Da: nonviolenza-request@peacelink.it per conto di Centro di ricerca per la pace [nbawac@tin.it] Inviato: luned́ 9 giugno 2008 11.38 A: nonviolenza@peacelink.it Oggetto: Coi piedi per terra. 104 =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 104 del 9 giugno 2008 In questo numero: 1. Tutto si tiene 2. Marinella Correggia intervista Tejo Pramano 3. Marinella Correggia: La via contadina 4. Marinella Correggia: E in Brasile... 5. Marinella Correggia: Poverta' e cibo in Africa 6. Marinella Correggia: Il diritto al cibo 7. Walden Bello: Le cause della crisi del cibo 8. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo 1. EDITORIALE. TUTTO SI TIENE Tutto si tiene. La nostra lotta per la riduzione del trasporto aereo (cominciando dall'impedire la realizzazione a Viterbo di un nuovo devastante mega-aeroporto per voli low cost, struttura che devasterebbe rilevantissimi beni ambientali, culturali, sociali, e che danneggerebbe in modo irreversibile la salute di tantissime persone) e' parte della lotta per un modello di sviluppo eco-equo-solidale, sostenibile per la biosfera e coerente con la prospettiva di un'umanita' di persone che si riconoscono libere, eguali in diritti, solidali e corresponsabili per la casa comune di tutti noi viventi e di coloro che verranno. E' dunque parte della lotta per un modello di mobilita' democratico ed ecocompatibile, che non devasti la natura, e che riconosca il diritto alla mobilita' a tutti gli esseri umani lungo tutto il pianeta. E' parte della lotta per scelte energetiche di sobrieta' e di giustizia, fondate sul risparmio e sulle fonti e le tecnologie sicure, pulite, rinnovabili. E' parte della lotta contro il consumismo e per una gestione onesta e ragionevole dei rifiuti. E' parte della lotta contro il surriscaldamento del clima. E' parte della lotta contro la fame. E' parte della lotta per la democrazia globale, poiche' una e' l'umanita', e tutto il mondo vivente e' interconnesso. * Abbiamo ovviamente radicato la nostra lotta nella concreta situazione dell'Alto Lazio - un'area gia' duramente colpita da servitu' e devastazioni -; e l'abbiamo immediatamente collegata alla lotta della popolazione di Ciampino che subisce i catastrofici effetti del dissennato incremento del trasporto aereo; ed abbiamo avviato una rete di relazioni e solidarieta' a livello nazionale e internazionale affinche' i tanti movimenti e comitati locali impegnati per la riduzione del trasporto aereo e per un modello di mobilita' eco-equo-solidale si conoscano, si riconoscano, si sostengano, e vincano insieme per l'umanita'. * Ed abbiamo fondato il nostro impegno sulla scelta della nonviolenza, poiche' solo la scelta della nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe. Tutto si tiene. 2. RASSEGNA STAMPA. MARINELLA CORREGGIA INTERVISTA TEJO PRAMANO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 31 maggio 2008 col titolo "La produzione torni nelle mani dei contadini". Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti; scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia, Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e' dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia: Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998; Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni, Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di), Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007. La rivoluzione dei dettagli, Feltrinelli, Milano 2007] Tejo Pramano, dell'Unione federativa contadina indonesiana (Fspi) indica il tavolino allestito verso l'ora di pranzo e pieno di piatti, forchette e bicchieri assolutamente vuoti di cibo. Lo hanno allestito, su un prato non lontano dal grande palazzo della Fao, il movimento rurale internazionale Via Campesina e le altre organizzazioni contadine e movimenti sociali che nei prossimi giorni animeranno il Forum internazionale "Terra Preta". Avevano chiesto l'area dove sorgeva l'obelisco di Axum rubato e restituito all'Etiopia, ma gli e' stato concesso uno spazio un po' piu' in la'. La denuncia si riferisce anche alla difficolta' di concertare dei tavoli di trattativa con i governi. Lo striscione di Via Campesina indica la ricetta forte per la realizzazione del diritto al cibo: "Contro la crisi alimentare, sovranita' alimentare". Come dice Tejo, quasi un miliardo di persone non mangiano abbastanza, anche se il cibo c'e'. Ed e' prodotto in gran parte da piccoli coltivatori, a dispetto del dominante modello di concentrazione fondiaria, di speculazioni finanziarie e di mercato neoliberista. Centinaia di milioni di piccoli coltivatori che in molti paesi sono protagonisti di lotte politiche faticose e pericolose. * - Marinella Correggia: Vista da un produttore indonesiano, cosa suggerisce un'emergenza alimentare cosi' profonda da far temere che gli affamati nel mondo salgano oltre il miliardo? - Tejo Pramano: Constatiamo sulla nostra pelle che il sistema agroalimentare e' sempre meno nelle mani dei piccoli agricoltori, ormai diventati in gran parte dei braccianti giornalieri. L'agribusiness multinazionale si e' impadronito delle terre e produce per il profitto, gli speculatori e i mercati internazionali, non per nutrire persone. * - Marinella Correggia: Voi contestate la scelta di destinare sempre piu' terre alla produzione di agrocarburanti, anche in Indonesia dove le piantagioni di palma da olio sostituiscono la foresta tropicale, polmone del pianeta... - Tejo Pramano: E' l'agribusiness a distruggere le foreste. E ad affamare. A proposito di "bioenergie", tanti governi parlano di creazione di posti di lavoro e di reddito, ma nel mio paese, ad esempio, con l'aumento dei prezzi dell'olio di palma le grandi piantagioni - che sono private - esportano a piu' non posso e i poveri, che spendono il 70% per mangiare, non possono piu' permettersi di comprare l'olio per scopi alimentari... sono costretti a lunghe code per ottenere le razioni distribuite dal governo. Insomma, il cibo c'e' ma non e' nelle mani dei poveri, ne' dei contadini poveri. * - Marinella Correggia: Cosa chiederete come organizzazioni di produttori ai governi che parteciperanno alla conferenza Fao su crisi climatica, energia e cibo? - Tejo Pramano: La produzione alimentare deve essere nelle mani dei contadini, affinche' possano nutrire se stessi e le comunita' locali. Questo significa che i governi devono favorire: l'accesso alla terra (la riforma agraria), l'autoproduzione dei semi, la distribuzione locale, i mercati regionali. Dunque occorrono fondi, incentivi, protezione: l'Unione Europea ha sempre protetto la propria agricoltura, e poi ci chiede di aprire i nostri mercati agroalimentari! 3. RASSEGNA STAMPA. MARINELLA CORREGGIA: LA VIA CONTADINA [Dal quotidiano "Il manifesto" del primo giugno 2008, col titolo "Fao, parte il contro-vertice: la via contadina contro la crisi" e il sommario "Parte a Roma 'Terra Preta'. Gli agricoltori che partecipano al forum chiedono ai governi che sia proclamato lo 'stato di emergenza dei popoli per crisi alimentare'. Il rimedio? 'I popoli decidano le loro politiche agricole'"] Campesinos, paysans, camponeses, peasants, kisan, krishok, fellahin. Solo il termine italiano "contadini" evoca il medioevale servaggio al "conte" di turno. Nelle altre lingue i piccoli coltivatori sono definiti con sostantivi che si riferiscono alla terra, al campo, ai villaggi. E insieme, "contadini, produttori piccoli e medi, senza terra, donne rurali, popoli indigeni, gioventu' rurale e braccianti" - e' l'elenco di attori stilato dal movimento internazionale Via campesina - compongono il settore di lavoratori tuttora piu' vasto al mondo: i produttori di cibo. Hanno mandato i loro rappresentanti a "Terra Preta", il Forum parallelo - inizia oggi - alla Conferenza della Fao su Crisi climatica, energie e cibo. Sostengono di fronte ai governi che vada dichiarato formalmente lo "stato di emergenza dei popoli per crisi alimentare", per permettere alla politica di derogare alle regole affamanti del neoliberismo, per affermare "il diritto dei produttori, dei popoli e dei paesi di definire le proprie politiche agricole e del cibo". La mappa delle organizzazioni contadine, iniziamola dall'Africa. A Thomas Sankara, il presidente burkinabe' paladino dell'autosufficienza alimentare africana, sarebbe piaciuta la decisione presa il 23 maggio ad Addis Abeba da quattro reti rurali africane che hanno dato vita alla Piattaforma panafricana delle organizzazioni contadine e dei produttori agricoli d'Africa. Hanno dichiarato Fanny Makina del Sacau, Philip Kiriro dell'Eaff, Elizabeth Atangana del Propac e Ndiougou Fall del Roppa: "L'agricoltura africana puo' nutrire il continente solo se le organizzazioni contadine con le loro poche risorse agiscono insieme a livello continentale; i nostri stati, le comunita' regionali e l'Unione africana devono concertarsi, qui in Africa e non altrove". Il Roppa riunisce organizzazioni contadine e di produttori dell'Africa occidentale, rappresentando circa dieci milioni di lavoratori dei campi. Dice il coordinatore Ndiougou Fall: "L'aumento dei prezzi delle derrate agricole potrebbe essere anche un'opportunita' per rilanciare il mondo rurale africano: riducendo la poverta' dei coltivatori e le spese nazionali per l'importazione di alimenti". E il pressing sui governi qualcosa ha ottenuto: "Nei paesi della Cedeao la politica agricola comune adesso sembra voler favorire l'idea dei mercati locali e regionali. Quello che pero' ci preoccupa e' che molti stati continuano a pensare che questo rilancio possa avvenire in un contesto neoliberista, senza protezione dell'agricoltura nazionale. Noi insistiamo sul sostegno da dare alla produzione locale per i mercati locali". Via campesina e' il piu' grande coordinamento mondiale di organizzazioni di piccoli produttori, rappresentato in 56 paesi di America Latina, Africa, Asia, Europa, Nord America. Promuove un modello di agricoltura contadina e familiare, ecologica, finalizzata all'autoconsumo e ai mercati locali. Via campesina ha aderenti d'eccellenza. In Brasile spicca il Movimento Sem terra che da oltre venti anni organizza centinaia di migliaia di famiglie rurali senza terra ed e' da decenni il simbolo del sogno della riforma agraria. Le occupazioni di massa, l'organizzazione degli insediamenti, la scelta di un'agricoltura sociale ed ecologica, la lotta per la distribuzione delle terre hanno dovuto far fronte a nuovi impegni: contro la distruzione della foresta per via dell'espansione dell'agribusiness, pascoli e coltivazione di soia da mangimi (il Mst ha come alleati naturali in Amazzonia i seringueiros e i popoli indigeni), contro il deserto verde degli agrocarburanti, contro gli Ogm. La lotta per la riforma agraria ha contrassegnato anche la lunga lotta dell'Anpa in Nepal; ora e' fra le priorita' del governo maoista. Nelle Filippine la lotta per il diritto alla terra, da parte del Kmp, ha spesso conosciuto arresti e repressioni di contadini, senza terra, braccianti. In Via campesina sono ben rappresentati i popoli indigeni: in Messico nell'Unorca, e in Bolivia nel Consiglio andino dei produttori di coca, in Bangladesh nella Bas, che riunisce i tribali, o adivasi. In India le associazioni aderenti a Via campesina - come il Krrs del Ksrnataka - si misurano con i suicidi di massa, per debiti, nei campi. A Via campesina aderiscono anche sindacati di piccoli coltivatori dei paesi occidentali, che mutatis mutandis si riconoscono nel "grande sudore di un lavoro mal remunerato", come recita la definizione della Piattaforma contadina africana. 4. RASSEGNA STAMPA. MARINELLA CORREGGIA: E IN BRASILE... [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 giugno 2008 col titolo "Documenti invecchiati con i grilli, e l'Amazzonia sparisce pian piano" e il sommario "Appello a Lula. Il Mst e i movimenti sociali brasiliani: con tecniche antiche, l'agrobusiness falsifica gli atti di proprieta' di migliaia di ettari"] Lo chiamano grilagem, traduciamolo "grillaggio"ª. Come hanno fatto - e fanno tuttora - i fazenderos brasiliani a ottenere diritti di proprieta' su terre pubbliche illegalmente occupate, per farne pascoli, piantagioni di soia e altro agrobusiness? Scrivono falsi documenti, li retrodatano di decenni e per invecchiarli li chiudono in un cassetto con dei grilli: con le piccole deiezioni degli animaletti (e soprattutto con umane connivenze) l'effetto antichita' e' assicurato. Sembra un romanzo del peruviano Manuel Scorza - la pratica fu comune in America Latina. Ma la notte dopo le dimissioni di Marina Silva da ministro dell'ambiente, il parlamento di Brasilia ha approvato la misura provvisoria 422/08, gia' conosciuta come "Pag - Piano di accelerazione del grilagem in Amazzonia". E' un premio ai grandi occupanti di terre pubbliche: fino a 1.500 ettari non avranno bisogno di licitazione per legalizzarne il possesso. La Costituzione prevedeva come tetto massimo 50 ettari, la legge precedente 500. Una lettera aperta al presidente della Repubblica e alle istituzioni, mandata da un nutrito gruppo di movimenti sociali (fra questi il Movimento Sem Terra - Mst, Via Campesina Brasile, Cut), pastorali (Commissione pastorale della terra), personalita', chiedeva appunto la bocciatura di questa proposta di legge e di altre, "spinte dagli interessi degli imprenditori rurali". "Adesso - dice un comunicato del Mst - la 422 aspetta la compagnia del progetto di legge 6.424/85". Gia' passata al senato federale, la misura, come lamenta la lettera-appello, "vuole diminuire l'area di riserva legale forestale dell'Amazzonia dall'80 al 50% per rendere possibile la piantagione di palmacee, eucalipti, cereali e canna da zucchero per produrre agrocombustibili, come se fossero foreste. Un progetto Foresta zero". I firmatari chiedono attenzione per il futuro del mondo e del Brasile: "Per la biodiversita', l'acqua, la sovranita' sugli alimenti e sulle sementi, gli abitanti dei fiumi, i contadini, i quilombolas, i senzaterra...". La lettera e' stata consegnata a Roma al ministro per lo sviluppo agrario Cassel. La sua reazione? "Ha detto che, insomma, 1.500 ettari in Amazzonia non sono poi tanti... Ma cosi' si spalanca la porta a sempre maggiori devastazioni", riferiscono Serena Romagnoli e Antonio Lupo di "Amigos Mst Italia". Dati del ministero dell'ambiente brasiliano: l'Amazzonia ha perso tremila chilometri quadrati nei primi cinque mesi. A causa della deforestazione il Brasile e' il quarto produttore mondiale di gas serra. Secondo uno studio dell'Embrapa, organismo del ministero dell'agricoltura brasiliano, le coltivazioni amazzoniche di canna da zucchero stanno aumentando: oltre allo stato del Mato Grosso, la canna per nutrire le automobili e' arrivata anche negli stati dell'Acre, di Roraima e del Para'. Dunque i suoi stessi ministeri smentiscono Lula quando proclama al mondo che tali colture sono lontane dal territorio forestale, "nemmeno agronomicamente adatto". Lula minimizza l'impatto della canna da zucchero sulla foresta, ed e' vero che la distruzione ha molte cause, ma sono tutte nell'agrobusiness e nelle grandi opere pubbliche e private ad esso collegate. Scrivono i Sem Terra: "La biodiversita' sta perdendo la battaglia. Il governo federale apre il terreno a tutto l'agrobusiness su terre pubbliche: estrazione del legname, coltura della soia, allevamenti... Sostituire la foresta con i bovini e' un antico progetto, risale agli anni Cinquanta". Gia' allora mettendo al lavoro i poveri grilli. 5. RASSEGNA STAMPA. MARINELLA CORREGGIA: POVERTA' E CIBO IN AFRICA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 giugno 2008 col titolo "Piu' poveri, meno cibo. L'incubo dell'Africa"] In Africa potrebbe concentrarsi la maggior parte dei nuovi temibili futuri 100 milioni di affamati e i raccolti di alcuni paesi del continente potrebbero dimezzarsi entro il 2020. Questo un possibile scenario catastrofico; perche' e' messo in conto e come evitarlo? Su alcuni punti di analisi concordano tutti: capi di stato e di governo del continente, organizzazioni di piccoli coltivatori, le diverse agenzie dell'Onu competenti in materia. Intanto l'Africa contribuisce all'effetto serra solo per il 5% del totale - lo hanno sottolineato il presidente dello Zimbabwe come quello del Senegal, la vicepresidente sudafricana come il ministro dell'Agricoltura di Zanzibar - e pero' l'intero continente e' fra le aree piu' vulnerabili a causa dell'altrui bulimia di fossili. I raccolti sono molto inferiori, ha ricordato per tutti Gabriel Ntisezerana vicepresidente del sovrappopolato e rurale Burundi dove il 90% della popolazione coltiva per l'autoconsumo e il mercato locale ma l'insicurezza alimentare cronica riguarda l'85% degli abitanti. In molte aree "si susseguono siccita' devastanti, poi invece piove quando si dovrebbe raccogliere, nuovi parassiti imperversano, semine non fruttano, il deserto avanza, i pastori ci chiedono se non possono fare un altro lavoro", ha detto Philip Kiriro della East Africa Farmers Federation. Tutti d'accordo anche che l'Africa puo' nutrire se stessa e anzi lo deve fare visto che i prezzi delle derrate ora importate sono destinati a rimanere elevati; ma secondo non pochi politici africani - dal Congo Brazzaville al Kenya - il continente puo' anche sfamare gli altrui motori. E tutti riconoscono che l'agricoltura e il mondo rurale sono stati negletti per decenni, con il conseguente crollo della produzione alimentare interna. Consenso a parole anche sulla necessita' di sostenere i piccoli produttori africani. Come rilanciare l'agricoltura d'Africa, allora? Da un lato c'e' la soluzione proposta dall'Agra (Alliance for a Green Revolution in Africa) fondata da Kofi Annan e ora protagonista di un'alleanza con Fao, Programma alimentare mondiale (Pam) e Ifad, piu' il sostegno di Rockfeller Foundation e Bill e Melinda Gates: imitare la rivoluzione verde asiatica e latinoamericana, aumentare la produttivita' con forniture di semi moderni e altri inputs. Per il Movimento internazionale Via campesina, pero', cosi' si continua a proporre alcune delle ricette che sono causa della crisi: piu' aiuti alimentari (anche se ora, ha ricordato Josette Sheeran, direttrice del Programma alimentare mondiale, l'80% dei relativi acquisti sono locali o regionali), piu' biotecnologie, via libera alla speculazione degli investitori favorita dalla nuova concorrenza fra produzioni alimentari e agrocarburanti. I piccoli coltivatori e i movimenti sociali ricordano ai governi e alle istituzioni internazionali che l'emergenza e' frutto di decenni di politiche di liberalizzazione commerciale; i paesi del Sud sono stati obbligati ad aprire i mercati e a importare, diventando dipendenti (esportatrice netta negli anni '60, adesso l'Africa importa il 25% delle derrate); i governi hanno sostenuto le multinazionali produttrici di semi, pesticidi, fertilizzanti di sintesi, favorendo l'ipersfruttamento dei suoli e spingendo nella miseria le famiglie contadine. "Ecco perche' respingiamo le promesse della cosiddetta 'Nuova rivoluzione verde' e dei 'semi miracolo'". E la Roppa, confederazione regionale di contadini, chiede ai governi di "sviluppare e proteggere produzione e mercati interni per garantire alle popolazioni cibo sano, sufficiente, culturalmente accettato". E' questa la sovranita' alimentare. Ma questa protezione della piccola agricoltura rinascente non e' l'opposto di quella liberalizzazione ulteriore del commercio agricolo di cui all'Onu parla anche Ban Ki Moon? Kanayo Nwanze, vice presidente Ifad, Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, agenzia che sostiene finanziariamente e logisticamente i piccoli coltivatori (e ha anche finanziato il Forum parallelo della societa' civile), risponde cosi': "Dobbiamo lavorare perche' siano i piccoli coltivatori a poter accedere davvero ai mercati locali, e poi a quelli regionali... l'apertura commerciale dovrebbe riferirsi soprattutto ai paesi Ocse". 6. RASSEGNA STAMPA. MARINELLA CORREGGIA: IL DIRITTO AL CIBO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 giugno 2008 col titolo "L'ira delle ong: Negare il cibo diventi un reato"] Placebo international? Sarebbe una semplice "restituzione internazionale del maltolto" finanziare per lunghi anni nei paesi impoveriti una produzione agricola compatibile con il clima e assicurare subito cibo nutriente alle categorie sociali piu' colpite. Eppure anche farlo non servira' ne' al clima ne' alla sicurezza alimentare ne' a quella energetica. Perche' il quadro e' rimasto lo stesso, dicono i movimenti sociali e di piccoli produttori che hanno partecipato a "Terra Preta", il forum parallelo al vertice Fao sull'emergenza mondiale del cibo. "Non hanno preso nessun impegno di cambiamento" dice Flavio Valente, brasiliano, dell'organizzazione internazionale Fian. Henri Saragih, coltivatore indonesiano e coordinatore di Via Campesina, il movimento presente in 60 paesi, ha ricordato ai governi: "Nel 1996 vi impegnaste a ridurre alla meta' gli affamati entro il 2015. Dopo cinque anni, di nuovo. Ma come diciamo da allora le politiche sono fallite: il mondo vede ora migliaia di suicidi fra i contadini e sempre piu' malnutrizione. E' stata un fallimento la liberalizzazione dei mercati agroalimentari e il modello agroindustriale controllato dalle multinazionali". Un fallimento non aver ascoltato i piccoli coltivatori che producono la gran parte del cibo nel mondo: "Esperti e governi parlano per noi anziche' ascoltarci", ha detto Ndiougou Fall a nome dei contadini africani. "Terra Preta" ha avanzato precise proposte di fronte alle contraddizioni ufficiali. Ad esempio, che la negazione del diritto al cibo diventi un crimine contro l'umanita', fino all'avvio di procedimenti penali contro i profittatori e gli speculatori. Sicurezza alimentare significa puntare in primo luogo sulla produzione locale per i mercati locali, schiacciati da derrate straniere dal costo ora insostenibile. Il commercio internazionale viene dopo la ricostruzione delle capacita' produttive regionali e nazionali, e dopo "il diritto dei paesi di scegliere se importare o no, se esportare o no" dice l'indonesiano Saragih. Un diritto ora espropriato dai trattati commerciali. E' la sovranita' alimentare, ovvero diritto dei popoli e dei paesi a decidere in materia di agricoltura e alimentazione. Il tanto declamato sostegno ai piccoli produttori e alle produzioni degli alimenti di base deve significare accesso alla terra, all'acqua, agli input, tecniche produttive al tempo stesso efficaci, ecologiche e biodiverse, sbocchi di mercato, servizi rurali. Il che e' ben diverso - dicono i movimenti - dall'affidare una nuova rivoluzione verde dai semi ai supermarket a multinazionali agroalimentari che hanno gia' dato pessima prova di se'. Ma poi, davvero bisogna produrre di piu', malgrado la crisi degli ecosistemi, per rispondere alla domanda? E' una domanda distorta: "Non e' sostenibile inseguire l'idea che tutti potranno mangiare carne tutti i giorni e che tutti potranno avere un'auto per abitante come succede in una regione italiana", ha detto Alvaro Santin del Movimento Sem Terra del Brasile. Il clima? Per i movimenti sociali e rurali di "Terra Preta" l'agricoltura deve entrare nelle discussioni post-Kyoto e riconvertirsi per diventare parte della soluzione, mentre ora e' parte del problema ambientale. La ricetta per la sicurezza alimentare ed energetica sostenibile, i piccoli coltivatori e i popoli indigeni la praticano e la offrono. Anche alcuni paesi hanno cercato una loro via per mettere insieme sicurezza e sovranita' alimentare, produzione sostenibile e benessere rurale, indipendenza e solidarieta' internazionale. E' la direzione della cooperazione solidale Sud-Sud per l'agroecologia - con scambio di conoscenze, fornitura di crediti e attrezzature - nell'ambito del Progetto Alba (Alternativa bolivariana para las Americas). E' l'Alba dell'agricoltura, illustrata dall'ambasciatrice del Venezuela Gladys Urbaneja Duran. Con tanto di proposta (all'Opec) di "una formula petroalimentare" e di un Fondo internazionale agricolo da nutrire con imposte su generi di lusso. Per la Bolivia, l'ambasciatore in Italia Esteban Elmer Catarina Mamani ha spiegato: "Malgrado la crisi climatica con le devastazioni che abbiamo subito, non c'e' da noi una crisi alimentare: per noi e' strategico avere riserve alimentari nazionali e stiamo distribuendo il latifondo improduttivo ai piccoli produttori di alimenti di base, con servizi di credito e assistenza tecnica". Lontano lontano, anche il piccolo Bhutan riesce a far fronte alla crisi dei prezzi: e' ancora un paese che si produce il cibo. 7. RIFLESSIONE. WALDEN BELLO: LE CAUSE DELLA CRISI DEL CIBO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 giugno 2008 col titolo "Cosi' si fabbrica la crisi del cibo". Walden Bello (Manila, 1045), sociologo ed economista filippino, gia' oppositore della dittatura di Marcos, docente universitario a Bangkok dove anima il Focus on the Global South, e' tra le figure piu' note del movimento internazionale che si oppone alla globalizzazione neoliberista. Tra le opere di Walden Bello: Il futuro incerto. Globalizzazione e nuova resistenza, Baldini Castoldi Dalai, 2002; La vittoria della poverta'. La ricchezza degli Stati Uniti e la poverta' globale,, Baldini Castoldi Dalai, 2004; Deglobalizzazione. Idee per una nuova economia mondiale, Baldini Castoldi Dalai, 2004; Domination. La fine di un'era, Nuovi Mondi Media, 2005] Quando lo scorso anno decine di migliaia di persone in Messico manifestarono contro l'aumento del 60% sul prezzo delle tortillas, molti analisti diedero la colpa ai biocarburanti. Per via delle sovvenzioni governative Usa gli agricoltori americani utilizzavano sempre di piu' i campi di grano per la produzione dell'etanolo anziche' per gli alimenti, e questo fece lievitare il prezzo del frumento. Il fatto che il grano venisse trasformato in biocarburante anziche' in tortillas fu senz'altro una delle cause che fecero schizzare i prezzi alle stelle, sebbene la speculazione sul biocarburante richiesta dai mediatori internazionali possa avere avuto un ruolo piu' determinante. Uno studio realizzato dalla Fao (delle Nazioni Unite) su quattordici paesi ha rilevato che la quantita' di cibo importato tra il 1995 e il 1998 era nettamente superiore al periodo 1990-1994. Il fatto non desto' alcuna sorpresa finche' uno dei piu' importanti obiettivi della Convenzione sull'agricoltura del Wto (Organizzazione mondiale del commercio) fu quello di aprire i mercati nei paesi in via di sviluppo cosi' da poter assorbire il surplus di produzione nei paesi del nord. E quindi, come disse nel 1986 il ministro dell'agricoltura americano John Block: "L'idea che i paesi in via di sviluppo si possano sostentare autonomamente e' un concetto anacronistico. Essi potrebbero assicurarsi una migliore nutrizione facendo affidamento sui prodotti agricoli americani, che nella maggior parte dei casi hanno un prezzo piu' basso". Quello che Block non disse e' che il prezzo contenuto dei prodotti americani era determinato dalle sovvenzioni che diventavano ogni anno piu' corpose nonostante il Wto avesse il compito di controllarle. Dai 367 miliardi di dollari nel 1995, l'ammontare totale delle sovvenzioni all'agricoltura erogate dai governi dei paesi sviluppati e' cresciuto fino a raggiungere nel 2004 i 388 miliardi di dollari. Sin dalla fine degli anni Novanta le sovvenzioni hanno inciso sul 40% del valore della produzione agricola nell'Unione Europea e per il 25% negli Stati Uniti. I fautori del libero mercato e i difensori delle esportazioni sottocosto possono apparire su posizioni opposte, ma le politiche che sostengono portano al medesimo risultato: la globalizzazione capitalistica dell'agricoltura. * Tra Monsanto e Carrefour I paesi in via di sviluppo si stanno via via integrando in un sistema dove la produzione della carne e del grano diretta all'esportazione e' dominata da grosse industrie agricole come quelle gestite dalla multinazionale tailandese Cp e dove la tecnologia e' continuamente aggiornata dai progressi dell'ingegneria genetica realizzati da ditte come la Monsanto. E l'eliminazione delle barriere tariffarie ed extratariffarie sta facilitando la nascita di catene di punti vendita di prodotti agricoli a livello mondiale dove i consumatori di ceto medio-alto fanno il gioco di colossi commerciali quali Cargill e Archer Daniels Midland e di ipermercati come Tesco (Inghilterra) e Carrefour (Francia). Nell'organizzazione di questo mercato globale c'e' poco spazio per le centinaia di milioni di poveri che vivono nelle citta' o nelle campagne. Questi sono confinati in gigantesche favelas di periferia dove si trovano a combattere con costi alimentari spesso molto piu' alti rispetto a quelli dei supermercati, o vivono in risicate realta' rurali, intrappolati in attivita' agricole marginali e sempre di piu' vittime della fame. E cosi', all'interno di una stessa nazione, la carestia dei ceti emarginati coesiste spesso con la prosperita' di quelli integrati nella globalizzazione. Questo non e' semplicemente lo sgretolamento dell'autosufficienza e della sicurezza nel processo dell'alimentazione ma e' cio' che l'africanista Deborah Bryceson di Oxford chiama "deruralizzazione" - l'eliminazione di una modalita' produttiva che fa della realta' rurale un terreno congeniale all'accumulazione intensiva di capitali. Questa trasformazione rappresenta un trauma per centinaia di milioni di persone, poiche' la produzione agricola non e' un'attivita' meramente economica, e' uno stile di vita atavico, una cultura spodestata o emarginata, che in India ha spinto i contadini al suicidio. Nello stato dell'Andhra Pradesh, i contadini che si sono suicidati sono aumentati da 233 nel 1998 a 2.600 nel 2002; nel Maharashtra, i suicidi si sono triplicati, da 1.083 nel 1995 a 3.926 nel 2005. Possiamo dire che 150.000 contadini indiani si sono tolti la vita. Il crollo dei prezzi dovuto al libero mercato e alla perdita del controllo sul grano a favore delle grosse aziende biotecnologiche e' parte di un problema complesso. L'attivista della giustizia globale Vandana Shiva dice: "Nell'epoca della globalizzazione il coltivatore (o coltivatrice) della terra sta perdendo la sua identita' sociale, culturale ed economica di persona che produce. Un contadino diventa ora un 'consumatore' del costosissimo grano e degli ancora piu' costosi prodotti chimici venduti da forti multinazionali grazie al potere dei proprietari terrieri e dei finanziatori locali". La deruralizzazione e' ad uno stato avanzato in America Latina e in Asia. E se la Banca Mondiale dice il vero, l'Africa sta viaggiando nella stessa direzione. Come fanno giustamente notare la Bryceson e le sue colleghe in un recente articolo del 2008, il rapporto sullo sviluppo mondiale che tratta per esteso l'agricoltura in Africa, nel continente e' in corso un progetto di trasformazione dell'agricoltura basata sull'attivita' rurale ad un'industria agricola su vasta scala. Comunque, come in altri paesi oggi, i banchieri passano da una sfiducia latente a una manifesta opposizione. Al tempo della colonizzazione, negli anni Sessanta, l'Africa era una rete di export alimentare. Oggi importa il 25% del suo fabbisogno; quasi ogni paese rappresenta una rete di importazione alimentare. Fame e carestia sono diventate un fenomeno ricorrente, che negli ultimi tre anni ha visto scoppiare l'emergenza cibo nel Corno d'Africa, nel Sahel e nell'Africa centrale e meridionale. Ad aggravare l'impatto negativo dell'adeguamento strutturale si aggiungevano le inique regole economiche dell'Europa e degli Stati Uniti. La liberalizzazione ha permesso ai paesi europei esportatori di manzo di mandare in rovina gli allevatori dell'Africa occidentale e meridionale. Con le loro sovvenzioni legittimate dal Wto i coltivatori americani misero sul mercato mondiale il cotone a un prezzo che andava dal 20 al 55% del costo di produzione, generando cosi' il fallimento degli agricoltori dei paesi sopra menzionati. Secondo le stime dell'Oxfam, il numero di africani del sub-Sahara che vivevano con meno di un dollaro al giorno era quasi raddoppiato fino a raggiungere i 313 milioni tra il 1981 e il 2001 (il 46% dell'intero continente). Il ruolo che ebbe l'adeguamento strutturale nella creazione della poverta' era duro da negare. Come ammise il responsabile dell'economia africana per la Banca Mondiale: "Non pensavamo che i costi umani di questi programmi sarebbero stati cosi' elevati, e che il ritorno economico avrebbe avuto un processo cosi' lento". * Una strategia alternativa Le organizzazioni contadine del mondo sono diventate piu' combattive nella loro resistenza alla globalizzazione dell'industria agricola. E' per la pressione dei coltivatori che i governi del sud del mondo hanno rifiutato un piu' libero accesso ai loro mercati agricoli ed hanno richiesto un taglio netto alle sovvenzioni all'agricoltura da parte di Stati Uniti ed Europa, facendo si' che il Doha Round del Wto mettesse fine alle negoziazioni. Gli agricoltori hanno creato una rete internazionale; una delle piu' attive e' quella chiamata Via Campesina (strada di campagna). Questa, non solo cerca di far fuori il Wto dal settore agricolo e si oppone ad un modello di agricoltura industriale capitalistica globalizzata; propone anche una nuova strategia di alimentazione alternativa. Che vuol dire innanzitutto il diritto di un paese a stabilire i termini della propria produzione e consumo di prodotti alimentari, ma soprattutto a mantenere le distanze dalle regole del commercio globale stabilite da istituzioni come il Wto. Questo significa anche consolidare la forza dei piccoli proprietari terrieri proteggendoli dai danni di un sistema di importazione a basso costo; significa prezzi piu' convenienti per agricoltori e pescatori; significa l'abolizione di tutte le sovvenzioni dirette e indirette all'esportazione. Significa inoltre l'eliminazione delle sovvenzioni interne che hanno provocato l'insostenibilita' del settore agricolo. La realta' di Via Campesina e' anche chiamata a mettere la parola fine al regime dei Trip, che permette alle multinazionali di brevettare le semenze. Via Campesina si oppone all'agrotecnologia basata sull'ingegneria genetica e pretende una riforma agraria. In contrasto ad una monocultura globale integrata, Via Campesina offre la visione di un'economia agricola internazionale composta da varie nazioni che commerciano tra di loro dando priorita' al fabbisogno interno del paese. Considerato una volta la reliquia dell'era preindustriale, ora il mondo contadino rappresentano l'opposizione ad un'agricoltura industriale capitalistica, fatto che lo potrebbe consacrare alla storia. Questo mondo e' diventato cio' che Karl Marx descriveva come "una classe che rappresenta la coscienza politica di un popolo", anche andando contro le sue teorizzazioni che ne pronosticavano la fine. Nella crisi alimentare i contadini sono in prima linea ed hanno alleati e sostenitori. Loro non entrano di nascosto e in punta di piedi nella lotta contro la deruralizzazione, i cui sviluppi nel XXI secolo stanno dimostrando che la panacea del capitalismo industriale agricolo e' un incubo. Nella crescente crisi ambientale dove le disfunzioni sociali della vita urbana industrializzata si vanno accumulando e l'industrializzazione dell'agricoltura crea una maggiore precarieta' alimentare, le organizzazioni del movimento agricolo hanno una sempre maggiore rilevanza non solo per gli agricoltori ma per tutti coloro che sono minacciati dalle catastrofiche conseguenze che una visione capitalistico-globalizzata potrebbe avere sul settore produttivo, sulla comunita' e sulla vita stessa. 8. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI VITERBO Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo: e-mail: info@coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta@libero.it Per ricevere questo notiziario: nbawac@tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it Numero 104 del 9 giugno 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request@peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request@peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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