Appelli
Sosteniamo dom Luiz Flavio Cappio

Una rassegna di articoli a cura de "La nonviolenza e’ in cammino"



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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e’ in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 143 del 23 dicembre 2007

In questo numero:
[1.] La lotta nonviolenta di dom Luiz
[2.] Serena Corsi: Il vescovo del Sertao in digiuno
[3.] Dom Luiz Flavio Cappio: La nostra lotta
[4.] Un breve profilo di dom Luiz Flavio Cappio
[5.] Un appello di Leonardo Boff a sostegno di dom Luiz Flavio Cappio




[1.] EDITORIALE. LA LOTTA NONVIOLENTA DI DOM LUIZ

La lotta nonviolenta delle popolazioni nordestine e di dom Luiz Flavio Cappio contro la deviazione del fiume Sao Francisco ci interpella, ci convoca, ci chiama in causa.

In essa vengono poste questioni decisive, decisive per l’umanita’ intera: questioni ecologiche e morali, di giustizia sociale, di democrazia politica, di diritto e di economia. Questioni di verita’. Nel merito e nel metodo quella lotta e’ decisiva un’esperienza della nonviolenza in cammino, per fermare la barbarie che sta devastando ad un tempo la civilta’ umana e la biosfera, la dignita’ delle persone e l’unica casa comune.

Quella lotta e’ la nostra lotta, dell’umanita’ intera. Sostenerla occorre.



[2.] REPORTAGE. SERENA CORSI: IL VESCOVO DEL SERTAO IN DIGIUNO

[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 dicembre 2007, col titolo "Brasile. le promesse mancate del companheiro presidente. Il vescovo del sertao che sfida Lula" e il sommario "Reportage da Sobradinho, nord-est del Brasile, dove dom Luiz Cappio e’ in sciopero della fame per impedire la deviazione del rio Sao Francisco voluta dal governo. E dall’agro-business".

Serena Corsi e’ corrispondente dall’America Latina del quotidiano "Il manifesto"]

Sobradinho (Bahia). Fu Amerigo Vespucci a scoprire il fiume Sao Francisco, nell’ottobre del 1501. Pare che un marinaio del suo equipaggio, a diversi chilometri dalla terraferma, si butto’ in mare e grido’, stupefatto, che l’acqua era dolce. Al contrario di quanto credettero i compagni, non era affatto impazzito: stava facendo il bagno nella foce del fiume Sao Francisco. L’episodio viene raccontato ancora oggi per dare un’idea della forza con cui si tuffava in mare questo maestoso corso d’acqua che attraversa 2.700 chilometri di sertao brasiliano.Oggi, dopo 500 anni, la situazione si e’ rovesciata: e’ l’acqua del mare a entrare a fondo dentro il fiume, indebolito e martoriato da tre enormi dighe, centrali idroelettriche e, nel futuro prossimo, dal progetto di trasposizione che creera’ due canali artificiali, uno in direzione dello stato del Ceara’, a nord, e l’altro verso il Paraiba, a est. Contro questo progetto mastodontico un vescovo francescano dell’entroterra bahiano, Luiz Flavio Cappio, sta digiunando da 24 giorni nella cappella di Sobradinho, piccola citta’ al confine col Pernambuco.

Mercoledi’ sera, dopo aver saputo che il Supremo tribunale federale di Brasilia ha rifiutato di vietare la trasposizione, ha ripetutamente perso i sensi ed e’ stato ricoverato in terapia intensiva all’ospedale di Petrolina, la maggiore citta’ della regione. I principali media brasiliani (soprattutto i conservatori "Folha" e "Estado" di San Paolo) l’hanno subito dato per arreso, ma dom Luiz aveva promesso che sarebbe andato fino in fondo: appena ha ripreso i sensi, ha chiesto di essere riportato qui a Sobradinho, per continuare la sua sfida.

Arrivare a Sobradinho, estremo nord bahiano, e’ gia’ un’impresa per chi non e’ nato e cresciuto in questa terra bella e inospitale. Ore di viaggio nel nulla del sertao fino al porto fluviale di Juazeiro, dove tocca sperare in una coincidenza ragionevole col trasporto successivo. Ma una volta giunti a destinazione, arrivare da Luiz Cappio e’ quasi inevitabile: "Sei qui per il vescovo? Sali, l’autobus e’ gratis". La minuscola e dimenticata comunita’, da giorni al centro di una sfida epica da cui dipendono le sorti di decine di milioni di nordestini, ha deciso di schierarsi collettivamente col suo profeta. Gli eventi sono precipitati lunedi’, quando dom Luiz non se l’e’ piu’ sentita di celebrare la messa e di parlare coi giornalisti, e ha affidato le sue parole a Ruben Siquera della Cpt (Commissione pastorale della terra, organo della Commissione episcopale brasiliana), e a Clarice Maia della Articulacao Sao Francisco Vivo, che poco prima del crollo fisico avevano ribadito la condizione posta dal vescovo per interrompere il digiuno: la revoca del progetto. Il Velho Chico, come viene chiamato Il Sao Francisco dai nordestini, deve rimanere intatto.

San Francesco non e’ solo il nome del fiume, ma uma specie di leit motiv in questa storia sempre piu’ lontana da un lieto fine. Luiz, frate francescano, e’ nato il 4 ottobre, giorno di san Francesco e della scoperta del fiume. Ed e’ il quartiere Sao Francisco a ospitare la piccola cappella sede del digiuno. Cosi’ i brasiliani, fra fede e scaramanzia, si spaccano fra chi lo considera l’erede del monaco di Assisi e chi lo tratta come un estremista un po’ fuori di testa. Di certo, c’e’ l’ostinazione che lo ha portato su tutte le prime pagine dei giornali brasiliani e a dar vita a una sfida mediatica senza precedenti con un governo che sperava di annientare con l’indifferenza e l’isolamento la sua campagna contro la trasposizione. Tentativo fallito: lo sciopero di dom Luiz e’ riuscito a creare una eco enorme, sostenuto dai movimenti che sostengono la campagna dal 2005 e che dal 27 novembre, giorno in cui e’ iniziato il digiuno, affollano il cortile della chiesa e le strade di Sobradinho, per alimentare la sfida con Lula che al Nordest deve buona parte della sua elezione nel 2002 e 2006: il bacino del fiume Sao Francisco e’ stato anche un bacino di voti per l’ex-migrante nordestino.

Leda e’ un’anziana devota che in questi giorni fa la spola fra casa e chiesa per portare acqua e frutta ai visitatori del vescovo. Nel ’70 perse casa e terra nelle inondazioni provocate dalla diga di Sobradinho, una delle prime grandi opere sul Sao Francisco. L’elezione di Lula fu una speranza per restituire dignita’ a una delle zone piu’ martoriate del paese. "Io sono contro la violenza, Dio lo sa", borbotta scuotendo Il ventaglio. "Ma noi del sertao siamo cosi’ stanchi dei politici, che devo ammettere una cosa: se Lula, il governatore di Bahia Wagner o il ministro per l’integrazione nazionale Geddel mettessero piede qui, sarei la prima a lanciargli un uovo". Geddel ha avuto il cattivo gusto di cogliere al balzo una nota del Vaticano in cui si chiede a Cappio di desistere, per definire immorale lo sciopero della fame "poiche’ attenta alla vita, primo valore di ogni cristiano". La sfida teologica e’ stata rimandata al mittente da dom Luiz. "E’ proprio per amore alla vita che rimetto la mia alla volonta’ del Signore. E’ un gesto personale, ma dal significato collettivo".

Anche l’intransigenza del governo ha un senso, a modo suo, collettivo: l’insieme degli interessi imprenditoriali che sognano di trasformare il nord del Brasile in un immenso campo destinato alla coltivazione degli agro-combustibili e, prima ancora, nel paradiso delle mafie che faranno affari d’oro sugli appalti dell’opera.

Il nome che fa corto circuito nella presunta buona fede del governo e’ quello di Ciro Gomes, cearense ministro dell’integrazione sociale del primo governo Lula e storico ultra’ della trasposizione. La famiglia Gomes e’ per il Ceara’ (lo stato piu’ beneficiato dal progetto) un po’ quello che la famiglia Bush e’ per Il Texas: legata all’industria nascente dell’agro-business e alla Galtama - l’impresa che ha vinto i primi appalti della trasposizione con l’aiuto di Cid Gomes, fratello di Ciro, che l’ha sostituito nella carica di governatore dello Stato. Per completare la somiglianza, c’e’ chi addita Ciro Gomes nel piu’ probabile candidato presidenziale nel 2010.

Questi affari sporchi sono ben noti alla folla che riempie da settimane il cortile della cappella di Sobradinho: i Sem Terra dell’Mst hanno montato un accampamento a fianco della cappella, e offrono il caffe’ ai nuovi arrivati. Ma ci sono anche rappresentanti del Mab (il movimento delle comunita’ sgomberate a causa delle dighe), la Pastorale dei pescatori e della famiglia, il movimento dei piccoli agricoltori, le confederazioni indigene. Ogni giorno i sermoni dei vescovi che appoggiano Luiz (ma ce ne sono altri favorevoli al progetto) si alternano ai leader sociali che dallo stesso altare tuonano contro un progetto che tace sui suoi veri beneficiari. I movimenti non ne stanno facendo una questione di rifiuto ideologico: il no alla trasposizione e’ soprattutto il si’ all’Atlante Nordest, la proposta alternativa dell’Agenzia Brasiliana per l’acqua, gestita dall’Articulacao do Semi-Arido (Asa), un ombrello di organizzazioni della societa’ civile sorta durante la crisi idrica del ’99.

E’ l’Asa che, fino al settembre scorso, ha gestito il programma "Un milione di cisterne nel semi-arido", forte di 22.000 tecnici sparsi per il sertao, tutti provenienti dalle fila della societa’ civile: un esempio senza precedenti di gestione dal basso di fondi pubblici. Proprio questo ha finito per renderla inaccettabile: mentre organizzava le famiglie a chiedere e ottenere la propria cisterna, l’Asa dimostrava la fattibilita’ della convivenza col semi-arido propugnata dall’Atlante Nordest. A settembre, i fondi per l’Asa sono stati sospesi e, come spiegano all’universita’ statale di Bahia, "il problema e’ che probabilmente quando verranno riattivati sara’ a favore di Stati e municipalita’, non piu’ della societa’ civile". Un passo indietro verso il modello di distribuzione dall’alto dei servizi che qui in Brasile e’ sinonimo di corruzione e clientelismo.

Lo stesso scenario aperto dalla trasposizione del Velho Chico: l’acqua e il suo accesso sempre piu’ lontani dalle persone in carne e ossa, sempre piu’ vicini al business dell’esportazione gestito dall’amministrazione pubblica per conto terzi. Privati e spesso stranieri.

Una mazzata al principio di sovranita’ alimentare che doveva essere una delle bandiere del governo Lula, che ora accusa Cappio di ostacolare un’opera sacrosanta per il bene di dodici milioni di nordestini. Poco credibile perche’ Lula era strenuo oppositore della trasposizione durante il governo Cardoso e ha cambiato idea non appena al governo, mentre dom Luiz ha dedicato la sua vita al fiume e al popolo del sertao. E a proposito di popoli e di fiume - i ribeirinhos - la trasposizione infrange anche il principio costituzionale che dovrebbe garantire la preservazione delle aree indigene: trentadue i popoli indios che vivono nell’area interessata dal progetto, molti dei quali sarebbero spazzati via dalla trasposizione. L’ultima parola tocca a dom Luiz che, di ritorno dall’ospedale, doveva annunciare ieri sera se darsi per vinto o andare avanti.

Fino in fondo.



[3.] TESTIMONIANZE. DOM LUIZ FLAVIO CAPPIO: LA NOSTRA LOTTA

[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 dicembre 2007, col titolo "Rio Sao Francisco. Deviarlo non serve a vincere ’la seca’"]

Mi accusano di essere nemico della democrazia perche’ sto digiunando e pregando contro un progetto autoritario, sbagliato e retrogrado del governo federale, che e’ la trasposizione delle acque del fiume Sao Francisco. Il mio gesto non e’ un’imposizione volontarista di un individuo. Se fosse cosi’, non avrebbe gli appoggi numerosi, diversificati e crescenti che ha ricevuto da parte di ampi settori della societa’, inclusi quelli all’interno dello stesso Pt.

Se vivessimo in una democrazia reale non dovrei fare quello che sto facendo. Uno dei peggiori mali della "democrazia" in Brasile e’ credere che il mandato ricevuto dalle urne conferisca un potere illimitato, cio’ che consente il totale disimpegno dai discorsi della campagna elettorale. Clientelismo, finanziamenti statali deviati, tangenti sulle opere pubbliche e compravendita di deputati sono sfortunatamente pratiche correnti nella politica brasiliana, a quanto si e’ visto, e ancora lontani dal finire. La societa’ e’ stanca e deve reagire.

Il progetto della deviazione non e’ democratico perche’ non democratizza affatto l’accesso all’acqua delle persone che soffrono la sete nella regione del semi-arido vicina o lontana al rio Sao Francisco. Il governo mente quando dice che portera’ l’acqua a dodici milioni di assetati. E’ un progetto che vuole usare denaro pubblico per favorire le imprese, privatizzare e concentrare nelle mani dei pochi di sempre l’acqua del Nord-est.

La trasposizione non ha niente a che fare con la siccita’. Tanto che i canali dell’asse nord, dove correra’ il 71% del volume d’acqua deviato, passeranno lontano dal sertao meno piovoso e dalle aree a piu’ alto rischio idrico. E l’87% di quell’acqua sarebbero destinate ad attivita’ economiche a fortissimo consumo d’acqua, come l’irrigazione delle colture delle frutta, l’allevamento di gamberi e la siderurgia, tutte dirette all’esportazione e con enormi impatti ambientali e sociali. Questi numeri vengono dall’Eias-Rima (Estudos de Impacto / Relatorio de Impacto sobre o Meio Ambiente), che per legge sono pubblici, mentre, su internet, il governo ha messo solo degli spot pubblicitari.

Il progetto di trasposizione e’ illegale ed e’ portato avanti in forma arbitraria e autoritaria: gli studi sull’impatto sono incompleti, l’iter sugli effetti ambientali e’ truccato, le aree indigene sono colpite e il Congresso nazionale non e’ stato consultato come previsto dalla Costituzione. Invece il governo ha mandato l’esercito per avviare i lavori, abusando del ruolo delle forze armate e militarizzando la regione. Quello che piu’ indigna e che e’ piu’ crudele, e’ il fatto che il governo insiste nel ricattare l’opinione pubblica, in particolare i quattro stati che si pretende siano i beneficiari, con la promessa di acqua abbondante e facile, nascondendo chi sono i veri destinatari, i dettagli del funzionamento, i costi e i meccanismi dei pagamenti per i quali i piccoli utenti sussidieranno i grandi, come gia’ capita con l’energia elettrica. Gli obiettivi della trasposizione li chiariscono i dati dell’Eias-Rima: il 70% all’irrigazione, il 26% all’uso industriale, il 4% alla popolazione residente.

Noi proponiamo un progetto molto piu’ grande. Vogliamo l’acqua per 44 milioni di persone del semi-arido. Per 9 stati e non solo per 4. Per 1.356 municipi e non solo per 397. E il tutto per la meta’ dei costi previsti per la deviazione nel Programma di accelerazione economica di Lula. L’Atlante Nord-est dell’Agencia Nacional de Aguas e le iniziative dell’Articulacao do Semi-Arido sono molto piu’ attendibili, danno la priorita’ alle esigenze idriche umane e privilegiano l’uso delle acque abbondanti e sufficienti del semi-arido.

Sono stato definito "fondamentalista" e "nemico della democrazia" perche’ ho cercato di sollevare il popolo, e di questo i "democratici" che mi accusano hanno paura. Perche’ non si presenta la verita’ sul progetto e non si discute quale sia la miglior soluzione, quale il cammino del vero sviluppo del semi-arido? Questa e’ la nostra lotta, questa la vera democrazia.



[4.] MATERIALI. UN BREVE PROFILO DI DOM LUIZ FLAVIO CAPPIO

[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 dicembre 2007, col titolo "Dom Luiz Flavio Cappio. Chi e’ il vescovo del fiume"]

Luiz Flavio Cappio e’ nato Il 4 ottobre 1946 anni a Guratingueta’ (interno di San Paolo) da emigranti italiani. Francescano, da 34 anni ha scelto di vivere e soffrire insieme ai sertanejos del nord-est. Sceso alla stazione di Montes Claros (Minas gerais) dopo aver preso i voti, percorse a piedi i 2.000 km che lo separavano da Barra, la diocesi bahiana di cui piu’ tardi divenne vescovo. Dall’ottobre del ’92 all’ottobre del ’93 intraprese un altro lungo pellegrinaggio di 2.800 km, dalla sorgente alla foce del fiume Sao Francisco, in cui vide le devastazioni gia’ portate dalle imprese di estrazione di minerali. Decise di dedicare alla vita del fiume la propria, e gia’ nel novembre 2005 comincio’ un digiuno contro la trasposizione, interrotto dopo undici giorni dopo la promessa di Lula di realizzare un tavolo di dibattito - mai avviato - sul progetto.



[5.] MATERIALI. UN APPELLO DI LEONARDO BOFF A SOSTEGNO DI DOM LUIZ FLAVIO CAPPIO

[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 dicembre 2007, col titolo "Leonardo Boff: Perche’ stiamo con frei Luiz".

Leonardo Boff e’ nato nel 1938 a Concordia (Brasile). Tra i suoi maestri (ha studiato in Brasile e in Germania) ha avuto Evaristo Arns, Karl Rahner e Wolfhart Pannenberg. E’ tra le figure piu’ rappresentative della teologia della liberazione. Opere di Leonardo Boff: Teologia della cattivita’ e della liberazione, Queriniana, Brescia; Chiesa: carisma e potere, Borla, Roma; Con la liberta’ del vangelo, La Piccola, Celleno (Vt); La fede nella periferia del mondo, Quando la teologia ascolta il povero, Cinquecento anni di evangelizzazione, Ecologia, mondialita’, mistica, Grido della terra, grido dei poveri per un’ecologia cosmica, Come fare teologia della liberazione (in collaborazione con il fratello Clodovis Boff), Selezione di testi spirituali, Selezione di testi militanti, tutti presso la Cittadella di Assisi (che ha pubblicato anche altri volumi di Boff). Opere su Leonardo Boff: AA. VV., Il caso Boff, Emi]

Leonardo Boff, il prestigioso teologo brasiliano, e’ stato il professore di teologia di dom Luiz Cappio. Boff ha lanciato un "manifesto di appoggio a dom Cappio contro la trasposizione".

"Quel progetto e’ faraonico, non e’ democratico perche’ non democratizza l’accesso all’acqua per le persone che soffrono la sete nella regione semi-arida, lontano o vicino al rio Sao Francisco", e non tiene conto "di alternative piu’ economiche e piu’ praticabili". Questo spinge al digiuno frei Cappio "persona umile, aperta al dialogo e amico dei poveri", "appoggiamo il suo gesto profetico, degno dei discepoli di Gesu’". Le firme sono gia’ migliaia. Fra le prime: Eduardo Galeano, Adolfo Perez Esquivel, il vescovo Pedro Casaldiga, Joao Pedro Stedile dell’Mst, Via campesina.



Domenica, 23 dicembre 2007