I rifiuti

di Aldo Antonelli

In tutto il gran parlare che si è fatto, la scorsa estate, sui rifiuti, la domanda monotematica, a destra come a sinistra, è stata: "Dove li mettiamo?". Al massimo, nella riflessione degli esperti, il "dove" si è aperto il varco verso un respiro, pur sempre ristretto e angusto, per cui l’interrogativo ruotava attorno al "come": "come smaltirli?".
Mi piacerebbe essere smentito, ma non ho sentito uno, uno solo tra i politici, i sociologi, i tecnici, i tuttologi, i sacerdoti del sapere e i ministri del dovere, che avesse fatto cenno alla possibilità, o meglio sulla necessità, di produrre meno scarti!
La pigrizia mentale dei molti fa sì che di fronte ai problemi ci si ponga sempre e solo con l’obiettivo di trovare la soluzione immediata e più sbrigativa, anziché "perdere tempo" nella ricerca delle cause e nel lavoro della loro rimozione ai fini della soluzione radicale del problema stesso.
E così anche su questo problema l’approccio miope ha fatto sì che ci si fermasse all’ultimo anello della lunga catena che strozza in un giro assurdo il nostro vivere e il nostro convivere: più PRODUZIONE - più CONSUMO - più RIFIUTO, ai fini di una maggior PRODUZIONE - maggior CONSUMO - maggior RIFIUTO.
E’ il dogma impossibile e assurdo sul quale si fonda il nostro Progresso.
Eccecati, direi quasi drogati da questo assunto, diamo per scontato che si debba produrre rifiuti per cui il solo problema che rimane da dipanare è il dove e come smaltirli!
La popolazione del pianeta è triplicata in due secoli, ma la produzione e i consumi materiali sono sestuplicati negli ultimi 50 anni. Nonostante questo continuiamo a comportarci come se il pianeta avesse una capienza infinita per assorbire i resti del nostro "banchetto tossico".
Drogati al punto tale da trasformare in rifiuti anche le persone, le loro civiltà e i loro diritti! E stiamo trasformando in rifiuto anche la nostra storia e la nostra memoria.
Sì, sapete bene a cosa voglio riferirmi: i repubblichini di Salò vengono promossi nella classe degli Eroi della Repubblica così come i papalini vengono onorati alla stregua dei bersaglieri di Porta Pia!
Mi viene quasi la voglia di dare ragione al mio conterraneo Ennio Flaiano il quale ebbe a scrivere lapidariamente: "Ci sono due tipi di fascisti: i fascisti e gli antifascisti"! Ricordo solo che la prima volta che lessi questa sua affermazione ebbi uno scatto di ripulsa, mentre oggi mi viene quasi da dargli ragione.
Tornando al discorso dei rifiuti, voglio aggiungere, che il dogma della produzione ci trasforma al punto da renderci macchine di produzione da una parte e rifiuti di produzione dall’altra.
Perché che cos’altro siamo diventati se non macchine e scarto allo stesso tempo?
L’interrogativo pesa più di un corso di esercizi spirituali....! Ve lo consegno in tutta la sua crudezza.
Su Repubblica del 23 maggio di quest’anno Guido Viale molto acutamente scriveva: "I rifiuti urbani sono lo scarto e il rersiduo non consumato dei nostri ’consumi’...i rifiuti umani sono lo scarto, il residuo non assimilato dell’ininterrotto processo di riorganizzazione e di riconfigurazione della società...Generiamo rifiuti umani individualmente, ciascuno per conto proprio, ma all’interno di processi di produzione-consumo-scarto in larga parte predeterminati da altri. Produciamo rifiuti sociali collettivamente e anonimamente...Il disordine ambientale promuove il disordine sociale e trasforma il nostro rapporto con le cose in un modello per il nostro rapporto con le altre persone".
...... e che l’abbraccio non sia di scarto.
Aldo



Domenica, 28 settembre 2008