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www.ildialogo.org Esercizio dell’autorità e autoritarismo nella Chiesa: una rivoluzione strisciante in Oriente?,di P.C.

Esercizio dell’autorità e autoritarismo nella Chiesa: una rivoluzione strisciante in Oriente?

di P.C.

Articolo tratto dal blog http://traditioliturgica.blogspot.it/
giovedì 23 luglio 2015
Il Vescovo Job di Telmessos,
fortemente contestato da diversi fedeli della sua diocesi
per le sue posizioni autoritarie
Sono tornato sovente su quest’argomento molto spinoso e molto attuale. 
La maggioranza dei cristiani non lo considerano, forse proprio perché è il Cristianesimo in sé a non toccarli intimamente. 
Una minoranza comincia a farsi domande abbastanza importanti ma, conscio della complessità dell'argomento, sospende ogni giudizio.
Solo qualcuno lancia un grido di allarme. 
Per quanto l’argomento sia complesso, non è impossibile affrontarlo, basta munirsi di pazienza, di buon senso e di una sufficiente conoscenza della storia e della fede cristiana. Non si tratta assolutamente di avercela con qualcuno ma di vedere le cose come dovrebbero essere.
Il punto iniziale da cui, allora, partire è il noto loghion evangelico nel quale Cristo afferma: 
«25 Οἱ βασιλεῖς τῶν ἐθνῶν κυριεύουσιν αὐτῶν, καὶ οἱ ἐξουσιάζοντες αὐτῶν εὐεργέται καλοῦνται· 26 ὑμεῖς δὲ οὐχ οὕτως, ἀλλ' ὁ μείζων ἐν ὑμῖν γινέσθω ὡς ὁ νεώτερος, καὶ ὁ ἡγούμενος ὡς ὁ διακονῶν»
(Lc 22, 25, 27). 
 
«25 I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che le sottomettono al loro dominio sono chiamati benefattori. 26 Ma per voi non dev'essere così; anzi il più grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa come colui che serve». 
(Traduzione Nuova Riveduta).
La Bibbia CEI (approvata dalla Conferenza Episcopale Cattolica in Italia) in luogo del termine più corretto “signoreggiano”, traduce “governano”. Sembra un sinonimo ma non è così. 
“Kυριεύουσιν” deriva da “κυριεύω” verbo che letteralmente significa “essere padrone”, “essere signore”, per cui tradurlo con “signoreggiare” è corretto. 
“Signoreggiare” significa a sua volta: “esercitare un predominio assoluto” (vedi vocabolario Treccani). 
“Governare” significa invece: “guidare secondo un programma, secondo delle leggi” che potrebbero pure essere democratiche. 
Mentre “signoreggiare” pone l'accento sul signore che esercita la sua signorìa, “governare” pone l'accento al di fuori del signore, su un insieme di leggi che potrebbero essere state stabilite pure concordemente con il popolo. 
Le due versioni bibliche, così, danno un’interpretazione praticamente opposta. 
Oserei dire che la versione CEI pare essere un serio tentativo di evacuare pericolosamente il significato delle parole di Cristo facendogli dire ben altro (1).
Si noti che in questo passo Cristo parla proprio ai suoi discepoli i quali stanno discutendo animatamente su chi dovesse essere considerato tra loro il “più grande”. Cristo mostra loro un concetto di autorità diametralmente opposto a quello mondano: il più grande, colui al quale si attribuisce maggiore autorità, dev’essere considerato come colui che serve. Colui che serve non “signoreggia” ma si pone in una condizione subalterna. È il noto servus servorum Dei, “servo dei servi di Dio”, motto creato da san Gregorio Magno il quale, non a caso, era contrario all'idea di un episcopato universale. 
Purtroppo questo motto ha assunto, nel tempo, una valenza pietistica, formale, fino a divenire completamente evanescente e insensato. Oggi, all’interno della Chiesa, l’autorità di fatto “signoreggia” e tutto il resto pare essere solo un paravento a tale stato di cose. Forse è proprio questo il motivo per cui lo si nasconde un po’ goffamente con la traduzione CEI “governa” in luogo di “signoreggia”. Cristo non si deve permettere di disturbare i chierici e se il termine greco dice altro, tanto peggio per lui! 
Lo stile secolare di “signoreggiare” è stato impresso dalla nota svolta ecclesiologica occidentale, nel periodo feudale. Quando i principi feudali stavano per soffocare la Chiesa arrogandosi il diritto di fare nomine vescovili e di disporre ampiamente dei beni ecclesiastici facendo decadere diocesi e abbazie, pian piano dagli ambienti monastici e da quelli curiali romani nacque una reazione che si concretizzò nel sottolineare ulteriormente l’autorità papale: è solo il papa a nominare i vescovi e dal suo petto sgorga ogni potere sulla terra per cui principi, re e imperatori gli devono obbedienza assoluta (2).
Detto in altri termini, si cercò di curare un male con un eccesso opposto: all’eccesso dell’autorità secolare che “signoreggia” si contrappose quello dell’autorità clericale che “signoreggia” con, forse, maggior vigore rispetto alla prima. Non si deve credere che questo stato di cose venisse digerito senza colpo ferire: nel medioevo era ancora troppo forte il ricordo delle autonomie ecclesiastiche le quali non disprezzavano affatto il primato di un metropolita o del papa ma lo leggevano in modo tale da non ledere le prerogative locali. Quando il baricentro si sposta sensibilmente, iniziano inevitabilmente a crearsi delle reazioni. Non fu dunque raro che si osservasse il processo di centralizzazione con un certo sospetto. Il fiorire delle eresie, che prendono quale pretesto un elemento della dottrina, si pone nel crinale di questo sospetto verso il centralismo romano crescente accompagnato da una rivendicazione di autonomia e indipendenza. Lutero, da questo punto di vista, è l’ultimo di una lunga serie e non lo si può capire isolandolo da un ampio e vasto contesto in cui le cosiddette colpe sono davvero distribuite in tutte le parti. 
In Oriente si conservarono a lungo alcune tipicità della Chiesa alto-medioevale conosciute pure in Occidente. La vita monastica nel suo aspetto carismatico poteva continuare a collidersi con l’autoritarismo di qualche vescovo proprio perché l’autorità non è mai vista per se stessa ma per servire ad un bene comune alla cui difesa sono chiamati tutti. È assolutamente parziale pensare alla Chiesa bizantina come ad una Chiesa passiva ed asservita all'imperatore (cesaropapismo) poiché, in realtà, le cose stavano molto differentemente nel senso che erano assai più complesse.
Questo è così vero che in Oriente non è mai esistita passività dinnanzi all'autorità vescovile. Venerazione sì, passività mai. Nel caso in cui un vescovo non è in grado di fare il bene della Chiesa ma la danneggia (con un governo insensato o con l’affermazione di eresie) chiunque cerca di proteggere la Chiesa fino a giungere al mezzo estremo dell’aperta contestazione. Dapprincipio lo si fa certamente con riservatezza e grande carità, rispettando una certa gerarchia di interventi. Se questo fallisce, si segue quanto dispone il vangelo:
«Se tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e convincilo fra te e lui solo. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello; 16 ma, se non ti ascolta, prendi con te ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. 17 Se rifiuta d'ascoltarli, dillo alla chiesa; e, se rifiuta d’ascoltare anche la chiesa [leggi la totalità dei credenti], sia per te come il pagano e il pubblicano». 
(Mt 18, 15-17) 
È vero che qui non si parla di autorità, ma questo dimostra che, da un certo punto di vista, tutti nella Chiesa, sono fratelli tra loro. Così il vescovo, pur essendo anche padre, è fratello dei credenti, come dice sant’Agostino, e deve loro rispondere, non dar conto delle sue azioni solo al suo superiore ecclesiastico (3).
Come si vede, esiste una progressione, quando si devono affrontare dei problemi. All’ultimo grado, l’autorità può non venir più riconosciuta. 
Nella storia del Cristianesimo questo è successo infinite volte e le spaccature in esso si sono create esattamente perché alcuni si ritenevano intoccabili e autocrati. 
La tendenza all’autocrazia se ha distinto in modo peculiare il mondo Cristiano in Occidente (anche se non sempre allo stesso modo e in tutti i luoghi), in Oriente ha faticato a progredire, grazie ad una maggiore coscienza degli equilibri antichi e alla funzione profetica del monachesimo che non cessava di opporsi agli abusi di certi vescovi. 
Basti ricordare, ad esempio, la vigorosa opposizione di san Simeone il Nuovo Teologo (XI sec.) all’autoritarismo del Metropolita di Nicomedia il quale aveva un concetto di teologia molto intellettuale e assai poco mistico. 
Sembra di vedere certe situazioni odierne, con la differenza che oggi non si vede alcun san Simeone e nessuno Sinodo da ragione a Simeone ma semmai  all’autorità ecclesiastica solo perché è autorità istituzionale! 
Purtroppo devo constare l’esistenza di una rivoluzione strisciante nel Cristianesimo orientale di tradizione bizantina: in più settori sta emergendo un clericalismo molto simile a quello che si vide nella seconda metà del Medioevo in Occidente, un’ascesa dell’autorità clericale che dispone tutto e si pensa al centro di tutto, prescindendo a volte da ogni carisma e tradizione ecclesiologica. Pare essere dinnanzi all’autorità che vuole “signoreggiare” e se trova campo libero lo farà sicuramente con la conseguenza di estromettere tutti gli altri facendoli sentire elementi subalterni in servizio di un sistema tutto sommato feudale. È un fenomeno che personalmente incuriosisce e inquieta non poche persone e su cui ho spesso dialogo con persone di grande competenza storico-ecclesiastica. 
La Chiesa è collaborazione, compenetrazione, armonia di carismi in cui tutti hanno bisogno di tutti. Ma se, da qualche parte, si crea una contrapposizione è la volta che tutto il sistema si squilibra pericolosamente (4). Non devono signoreggiare né i laici né i chierici (5). L’unico che “signoreggia”, ma in modo tutt’altro che mondano, è Cristo il quale mostra la giusta via e la sua volontà nel cuore di uomini (laici o chierici) santificati. 
Ecco perché in tempi di crisi anche l'ultimo monaco santo (non necessariamente sacerdote!) può essere l'unico a conservare il senso corretto della Chiesa dinnanzi a fior fior di papi, metropoliti, patriarchi e vescovi che si perdono completamente, magari ebbri di narcisistico amore di sé e con volti che rilucono d'immanenza. 
È già successo e sta ancora succedendo... 
La visione e l'equilibrio corretti sono sempre più difficili da tenere, perfino nel mondo cristiano orientale! 
Mi chiedo, allora: l’Oriente cristiano è destinato a divenire in gran parte una specie di Cattolicesimo con molti papi (autocrati) e con qualcuno (il patriarca) più papa di tutti gli altri?
Ci sono, infatti, tutte le premesse!
______________
(1) La Bibbia approvata dalla Conferenza episcopale cattolica italiana (Bibbia CEI), da questo punto di vista è un bouquet d'infinite sviste o errori. Non so quanto in buona fede... Altrove ne ho già parlato ma, ogni volta che la sfoglio, m'imbatto in nuovi errori! 
(2) Si noti che il primato del papa non comporta assolutamente la signorìa in senso mondano di quest'ultimo. Il fatto di non riuscirlo più a capire è indice della decadenza di tutto un contesto ecclesiale che scambia per spirituale quanto, in realtà, è puramente mondano. 
(3) Questo è quanto, purtroppo, va affermando qualche vescovo (come pare faccia il metropolita Job) ma non è assolutamente confortato dalla tradizione antica. Se un vescovo dovesse dar conto del suo operato solo al suo superiore ecclesiastico, allora la Chiesa diverrebbe solo affare clericale. Non a caso affermo che qui siamo dinnanzi ad una deriva di tipo clericalistico.

(4) Quando, ad esempio, si sottolinea che il vescovo è un alter Christus, all'interno della Chiesa, non si dovrebbe mai dimenticare, come spesso si fa, che lo stesso cristiano è un alter Christus, seppur con modalità diverse. L'Ordine sacro attribuisce a chi lo riceve una particolare importanza ma MAI a detrimento del battezzato che, in comune con il vescovo, ha ricevuto il sigillo dello Spirito nel battesimo. Entrambi, seppur in modo diverso, portano dunque la responsabilità della Chiesa anche se è il solo vescovo ad essere bocca della Chiesa locale. Quest'equilibrio armonioso pare essere perso in chi, volendo difendere a tutti i costi qualche vescovo, tende ad appiattire la Chiesa ad una pura questione di autorità in nome di Dio. 
Vedi ad esempio la lettera di padre Placide Deseille “Un cristiano deve avere uno sguardo cristiano sul suo vescovo” sul caso del metropolita Job. 
(5) Nella spinosa vicenda del vescovo metropolita di Francia Job di Telmessos, è stato ricordato che il vescovo è creato da un'istanza superiore. Nell'Ortodossia questo è vero solo a metà. Se infatti il vescovo è nominato dal Patriarca, è pure vero che i laici possono non accoglierlo in diocesi, nel caso in cui non ritengano essere persona ecclesiasticamente capace, e questo è in grado di rendere inoperosa la sua nomina. Il ruolo dei laici nella liturgia di ordinazione di un vescovo è tale da poterne inficiare la nomina se, ad esempio, in luogo di axios (degno!) essi esclamssero anaxios (indegno!). È un loro diritto e dovrebbe essere sempre possibile, in casi di particolare pericolo.
Queste sono cose che non devono essere mai dimenticate ma che oggi, stranamente e drammaticamente si dimenticano. Pensare che i laici debbano solo subire, essere pecore da tosare, è, di fatto, aver reso l'Ortodossia lo specchio di un certo mondo Cattolico (neppure tutti i cattolici vorrebbero questo per la propria Chiesa!), averla resa un clericalismo allo stato puro, cosa che se in Occidente in qualche modo si spiega, data la particolare sua storia, in Oriente è totalmente insensata
Fare notare queste cose non è, come qualcuno erroneamente e artificiosamente afferma, "essere influenzati da una visione secolaristica e da tendenze scismatiche" ma riportare gli equilibri nella Chiesa contro l'assalto di alcuni che se ne ritengono i soli indiscutibili padroni! 

Pubblicato da a 06:39



Sabato 25 Luglio,2015 Ore: 16:27
 
 
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