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www.ildialogo.org Aquilante: “Un disastro immane che mobilitò tutti gli evangelici”,di Agenzia NEV del 24/11/2010

Terremoto Irpinia.
Aquilante: “Un disastro immane che mobilitò tutti gli evangelici”

di Agenzia NEV del 24/11/2010

Un'esperienza che a trent'anni di distanza rimane ancora viva nella memoria dei protagonisti


Roma (NEV), 24 novembre 2010 - Trent'anni fa la terra tremava in Irpinia e le province di Avellino, Salerno e Potenza furono devastate da un sisma che causò tremila morti e 280mila sfollati. “Fu un disastro di dimensioni immani che mobilitò la solidarietà fattiva di tanti italiani e tra essi anche di tutti gli evangelici - ricorda il pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) -. La FCEI fu infatti in prima fila nell'azione immediata di aiuto e nel farsi promotrice di alcuni significativi progetti di ricostruzione”. Già il 24 novembre, il giorno dopo il terremoto, erano partite delle iniziative spontanee dalle chiese della Campania, mentre la FCEI coordinò da subito i numerosi volontari, giovani e meno giovani, che da tutta Italia giungevano nelle zone colpite dal sisma. “La FCEI - prosegue Aquilante - fu anche il veicolo della solidarietà del mondo protestante ed ecumenico internazionale che si espresse sia attraverso doni in denaro, sia in offerte di beni di prima necessità”. Aiuti vennero dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), dalle chiese svizzere, tedesche, australiane, svedesi, canadesi, solo per citarne alcune. Alla fine, vennero raccolti circa 6 miliardi delle vecchie lire; gli aiuti furono anche altri, come l'invio di coperte o di bestiame scelto e portato in loco da contadini svizzeri per la costituzione di cooperative agricole, ma soprattutto l'arrivo di tantissimi volontari. “Si creò un legame di fraternità così forte che ancora oggi è vivo tra chi condivise quell'esperienza. Un legame che ancora si riflette sulla FCEI oggi per aver consolidato rapporti con persone, chiese e istituzioni”.

“Quella del 1980 era un'Italia in cui ancora non esisteva la protezione civile – ricorda Mina Cesaroni della chiesa battista di Albano Laziale, tra i primi volontari a scendere in Irpinia -. Quando arrivammo a Senerchia nel paese non era ancora arrivato alcun tipo di soccorso sebbene fossero passati alcuni giorni dal terremoto”. Proprio Senerchia fu uno dei centri in cui si concentrò maggiormente l'impegno degli evangelici: fu innalzato un tendone rosso, normalmente usato per incontri nelle piazze, allestita una mensa con le cucine provenienti dal Centro battista di Rocca di Papa (Roma), distribuiti ogni giorno 200-300 pasti, organizzati incontri e culti la cui partecipazione rimaneva libera. Leggendo le notizie riportate all'epoca dall'Agenzia stampa NEV, si ritrovano le linee fondamentali che ispirarono l'azione in quei primi momenti: “la solidarietà nella sofferenza e nella preghiera, la riflessione sulla Parola di Dio, la disponibilità a rispondere a chiamate nuove e impreviste, la volontà di ricostruire non solo delle case materiali, ma anche di cercare insieme con le popolazioni colpite la via per una più piena umanità”. Un altro elemento fu la dimensione “non confessionale” di tutte le azioni che dovevano coinvolgere tutti e tutte, indipendentemente dal credo di appartenenza; come pure l'intenzione di agire sempre in accordo con le amministrazioni locali. Da un punto di vista pratico l'insieme di tutte queste energie portò all'inaugurazione di un villaggio di 60 casette per gli sfollati a Napoli Ponticelli, alla nascita del Villaggio evangelico di Monteforte Irpino, alla costituzione di cooperative agricole a Senerchia e a Ruvo del Monte, solo per citare alcune iniziative. “Ma il patrimonio umano che quell'esperienza creò rimane tutt'oggi inestimabile”, conclude Aquilante.



Venerdì 26 Novembre,2010 Ore: 19:53
 
 
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