Questione rifiuti
Cosa avrebbe fatto Gandhi?

di ALFONSO NAVARRA

"Voglio vivere, voglio essere libero. No alla discarica, no al decreto Berlusconi, arrestatemi".


IL governo Berlusconi, sia con il decreto rifiuti che con il pacchetto sicurezza, sostiene Eugenio Scalfari, che già aveva parlato di "dittatura dolce", sta procedendo ad una "militarizzazione della politica". A Chiaiano abbiamo avuto la prova che le lotte popolari verranno affrontate con il "pugno di ferro" della repressione poliziesca.

Gabriele Polo sul "Manifesto" di oggi fa riferimento a quanto è accaduto a Genova 7 anni fa. Invita a "comprendere il significato generale di ciò che accade a Napoli... ciò che sta accadendo a Chiaiano chiama in causa la libertà di ciascuno...".

A pag 2 abbiamo il titolo: "Il governo tira dritto: vinceremo. L’opposizione parlamentare segue". L’ambientalista del sì Ermete Realacci non spende una parola per criticare l’azione repressiva del governo. Antonio Di pietro non fa mancare il suo sostegno a Bertolaso...

Altro titolo: "Il Viminale: "Chiaiano è una battaglia simbolo, non possiamo perderla".

Dovrebbe essere chiaro che la linea dura del governo (e dell’opposizione che invoca il "rispetto delle leggi") non si limiterà alle discariche, ma si estenderà a tutti coloro che dicono no.

Non basta, da parte delle forze di base, esprimere solidarietà ai manifestanti di Napoli.

La domanda che mi viene da fare è: come avrebbe reagito un movimento gandhiano? Provo a buttare giù una prima risposta. Semplicistica? può darsi. Giro comunque a tutti l’esigenza di una riflessione.

Probabilmente avrebbe chiamato alla disobbedienza civile contro il decreto.

Mohandas, studiata bene la situazione, avrebbe organizzato i suoi da tutta l’India, fatto una conferenza stampa, e li avrebbe fatti sfilare ordinati e disciplinati, in fila "indiana", fino ad andare in bocca alla polizia, con un cartello al collo: "Voglio vivere, voglio essere libero. No alla discarica, no al decreto Berlusconi, arrestatemi".

No urla di "assassini" contro i poliziotti, no sassi, no barricate, no bus incendiati.

Solo la ferma determinazione a violare una legge ingiusta e la "provocazione" sistematicamente perseguita a riempire le prigioni per una volontà che niente mai potrà spezzare.

Perchè la prova di forza che va ingaggiata non è sul piano del confronto fisico, ma su quello morale.

Non si tratta di difendere materialmente degli spazi e di riconquistare delle posizioni, che so piazza Titanic: si tratta di affermare che la coscienza, di ciascuno e di tutti, non si piega ad alcuna collaborazione con coloro che, nascondendosi dietro l’emergenza rifiuti e sviluppo, stanno preparando il "fascismo" dei giorni nostri. Siamo in un momento delicato, in un momento di passaggio. L’opinione pubblica non è ancora tutta schierata nella richiesta d’ordine e chi si è oppone non è ancora rassegnato.

Forse adottare oggi con cognizione di causa lo spirito e la logica dei Satyagrahi potrà permettere agli attivisti della resistenza umana in corso di far saltare i piani liberticidi del governo Berlusconi e della complice "casta" politico- affaristico-mediatica.

Magari potrebbero essere coloro che si autoprocamano nonviolenti e progettano la "difesa nonviolenta" a dare l’esempio e a fare da motorino d’avviamento per una risposta generalizzata intelligente ed efficace.

La "difesa popolare nonviolenta" contro uno Stato che va degenerando in senso autoritario è affare che ci riguarda oppure no?

locosm@tin.it



Luned́, 26 maggio 2008