L’opposizione all’aeroporto di Viterbo - Documentazione
Alati privilegi pagati dalla collettivita’

di Marinella Correggia

[Ringraziamo Marinella Correggia (per contatti: mari.cor at libero.it) per averci messo a disposizione questo articolo parte del dossier apparso nell’ultimo fascicolo della rivista "Valori" col titolo "Alati privilegi" e il sommario "Niente tassa sul kerosene, niente Iva, niente Kyoto e sussidi a pioggia per gli aeroporti, le compagnie, la costruzione di aerei: il settore pesa sulla collettivita’, anche su chi non vola"]


Indovina indovinello: come mai i prezzi dei biglietti aerei, anche mettendo da parte i low-cost, non fanno che scendere e permettono al mezzo di trasporto peggiore dal punto di vista climatico di esercitare una concorrenza slealissima nei confronti i mezzi di trasporto ben piu’ ecocompatibili come treni e bus? Esenzioni fiscali e sussidi diretti e indiretti trasferiscono al protettissimo settore del trasporto aereo una massa di denaro dei contribuenti europei dell’ordine di almeno 50 miliardi di euro all’anno. Neanche fosse Madre Teresa.

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A quando la tassa sul kerosene avio?

Il kerosene e’ il carburante dei velivoli; a differenza dei carburanti fossili per veicoli stradali, gode di un’esenzione fiscale totale, come spiega il rapporto Clearing the Air, the Myth and Reality of Aviation and Climate Change, della federazione europea di associazioni ambientaliste Transport and Environment; "non sarebbe saggio e desiderabile eliminare i privilegi di un settore molto impattante per il clima, tassando il carburante utilizzato, piuttosto che ad esempio il lavoro? Lo dice anche l’Ocse; ma quel che avviene e’ esattamente il contrario".

Un aiuto agli inquinatori che costa alle casse pubbliche dei paesi europei oltre 35 miliardi di euro all’anno. Una tassa sul kerosene di 0,65 euro al litro, analoga a quella sugli altri carburanti, non solo procurerebbe enormi introiti ma indurrebbe il settore a una maggiore efficienza: gia’ una tassa pari a 0,125 euro al litro potrebbe indurre una riduzione delle emissioni del 10 per cento.

Perche l’Europa o l’Italia non danno il buon esempio tassando il kerosene? "Non si puo’!" strilla l’industria del settore; "Non si puo’!" strillano gli statunitensi ma anche molti paesi europei. Il richiamo e’ alla Convenzione internazionale di Chicago (1944): la bibbia del trasporto aereo, la Costituzione dell’International Civil Aviation Organization (Icao), assai conservatrice agenzia Onu. In realta’ un limitato divieto menzionato nella Convenzione e’ stato elasticizzato in seguito fino a un totale tax-free.

I movimenti ambientalisti no-fly rivolgono ai paesi europei proposte precise e "legalmente fattibili":

1) imporre in tempi rapidi una tassa sul kerosene usato nei voli nazionali come hanno fatto, anche se con molta mitezza, solo tre paesi, dell’Unione Europea e non: Paesi Bassi, Norvegia, Svizzera;

2) creare una zona "che tassa il kerosene", con piu’ paesi confinanti attraverso accordi bilaterali (e in questo modo si colpiranno soprattutto i voli a corto e medio raggio);

3) lavorare per una tassa sul kerosene usato per i voli interni all’Unione Europea.

Fino a poco fa pareva impossibile toccare quel 3 per cento di carburante impiegato da vettori non europei, ma dopo un recente accordo bilaterale Usa-Unione Europea non ci sono piu’ divieti normativi; il tutto e’ una questione politica.

Nessun ostacolo normativo, infine, vieta l’applicazione dell’Iva almeno sui biglietti relativi a voli intraeuropei.

A sorpresa i conservatori inglesi hanno proposto una tassa progressiva sui biglietti che penalizzerebbe i frequent flyers, ovvero i frequentatori abituali di aerei, una categoria di consumatori particolarmente inquinante. Ma le chance che la tassa passi sono ridottissime.

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Europa: la parzialissima "soluzione" del commercio delle emissioni Su sollecitazione del Parlamento europeo, nel dicembre 2006 la Commissione europea ha presentato una proposta di Direttiva del Parlamento e del Consiglio "per includere le attivita’ del trasporto aereo nel sistema comunitario delle quote di emissione dei gas a effetto serra". Ovvero: si inizierebbe a conteggiare anche le emissioni dei voli - quelli in arrivo e in partenza da aeroporti europei - e al superamento di un certo tetto le compagnie dovrebbero acquistare sul mercato le quote necessarie.

Come fanno tutti i settori dell’economia. Bene, no? Piu’ o meno. Intanto, molti sono i punti controversi.

Per esempio: a quale altezza si metterebbe il tetto (cap) delle emissioni a partire dal quale scatta l’obbligo di approvvigionarsi di quote all’esterno? Per rispondere agli obblighi di riduzione imposti dal Protocollo di Kyoto, il tetto dovrebbe essere dimezzato rispetto alle emissioni attuali; invece la Commissione intende porlo al 100 per cento delle emissioni medie degli anni 2004-2006.

E si prenderanno in considerazione anche le ingenti emissioni di gas serra non CO2? La Commissione dice no.

E il settore aereo quante quote di diritto a inquinare potra’ acquistare all’esterno? Per il Documento di lavoro della Commissione ambiente del Parlamento europeo (12 aprile 2007) occorrera’ imporre un limite agli acquisti permessi. Ma non e’ detto.

La campagna sulla limitazione del trasporto aereo sostiene pero’ che anche nella piu’ ambientalista delle soluzioni una simile direttiva avra’ esiti molto limitati quanto a riduzione dell’impatto climatico dell’aviazione. Comprare le emissioni di CO2 costa ridicolmente poco: 20 euro alla tonnellata. Del resto la valutazione di impatto economico condotta dalla Commissione (http://ec.europa.eu/environment/climat/aviation_en.htm) ha rassicurato i gia’ vocianti vettori aerei: la crescita della domanda continuera’: piu’ 135 per cento fra il 2005 e il 2020.

Dunque, una eventuale maggiore efficienza nell’uso del kerosene, indotta dalla Direttiva, non bastera’ a evitare l’aumento di emissioni.

Significativamente, l’industria europea dell’aviazione, ferocemente contraria alle ipotesi di tasse, non e’ contraria a un inserimento nel sistema di commercio delle emissioni purche’ sia mitigato, con un tetto elevato e senza limiti nell’acquisto delle quote. Quel che piace di piu’ alle compagnie - e alle agenzie turistiche - e’ la "compensazione volontaria": emetti una tonnellata di CO2 nel tuo viaggio? Paga 20 euro e pianteremo alberi in Costarica che se la mangeranno. Un quasi inutile escamotage, denunciato come lavaggio di coscienza.

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Sussidi a tutto cielo

"Tutti i segmenti dell’industria dell’aviazione - compagnie aeree, aeroporti, costruzione di apparecchi - godono non solo di esenzioni fiscali ma di sussidi" (da Clearing the Air). Esenzioni fiscali a parte, un documento della compagnia tedesca Lufthansa (2006) rende noto che dal 1991 i governi europei hanno destinato 20 miliardi di euro a titolo di "aiuto" alle compagnie. Gli americani hanno fatto peggio: dal 2001, ben 32 miliardi di dollari.

L’Unione Europea ha legalizzato le elargizioni al volo nel 2005 con le Community guidelines on financing of airports and start-up aid to airlines departing from regional airports: aiuti di stato fino al 50 per cento a titolo di aiuto al... decollo, per gli aeroporti regionali e per chi li usa.

Ad esempio il pirata del low-cost Ryan Air ha avuto lauti finanziamenti per impossessarsi di Ciampino.

Inoltre, in Italia ogni legge finanziaria e ogni ente locale si sente in dovere di non abbandonare le povere compagnie aeree e aeroportuali. La Banca europea degli investimenti fa il resto. Regalie non si contano anche per la costruzione degli aerei. Airbus e’ il cocco dell’Europa e Boeing degli Usa. Per finire, chi acquista un aereo non ci paga su l’Iva.

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Uno scenario inquietante

Lo delinea il centro studi britannico Tyndall Centre for Climate Change: per fare la propria parte nel contenere entro due gradi il riscaldamento dell’atmosfera, l’Europa dovra’ ridimensionare di molto le proprie emissioni.

In questa necessaria ipotesi, se il settore aereo continuera’ invece a crescere incontrollato, nel 2050 esso rappresentera’ il 40 per cento delle emissioni permesse; e nella peggiore delle ipotesi, fra trent’anni le emissioni del solo settore aereo saranno pari al totale di quelle "permesse" all’Europa. Come dire: per rispettare gli impegni senza toccare il settore aereo, gli altri settori dovrebbero quasi annullare le loro emissioni...e vendere i relativi crediti all’aviazione.

Tratto da
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Numero 170 del 3 agosto 2007



Venerd́, 03 agosto 2007