L’opposizione all’aeroporto di Viterbo
Una lettera dalla santabarbara

di PEPPE SINI

[Riproponiamo questa lettera inviata dal responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo il 27 luglio 2007 ai mezzi d’informazione locali e ad alcuni amici particolarmente impegnati sulla questione dell’aeroporto di Viterbo]


Cari amici ed egregi signori,
vorrei esprimere il mio apprezzamento per il comunicato diffuso dai promotori del comitato di opposizione al progetto di costruzione del nuovo aeroporto a Viterbo, amici tra cui sono lieto di trovarmi, con i quali ho condiviso molte esperienze e riflessioni, che stimo ed a cui voglio bene.

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1. Domande e preoccupazioni

In particolare vorrei segnalare come esso proponga non risposte ma domande, non dogmi ma preoccupazioni, ed inviti tutte le persone e le istituzioni a riflettere insieme su cosa sia meglio fare e come.

Mi sembra che esso proponga alla pubblica attenzione le seguenti principali preoccupazioni che voglio sperare siano condivise da tutti:

a) che prima di decidere si valutino i prevedibili effetti della realizzazione dell’opera aeroportuale sulla salute delle persone, e si privilegi la difesa del diritto alla salute (diritto costituzionalmente sancito);

b) che prima di decidere si valutino i prevedibili effetti della realizzazione dell’opera aeroportuale sull’ambiente, e quindi anche sulla qualita’ della vita, sui beni naturalistici e culturali, sulle vocazioni produttive del territorio;

c) che prima di decidere si valutino i prevedibili effetti della realizzazione dell’opera aeroportuale e li si confronti con progetti alternativi nell’ambito sia del modello di mobilita’, sia del sistema infrastrutturale, sia del modello di sviluppo;

d) che prima di decidere si acquisiscano tutti i dati scientifici utili all’assunzione di una decisione informata, consapevole, responsabile;

e) che la decisione sia assunta in modo democratico.

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2. Una proposta civile, uno stile sobrio e dialogico

Trovo particolarmente apprezzabile che si proponga una riflessione comune, senza ambiguita’, senza reticenze, senza pressappochismi propagandistici, e nel pieno rispetto dell’opinione di tutti.

Trovo inoltre apprezzabile che non ci si lasci irretire in una logica campanilistica, in atteggiamenti ipocriti e strumentali, ma si ponga la questione in una prospettiva non di corto respiro, o di posticcia ipersemplificazione, o di inconsapevole subalternita’, ma di modello di sviluppo complessivo, e quindi di approfondita comprensione e disamina accurata della vastita’, della complessita’ e del peso delle tutt’altro che semplici ed univoche implicazioni.

Trovo infine apprezzabile il tono sobrio, misurato, dialogico e rispettoso delle opinioni altrui con cui si propone il confronto. Lo stile, se mi e’ concesso dirlo, di persone che da molti anni si sono poste alla scuola della nonviolenza (da Mohandas Gandhi ad Aldo Capitini, da Luce Fabbri a Danilo Dolci...) e del pensiero delle donne e dell’etica della cura (da Hannah Arendt a Simone Weil, da Virginia Woolf a Edith Stein, da Rigoberta Menchu’ a Vandana Shiva).

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3. Non incrementare, bensi’ ridurre il trasporto aereo in quanto altamente inquinante

Personalmente ritengo, e mi scuso se ripeto questa semplice opinione, che il nocciolo della questione sia il seguente: se si deve proseguire lungo la rotta di un modello di mobilita’ insostenibile per l’ecosistema planetario come quello attuale, o se occorre cambiar direzione, riconoscere l’obsolescenza e la fallimentarita’ di un modello di mobilita’ predatorio e consumista, patogeno e devastante, e scegliere invece - valorizzando le conoscenze scientifiche e le risorse tecnologiche che ormai lo consentono - la costruzione di modelli di mobilita’ coerenti con modelli di sviluppo autocentrati con tecnologie appropriate.

Modelli di mobilita’ ispirati a una cultura della sobrieta’, a una coscienza dei limiti della natura, alla scelta di privilegiare i diritti umani di tutti gli esseri umani e di costruire quella civilta’ planetaria della solidarieta’ e del rispetto reciproco che gia’ molti anni fa ci indicavano menti illuminate come come padre Ernesto Balducci o Alexander Langer, maestri ed amici il cui ricordo e’ sempre vivo nel mio cuore. Da questo punto di vista bastera’ ricordare che il trasporto aereo contribuisce in misura abnorme all’inquinamento dell’atmosfera e al surriscaldamento del clima, per cogliere la necessita’ e l’urgenza di procedere a un suo rapido ridimensionamento.

Come ebbero a nitidamente enunciare Bertrand Russell e Albert Einstein nel loro indimenticabile appello ai potenti della terra in favore del disarmo, ricordiamoci della nostra umanita’, si pensi a garantire un presente e un futuro all’umanita’, un presente e un futuro di benessere, rispetto, solidarieta’, condivisione; e tutto il resto sia ordinato a questo fine supremo.

Anche uomini di governo ed assai ascoltati intellettuali che in anni passati sottovalutarono i pericoli per la biosfera, oggi riconoscono la necessita’ di difenderla con la massima tempestivita’ e determinazione da un inquinamento crescente ed apocalittico; riconoscono che se vogliamo garantire una vita degna all’umanita’ presente ed alle generazioni future occorre ridurre drasticamente l’inquinamento e scegliere un modello di sviluppo sostenibile.

Ispirati da questa consapevolezza, la riduzione del trasporto aereo (come anche quella dell’automobilismo privato) e’ una priorita’, cosi’ come, naturalmente, molte altre azioni costruttive che difendendo l’ambiente di vita difendano e promuovano la vita umana e l’umana civilta’.

Su questi temi esiste ormai una immensa e specifica letteratura scientifica, e da decenni essa interagisce con una riflessione filosofica, epistemologica e delle scienze umane di grande valore: da Guenther Anders a Ivan Illich ad Hans Jonas nell’ambito della filosofia fondamentale, da Barry Commoner a Lester Brown nell’ambito dell’ambientalismo scientifico, da Jeremy Rifkin a Guido Viale nel campo dell’analisi sistemica dell’impatto dei modelli di sviluppo e di mobilita’, da Marc Auge’ a Serge Latouche nell’ambito della riflessione antropologica ed economica, da Giulio A. Maccacaro nel campo della medicina a Tzvetan Todorov nel campo della storia delle idee, a Stefano Rodota’ nel campo del diritto, senza dimenticare il contributo straordinario di Rachel Carson e di Susan George, di Carol Gilligan e di Martha Nussbaum, solo per segnalare alcune delle studiose ed alcuni degli studiosi che hanno apportato contributi rigorosi e illuminanti per un dibattito che voglia interrogarsi sulle questioni decisive e non restare subalterno alla piu’ stolta propaganda delle agenzie pubblicitarie (delle macchine ideologiche del consenso a quelle strutturali ingiustizie e flagranti irrazionalita’ che Mounier chiamava "il disordine costituito") che cercano di indurre a un narcotico consumismo complice della devastazione della biosfera e della riduzione dell’essere umano a bruto irresponsabile ed eterodiretto come gia’ denunciava la scuola di Francoforte illo tempore.

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4. Sull’orlo dell’abisso, die Antiquiertheit des Menschen und das Prinzip Verantwortung

Ho intitolato questa lettera, con un piccolo calembour, "dalla santabarbara", che e’ il nome della strada in cui abito, ma e’ anche sinonimo di deposito di esplosivi, quindi di luogo che puo’ esplodere distruggendoci tutti: e’ una metafora per indicare il mondo di oggi; e riconoscere la drammaticita’ della situazione implica un’assunzione di responsabilita’ personale e collettiva: a tutte le donne e a tutti gli uomini di volonta’ buona il compito di fare quanto in proprio potere per fermare devastazione, barbarie, onnicidio.

Mi sembra che le amiche e gli amici - tra i quali mi e’ grato trovarmi - che pongono oggi l’esigenza di scelte di sviluppo che rispettino al contempo la salute delle persone, l’ambiente di vita, il diritto alla sicurezza e al benessere (e quindi anche a un lavoro dignitoso, onesto, certo e gratificante), la civilta’ umana, e quindi il principio di legalita’ e quel "principio responsabilita’" fondativo di un’etica all’altezza delle sfide della societa’ tecnologica e di un pianeta interconnesso, abbiano ragione, e che tutte le persone ragionevoli non possano che essere grate per questo invito a riflettere insieme ed insieme deliberare per il bene comune.

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5. Kantianamente

Credo che molte di queste riflessioni siano condivise anche dagli amici che attualmente propugnano la realizzazione dell’opera alla quale io personalmente ritengo di dovermi opporre.

Discutiamone nel modo piu’ limpido, piu’ informato, piu’ partecipato: nell’interesse dell’intera popolazione, quella presente e locale innanzitutto, ma anche nell’interesse delle generazioni future e dell’umanita’ intera.

Kantianamente, se per una volta e’ lecito evocare il grande pensatore di Koenigsberg: facciamo in modo che la massima delle nostre azioni possa valere come principio istitutivo di una legge universale; e consideriamo sempre tutti gli esseri umani come fini in se’ e mai come meri strumenti. Con tutta l’umilta’ possibile, cerchiamo di fare la cosa giusta.

E quindi prima di prendere una decisione irreversibile pensiamoci bene, la fretta - come l’ignoranza - e’ sempre una pessima consigliera.

Grazie per l’attenzione e un cordiale saluto dal vostro...

Tratto da
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La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Arretrati in:
http://lists.peacelink.it/

Numero 170 del 3 agosto 2007



Venerd́, 03 agosto 2007