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www.ildialogo.org LUTERO: LE TRE OPERE RIFORMATRICI DEL 1520,di Agenzia NEV del 23/11/2016

500° DELLA RIFORMA PROTESTANTE (1517-2017) - SCHEDA
LUTERO: LE TRE OPERE RIFORMATRICI DEL 1520

di Agenzia NEV del 23/11/2016

Martin Lutero (1483-1546) fu autore di un’ampia produzione di letteratura teologica. Tra le sue opere, tuttavia, ne spiccano tre, tutte scritte nell’anno 1520, che meglio di altre indicano il suo pensiero e il suo intento di riforma della chiesa. Una riforma che egli intende in tutti e tre i casi come liberazione da “muraglie” da abbattere, “cattività” da cui emanciparsi e libertà da affermare.
Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca. Lutero intuì assai presto che una vera riforma della Chiesa non sarebbe stata attuata né dal papa con la sua curia, al quale pure si era appellato, né da un concilio generale, di cui aveva invano chiesto la convocazione. Si rivolse perciò al laicato cristiano tedesco, riconoscendovi l'unica forza in grado di riformare la Chiesa. Nacque così l'appello “Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca”, vero e proprio manifesto del nascente movimento protestante. Nella prima parte, Lutero si propone di abbattere le “tre muraglie di paglia e di carta” con le quali la Chiesa di Roma ha respinto tutti i tentativi di riforma: la distinzione tra chierici e laici, contestata dalla convinzione che l’unica ordinazione sacerdotale legittima è quella che tutti i cristiani ricevono con il loro battesimo (sacerdozio universale di tutti i credenti); il monopolio della conoscenza e dell’interpretazione delle Scritture all’alta gerarchia ecclesiastica, confutato con l’affermazione che la prima libertà del cristiano è di poter accedere direttamente alle Scritture (libero esame); il potere esclusivo del papa di convocare un concilio, un potere che Lutero confuta storicamente e biblicamente. Lutero sostiene inoltre il diritto dei laici a partecipare a un eventuale concilio. La seconda parte dell’appello contiene 27 proposte concrete, tra le quali il diritto delle chiese locali di eleggere i propri pastori, e l’abolizione dell’obbligo del celibato ecclesiastico.
La cattività babilonese della chiesa. Dopo aver confutato il potere sacerdotale della chiesa attraverso l’idea che tutti i credenti, in virtù del loro battesimo, sono sacerdoti, ne “La cattività babilonese della chiesa” Lutero passa ad esaminare criticamente il sistema sacramentale romano del tardo Medioevo. In questo testo dai toni accesi, scritto in risposta a polemisti avversari, Lutero denuncia tre cattività che imprigionano la cena del Signore (eucaristia): la prima è la proibizione del calice ai laici; la seconda, la costrizione della fede nelle categorie filosofiche aristoteliche attraverso la dottrina della transustanziazione (che implica la trasformazione degli elementi dell’eucaristia nel corpo e nel sangue di Cristo) proponendo invece la dottrina della consustanziazione (il corpo e il sangue di Cristo sono realmente presenti con gli elementi che però non subiscono alcuna trasformazione); la terza, il concetto di messa come opera buona o sacrificio offerto dalla Chiesa e dai fedeli a Dio, mentre per Lutero essa dovrebbe rimandare esclusivamente a ciò che Dio ha operato per noi in Cristo. Lutero passa poi a esaminare gli altri sacramenti riducendone il numero, prima da sette a tre, includendo anche la penitenza, poi a due soltanto: battesimo e cena del Signore. In realtà, per Lutero l’unico vero sacramento è Cristo stesso, poiché soltanto in Lui si realizza la salvezza dell’essere umano.
La libertà del cristiano. Si tratta di un breve trattato, che potrebbe essere descritto per le sue dimensioni anche come un opuscoletto, scritto con intento conciliatorio alla vigilia della rottura definitiva con Roma, sancita dalla bolla Exsurge Domine con cui Leone X scomunicava il monaco riformatore. Redatta contemporaneamente in tedesco e latino, scevra da toni polemici, quest’opera è una chiara sintesi del pensiero luterano. Vi si ritrovano, tra l’altro, i concetti della centralità della Parola, della critica alle opere religiose e del sacerdozio, il rapporto tra fede e opere. Famose sono le due affermazioni iniziali: “Il cristiano è un libero signore sopra ogni cosa e non è sottoposto a nessuno. Un cristiano è servo zelante in ogni cosa e sottoposto a ognuno”. La prima è l’affermazione della libera coscienza cristiana che non retrocede davanti ad alcuna autorità costituita, proprio come Lutero non indietreggiò davanti al papa e all’imperatore che gli chiedevano di ritrattare le sue posizioni. A Worms, nel 1521, il riformatore replicò; “Io qui sto. Non posso fare altrimenti”. La seconda affermazione indica il fine di questa libertà: l’amore per il prossimo che è anche l’ambito proprio delle opere del cristiano.
(nev-notizie evangeliche – novembre 2016)
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Venerdì 25 Novembre,2016 Ore: 11:47
 
 
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