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www.ildialogo.org Mai un addio,di Michele Zarrella

Mai un addio

Ecco perché mi son dimesso dal coordinamento provinciale di IdV


di Michele Zarrella

Cari lettori, Cari elettori,

il 19 novembre, con una lettera inviata al Coordinatore provinciale ho rassegnato le mie dimissioni da membro del coordinamento provinciale di IdV. A seguito di notizie di stampa e di interpretazioni varie vorrei chiarire io il perché. Per primo intendo affermare che le mie dimissioni vogliono essere una forma attiva di fare politica. Lasciare il partito non è un abbandonare la politica ma è un abbandonare il sistema dei partiti così come sono strutturati adesso.

Il finanziamento pubblico ai partiti che ti dà i soldi senza la necessità di dimostrare come li spendi, è un modo per farti entrare nel sistema e farti diventare uno di loro. Accettando il finanziamento, così come è regolamentato oggi, stai accettando le regole del sistema, alle quali poi sei “costretto” ad attenerti. Questo è un modo per indebolirti. Per me è come il rito del battesimo per entrare a far parte di una chiesa o in un clan: Io Sistema ti do i soldi e tu li spendi come credi, però poi rispetta le regole del Sistema e non mi criticare, altrimenti gli altri “commensali” tirano fuori il menù che hai condiviso.

Immaginavo il nostro partito come un treno. Un treno che avrebbe viaggiato su un binario ben rigido, le cui rotaie erano le seguenti: Rispetto delle persone e Rispetto della regole. Immaginavo che il treno sarebbe diventato sempre più grande e che si sarebbero aggiunti tanti vagoni. Immaginavo che dentro ai vari vagoni fossero entrate tante persone motivate, entusiaste e tutte accumunate dalla passione di voler migliorare la società. Non è stato così. Col tempo le due rotaie hanno incominciato ad indebolirsi e a flettersi (al Sistema), e se queste due rotaie non sono ben dritte e rigide, il treno deraglia…. de-ra-glia.

Il problema è generale e non basterebbe rivedere drasticamente il finanziamento ai partiti, il finanziamento alle caste, la legge elettorale. No, non basterebbe. Pensiamo un attimo alle grandi rivoluzioni. Quanti sacrifici, quante guerre con le loro brutalità, quante violenze anche sulle donne e sui vecchi, quanti massacri anche di bambini, quanti morti. Milioni. Milioni. Milioni. E cosa è cambiato? Nulla. L’ultimo esempio è la rivoluzione in Egitto. L’attuale presidente con la sua decisione di avocare a sé poteri quasi illimitati si è autoproclamato Novello Faraone. Siamo ritornati a 5.000 anni fa? Non è cambiato nulla, perché non è cambiato l’uomo.

Cambiare significa allora combattere la natura umana. Una natura che non accetta limitazioni, che pensa di essere padrona del mondo e di poter fare tutto senza limiti materiali e morali. L’uomo, quando si attacca alla cose materiali è egoista, individualista e diventa avido persino contro il suo simile. Altro che «Ama il prossimo tuo». Dobbiamo riconoscerlo. Nessuno vuol rinunciare al proprio profitto, ai propri “privilegi”, anche se questi portano verso il baratro, verso la rovina di tutti, verso la rovina del pianeta. Riflettendo ho immaginato la società come un sistema che evolve e volerlo cambiare è come voler cambiare lo scorrere di un fiume. Tu puoi cambiarne il corso con una deviazione o una diga, che fuor di metafora sarebbero le rivoluzioni, ma non puoi fermarne lo scorrere cioè l’evoluzione. Dopo la rivoluzione, ritornando alla metafora, il fiume della società riprende la sua corsa verso il “mare”. E tutto ricomincia come prima, a volte peggio. Tutto riprende a scorrere. L’evoluzione non la fermi. Solo che questa società basata sul consumismo punta verso il “male” del nostro ambiente, verso il “male” del nostro clima, verso il “male” del nostro pianeta. Allora ecco per cosa impegnarsi. Per il futuro delle prossime generazioni con l’unica vera rivoluzione possibile che è quella di cambiare se stesso, di non accettare le regole di un consumismo che porta verso il male del pianeta. Impegnarsi con una forma attiva di non partecipazione, di rinuncia a quello che il consumismo ti offre al fine di indebolirti. Rifiuto inquinare è il mio motto che già utilizzo da molti anni, e che ha dato il titolo ai quattro convegni di cui ne sono stato il promotore. Rifiuto comprare le cose non necessarie. Rifiuto sprecare. Sprecare, in definitiva, pensateci bene, significa inquinare inutilmente. Consumare significa consumare le risorse di questo pianeta. E le risorse di questo pianeta non sono infinite.

Può sembrare una cosa ingenua e utopica a cui nessuno sembra voler più credere. Ma io ho fiducia nei giovani, ho fiducia nell’Homo sapiens che alla fine saprà trovare la giusta strada per continuare a convivere col pianeta che lo ospita.

Gesualdo, 28 novembre 2012

Michele Zarrella

ex Responsabile Ambiente provinciale IdV




Mercoledì 28 Novembre,2012 Ore: 23:21
 
 
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