Riprendiamo questo articolo da Mosaico di pace di luglio-agosto 2008 - http://www.mosaicodipace.it/. Se cè un paese al mondo assolutamente impreparato oggi ad avviare la costruzione di centrali nucleari, questo è lItalia!
Negli ultimi 20 anni, dopo il risultato del referendum del 1987, sono state smantellate, con italica meticolosità, tutte le
(non indifferenti) competenze sul nucleare, che si erano accumulate nei sia pur fallimentari programmi sviluppati nei 30
anni precedenti. Credo che si possano assicurare tutti i nostri concittadini che le roboanti dichiarazioni di Scajola non
porteranno per un buon numero di anni alla costruzione di nessuna centrale nel loro "giardino", né in quelli dei vicini.
Scajola non sa di cosa parla, e non lo sanno nemmeno molti di coloro che lascoltano. È vero che alla sconsideratezza e
allimprovvisazione non vi sono limiti, e che sullaltare del dio denaro non si esita a sacrificare milioni di vite umane,
ma sembra davvero impensabile che si possano costruire e gestire centrali nucleari senza tecnici. Perfino una rivista smaccatamente filo nucleare come Le Scienze riconosceva onestamente, in un articolo di Ugo Spezia del
giugno 2005, che: "...È difficile pensare a una riapertura dellopzione nucleare nel breve termine"; e più recentemente,
ritornando alla carica (E. Perugini, Le Scienze, gennaio 2008, pp. 86-91), rivendica più modestamente un rilancio della
ricerca in campo nucleare (in un periodo in cui la ricerca è per tutta la nostra classe politica e imprenditoriale la
"Cenerentola" assoluta), almeno per non rimanere tagliati fuori dai progetti internazionali, e supportare anche le
rinascenti ambizioni in campo industriale, come quelle dellAnsaldo.
Il nostro misero paese fa solo il verso a quelli più forti, i quali invece preoccupano molto di più.
Il mito francese?
La prima cosa da fare è demistificare il refrain molto comune: "Tanto siamo costretti a comprare energia elettrica dalla
Francia, che la produce a basso prezzo, con reattori nucleari vicini ai nostri confini". Che quei reattori siano vicini è
vero, ma non possiamo farci nulla: sempre meglio di là dai confini che in casa! In primo luogo non siamo affatto costretti
a importare energia dalla Francia: la capacità elettrica installata in Italia eccede ampiamente la domanda (88.300 MW
contro 55.600 MW, dati 2006). È vero che la privatizzazione dellindustria elettrica ha portato a un aumento delle tariffe,
particolarmente alto in Italia, mentre il sistema elettrico francese è largamente pubblico e ha mantenuto tariffe minori
(finché anche lindustria italiana era pubblica le tariffe erano simili a quelle della Francia).
Lenergia, comunque, non si compera direttamente da un altro Stato, ma in aste internazionali periodiche.
Ma anche il "miracolo nucleare" francese è una grandissima balla! Negli USA, ribattendo ai progetti nucleari di McCain, il
Financial Post lo qualificava invece come un "disastro nucleare" (Financial Post, 13 maggio 2008)!
In ogni caso, la Francia costituisce un caso unico e non ripetibile (né appetibile!). In primo luogo perché in Francia
lindustria energetica è dello Stato (che non si è nemmeno sognato di nazionalizzare Edf), e lo Stato ha gestito il
nucleare civile nel contesto dellambizioso programma della force de frappe, che ha costi maggiori (comprende lanciatori,
sommergibili, sistemi di allarme e controllo, ecc.), e ha assorbito sicuramente molto costi: sfiderei chiunque a valutare
il costo vero del solo programma civile francese! Per la cronaca, la situazione è completamente diversa negli Usa, dove
invece lindustria energetica è privata e infatti da 30 anni non ordina nuove centrali nucleari. Il massiccio sistema
elettronucleare francese è estremamente rigido: non si possono accendere e spegnere i reattori nucleari come fossero
accendini, per cui per coprire la richiesta di punta il sistema produce nelle ore notturne grandi eccessi di energia, che
viene quindi venduta a prezzi stracciati; mentre in altri momenti Parigi deve acquistare energia dallestero, a costi molto
alti! Tanto che la Francia ha deciso di riattivare le obsolete centrali termoelettriche, alcune delle quali risalgono al
1968.
Costi sicurezza scorie
Veniamo a qualche ulteriore dettaglio generale, che aggiorna il dossier già pubblicato da Mosaico di pace nel dicembre
2006. I sostenitori del nucleare continuano a proporci questa scelta come la più economica e sicura, per di più libera da
emissioni di CO2.
Quanto ai costi, basti citare un paio di fatti. Lautorevole Wall Street Journal del 12 maggio esprimeva tutta la sua
preoccupazione per la lievitazione dei costi di una centrale da 5 miliardi di dollari a ben 12 miliardi! Significativo è
landamento della costruzione del primo nuovo reattore francese EPR in Finlandia (Olkiluoto-3), che ha accumulato un
ritardo complessivo di 2 anni e mezzo (estate 2011) e un aumento dei costi previsti probabilmente di 3 miliardi di euro. Il
governo finlandese è diviso sullenergia nucleare. Ma è eloquente anche latteggiamento delle banche statunitensi che - di
fronte a questa "pacchia" - sono disposte a fornire i prestiti necessari solo se il Governo Federale li garantisce! Provate
a cercare con un motore di ricerca "guaranteed loans" e vedrete che valanga di notizie. Dunque, sono i privati a
considerare gli investimenti nel nucleare rischiosi e non convenienti, checché ne dicano le sue mosche cocchiere!
Quanto alla sicurezza - oltre al fatto che il rilancio del nucleare pretende di cancellare Chernobyl, per il quale il picco
dei tumori è atteso nel prossimo paio di decenni - si possono ricordare un grave incidente in un reattore nellOhio nel
2002 e unimpressionate serie di gravi incidenti alle centrali giapponesi. Vi è poi un gioco sporco che lindustria
nucleare sta facendo: mentre vanta i bassi costi, li abbassa diminuendo le strutture di sicurezza (come linvolucro
esterno), perché i nuovi reattori sarebbero già abbastanza sicuri!
La diminuzione delle emissioni di CO2 è unulteriore mistificazione. Tenendo conto che dai reattori nucleari si produce
solo energia elettrica, e che questa è meno del 20 % dei consumi mondiali, è facile rendersi conto che anche costruendo
centinaia di nuovi reattori, con costi colossali, le emissioni di CO2 verrebbero ridotte appena di qualche punto
percentuale. Molti reattori, tra laltro, andrebbero semplicemente a sostituire quelli esistenti, in gran parte
vecchissimi.
Quanto alle scorie, ricordiamo che nessun paese al mondo ha ancora trovato una soluzione per gli enormi quantitativi
prodotti, sicuramente soggetti ai peggiori traffici illeciti. E quanto alla proliferazione militare, non bastano le attuali
1.800 tonnellate sia di plutonio che di uranio altamente arricchito, nonché le 140 tonnellate di attinidi?
I mitici reattori di quarta generazione?
Di fronte a questi problemi gli alfieri del nucleare ci propongono dei reattori di nuova generazione, che risolveranno
tutti i problemi: dovrebbero generare al loro interno nuovo combustibile nucleare (altrimenti luranio si esaurirà tra
pochi decenni), "fertilizzando" determinati nuclei (luranio-238 e il torio-232 non subiscono la fissione, ma sono
"fertili" perché, se bombardati con neutroni veloci, trasmutano rispettivamente in plutonio-239 e in uranio-233, che sono
fissili); dovrebbero ridurre la produzione di scorie nucleari, e "bruciare" le scorie prodotte fino a oggi; dovrebbero
basarsi su un ciclo del combustibile resistente alla proliferazione. "Dovrebbero", appunto: perché i reattori di 4a
generazione non esistono, ve ne sono molti (troppi, per non sollevare almeno qualche perplessità!) che si cerca di
realizzare, e la loro commercializzazione si prospetta nientemeno che per il 2040! È veramente disonesto promettere
miracolose proprietà di progetti che dovrebbero essere disponibili fra 30 anni, per una tecnologia come quella nucleare che
è maledettamente complessa, e può riservare lungo il cammino le peggiori sorprese: come è avvenuto in passato per il
programma dei reattori francesi veloci "autofertilizzanti", che si è arrestato proprio quando era stato realizzato quello
che doveva essere il prototipo della filiera commerciale (Superphoenix)!
Ritornando al nostro paese, cè da chiedersi, anziché vaneggiare di improbabili centrali nucleari, quali risparmi di soldi,
di energia, di risorse ambientali, e anche di produzione di CO2, sarebbero stati possibili rinunciando alla costruzione di
qualche autostrada, dellAlta Velocità ferroviaria, e si fosse invece ridotto consistentemente il trasporto su gomma
valorizzando una delle reti ferroviarie migliori del mondo.
Venerdì, 18 luglio 2008
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