No al nuovo aeroporto di Viterbo - Documentazione
L’italia soffre di aeroportite

di Elisabetta Tramonto

[Ringraziamo Marinella Correggia (per contatti: mari.cor@libero.it) per averci messo a disposizione questo articolo parte del dossier apparso nell’ultimo fascicolo della rivista "Valori" col titolo "Epidemie, l’Italia soffre di ’aeroportite’" e il sommario "Il paese dei mille campanili e dei cento aeroporti. Per costruire, ampliare, rinnovare uno scalo piovono finanziamenti pubblici. Perche’ non approfittarne? Poco importa se i passeggeri mancano e gli aeroporti vanno incontro al fallimento". Elisabetta Tramonto e’ giornalista, collabora con varie testate, si occupa di temi ambientali e sociali]


Fra Milano e Venezia c’e’ un aeroporto ogni 40 km.: Malpensa, Linate, Brescia, Bergamo, Verona, Belluno, Vicenza, Padova, Trento, Bolzano, Asiago, Treviso, Istriana, Ghedi, Aviano e Venezia.

Un centinaio di scali in tutta Italia, tra grandi e piccoli, militari, civili e da turismo.

Ma perche’ sbocciano come funghi? Semplice: sono un ottimo affare. Merito della pioggia di finanziamenti pubblici sugli aeroporti.

Per costruire, convertire da militare a civile, rinnovare o ampliare uno scalo, infatti, si attinge alle tasche dei contribuenti, attraverso gli stanziamenti del Ministero dei Trasporti, dell’Unione Europea o delle societa’ di gestione degli aeroporti, che per la maggior parte appartengono a Comuni, Province o Regioni.

E la continua crescita del traffico aereo in Italia, seppur vera, non giustifica tutti gli aeroporti di cui e’ cosparsa la penisola.

Gli ultimi dati diffusi dall’Enac, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, parlano di 122 milioni di passeggeri nel 2006, con un incremento di circa l’8% rispetto al 2005, superiore al 5% della media mondiale.

"Certo, il traffico aereo in Italia sta aumentando, ma siamo ancora molto al di sotto dei principali paesi europei", precisa Dario Balotta, segretario generale Fit-Cisl Lombardia. "Da un indagine realizzata dalla Commissione europea emerge che tra Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna, siamo al primo posto per dotazioni infrastrutturali aeroportuali (scali, piste, hangar, ecc.), ma ultimi per numero di passeggeri (nel 2006, secondo i dati dell’Enac - ndr)".

E il Governo sta a guardare senza intervenire? Finora si’.

Le concessioni aeroportuali vengono decise dall’Enac e dal Ministero dei Trasporti. Se siamo invasi da scali e piste di decollo, quindi, e’ anche colpa della compiacenza della pubblica amministrazione.

"Abbiamo troppi aeroporti, e’ mancata una pianificazione del settore", l’illuminazione e’ arrivata al ministro ai Trasporti, Alessandro Bianchi, che ha portato in Consiglio dei ministri un atto di indirizzo per la riforma del trasporto aereo nazionale, ora in discussione in Parlamento. Il ministro Bianchi punta a una classificazione degli aeroporti italiani per eliminare la concorrenza eccessiva. Secondo quali criteri e che fine faranno gli scali considerati di troppo ancora non e’ dato sapere.

"Vorremmo creare dei sistemi aeroportuali coordinati, con un coordinatore che smisti il traffico nei vari scali, ad esempio dedicando un aeroporto al traffico internazionale, uno al low cost e uno al trasporto merci", spiega Geraldo Pelosi, funzionario del ministero dei Trasporti. "Il ministro Bianchi dovrebbe pero’ chiarirsi le idee: oggi parla di ridurre gli aeroporti, mentre ieri (il 30 aprile - ndr) ha inaugurato il nuovo scalo siciliano di Comiso", denuncia Dario Balotta.

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Cento piste, una miniera d’oro

Comiso e’ uno dei nuovi nati nella nidiata degli aeroporti made in Italy: una base missilistica nucleare trasformata in scalo civile, alla modica cifra di 47 milioni di euro. La Sicilia del resto e’ un caso esemplare di capacita’ di attirare finanziamenti pubblici per il sistema aeroportuale: 300 milioni di euro piovuti sugli scali dell’isola negli ultimi cinque anni, 230 per rinnovare o ricostruire tre aeroporti e realizzarne un quarto che entrera’ in funzione nel 2008; e una sessantina per le nuove aerostazioni delle isole di Lampedusa e Pantelleria. E nel bel mezzo della Valle dei Templi di Agrigento sta per sbocciare un altro scalo: quello di Racalmuto. "L’aeroporto si fara’, non c’e’ dubbio" ha dichiarato in un’intervista il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, che alla fine di aprile ha destinato all’aeroporto 35 milioni, circa meta’ del costo stimato. Il resto dovrebbe arrivare con un project financing: tra gli interessati, si parla della Save, la societa’ che gestisce l’aeroporto di Venezia, del gruppo Flughafen Wien (aeroporti di Vienna e Malta) e del gruppo Milo Radice. La Puglia non e’ da meno. Ad aprile l’Ap, Aeroporti Pugliesi, la societa’ che gestisce gli scali locali e di cui la Regione e’ il principale azionista, ha ricevuto il via libera dall’Unione Europea a uno stanziamento di 63 milioni di euro per "incrementare il traffico aereo".

Non ci sarebbe quindi bisogno di tutti questi aeroporti? "Assolutamente no, tranne in alcuni casi isolati", risponde Oliviero Baccelli, vicedirettore del Certet Bocconi, il Centro di economia regionale, dei trasporti e del turismo. "Ci sono aree del Paese che avevano bisogno di avere piu’ aeroporti, come il Lazio o la Campania, perche’ erano sottoserviti. Sono scali con grandi bacini di mercato nell’arco di 2 ore, con un numero di passeggeri elevato, che hanno tratto certamente vantaggio dalla presenza di compagnie aeree low cost, ma che sarebbero riusciti a stare in piedi anche autonomamente da un punto di vista economico e finanziario". Ma sono la minoranza... "Purtroppo si’ - continua Baccelli - Il problema sono tutte quelle realta’, e sono molte, che sopravvivono solo grazie a finanziamenti pubblici, costruite senza alcuna motivazione di traffico. In Toscana, ad esempio, perche’ scegliere tra Grosseto e Siena? Lo stesso vale per la Calabria, la Puglia, il Veneto o l’Emilia Romanga, dove fioriscono aeroporti senza alcuna ragion d’essere. Sono frutto di un campanilismo spinto e di una caccia al finanziamento pubblico. In questo modo pero’ drogano mercato e provocano una concorrenza tra scali che va solo a loro discapito. Il rischio e’ anche quello della cannibalizzazione tra aeroporti vicini. Se non c’e’ una reale domanda che giustifichi due scali in una zona ristretta, uno soccombera’. Si pensi che il fatturato totale delle societa’ di gestione degli aeroporti e’ di circa 1,6 miliardi di euro, ma due terzi, circa un miliardo, finisce nelle tasche delle due aziende principali: la Sea che gestisce gli scali milanesi di Linate e Malpensa e Aeroporti di Roma. La miriade di altre societa’ di gestione si spartiscono i 600 milioni restanti". Ma la presenza di un aeroporto non ha un impatto positivo sull’economia locale? "Solo oltre una soglia minima di traffico. Sopra il milione di passeggeri si possono ottenere vantaggi economici per il territorio, sotto diventa difficile gestire lo scalo da un punto di vista economico e i benefici per economia locale sono ridotti".

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Numero 171 del 4 agosto 2007



Domenica, 05 agosto 2007