Rifiuto «globale»

Intervista a Davide Pelanda


di daniela tuscano

Articolo tratto da: http://dimelaltra.blogspot.com

Davide Pelanda, insegnante, scrittore, caporedattore di "Tempi di Fraternità". Lo incontro a Torino in occasione dell’uscita del suo ultimo libro, ‘A Munnezza, ovvero la globalizzazione dei rifiuti (Sensibili alle Foglie).

Quanto tempo hai impiegato a realizzare il tuo lavoro?

“Circa due anni, tra ricerche di materiale vario (articoli, dati, analisi, interviste, esperienze personali)”.

Quindi, prima della bomba-Napoli. Come mai una simile scelta?
“L’idea mi è stata in parte suggerita da mia cognata, che vive a Brescia e che, all’epoca, lavorava per la Provincia su tematiche legate all’ambiente. Aveva letto alcuni miei articoli sull’inceneritore, sul dragaggio del Porto dei Poeti e sulla discarica Pirelli di La Spezia, pubblicati da riviste nazionali (‘CARTA’, ‘Megachip’ ecc.). Poi venni sollecitato da altri amici. A fine maggio 2007 il volume era praticamente terminato, ma è stata dura ottenere credibilità in una casa editrice: ne ho girate una decina, senza successo. Finalmente, nell’agosto dello stesso anno, ho ricevuto la risposta affermativa dai miei attuali editori”.

Viviamo nell’epoca della sovrabbondanza, che presenta due situazioni paradossali: sovrabbondanza di consumi da un lato, di rifiuti dall’altro; così che sembriamo al tempo stesso ricchi e straccioni. I rifiuti mi appaiono l’immagine tangibile del nostro degrado, morale e spirituale.

"C’è senza dubbio un legame tra i rifiuti e la nascita di iper-super-mega centri commerciali. Più se ne costruiscono e più ci si domanda: dove smaltire l’’eccesso’ che queste strutture fatalmente producono? Qualcuno sostiene che, se continua così, non basterà un altro pianeta per sbarazzarci di tutti i nostri scarti. Su ‘Repubblica’ del 6 febbraio scorso, Roberto Saviano ci ha ricordato che negli ultimi cinque anni sono spuntati, in un’area inferiore a 15 km, enormi centri commerciali: prima il più grande nel Casertano, poi il più grande d’Italia, quindi d’Europa, quindi… uno dei più grandi nel mondo! Si tratta di un’area complessiva di 200.000 mq, con 80 negozi di brand nazionali ed esteri, un ipermercato, 25 ristoranti e bar, una multisala cinematografica con 11 schermi e 2500 posti a sedere. Ultimo arrivato, a Nola, il Vulcano Buono di Renzo Piano, collina artificiale che riprende le sinuose forme del Vesuvio. È alta 40 metri e con un diametro di oltre 170. si costruiscono centri commerciali per far girare soldi, dicono. In realtà la Campania cresce meno rispetto al resto d’Italia, l’agricoltura e l’industria sono arretrate, e così pure i servizi”.

Eppure si consuma. E si soffre.

“E’ una catena perversa: lavori e sei sfruttato anche 12 ore al giorno per racimolare denaro da spendere… nell’effimero! Ti convincono ad acquistare l’ultimo modello di telefonino, ma sei infelice e stressato!”

Noi, consumatori grassi e tristi, dilapidiamo e sperperiamo, impoverendo ulteriormente i Paesi in difficoltà.

“Mah, nessi tra rifiuti e sacche di povertà non ne vedo, se non per il fatto che il Terzo Mondo (e il Sud Italia) sono diventati la pattumiera del ricco Nord - e Occidente - del mondo. Nel mio libro parlo di materiale tecnologico ormai inutilizzabile (computer vecchi, stampanti rotte, ecc.) che dagli USA o da altre nazioni ricche dell’Europa finisce a Guadong, uno sperduto paesino della Cina. Laggiù si vive sopra una discarica di materiale altamente tossico (si pensi solo al toner delle stampanti), dove tutto è inquinato e gli abitanti contrarranno malattie mortali”.

I rifiuti provocano la guerra, afferma qualcuno. Non solo guerra fra poveri: ma conflitti in piena regola.

“Già, chissà che fine avranno fatto i sommergibili nucleari risalenti alla Guerra Fredda, e oggi dismessi? Nel testo cito l’esempio di Mayak, negli Urali, una cittadina russa che ospita uno dei più grandi depositi di rifiuti nucleari europei. Conta novantamila abitanti, ciascuno dei quali impiegato nel riciclaggio a mani nude di questi rifiuti. La percentuale di morti per tumore è altissima, ed è stato calcolato che occorreranno 240 mila anni affinché decada il potenziale radioattivo del plutonio accumulato in quei depositi: una cosa paragonabile a 12 mila bombe sganciate su Hiroshima. E sempre lì, in quel paesino è prevista la costruzione di un nuovo deposito, per conservare 50 tonnellate di plutonio estratte dalle testate nucleari russe. Inoltre, fra l’Atlantico e il Pacifico, c’è un altro deposito di rottami di vecchi sommergibili nucleari. Il tutto per una grande speculazione sulla pelle della gente che sembra frutterà alla Russia – sulla base di accordi tra l’industria nucleare europea, americana e di altri paesi – 45 mila miliardi solo nella fase iniziale. Altro che rifiuti della Campania. Ma nessuno ci racconta queste cose. Lo si scopre per caso, come è capitato a me”.

Torniamo in Italia. Non credi che quello della “monnezza” sia un discorso non soltanto etico-economico, ma pure il risultato del malaffare politico dilagante?

“Il problema esiste, se non altro per gli enormi interessi economici di consorzi e consorzietti di gestione dell’immondizia. In Campania è accaduto qualcosa di simile: oltre 14 anni di clientelismo dove questi enti sono serviti solo per spartizioni di poteri tra destra, sinistra e centro, con annessa la camorra, infiltratasi con i suoi uomini che hanno preso tessere partitiche di tutti i colori (si legga, a questo proposito, l’articolo di Peter Gomez su ‘L’Espresso’ del 14 febbraio scorso)”.

Giusta la denuncia, ma quali regole deve seguire il famoso cittadino comune per evitare, o almeno limitare, immondizie e sprechi?

"Ecco le soluzioni da me proposte: 1) non seguire bovinamente il consumismo; 2) rifiutare il cosiddetto “usa e getta”; 3) usare il “vuoto a rendere” delle nostre nonne, cioè le solite due bottiglie di latte o di vino, e cercare distributori di latte e vino alla spina (ora se ne trovano un po’ dappertutto); 4) non accettare i sacchetti di nylon propinati dai negozianti e usare borse di tela di cotone, magari utilizzando vecchie federe rotte; 5) rispettare la raccolta differenziata dell’immondizia. Curate in particolare l’educazione dei giovani in questo senso. E poi rifiutare la logica del Pil! Aderire e diffondere invece il Movimento per la Decrescita Felice , come suggerisce il mio prefatore, Maurizio Pallante. Perché in nome del Prodotto Interno Lordo ci massacriamo, ci roviniamo la vita".

L’attenzione su questi temi mi sembra però scemata. Anche la disoccupazione e le morti sul lavoro, che si susseguono con frequenza quasi giornaliera (due giorni fa un altro operaio, a Genova, ha perso la vita), sono tornate nelle pagine interne dei quotidiani, che adesso preferiscono sviscerare analisi più o meno dotte sui princìpi non negoziabili: aborto, eutanasia eccetera. Ci tocca riascoltare i soloni dell’astratta etica, mentre le famiglie arrancano per arrivare a fine mese. Avverto un tentativo di stornare l’attenzione dai problemi reali. Insomma, ci stanno fregando?

“Ti rispondo parafrasando il mio amico Gianfranco Monaca sull’ultimo numero di ‘Tempi di Fraternità’: ‘…ci permettiamo di straparlare di ‘difesa della famiglia’: se difendessimo meglio i lavoratori a rischio difenderemmo le loro famiglie. O no? Siamo contro l’aborto, ma tra diossina, amianto in libertà, polveri sottili, uranio impoverito, produciamo feti deformi in quantità industriali’”.

Più chiaro di così...