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www.ildialogo.org Per i 10 anni una riflessione congiunta di protestanti, cattolici e ortodossi,di Agenzia NEV del 12/05/2011

Carta ecumenica
Per i 10 anni una riflessione congiunta di protestanti, cattolici e ortodossi

di Agenzia NEV del 12/05/2011

Aquilante, Bianchi e Zervos: "Obiettivi e impegni della Carta ecumenica decisamente attuali". Un documento comune di riflessione


Carta ecumenica/1. Per i 10 anni una riflessione congiunta di protestanti, cattolici e ortodossi

Aquilante, Bianchi e Zervos: "Obiettivi e impegni della Carta ecumenica decisamente attuali"

Roma (NEV), 11 maggio 2011 - "Riteniamo gli obiettivi e gli impegni della Charta Oecumenica decisamente attuali e invitiamo i fedeli delle chiese che sono in Italia a farli propri di tutto cuore, tornando a meditare questo importante documento". E' quanto si legge in un messaggio reso pubblico oggi, in occasione del decimo anniversario del documento, e firmato da Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI); Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia e presidente della Commissione per l'ecumenismo e il dialogo della CEI, e Gennadios Zervos, arcivescovo-metropolita ortodosso d'Italia e di Malta ed Esarca per l'Europa meridionale.

Era il 22 aprile 2001 quando a Strasburgo gli allora presidenti della Conferenza delle chiese europee (KEK), il metropolita ortodosso Jeremie, e del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE), il vescovo Miloslav Vlk, sottoscrissero la Charta Oecumenica che indica le linee guida dell'ecumenismo e della cooperazione tra le chiese del vecchio continente.

Nella riflessione congiunta Aquilante, Bianchi e Zervos mettono l'accento sulle sfide di oggi, sfide che chiedono alle chiese "maggiore sintonia e maggiore unità", in primis quelle poste dalle migrazioni internazionali: "Molti paesi - tra cui il nostro - si sono trasformati in luoghi d'incontro di persone e culture, fino a rendere l'occidente un luogo di grande eterogeneità culturale. Ancora si pone il problema della costruzione di una casa europea in cui vi sia posto per i popoli, culture, gruppi etnici e religioni diverse, per gli immigrati che bussano alle porte del benessere, per i rom, per i deboli e i poveri, per gli esclusi delle nostre società". Ecco allora che l'attualità della Charta Oecumenica è legata anche alla "sfida posta dall'esigenza di una nuova comunicazione del Vangelo", dicono i leader religiosi, ricordando che l'unità delle chiese "è un dono di Dio".

La Carta Ecumenica ha visto le tre famiglie confessionali cristiane del continente riconoscere il diritto di libertà religiosa dei singoli e delle altre confessioni; il ripudio del nazionalismo e del razzismo; lo speciale rapporto che lega i cristiani agli ebrei, e l'importanza del dialogo con l'islam e le alte religioni. Si divide in 3 capitoli e 12 punti che delineano gli ambiti dell'impegno comune per il dialogo e la collaborazione a tutti i livelli della vita della chiesa, descrivendo le responsabilità ecumeniche fondamentali. Per il documento integrale vedi Documentazione in questo numero. (gc)

Carta ecumenica/2. Per il decennale KEK e CCEE organizzano un seminario a Friburgo

Tra gli organizzatori anche la Comunità di lavoro delle chiese cristiane in Svizzera

Roma (NEV), 11 maggio 2011 - Lo scorso 9 maggio la Conferenza delle chiese europee (KEK) e il Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE) hanno organizzato un seminario ecumenico presso l'Università di Friburgo in Svizzera, per celebrare i 10 anni della Carta ecumenica e fare il punto sulla ricezione del documento nelle diverse chiese e paesi del continente. Firmata a Strasburgo (Francia) il 22 aprile del 2011 dagli allora presidenti della KEK e del CCEE, rispettivamente il metropolita ortodosso Jeremias Caligiorgis e il cardinale Miloslav Vlk, la Carta ecumenica pur non rivestendo “alcun carattere dogmatico-magisteriale o giuridico-ecclesiale” è un documento che rappresenta “un passo ed un aiuto importante per le Chiese per realizzare insieme quella chiamata all’unità che è allo stesso un obbligo per tutti i cristiani e un dono di Dio da richiedere incessantemente”. Così si esprime un comunicato congiunto KEK/CCEE che aggiunge: “La Carta ecumenica è un processo in continua costruzione che ha già segnato, in un modo o nell’altro, il cammino ecumenico di varie comunità ecclesiali in Europa come testimoniano le numerose traduzioni (più di una trentina: dall’arabo al castigliano passando dal greco all’esperanto) e le decine di chiese, comunità, associazioni e movimenti ecclesiali che hanno firmato il documento”.

Il seminario dell'Università di Friburgo è stato organizzato con il concorso della Comunità di lavoro delle chiese cristiane in Svizzera e ha visto intervenire alla tavola rotonda “Conquiste e sfide per la comunione ecclesiale in Europa” Viorel Ionita, segretario generale ad interim della KEK, Gérard Daucourt, vescovo cattolico di Nanterre (Francia), e Daniel de Roche, presidente del Consiglio sinodale del cantone di Friburgo. La discussione è poi proseguita in tre gruppi di lavoro dedicati ai grandi temi della Carta ecumenica e alla sua ricezione in Svizzera e negli altri stati europei. (gc)

 

DOCUMENTAZIONE

A dieci anni dalla firma della Charta Oecumenica. Una riflessione comune

Roma (NEV), 11 maggio 2011 - Pubblichiamo la riflessione congiunta di evangelici, cattolici e ortodossi redatta in occasione dei 10 anni dalla firma della Charta Oecumenica (22 aprile 2001, Strasburgo, Francia) e resa pubblica oggi. Ne sono firmatari il pastore Massimo Aquilante, presidente Federazione delle chiese evangeliche (FCEI); Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia e presidente della Commissione episcopale per l'ecumenismo e il dialogo della CEI, e Gennadios Zervos, arcivescovo-metropolita ortodosso d’Italia e di Malta ed esarca per l’Europa meridionale.

Nel corso dell’Incontro Ecumenico Europeo del 2001 (IEE2001), tenutosi a Strasburgo e nato da un’iniziativa congiunta del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE) e della Conferenza delle Chiese Europee (KEK), per una riflessione all’inizio del terzo millennio, dopo la celebrazione della Pasqua - che anche quell’anno ebbe luogo nella stessa data per tutte le Chiese - si incontrarono i membri dell’Assemblea plenaria della CCEE e del Comitato centrale della KEK, un centinaio di giovani delegati delle Chiese e personalità di spicco delle diverse realtà ecclesiali europee. In quell’incontro fu presentata e discussa la Charta Oecumenica, auspicata dalla Seconda Assemblea Ecumenica Europea di Graz (Austria) del 1997 (AEE2), progettata nel Comitato Congiunto KEK-CCEE di Roma nel 1998, presentata in bozza nello stesso Comitato Congiunto di Porto (Portogallo) all’inizio del 2001.
La Charta fu presentata il 20 aprile di quell’anno al Consiglio d’Europa. Il giorno dopo fu discussa nei gruppi di lavoro dell’Incontro Ecumenico. Il 22 i due Presidenti della CCEE e della KEK, il cardinale Miloslav Vlk e il metropolita Jérémie (Kaligiorgis), la firmarono.
La Commissione Episcopale per l'ecumenismo e il dialogo della CEI, la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e Malta e la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia rivolgono questo messaggio, meditato nei giorni della Pasqua, ai cristiani che sono in Italia.
La celebrazione comune della Pasqua di quest’anno, decimo anniversario della firma della Charta Oecumenica, ci spinge a fare qualche riflessione su questa ricorrenza.
L’Assemblea Ecumenica di Graz aveva constatato: «La difficile situazione in cui si trova attualmente la comunità ecumenica, per motivi vari, richiede contromisure consapevoli. Pare necessario curare una cultura ecumenica della convivenza e della collaborazione e creare a tal fine un fondamento vincolante». Su questa base l’AEE2 aveva raccomandato alle Chiese europee di elaborare un documento comune che contenesse i «diritti e i doveri» ecumenici fondamentali. Le Chiese europee uscivano dalle Assemblee di Basilea e di Graz determinate a mantenere e sviluppare ulteriormente la comunione che era scaturita tra loro nel lungo cammino ecumenico.
«In tal senso - si legge nel preambolo della Charta Oecumenica - accogliamo questa Charta come impegno comune al dialogo e alla collaborazione. Essa descrive fondamentali compiti ecumenici e ne fa derivare una serie di linee guida e di impegni. Essa deve promuovere, a tutti i livelli della vita delle Chiese, una cultura ecumenica del dialogo e della collaborazione e creare a tal fine un criterio vincolante. […] La sua normatività consiste […] nell’auto-obbligazione da parte delle Chiese e delle organizzazioni ecumeniche europee».
Pochi mesi dopo, drammaticamente, l’11 settembre poneva interrogativi seri all’Occidente e all’Europa. La situazione nuova che si è venuta a creare, dopo i fatti negli Stati Uniti e le guerre che ne sono seguite, ha chiamato tra l’altro i cristiani a un rinnovato impegno per la pace e ha dunque mostrato l’urgenza della riconciliazione e della realizzazione dell’unità visibile tra le Chiese, poiché è un reale riavvicinamento tra i popoli, e dunque tra le comunità religiose, la vera garanzia della pace e la risposta più efficace alla violenza e alla guerra, a quello che è stato anche interpretato come uno «scontro di civiltà».
Nel paragrafo 1., intitolato Chiamati insieme all’unità della fede, si legge tra l’altro: «Ci impegniamo - i diversi paragrafi della Charta si concludono sempre con impegni concreti, che la CCEE e la KEK hanno sottoscritto - a seguire l’esortazione apostolica all’unità dell’epistola agli Efesini (Ef 4,3-6) e ad impegnarci con perseveranza a raggiungere una comprensione comune del messaggio salvifico di Cristo contenuto nel Vangelo».
Oggi in Europa, e in Italia, ci troviamo davanti a nuove sfide che chiedono alle Chiese maggiore sintonia e maggiore unità. La globalizzazione non ha determinato esattamente l’omologazione della cultura né reso tutti, individui e gruppi etnici, membri di un «villaggio globale», di cui pure si è parlato nel secolo scorso. Quanto sta accadendo, soprattutto con l’attuale processo di migrazioni internazionali, è molto più complesso: molti paesi occidentali - tra cui il nostro - si sono trasformati in luoghi d’incontro di persone e culture, fino a rendere l’Occidente, pur con contraddizioni e difficoltà, un luogo di grande eterogeneità culturale e patria di diverse culture. Ancora si pone il problema della costruzione di una casa comune europea in cui vi sia posto per popoli, culture, gruppi etnici e religioni diverse, per gli immigrati che bussano alle porte del benessere, per i rom, per i deboli e i poveri, per gli esclusi delle nostre società.
L’attualità della Charta Oecumenica è legata anche alla sfida posta dall’esigenza di una nuova comunicazione del vangelo, in questo contesto complesso. Le Chiese non sono credibili nel loro annuncio del vangelo se si presentano divise o addirittura in conflitto tra loro. Si legge nel paragrafo 2., Annunciare insieme il Vangelo: «Il compito più importante delle Chiese in Europa è quello di annunciare insieme il Vangelo attraverso la parola e l’azione, per la salvezza di tutti gli esseri umani». I diversi aspetti e le implicazioni di questo annuncio sono ben lungi dall’essere definite una volta per tutte. Il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli con la sua storica e preziosissima Enciclica del 1902 sulla koinonia delle Chiese e sull’unità dei cristiani ha messo le basi del Movimento ecumenico ed ha preparato lo spirito per la convocazione della Conferenza internazionale di Edimburgo. Il Presidente onorario del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Wim Visser t’Hooft, diceva: «La Chiesa di Costantinopoli è stata la prima a decidersi ufficialmente a proporre alle altre Chiese la creazione di una comunità stabile o di un Consiglio delle Chiese». Il centenario della Conferenza internazionale di Edimburgo (1910), celebrato lo scorso anno, ha riproposto questo tema dell’evangelizzazione e dell’unità delle Chiese con molta responsabilità. Oggi ci troviamo in uno scenario nuovo, plurale, attraversato da conflitti e insieme carico di attese, che è di nuovo «terra di missione».
Papa Benedetto XVI, concludendo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno, a San Paolo Fuori le Mura, a Roma, diceva: «La ricerca del ristabilimento dell'unità tra i cristiani divisi non può pertanto ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze ed al conseguimento di una pacifica convivenza: ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero. Il cammino verso questa unità deve essere avvertito come imperativo morale, risposta ad una precisa chiamata del Signore».
In un momento in cui quelle che Giorgio La Pira chiamava «tensioni unitive» sembrano in crisi - basti pensare all’unione dell’Europa, ma anche all’unità delle Chiese -, a dieci anni dalla firma della Charta Oecumenica, intendiamo ribadire il nostro impegno a contribuire all’unità dei cristiani, nella preghiera, nel riferimento costante alla sacra Scrittura, nell’impegno comune - qui in Italia come in Europa - nei diversi campi che la stessa Charta non manca di indicare (il cammino verso l’unità visibile delle Chiese, l’annuncio comune del vangelo, la costruzione dell’Europa, la riconciliazione tra i popoli e le culture, la salvaguardia del creato, il dialogo con l’ebraismo e con l’islam, nonché con le altre religioni e visioni del mondo).
Il Metropolita Ioannis (Zizioulas) di Pergamo, in occasione del cinquantesimo anniversario della creazione del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, lanciava questo preoccupato appello: «Sembriamo sempre meno a disagio con le nostre divisioni, dimentichi della volontà del Signore, che noi tutti siamo una cosa sola (Gv 17,23). E questo in un momento in cui il mondo reclama disperatamente la riconciliazione, e ne va della sopravvivenza stessa della cristianità».
«Non possiamo essere ecumenici da soli», si è affermato in un recente incontro ecumenico cui ha partecipato il presidente del Consiglio Ecumenico delle Chiese, il Pastore Olav Fykse Tveit. «Le Chiese hanno bisogno le une delle altre» per perseguire l’unità visibile e promuovere il dialogo fra le diversità come una forza, non come una debolezza. La comunione e la fiducia ecumenica sono strumenti necessari per essere affidabili nel fronteggiare le molte ingiustizie che vengono sperimentate non solo nel Sud del mondo ma anche in Europa.
Riteniamo gli obiettivi e gli impegni della Charta Oecumenica decisamente attuali e invitiamo i fedeli delle Chiese che sono in Italia a farli propri di tutto cuore, tornando a meditare questo importante documento.
L’unità delle Chiese è dono di Dio. Siamo dunque chiamati a pregare e a vegliare nell’attesa del suo compimento. Le difficoltà del presente non debbono indurci alla rassegnazione o al pessimismo, che si rivelerebbero mancanza di fiducia nella potenza dello Spirito Santo. La Charta Oecumenica rappresenta una bussola in un tempo in cui «la parola del Signore è rara e le visioni non sono frequenti» (Cfr. 1Sam 3,1), è un programma ancora valido che può orientare il nostro impegno comune e la nostra attesa. Roma, 24 aprile 2011 - Pasqua di Risurrezione



Sabato 14 Maggio,2011 Ore: 20:15
 
 
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