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www.ildialogo.org AIDS. Il Consiglio ecumenico delle chiese continua il suo impegno contro la pandemia,di Agenzia NEV del 6/7/2011

AIDS. Il Consiglio ecumenico delle chiese continua il suo impegno contro la pandemia

di Agenzia NEV del 6/7/2011

Roma (NEV), 6 luglio 2011 - L'impegno del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) per la lotta all'AIDS/HIV compie 25 anni. Lo ha reso noto lo stesso CEC con un comunicato stampa che ripercorre le varie iniziative portate avanti già dal 1986, quando l'allora segretario generale, il pastore Emilio Castro, fu contattato da molte chiese e dall'Organizzazione mondiale per la sanità (OMS) affinché si lottasse insieme contro la stigmatizzazione dell'HIV e di coloro che erano affetti da questo virus. Da allora il lavoro del CEC verte sull'accompagnamento medico e pastorale, la prevenzione, l'educazione alla non stigmatizzazione di coloro che hanno contratto il virus. Tale impegno è da leggersi come una sfida importante al cristianesimo, come ha affermato la pastora Nyambura Njoroge, coordinatrice dell'Iniziativa ecumenica contro l'HIV e l'AIDS (EHAIA) promosso dal CEC, dicendo che "la lotta contro l'HIV e l'AIDS è e resta un cammino di rivelazione, di riflessione e di rinnovamento della teologia e della missione cristiana, mentre milioni di persone continuano a soffrire e morire invano".
In particolare, l'Assemblea CEC di Harare (1998) ha deciso di intensificare i propri sforzi sull'Africa, dove si trova il 68% di tutte le persone che hanno contratto il virus. Inoltre, i dati indicano che nel 2009 la percentuale del totale delle persone decedute a causa di malattie legate al virus dell'HIV in Africa è stata del 72%. Hendrew Lusey, coordinatore regionale dell'Africa centrale dell'EHAIA, rileva come una delle difficoltà maggiori sia cercare di contrastare quella reticenza nell'affrontare questioni relative alla sessualità, profondamente radicata nelle chiese africane anche perché in questi luoghi il dialogo ecumenico muove ancora i suoi primi passi. Molti pastori, infatti, insistono nel non voler discutere di sessualità all'interno delle loro chiese e men che meno del virus dell'HIV, che è ancora indicato, sottolinea Lusey, come un'"infezione per persone empie". Ciononostante l'EHAIA è riuscita ad avvicinare molte persone desiderose di migliorare la propria condizione, superando il timore per la stigmatizzazione che subiscono anche solo coloro che vogliono sapere di più circa questi argomenti. In particolare, dichiara Lusey, "tutti i giovani che ho intervistato hanno affermato che le chiese dovrebbero dar loro informazioni su sessualità e prevenzione all'AIDS, e che molti di loro non seguono ciò che quei leader religiosi reticenti o fondamentalisti dicono loro in proposito. Questo mi ha dato il coraggio per continuare nel mio lavoro, infatti la salute e il benessere sono argomenti chiave che devono essere affrontati nelle chiese e dalla società civile". (mil)


Giovedì 07 Luglio,2011 Ore: 16:33
 
 
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