dell’Irpinia, nell’edizione domenicale, ha dato ad una lettera del sig. Enzo Vena, dipendente della Comunità montana Terminio Cervialto che, con parole semplici e preoccupate, ha espresso l’amarezza e il timore dei dipendenti che non si vedono corrispondere lo stipendio dal mese di dicembre e vedono il loro futuro sempre più incerto. La precarietà, che ha toccato finora il lavoro privato, comincia a colpire anche i lavoratori del pubblico impiego per i quali il “posto fisso” è stata finora una garanzia. E questa la dice lunga sulla crisi, non solo economica, che sta attraversando il nostro Paese. E’ doveroso, innanzitutto, esprimere la piena solidarietà e la massima comprensione a questi lavoratori per il momento difficile che stanno attraversando, insieme a tutti i precari, i cassintegrati e a chi ha perduto già il posto di lavoro senza alcuna garanzia, nell’indifferenza pressoché generale e senza che la televisione – salvo rare eccezioni – parli di loro e dei veri problemi del Paese. Continua a raccontare i soliti scandali e le barzellette del Premier e a rappresentare una realtà virtuale, casareccia e spensierata, ben diversa da quella reale. E’ il caso, però, di dirci, senza ipocrisia, alcune verità che non si vogliono capire e che i politici continuano a tacere. Innanzitutto una premessa, fondamentale che, a pensarci bene, è la causa vera, anche se remota, dei guai che stiamo attraversando. La politica non può essere considerata il nulla – come dice nella lettera il sig. Vena, con comprensibile sfiducia verso tutto ciò che “sa di politica”, per motivi intrinseci allo stesso suo significato che è quello di gestione della polis, città, territorio, Stato. I politici, invece, possono e spesso sono da considerarsi nulli, a prescindere dal partito che rappresentano. Ma la politica, no, se si annullasse la politica si annullerebbe anche la gestione dello Stato, della Comunità … compresa quella montana! E poi chi dovrebbe prendere le decisioni? Del resto l’antipolitica, sulla quale si è costruito il mito ed il successo di Berlusconi, ci ha portato allo sfascio di oggi. Purtroppo, noi italiani abbiamo la delega facile, che concediamo, spesso superficialmente, a presunti uomini carismatici o del fare che, dovrebbero badare agli interessi collettivi, e invece, finiscono per fare esclusivamente i loro e – come la storia ci insegna – ci fanno finire nei guai. Bisognerebbe, invece, che tutti i cittadini si riappropriassero del dovere di “fare politica attiva”: con il voto con il controllo, con la critica e soprattutto con l’azione quotidiana, non aspettando le votazioni, ma “sputtanando” ( mi si passi il termine!) i presunti politici, quelli che fanno “politica” solo per mestiere o per tornaconto personale. Per non menarla troppo per le lunghe e tornando alle Comunità montane, è necessario che i dipendenti si rendano conto che se esse non rispondono ai bisogni per i quali sono state create, ragione per cui finiscono, poi, per far pagare soprattutto ai lavoratori le disfunzioni, le incapacità e le colpe di chi le concepisce e le usa come carrozzoni clientelari dai quali mungere benefici privilegi e rendite. Se la stagione politica dei partiti della sinistra e dei sindacati, che pur hanno rappresentato più da vicino i lavoratori e creato in Italia il più efficiente stato sociale, è finita, le cause sono da ricercare proprio nell’aver messo in piedi un apparato burocratico elefantiaco che sa più di difesa di presunti diritti e prerogative, spesso non supportate da efficienza e rapporto costi benefici che idoneo ad offrire servizi ai cittadini. Senza considerare, poi, che le risorse dello Stato, non infinite, né alimentate con responsabilità ( vedi l’altissima corruzione ed evasione fiscale) non permettono più di avere un’impalcatura ( Amministrazione pubblica e parapubblica) costosissima ed inefficiente anche se non per colpa dei lavoratori. Il centro destra che ha conquistato il potere promettendo nuova ricchezza e benessere, nel senso della libertà dei mercati e nella libertà di licenziamento, ha fallito l’obbiettivo e sta portando il Paese allo sbando, con il risultato – sotto gli occhi di tutti – che a pagarne il prezzo sono i più deboli perché i ricchi diventano sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri. Altro che riforme, che avrebbero dovuto rivoltare l’Italia come un calzino! Gli errori del passato non sono stati corretti ed il trio Berlusconi, Bossi, Tremonti si è dimostrato incapace di fare le riforme che, pure, aveva promesso, per la semplice ragione di non dispiacere il proprio elettorato di riferimento. Fra le riforme in programma c’era l’abolizione delle province e della Comunità montane, l’accorpamento dei comuni, le liberalizzazioni. Per ragioni di bilancio, impostoci dalla Comunità europea per l’immenso debito pubblico, invece è stato operato un taglio indiscriminato ai finanziamenti alle Regioni, alle province ed ai comuni. Con lo strano risultato, peraltro, che è schizzata in avanti l’aumento la spesa corrente, perché dove si dovevano operare i tagli (spese militari, di rappresentanza, costi della politica) non è stato fatto né si è combattuta veramente la corruzione e l’evasione fiscale ( checché ne dica la Televisione monopolizzata). Questa maggioranza, che non è in grado di diminuire i costi della politica, combattere la corruzione e far pagare le tasse) riversa sui lavoratori la sua incapacità. Leggere o rileggere l’interessante volume di Salvi e Villani ( due ex comunisti!) “ Il costo della democrazia” uscito già nel 2005 ed il successivo “ La Casta” di Gian Antonio Stella e molti altri sulla materia è esercizio sommamente istruttivo. Il costo della politica, soprattutto a livello locale, con tutte le bardature di amministratori, assessori, sottoamministratori, sottoassessori, consiglieri, consigli di amministrazioni, gettoni di presenza, consulenze, appalti e via dicendo dovrebbero drasticamente essere ridotti e molti Enti inutili aboliti. E le Comunità montane, che sono state fatte anche nelle zone di mare, hanno platealmente fallito se le frane e le alluvioni sono aumentate e si assiste ad un vero e proprio saccheggio del territorio. Perciò è giusto che siano abolite, come le Province. Questo non per penalizzare i lavoratori che devono trovare posto nei comuni montani ed essere utilizzati seriamente per i lavori istituzionali, ma per mandare a casa i politici professionisti ed abbattere il loro sistema clientelare ed inefficiente. I lavoratori del settore pubblico, spesso capaci e competenti sono, nella realtà, utilizzati per tenere in piedi un’impalcatura fatta di privilegi, di ruberie, di sperpero di denaro pubblico e la loro difesa, che è ipocrita e populistica è, nella sostanza, volta alla conservazione delle loro posizioni di rendita elettorale. Ma, poi, le Regioni dove dovrebbero prendere i soldi per pagare i dipendenti se non perseguono un drastico taglio dei costi della politica diminuendo i privilegi proprio di quei politici che si stracciano le vesti nella loro difesa? Perciò è importante la presa di coscienza e la riappropriazione dei diritti civili, proprio da parte dei lavoratori che sono in prima persona interessati al funzionamento degli Enti nei quali lavorano per conservare lo stipendio e la dignità. Si facciano propugnatori di riforme radicali ed incisive e scendano in Piazza per gridare il loro sdegno. Un accordicchio o una pezza che vorrebbero metterci gli farebbe guadagnare qualche mese non risolvere il problema:

NINO LANZETTA



Lunedì 04 Aprile,2011 Ore: 21:18
 
 
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