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www.ildialogo.org La politica in Irpinia: manuale per l’uso,di Nino Lanzetta

La politica in Irpinia: manuale per l’uso

di Nino Lanzetta

La politica del capoluogo irpino riflette, amplificati ed accresciuti gli stessi metodi del resto della provincia, da almeno un ventennio: i comportamenti e perfino i riti sono gli stessi senza neanche un pizzico di fantasia e di originalità.
Quello che sta accadendo al consiglio comunale, appena eletto, è la ripetizione persino stanca e noiosa di quanto è avvenuto numerosissime altre volte nel passato. Appena si raggiunge un apparente equilibrio nell’assegnazione delle poltrone si comincia a lavorare per il ricambio, nel motto del “fuori tu che mi ci metto io”.
Quando dalla scena politica irpina e dal “controllo” del Consiglio comunale del capoluogo, sono scomparsi – per vecchiaia – i cavalli di razza ( da Sullo prima, il quale lasciava al Consiglio, comunque, una certa autonomia, a De Mita e Mancino, poi) si è aperta una prateria nella quale scorazzano i più primordiali ma anche inconfessabili appetiti con tutte le astuzie, le ipocrisie e le imboscate possibili.
Da noi la politica è una professione, per molti non la principale, ma che aiuta, e di molto quella che abitualmente si esercita. Per altri addirittura l’unica - come il sindacato . dove finiscono per confluire quelli senza arte né parte. Per pochi altri è uno status symbol, nella più benevola delle interpretazioni. Per i più un perseguimento dell’interesse personale ( consulenze, incarichi professionali, poltrone, carriera, notorietà, affari, guadagni professionali, sistemazione di figli, nipoti o amici, metodi di acquisizione del consenso elettorale o della clientela, mediante elargizione delle prebende pubbliche, incarichi e lavoricchi saltuari di ogni tipo). E il consiglio comunale è la via maestra per questo genere di percorsi. E’ la prima tappa, quella più importante per poter proseguire, poi, verso la Regione o il Parlamento. Comunque vada, ci si guadagna e alla fine il bilancio finisce per quadrare. Non a caso tanti giovani si buttano in politica per fini …. esistenziali perché senza sponsor politici non si può aspirare a nessun impiego o aprire una qualsiasi attività privata. E’ una brutale verità e non una maldicenza!
La stampa non tratta adeguatamente questi temi, che non dovrebbero essere “interpretati”, ma gridati ad ogni piè sospinto. La gente subisce sperando di inserirsi nel gruppo dei fortunati. Gli spiriti liberi non si indignano. Non a caso la mancanza di senso civico collettivo ha fatto precipitare la situazione fino a questo punto. E questa è la massima responsabilità della sinistra, soprattutto nella nostra provincia, che si isola nella propria presunta superiorità chiudendosi dietro una sterile opposizione di facciata senza mai portare mai alla conoscenza del grosso pubblico i fatti nella loro effettiva realtà, gli antefatti e gli interessi che ne sono la causa. Quanto sta succedendo in città con le ultime vicende che vedono il neo sindaco Foti alle prese con i suoi “amici!” interni, gli uni contro gli altri armati, alla ricerca di obbiettivi veri che si celano dietro un politichese da strapazzo è un copione già recitato e visto innumerevole volte senza che i protagonisti se ne rendano conto compreso che la loro credibilità ha raggiunto lo zero. La lotta alla conquista di una poltrona è una costante; i metodi e il rispondere non al partito nel suo insieme o alla cittadinanza ma allo sponsor di riferimento, anche; il perseguire l’interessi di parte o di una fazione politica e non quello collettivo, è alla luce del sole. I sindaci stanno a quel posto perché scelti dal politico di turno o al massimo dal gruppo che comanda in quel momento.
Altro che autonomia! Questa se la devono conquistare, se riescono, con le azioni e le opere e non con le parole, Finora non ci sono quasi mai riusciti. Ci aveva tentato Di Nunno che fu eletto sindaco a furor di popolo quando l’antipolitica (meno di oggi) costrinse a fare una legge per la quale i Sindaci ci dovevano mettere la faccia ed essere eletti direttamente dagli elettori ai quali dovevano rispondere. Di Nunno fu uno di quei sindaci della stagione dei Bassolino a Napoli, dei Cacciari a Venezia, dei Bianco a Catania, del primo De Luca a Salerno. Con loro iniziò la stagione dei sindaci e la politica parve cambiare perché essi si appropriarono dell’iniziativa conferita loro dalla legge e praticarono, finché fu loro possibile, un elevato grado di autonomia e cominciarono a prendere provvedimenti nell’ottica dell’interesse generale e del gradimento del pubblico. Quella stagione è durata poco. Di Nunno è stato schiacciato dalla politica tornata potente ed invadente. I consiglieri eletti in rappresentanza delle correnti ne furono il grimaldello per scardinare il sistema che si era venuto a formare. Tentò di favorire la crescita di una nuova classe dirigente e politica soprattutto di giovani. Fu messo da parte in malo modo e ci ha rimesso la salute. Il fallimento è stato totale ed oggi è imperante perché i politici, dimenticando la lezione, si sono riappropriati dei vecchi metodi clientelari non riuscendo a guardare oltre il proprio naso. Ora l’antipolitica è galoppante e non sembra più fermarsi. Purtroppo in Irpinia mancano anche politici di largo sguardo e di spessore culturale. Il laboratorio di formazione politica, che pur è stato grande in passato, ha chiuso i battenti e la politica, quella che si deve comunque continuare a praticare è affidata a personaggi di terzo e di quart’ordine le cui virtù sono una grande prosopopea, un’arrogante autoreferenzialità ed una cinica perseveranza a chiudere gli occhi e a non vedere quello che c’è intorno. Sono così tornati i sindaci prestanome. L’ultimo sindaco in ordine di tempo, il dottor Galasso fa storia a sé. Ha tentato di affrancarsi, ma non aveva la stoffa di un leader né idee politiche e pratica amministrativa: è stato un fallimento ed ha lasciato solo macerie ed un comune in pieno dissesto.
L’avv. Foti pareva aver cominciato bene prima di accorgersi dei rulli compressori che gli venivano incontro; ci ha ripensato ed è entrato nell’ottica del compromesso, ponendo così fine ai propositi di cambiamento che, forse, pure lo avevano ispirato. L’attacco è cominciato come nel passato e con gli stessi metodi consolidati ed è cominciato dal suo stesso partito, perché in Consiglio l’opposizione non conta, il tiro al piccione. Aveva scelto coraggiosamente di affidare a professionisti seri ed esterni la sistemazione dei conti dopo aver esaminato i bilanci, quelli veri e non quelli per il pubblico. Doveva andare fino in fondo. Non lo ha fatto e tutto lascia credere che non lo farà in seguito per il semplice motivo che non glielo lasceranno fare. Se i tecnici non hanno raccontato fesserie dicendo che il Comune, tra debiti di bilancio e fuori bilancio e per l’infinito contenzioso in atto, è in una situazione fallimentare e senza via d’uscita, e nessuno lo ha messo in discussione, doveva dichiarare lo stato di predissesto, mandare a casa il consiglio comunale e affrontare la situazione con drastici ed estremi rimedi fino a mettere i conti a posto e ripristinare l’ordine amministrativo. Poi si sarebbe potuto presentare alla città da salvatore ed aspirare alla giusta ricompensa, naturalmente elettorale. Ha scelto, invece, o è stato costretto a mettere i soliti politici al posto dei tecnici per continuare a fare la politica di sempre: quella che ignora i fondamentali principi della matematica per la quale due più due fa solo quattro e non può fare cinque o tre secondo le convenienze. Molti politici lo ignorano e credono di conquistare legittimità guidando le proteste senza mai uno straccio di idee o qualche proposta, ma gridando solo Roma ladrona, o Napoli ladrona anche quando siedono nei banchi del Consiglio regionale. Mandare a casa il consiglio non sarebbe stato facile ma non si è manco pensato! Bisogna continuare a mungere la vacca fino all’ultima goccia di latte senza avere la coscienza che, poi, bisogna portarla al macello.
NINO LANZETTA



Domenica 22 Dicembre,2013 Ore: 06:10
 
 
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