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www.ildialogo.org DE MITA E IL BERLUSCONISMO.,di Nino Lanzetta

La settimana politica irpina,
DE MITA E IL BERLUSCONISMO.

di Nino Lanzetta

L’intervista di De Mita al Corriere della sera di domenica scorsa ci fornisce l’occasione per qualche modesta riflessione e umile commento. De Mita, in sostanza, dice che al punto in cui è arrivata la crisi, “straordinaria e senza precedenti”, non solo economica ma anche politica e morale “un paese che affoga nell’amoralità che è peggio dell’immoralità”, non rimane che la soluzione di un governo costituente, formato da tutte le forze che hanno a cuore la stabilità del paese. Un esecutivo di “tregua e riflessione” guidato da chi sarà in grado di assumere e di tenere insieme questa iniziativa, senza pregiudizio per Berlusconi che ha vinto le elezioni. Il Governo, che anche se può contare su un’amplissima maggioranza non governa perché non esiste e “il ricorso al voto è una manifestazione d’impotenza”. Un governo che dovrebbe nascere dovrebbe avere un programma semplice e chiaro: riforma elettorale e iniziative per il rilancio dell’economia. Sulla stessa lunghezza d’onda si esprime Casini che parla di governo di responsabilità nazionale aperto a tutti. La fotografia dell’Italia del tempo presente coglie i reali aspetti della situazione ma tace sulle cause. Se non si analizzano, con dura determinazione, i motivi che ci hanno portato alla situazione odierna in modo da correggere gli errori (che ci sono stati, e perfino gravi anche nelle opposizioni), non si va da nessuna parte. E per fare questo non si può prescindere dal giudicare il “berlusconismo” che, prendendo il nome da Berlusconi, si intende   come quel sistema, populistico, mediatico, che fa del decisionismo solitario del Capo - che si identifica nella Nazione e che si tiene in contatto con essa attraverso i sondaggi e i bagni di folla- l’unico strumento per risolvere i problemi del Paese, senza mediazione alcuna e, a maggior ragione, senza alcun controllo. Non colgono nel segno, perciò, Galli della Loggia, che individua le presenti difficoltà in una carenza di progettualità, e Ostellino in una crisi strutturale. In estrema sintesi e semplificazione, può Berlusconi (che vuol imporre al Paese, anche con l’aiuto di una stampa e dei media addomesticati, un suo progetto di autoritarismo, seppur illuminato e democratico - nel senso che si continuerebbero a tenere elezioni nel segno della vigente legge elettorale-) abdicare al suo essere e alla sua concezione della politica (antipolitica!) e riproporsi come un politico uguale agli altri, che fa delle Istituzioni democratiche ( Camere, magistratura, organi di controllo, Presidenza della Repubblica) i protagonisti della democrazia, in un regime di pesi e contrappesi, lasciando al Presidente del Consiglio in carica ( primus inter pares) il compito di coordinare e guidare l’azione del governo, finalizzandone le funzioni all’interesse generale? Berlusconi ci starebbe? E, soprattutto, sarebbe credibile? E, se pure mostrasse qualche disponibilità, rigenerandosi nelle acque del Giordano, a quale prezzo si potrebbe fare un accordo del genere e con quali garanzie? Sarebbero disponibili le forze di opposizione a garantirgli uno scudo di impunità presente e passata e con quali modalità? L’Italia dei valori e lo stesso Partito democratico sarebbero disposti a concordare con l'ex Presidente De Mita nel pensare che “ Berlusconi ha diritto di difendersi dai processi e non solo nei processi” come pure disse in una sua precedente intervista sempre al Corriere della sera ? Non è, forse, più concretamente realistico, riandando alla drammatica scena finale del Caimano ( spesso gli artisti riescono a descrivere il futuro meglio degli analisti e dei politici di professione!), unire le forze di chi ci sta, da Fini a Casini, da Bersani a Vendola e ai berlusconiani in buona fede e delusi che si richiamano ai valori della Costituzione per la formazione di un governo presidenziale di salute pubblica, che si ponesse due obbiettivi principali, prima di chiamare gli elettori alle urna: una nuova legge elettorale e una legge che restituisse alla TV pubblica i requisiti di pluralismo e di autonomia dai partiti liberandola dal monopolio Mediaset e misure urgenti per il rilancio dell’economia. Solo così si potrebbe tornare al voto in una libera, civile e democratica competizione.
NINO LANZETTA


Mercoledì 14 Luglio,2010 Ore: 22:44
 
 
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