Da: nonviolenza-request@peacelink.it per conto di Centro di ricerca per la pace [nbawac@tin.it] Inviato: venerd́ 31 agosto 2007 11.16 A: nonviolenza@peacelink.it Oggetto: Coi piedi per terra. 15 =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 15 del 31 agosto 2007 In questo numero: 1. Monica Frassoni e Sepp Kusstatscher: Solidali da Bruxelles e Strasburgo 2. Karl-Ludwig Schibel: Mitigazione, adattamento e ruolo degli enti locali per la salvaguardia del clima 3. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo 1. EDITORIALE. MONICA FRASSONI E SEPP KUSSTATSCHER: SOLIDALI DA BRUXELLES E STRASBURGO [Ringraziamo i parlamentari europei Monica Frassoni (per contatti: monica.frassoni@europarl.europa.eu) e Sepp Kusstatscher (per contatti: sepp.kusstatscher@europarl.europa.eu) per questo intervento. Monica Frassoni, parlamentare europea, tra le figure piu' note dell'impegno ecologista, e' presidente del gruppo parlamentare dei Verdi al Parlamento europeo. Dal sito www.monicafrassoni.it riprendiamo la seguente scheda: "Sono nata a Veracruz, in Messico, il 10 settembre 1963. Dopo il ritorno della mia famiglia in Italia, ho fatto il liceo linguistico a Brescia e piu' tardi mi sono laureata in scienze politiche a Firenze con una tesi sui rapporti fra Europa e America Latina. A Firenze, nel 1983 ho cominciato la mia attivita' di militante del Movimento Federalista Europeo e nel 1987 sono stata eletta segretario generale europeo della organizzazione giovanile dei federalisti, la Jef, e mi sono trasferita a Bruxelles. Dal 1991 al 1993 ho continuato ad occuparmi di politiche giovanili, come presidente del Bureau europeo di coordinamento delle Ong giovanili. Dal 1990 a giugno 1999, ho lavorato al Gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo, come responsabile delle questioni costituzionali, del regolamento interno e delle immunita', avendo Adelaide Aglietta come punto di riferimento politico principale. In questa funzione, mi sono specializzata in particolare sulla battaglia per la costituzione democratica dell'Unione Europea, sulla cittadinanza europea, sui diritti fondamentali. Nel 1999 sono stata nominata nel Comitato promotore per la fase costituente dei Verdi italiani e in seguito membro dell'esecutivo della Federazione dei Verdi. Alle elezioni europee del 13 giugno 1999 sono stata eletta deputata al Parlamento europeo in Belgio nelle liste dei verdi francofoni (Ecolo). Durante la legislatura 1999-2004 sono stata membro della Commissione per gli affari costituzionali, membro sostituto della Commissione per le liberta' e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni e della Delegazione per le relazioni con i paesi dell'America del Sud e Mercosur e di quella alla commissione parlamentare mista Ue-Cipro. Alle elezioni del 14 giugno 2004 sono stata riconfermata al Parlamento europeo con i Verdi italiani (circoscrizione Nord-Ovest). Attualmente sono membro della Commissione giuridica (Juri) e membro sostituto della Commissione per gli affari costituzionali (Afco) e di quella per l'ambiente, la salute pubblica e la sicurezza alimentare (Envi). Sono anche membro della Delegazione per le relazioni con il Mercosur e membro sostituto della Delegazione per le relazioni con l'Iran e della Delegazione all'Assemblea parlamentare euromediterranea. Sono membro dell'esecutivo della rete parlamentare della Banca Mondiale (Pnowb), e nel 2006 ho guidato due missioni di osservazione elettorale dell'Unione Europea in Bolivia e in Venezuela. Al Parlamento europeo da dicembre 2001 sono presidente (insieme a Daniel Cohn-Bendit) del Gruppo dei Verdi-Alleanza Libera Europea, e sono parte quindi della Conferenza dei presidenti". Sepp Kusstatscher e' parlamentare europeo. Dal sito www.kusstatscher.net riprendiamo la seguente scheda: "Sepp Kusstatscher e' nato nel 1947 in un maso di Villanders/Villandro a circa mille metri d'altitudine sopra Klausen/Chiusa (Bz), e la' e' cresciuto con otto fratelli e sorelle. Dopo aver conseguito la maturita' classica nella sua lingua, il tedesco, ha studiato filosofia, teologia e pedagogia a Bressanone, Innsbruck e Klagenfurt. Per 17 anni e' stato direttore della scuola professionale di Bressanone. Per dieci anni e' stato sindaco del suo paese, per cinque consigliere provinciale e presidente della "corrente sociale" della Suedtiroler Volkspartei (Svp). E' uscito da quel partito quando gli sembrarono prevalervi le lobby, gli affaristi e gli arroganti. E' l'unico alto ex-dirigente che, lasciato la Svp, ha fatto la scelta di un movimento interetnico come i Verdi. Si batte per un'autonomia in cui i diritti siano uguali per tutti ed in cui ciascuno si senta a casa propria. Nel 2003 e' stato rieletto nel consiglio provinciale di Bolzano, stavolta con i Gruene-Verdi-Verc, che lo hanno poi candidato per le Europee, conseguendovi il miglior risultato della loro storia (13,1%). Il 13 giugno 2004 e' stato eletto unico eurodeputato dei Verdi dall'Italia accanto a Monica Frassoni. Fa l'europarlamentare a tempo pieno. E' membro effettivo della Commissione Occupazione ed Affari Sociali. E' membro supplente della Commissione Trasporti e Turismo, dove si batte per alternative sostenibili a megaprogetti insani ed infinanziabili come il Tunnel di Base del Brennero. Data la sua provenienza, a) non perde d'occhio quelle lingue e quei popoli minoritari in Europa che stanno molto peggio della Provincia Autonoma Sudtirolo-Alto Adige (oltre al relativo intergruppo, fa anche parte della Delegazione per la Macedonia); b) si sente anche alleato di quel tipo di agricoltura e di agriturismo anche di montagna, che assicura un'alimentazione sana e sostenibile. E' convinto che produciamo molto piu' di quanto avremmo bisogno, consumiamo molto piu' di quanto ci faccia bene, trasportiamo molto piu' di quanto sia necessario. E' per un'Europa non dominata dalle grandi imprese, ma solidale, democratica, costruttrice di pace, per una politica che non rafforzi chi e' gia' forte, ma renda piu' autosufficiente chi lo e' meno"] Abbiamo letto con interesse le informazioni che ci avete inviato sulla possibile costruzione di un aeroporto per aeri lowcost nel viterbese e volentieri esprimiamo la nostra solidarieta' al Comitato "Coi piedi per terra". Sulla base di quanto e' oggi noto a noi tutti, non e' piu' accettabile investire in infrastrutture destinate a modalita' di trasporto non sostenibili. Cio' vale in maniera particolare per i trasporti aerei, che, con emissioni di CO2 per passeggero e per chilometro proporzionalmente altissime, contribuiscono fortemente al preoccupante fenomeno del riscaldamento globale. Siamo pienamente d'accordo inoltre con l'idea che la priorita' vada al potenziamento dei collegamenti ferroviari: e' sul miglioramento della linea ferroviaria esistente che bisogna investire, non su progetti ad alto impatto ambientale. Auguriamo tanto successo all'attivita' del Comitato "Coi piedi per terra" e faremo il possibile per sostenere il raggiungimento degli obiettivi del comitato da Bruxelles e Strasburgo. Monica Frassoni e Sepp Kusstatscher Gruppo Verdi al Parlamento europeo 2. RIFLESSIONE. KARL-LUDWIG SCHIBEL: MITIGAZIONE, ADATTAMENTO E RUOLO DEGLI ENTI LOCALI PER LA SALVAGUARDIA DEL CLIMA [Dalla Newsletter dell'"Alleanza per il Clima - Italia" del 28 agosto 2007 (per contatti: segreteria@climatealliance.it) riprendiamo le seguenti riflessioni di Karl-Ludwig Schibel sullo stato della politica del clima e sull'importanza di attivare gli enti locali e territoriali. Karl-Ludwig Schibel, sociologo, docente, coordina dal 1989 la realizzazione della "Fiera delle utopie concrete" e la relativa Agenzia; e' coordinatore dell'"Alleanza per il Clima delle citta' europee" in Italia e membro della presidenza europea. Tra le opere di Karl-Ludwig Schibel: (con Silvia Zamboni), Le citta' contro l'effetto serra. Cento buoni esempi da imitare, Edizioni Ambiente, 2005] "Il dibattito sul riscaldamento globale e' finito" Lo "Scientific American" del settembre 2006 riporta la conclusione "The debate on global warming is over", il dibattito sul riscaldamento globale e' finito. Dichiarare un dibattito chiuso suona strano per una rivista scientifica quando la certezza non fa parte del discorso scientifico, e il dubbio, il mettere in questione, e' uno dei suoi fondamenti. Come sono da intendere queste parole? Non esistono argomenti plausibili per mettere in dubbio che l'atmosfera del pianeta si sta riscaldando. L'evidenza schiacciante riconduce il riscaldamento globale all'aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera. L'effetto serra e' in atto e le conseguenze da aspettarsi sono inaccettabili. Il fantasma delle incertezze sui cambiamenti climatici ha due origini. Gli studiosi o l'istituto che escono con qualche informazione, con qualche "rapporto", pretendendo dissensi significativi nella comunita' scientifica mentre in realta' esiste un largo consenso, o sono sul libro paga dell'industria del petrolio o del carbone (con Exxon Mobil nel ruolo di leader) o cercano pubblicita' ad ogni costo. Un esempio per tanti: la tesi dei due fisici danesi Henrik Svensmark e Eigil Friis-Christensen, che i cambiamenti climatici siano il risultato di una crescente intensita' della radiazione solare si trova al centro del film documentario "La truffa del clima", una replica polemica a "Una scomoda verita'" di Al Gore. L'Ipcc, duemila studiosi in cento paesi, non aveva mai escluso un ruolo delle variazioni nel flusso gigantesco di calore dal sole alla terra nei cambiamenti climatici che pero' e' sempre stato considerato di importanza secondaria in paragone alla presenza dei gas serra nell'atmosfera terrestre. In questi giorni il Centro mondiale per la radiazione a Daros in Svizzera ha fornito una risposta autoritativa: mentre in passato la radiazione solare e la temperatura globale sembrano aver avuto un andamento sincronico, dagli anni Ottanta queste due curve divergono, la quantita' di calore che arriva dal sole diminuisce, la temperatura media terrestre cresce. Percio' il sole puo' essere escluso come spiegazione per l'attuale riscaldamento della terra (1). Il che non impedira' l'uscita tra breve di qualche altro "rapporto" che pretendera' un nuovo dubbio di qualche studioso, che altrimenti sarebbe rimasto nel meritato anonimato, sulle cause dei cambiamenti climatici. Fenomenologicamente le manovre pseudoscientifiche messe in scena in buona parte dall'industria petrolifera e del carbone ricordano quelle dell'industria del tabacco nel mettere in dubbio il legame tra il fumo e il cancro ai polmoni (2). In Italia oggi e' diventato difficile trovare dei negazionisti dei cambiamenti climatici, mentre abbondano coloro che affermano, anzi sottolineano l'urgenza del problema, senza pero' fare un ulteriore passo verso le azioni per affrontarlo. Dedicano invece l'attenzione ad un sempre piu' raffinato monitoraggio dell'andamento del fenomeno, alla vulnerabilita' dei territori, agli effetti sulla salute, ai danni in passato e ai possibili danni in futuro - tutte ricerche senza dubbio molto importanti per comprendere meglio il fenomeno e possibilmente anche per poter calibrare meglio le misure di adattamento. Non e' visibile quali conseguenze potrebbero avere queste ricerche sulle misure piu' urgenti all'ordine del giorno: la mitigazione delle emissioni dei gas serra (3). Non sembra tanto attraente testare che cosa succedera' se la concentrazione di CO2 in atmosfera superera' di molto 500 ppm, e a nessun climotologo dispiacera' se l'umanita' non sperimentera' questo scenario. * Senza mitigazione l'adattamento e' una battaglia di retroguardia Infatti e' da osservare una tendenza preoccupante a fare un salto diretto dagli studi del fenomeno - l'andamento delle temperature, delle precipitazioni, degli eventi meteorologici estremi, della vulnerabilita' dei territori e dei possibili impatti - alle misure di adattamento senza mai fermarsi sul campo d'attivita' principale: la riduzione dei gas climalteranti. Anche se tutta la comunita' scientifica concorda che senza mitigazione non ci sara' niente cui adattarsi (4). Non dobbiamo discutere la necessita' di una politica responsabile di adattamento ai cambiamenti climatici ormai in atto. Quello che e' preoccupante, soprattutto in Italia, e' la reificazione dei cambiamenti climatici. Eventi causati da attivita' umane ben identificabili assumono un carattere quasi oggettivo, mandato da qualche forza superiore invece di un fenomeno che richiede prima di tutto il nostro sforzo deciso per una riduzione delle emissioni di CO2 che permetta misure promettenti di adattamento. L'Alleanza per il Clima sta concludendo in questi mesi il progetto europeo "Amica", un lavoro con i governi locali di Lione, Dresda, Stoccarda, Venezia, la Provincia di Ferrara ed altri sul "common ground", sul terreno comune, tra mitigazione e adattamento. Quali sono le misure che rendono il territorio piu' resiliente ai cambiamenti climatici contribuendo alla mitigazione del fenomeno? Ci sembra questa la direzione nella quale andare, sotto gli aspetti dei costi/benefici, ma anche come approccio culturale che tenga presente nella coscienza e nella pratica di tutti gli attori che non ci puo' essere adattamento senza mitigazione e che viceversa ogni azione ha degli effetti sia per l'adattamento che per la mitigazione. Le capacita' di affrontare il problema clima dipendono complessivamente dal livello di sviluppo del sistema amministrativo dell'ente e come sottolineano Ferrara e Farruggia dalle sue capacita' progettuali e di programmazione, organizzative, infrastrutturali e di intervento operativo in generale. "Le capacita' di adattamento [e di mitigazione - kls] sono maggiori nelle regioni e nelle comunita' dove piu' mature sono la cultura scientifica e tecnologica, l'organizzazione socio-economica locale, la conoscenza dei problemi e la partecipazione dei cittadini" (5). * La paura di lasciare, la speranza di poter continuare Se dovessimo spiegare, dopo quindici anni di attivita' per la salvaguardia del clima, la riluttanza ad affrontare in modo diretto, pragmatico, strategico e da subito la mitigazione dell'effetto serra, la risposta sarebbe: perche' emerge con sempre piu' chiarezza che la salvaguardia del clima coincide con l'uscita dall'era del fossile. Occorre abbandonare le fonti energetiche fossili, il petrolio, il carbone, il metano, che hanno propulso lo sviluppo degli ultimi 150 anni. Occorre abbandonarli perche' sono causa del riscaldamento globale, perche' stanno per finire e prima di finire subiranno sbalzi enormi di prezzo, perche' provengono da zone politicamente instabili del mondo con alti rischi di insicurezza di approvvigionamento e perche' la loro estrazione e combustione creano enormi danni ambientali. Siamo di fronte ad una svolta epocale che mette paura e inquietudine tanto piu' in un paese come l'Italia che ha conosciuto il benessere diffuso, il rapido aumento della ricchezza anche della classe media e medio-bassa, della motorizzazione generale e della liberta' di spostamento connessa, dell'accessibilita' di tutti o quasi ai servizi energetici una volta riservati a uno strato sottile di ricchi - che ha conosciuto un tale sviluppo propulso dal petrolio, dal carbone, dal metano solo negli ultimi trenta, quarant'anni. E adesso tutto cio' sarebbe gia' da mettere in discussione per un atteggiamento precauzionale (esaurimento, sbalzi dei prezzi, insicurezza dell'approvvigionamento) e di responsabilita' globale (cambiamenti climatici)? E' chiesto molto. La tentazione di chiudere gli occhi, di rimuovere una verita' che viene ritenuta scomoda, e' grande. Si capisce bene questo desiderio di poter continuare altri 20 o 30 anni in uno scenario del "business as usual", magari mandando avanti gli altri e poi non e' da escludere un miracolo tecnologico che finalmente ci portera' quantita' illimitate di energia pulita senza emissioni di CO2 a basso costo, come ci promise Edward Teller, il padre della bomba ad idrogeno, gia' negli anni Sessanta. Non sara' un caso che i vecchi paesi industriali, l'Inghilterra, la Germania, la Svezia, in questi anni hanno fatto gli sforzi piu' decisi, comprensivi e consistenti per una conversione a un sistema energetico sostenibile basato sull'efficienza energetica e la svolta verso le energie rinnovabili. Certo che questo processo e' lento, poco spettacolare, pieno di conflitti e a volte con dei passi indietro. Ma il tutto avviene in questi paesi in un quadro di riferimento di politica del clima di largo consenso nazionale. Il governo svedese ha approvato un programma per rendere il paese carbon free entro i prossimi 15 anni, il governo tedesco ha elaborato in questi giorni un pacchetto di misure che ridurranno entro il 2020 le emissioni di gas serra del 36%. In Italia la situazione sembra il contrario. Nonostante molte dichiarazioni altisonanti con numerosi riferimenti al protocollo di Kyoto, manca una visione largamente condivisa di una conversione verso un sistema energetico sostenibile e di una strategia del clima. Con "largamente condiviso" si intende un sostegno di alta priorita' da parti sostanziali della classe politica e dei leaders economici. L'attuale politica italiana del clima e' rinchiusa con poche eccezioni importanti nel ministero e negli assessorati regionali, provinciali e comunali per l'ambiente che non hanno ne' la competenza ne' il peso politico per avviare la svolta in questione. Solo se la politica energetica e la politica del clima diventeranno oggetto di interesse prioritario del capo di governo, dei presidenti regionali e provinciali, dei sindaci e dei ministeri ed assessorati direttamente coinvolti (oltre all'ambiente economia, attivita' produttive, bilancio, trasporti...) nascera' la prospettiva di una massa critica tra le forze di governo a tutti i livelli per affrontare seriamente la conversione verso un sistema energetico sostenibile. Le notizie sono che il documentario di Al Gore, "Una scomoda verita'", abbia lasciato in Italia una certa impressione soprattutto sulla classe politica. Sarebbe da sperare che altri segnali che arrivano, allarmanti sul versante delle fonti fossili, promettenti per i potenziali dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili, preoccupanti per l'andamento dei cambiamenti climatici, rassicuranti per le possibilita' di contenerli a livelli gestibili, riusciranno a trasformare una preoccupazione situazionale in un orientamento consistente. Se queste indicazioni di una consapevolezza diffusa della crisi del carbonio dovessero guadagnare in forza e consistenza come possiamo immaginarci l'avvio di una politica del clima in Italia? * La buona notizia e' che sappiamo che cosa dobbiamo fare Sokolow e Pacara insistono sulla base di una ricerca approfondita che oggi ci sono sul mercato tutte le tecnologie e tutte le conoscenze necessarie per uscire dall'era del carbonio. Ci sono un gran numero di tecniche, di procedure e di misure per abbassare drasticamente il fabbisogno energetico nei paesi ricchi, per permettere uno sviluppo a basso contenuto di carbonio nei paesi poveri ed emergenti e per soddisfare un crescente fabbisogno globale con energia da fonti rinnovabili e da fonti fossili pulite (6). Se le tecnologie a disposizione miglioreranno, come e' da aspettarsi, con l'innovazione e il progresso scientifico - meglio ancora. Ma non dobbiamo fare una scommessa rischiosa su qualche miracolo tecnologico che si sta annunciando per il 2030 o il 2040. E ancora di meno dobbiamo affidarci a un'unica soluzione che ci portera' da sola alla salvezza. Le promesse dei miracoli tecnologici e della soluzione unica, il nucleare prima, la fusione, l'idrogeno, il solare nello spazio ed altro poi, vanno molto bene per vendere libri e per finire sui giornali e sui programmi di convegni e conferenze, contribuiscono pero' poco alla soluzione dei problemi. Nel settore edilizio le soluzioni stanno in un miglioramento della performance energetica attraverso una migliore coibentazione e sistemi efficienti di riscaldamento e di raffreddamento. Il recente accordo nel maggio 2007 a New York tra sedici grandi citta', cinque banche e quattro compagnie di servizi energetici di impegnare cinque miliardi di dollari a tale scopo va nella direzione giusta, come anche i provvedimenti di incentivazione dell'efficienza energetica nell'esistente sulla finanziaria 2007. Per le nuove costruzioni servono elevati standard energetici come sono stati elaborati nel Sudtirolo con CasaClima. Nel settore della mobilita' obiettivi immediati sono quelli di abbassare, e di molto, il consumo di carburante e di ridurre, e di molto, il traffico motorizzato individuale. Guido Viale ci ha presentato qualche anno fa un possibile scenario di come ristrutturare il sistema di trasporto delle persone (7). La certificazione degli elettrodomestici, la co- e trigenerazione, il teleriscaldamento e condizionamento e la produzione di energia in sistemi decentrati da fonti rinnovabili sono tra i tanti tasselli per costruire un sistema energetico sostenibile. * La sfida degli enti locali come attori per la salvaguardia del clima A questo punto si pone la domanda di come fare il passo dalle possibili soluzioni sulla carta all'attuazione su grande scala nella realta' empirica, di come abbassare, per esempio, per prendere una proposta di Socolow e Pacala, il consumo di energia elettrica nelle case, negli uffici e nel commercio del 25%. Un attore chiave che stabilisce molte condizioni quadro e influisce su molte variabili delle emissioni di gas serra sono gli enti locali e territoriali. L'organizzazione sociale ed economica del sistema territoriale, l'informazione e la consapevolezza dei problemi da parte della cittadinanza e dei vari gruppi di utenti, lo sviluppo dell'infrastruttura sono materia delle comunita'. Gli enti locali e territoriali hanno un potere decisivo sul quadro di riferimento per i comportamenti di mobilita' e di consumo, di lavoro e di tempo libero delle cittadine e dei cittadini. I loro spazi d'azione sono limitati ma anche reali. La mancanza di consapevolezza dell'esistenza di questi spazi, la mancanza di know-how e di fiducia in soluzioni nuove, l'inerzia istituzionale ma anche la mancanza di fondi e di competenze, ostacola l'utilizzo sistematico degli spazi d'azione a livello locale a favore di una politica di sostenibilita' che potra' fornire un contributo decisivo e insostituibile alla protezione del clima. Con la finanziaria 2007 il governo italiano ha fatto primi passi importanti per promuovere l'efficienza energetica e l'impiego di energie rinnovabili e per mettere a disposizione degli enti locali dei fondi per la realizzazione di forme sostenibili di mobilita'. Questi programmi di incentivazione devono essere allargati nei prossimi anni e nel contempo vanno costruite negli enti locali le capacita' per una politica strategica del clima. La domanda non e' che fare ma come inserire le singole misure e attivita' in un quadro strategico ottimizzando il rapporto costi/benefici e garantendo un processo di conversione economicamente e socialmente equilibrata verso una societa' sostenibile. Uno strumento idoneo a tale fine e' la "Bussola del clima" dell'Alleanza per il Clima. * La bussola del clima Come possiamo immaginarci nella prassi l'elaborazione e il funzionamento di una strategia del clima che riesce a guidare gli attori nelle loro attivita' quotidiane inserendo nei processi decisionali come variabile guida di alta priorita' la riduzione di CO2? L'Alleanza per il Clima ha elaborato per un attore chiave, gli enti pubblici territoriali e locali, i Comuni, le Province e le Regioni, uno strumento che serve proprio per questo; la bussola del clima (8). Lo strumento e' il risultato di un lavoro negli enti, con gli enti e tra gli enti che consisteva nei primi anni nella collezione di tutte le misure possibili a favore del clima. Il "catalogo delle misure" comprende 160 interventi e modi di fare con la relativa documentazione sugli esempi e le esperienze fatte. Dal catalogo delle misure ha preso forma lo strumento della bussola del clima raggruppando le singole misure secondo i settori degli enti pubblici e ordinandole secondo livelli di ambizione. Negli acquisti verdi per esempio si parte tipicamente con pochi beni per i quali l'ente richiede la compatibilita' ambientale (carta, detersivi per le pulizie) inserendo poi il criterio della compatibilita' ambientale nelle procedure di approvvigionamento di sempre piu' beni o servizi stabilendo successivamente quote di acquisti verdi e definendo infine per ogni bene e servizio le procedure per acquistarlo verde o meno e istituzionalizzando in tutti i settori la revisione e l'aggiornamento di queste procedure in continuo (9). Ristrutturare i governi locali e territoriali a favore del clima e' un lavoro di profonda trasformazione che richiede tempo e impegno. I casi eccellenti come Hannover e Heidelberg in Germania, Utrecht e Apeldoorn in Olanda, Graz e Vienna in Austria, Bolzano e Ferrara in Italia, dimostrano i tempi lunghi per una politica del clima a mettere radici. La bussola del clima serve proprio per mantenere il corso e non perdere d'occhio la meta. Il grande pregio della bussola del clima e' che parte dalle attivita' in corso. Il primo passo e' infatti il rilevamento dello stato attuale delle attivita' dell'ente insieme ai dirigenti e responsabili nei vari settori per arrivare ad un profilo della attuale politica del clima dell'ente. Questo profilo poi serve come punto di partenza per individuare insieme prossimi passi piu' ambiziosi. Sono quindi le priorita' e le decisioni politiche dell'ente, le condizioni socio-economiche, i punti forti e deboli del luogo e la sua storia che definiscono i campi d'azione sui quali puntare. La bussola del clima non sostituisce nessuna parte del processo politico ma non fa altro che sensibilizzare i decisori sulla rilevanza della propria politica per il clima e delineare il profilo dei prossimi passi da intraprendere. E' quindi uno strumento che funziona bene nelle mani di governi locali e territoriali con una robusta cultura di democrazia di autodeterminazione e di fiducia nelle proprie forze per uno sviluppo sostenibile. * Una strategia del clima per gli enti locali La bussola del clima e' uno strumento utile per enti pubblici capaci di progettare e di agire in modo efficace sulla base delle proprie priorita' e della propria progettualita'. Nelle reti come Alleanza per il Clima, Energie Cites, Iclei, Eurocities o Agende 21 Locali, si sono organizzati gli enti piu' attivi che storicamente hanno saputo usare gli spazi d'azione a livello locale per una robusta politica di sviluppo e benessere. La salvaguardia del clima ovviamente non e' un compito istituzionale dei Comuni, delle Province e delle Regioni. In una prima fase della politica del clima a livello locale - fino all'ultimo terzo degli anni Novanta - gli enti impegnati si sono attivati piu' che altro per un senso di responsabilita' generale per il futuro dell'umanita' (pensare globalmente, agire localmente). Sono molti i politici e dirigenti che a tutt'oggi sono rimasti fermi con questa motivazione lodevole ma non abbastanza potente per dare incisivita' e continuita' al processo di trasformazione verso un territorio clima sostenibile. Solo nell'ultimo decennio sono emerse le multiple necessita' ma anche le tante opportunita' di mettersi in strada per tempo e con decisione per uscire dal fossile. Migliorare la qualita' dell'aria e dell'ambiente in generale, ridurre la dipendenza dal metano dalla Russia e dal petrolio dai paesi arabi e rafforzare il tessuto economico del territorio possono essere forti motivi per una politica del clima. All'impegno morale di contribuire al superamento della minaccia dei cambiamenti climatici si affianca quindi il motivo forte di una politica del clima che oggi e' la corsia preferenziale per uno sviluppo del territorio capace di futuro. La visione dello sviluppo del territorio in chiave di uscita dal fossile pero' non e' patrimonio comune tra gli enti locali e territoriali. Anzi, incontra incomprensione, disinteresse e resistenza al di fuori di un gruppo ristretto di enti da sempre sensibili alle questioni ambientali e di cooperazione. Le ragioni di questa reticenza sono varie e solide. Continua ad essere scarsa la conoscenza del fenomeno "cambiamenti climatici" e delle minacce connesse. Potrebbe essere che il film di Al Gore ha comportato qualche miglioramento, l'insistenza e la bravura con le quali un loro collega ha provato ad avvicinarli a una scomoda verita' potrebbe aver trovato tra qualcuno della classe politica la disponibilita' ad ascoltare. Un altro ostacolo, descritto ampiamente nella letteratura, e' l'orizzonte temporale lungo delle misure in questione che si scontra con le scadenze elettorali e la necessita' di presentarsi all'elettorato con dei risultati favorevoli per la propria rielezione. Programmi per migliorare la coibentazione nell'edilizia esistente non si prestano per farsi rieleggere e gli effetti benevoli di una politica restrittiva verso il traffico motorizzato individuale si fanno sentire solo dopo diversi anni, mentre la protesta dei commercianti, degli artigiani ed operatori dei servizi, come anche dei residenti coinvolti, si fa sentire subito e forte. E infine e' la pura profondita' della conversione del territorio che mette paura e si scontra con interessi consolidati. La produzione e distribuzione dell'energia, la gestione dei rifiuti, la costruzione e manutenzione delle infrastrutture di trasporto fanno guadagnare molto a pochi e garantiscono a molti un posto di lavoro. Altrimenti sarebbe difficile spiegare l'emergenza perenne dei rifiuti nell'Italia del Sud. Gli enti pubblici locali e territoriali non riusciranno in grandi numeri e con le proprie forze a superare questi ostacoli di ignoranza, di potenti interessi particolari, del respiro breve delle cadenze elettorali e dalla paura del nuovo per imboccare con una forte volonta' politica una strategia del clima. Questa affermazione non piace a chi crede in uno sviluppo decentrato e un ruolo decisivo dei Comuni, delle Province e Regioni per la salvaguardia del clima. E non ci puo' essere dubbio che oggettivamente questo ruolo esiste. Se la meta' del problema delle emissioni di gas clima alteranti nasce con le grandi industrie chimiche, del cemento, dell'acciaio, della carta e con le centrali termoelettriche, l'altra meta' ha a che vedere con il residenziale, con la mobilita', l'industria piccola e media, i servizi e con il settore pubblico. In tutti questi ambiti - la costruzione e la manutenzione degli edifici, la mobilita' nel territorio, la produzione della piccola e media industria e la distribuzione nel territorio - i governi locali hanno un ruolo decisivo e in molti ambiti insostituibile. Se questa descrizione dovesse essere vicina ai fatti diventa una questione non di un municipalismo romantico ma di un'urgenza molto pragmatica di attivare e di attivare velocemente piu' governi locali possibili per elaborare una strategia del clima. * Attivare mille Comuni italiani a favore del clima La politica del clima oggi e' terra incognita per il 90% degli attori nella politica e nell'economia. Non solo, richiede anche il ripensamento di paradigmi fondamentali della societa' industriale degli ultimi 150 anni. Fare di piu' con meno. O forse mantenere i livelli raggiunti con molto di meno perche' bastano. Puntare sulla qualita' dello sviluppo, sull'efficienza dei processi. Parliamo di una spinta iniziale del governo nazionale per far partire una politica del clima dei Comuni. Lo strumento da usare per questo "Quickstart" sarebbe la bussola del clima. Come dobbiamo immaginarci il processo della Bussola del Clima? I comuni elaborano - con il sostegno di promotori qualificati - in due o tre incontri di lavoro tra dirigenti e collaboratori dei vari settori e con l'aiuto di un compendio di misure, un rilevamento dello stato attuale delle attivita' in atto. Per ogni campo d'azione del compendio (energia, rifiuti, acquisti verdi etc.) sono elencati i compiti piu' importanti e i vari livelli d'ambizione dalle semplici misure di partenza a programmi ambiziosi e comprensivi. Da questo primo rilevamento dello stato attuale emerge un profilo d'attivita' oltre alla presentazione di possibili misure piu' incisive. Questo profilo e' il punto di partenza per una strategia del clima, con misure che a breve termine porteranno ad una diminuzione verificabile delle emissioni di gas serra per esempio attraverso l'attivazione mirata dei potenziali di risparmio nel patrimonio edilizio dell'ente. Le esperienze da altri paesi dimostrano che attraverso misure preventive e investimenti economicamente convenienti normalmente si possono ridurre le emissioni di un 25%. Inoltre la strategia locale del clima comprende linee programmatiche a medio e lungo termine nella pianificazione urbanistica, nei regolamenti edilizi e nei piani del traffico. L'Alleanza per il Clima Italia propone di applicare questo metodo su mille comuni italiani. Se ipotizziamo un costo di 5.000 euro a Comune il costo complessivo ammontera' a 5 milioni di euro. Il risultato della misura sara' di allargare, e di allargare di molto, il gruppo degli enti locali capaci di agire a favore del clima. Chi oggi cerca di indviduare i Comuni, le Province e Regioni attivi per la salvaguardia del clima, si rende conto che si tratta di un piccolo gruppo di fronte alla stragrande maggioranza che non ha idee o idee molto vaghe su come impostare una politica del clima a livello locale. Tutte le altre proposte che oggi sono sul tappeto per aumentare le capacita' di progettazione e di intervento operativo degli enti locali - l'Alleanza per il Clima propone l'incentivazione di pacchetti di misure sul modello olandese, il Kyoto Club propone di inserire gli enti locali in uno schema di emission trading - queste ed altre proposte gia' presuppongono l'esistenza di soggetti istituzionali consapevoli del problema clima e del rapporto con il proprio agire. Questi soggetti ad oggi non esistono. Cambiare questa situazione va oltre le possibilita' delle reti attive nel campo e richiede uno sforzo a livello nazionale. Per attivare mille Comuni a favore del clima occorre l'autorevolezza e l'incisivita' del governo nazionale. Chiediamo quindi l'inserimento nella Finanziaria 2008 di una misura "Mille Comuni per il Clima" che offre ai Comuni interessati un percorso di indagine/programmazione per una strategia del clima secondo il metodo "Bussola del Clima". L'esecuzione del programma sara' da affidare alle organizzazioni attive nel campo, secondo le regole stabilite. La proposta ha trovato un orientamento positivo tra molti colleghe e colleghi delle altre reti. Siamo convinti del suo potenziale di allargare qualitativamente il gruppo degli attori capaci di svolgere un ruolo attivo per rispondere agli obblighi di Kyoto e affrontare la minaccia dei cambiamenti climatici. * Note 1. M. Lockwood, C. Froehlich, Recent oppositely directed trends in solar climate forcings and the global mean surface air temperature, Proceedings of the Royal Society A (2007) 463, 2447-2460, "Our results show that the observed rapid rise in global mean temperatures seen after 1985 cannot be ascribed to solar variability, whichever of the mechanisms is invoked and no matter how much the solar variation is amplified". 2. M. Hertsgaard, Vanity Fair, maggio 2006. While Washington slept, "If global warming isn't halted, devastating sea-level rises will be inevitable by 2100. So how did this virtual certainty get labeled a 'liberal hoax' in the U.S.? Try the same tactics Big Tobacco used to deny the dangers of smoking". 3. In questo senso si esprime anche la Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera nella sua ottima Relazione sulle Tematiche Relative ai Cambiamenti Climatici del 28 giugno 2007, p. 5: "Analisi e ricerca devono continuare, ma non possono piu` essere considerati propedeutici alle azioni politiche, che sono sempre piu` urgenti". 4. Per una presentazione commentata della literatura vedi: M. Stock, O. Walkenhorst, Potsdam Institute for Climate Impact Research (Pik), Potsdam, Germany, Amica Adaptation and Mitigation - an Integrated Climate Policy Approach - Literature Review. www.amica-climate.net/ 5. V. Ferrara, A. Farruggia, Clima: istruzioni per l'uso, Edizioni Ambiente, Milano 2007, p. 263. 6. S. Pacala, S. Socolow, Stabilization Wedges: Solving the Climate Problem for the Next 50 years with Current Technologies, Science, agosto 2004. Vedi anche per i calcoli di riduzione nei singoli campi d'azione www.princeton-edu/-cmi. 7. G. Viale, Tutti in taxi. Demonologia dell'automobile, Feltrinelli, Milano 1996 8. www.climate-compass.net/ 9. Per Hannover vedi H. Wahle, Con la Via all'eco-audit - l'esempio del Comune di Hannover, www.utopieconcrete.it/public/ingrandimento_news.php?ID=74 3. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI VITERBO Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo: e-mail: info@coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta@libero.it Per ricevere questo notiziario: nbawac@tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it Numero 15 del 31 agosto 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request@peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request@peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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