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www.ildialogo.org Tusio De Iuliis racconta il suo Iraq:«così diverso da quello visto in tv»,

Tusio De Iuliis racconta il suo Iraq:«così diverso da quello visto in tv»

Riprendiamo questa intervista dal sito http://www.primadanoi.it/modules/bdnews/article.php?storyid=21339  . Ringraziamo l'amico Tusio De Iuliis per avercela segnalata


IL RACCONTO
SPOLTORE. Una casa in campagna avvolta da alberi è lo scrigno di ricordi, regali, esperienze, gioie, drammi con i quali Tusio De Iuliis, presidente dell’associazione “Aiutiamoli a vivere”, è ritornato da Baghdad.

Proprio prendendo spunto dai tanti soprammobili del suo salotto inizia a raccontare il duplice Iraq: lo stato di guerra apparente e la sete di cultura, le notizie edulcorate e la spietata realtà.
Il primo “oggetto” è una mail dell’ambasciata italiana.
Qualche minuto per aprila perché…«internet a Spoltore è più lento che a Baghdad».
«“Meglio non andare”, dicevano» ricorda De Iuliis «ma io non ho problemi ad entrare ed uscire da Baghdad. Certo, ci vogliono delle accortezze ma ho tanti amici che mi sono fatto negli anni: ci vado dal 1998».
«Potrei entrare ed uscire dall’aeroporto di Baghdad anche 10 volte al giorno», dice scherzando, ma con convinzione. Basta avere il contatto con la gente di ogni rango. Questo è il segreto di De Iuliis. Mentre parla, mostra le foto di una città militarizzata, ma gli brillano gli occhi mentre racconta dei suoi tanti amici iracheni. E’ come attraversare una giungla pericolosissima con qualcuno che ti sposta le fronde, che ti indica le trappole, che sposta qualsiasi ostacolo sulla tua via.
Perché sa che se tu arrivi alla meta, porterai giovamento a tutti.
Cosa portava di così importante De Iuliis? Questa volta aveva con sé, oltre alla voglia di riabbracciare gli amici, una cinquantina di film del miglior cinema italiano.
Sono andati a complemento della più ampia biblioteca del dipartimento di lingua italiana della facoltà di Lingue dell’Università di Bagdad.
Una biblioteca voluta ed allestita dall’associazione “Aiutiamoli a vivere”.
La sala “Città di Pescara” ospita la biblioteca “Ignazio Silone” nel cuore di Baghdad: una certa impressione quella targa, fuori la stanza, la fa.
Un po’ di Abruzzo in quella città che si avverte lontanissima.
Ma poi le immagini di un banchetto improvvisato, con il preside di facoltà, sulle scrivanie della biblioteca riporta le menti al famoso “tutto il mondo è paese”.



«Abbiamo portato la Treccani a Baghdad», fa notare con orgoglio De Iuliis.
La cultura come un bene preziosissimo a cui tutti hanno steso tappeti rossi. Un trampolino per tuffarsi nella conoscenza dell’altro e nella condivisione per raggiungere l’agognata pace.
Magari sposando la teoria secondo la quale per aiutare un popolo in difficoltà è meglio dare la “canna da pesca” che non “il pesce”.
La cultura anche come strumento per costruire una rete di rapporti basati sulla fiducia reciproca, come quelli di Tusio De Iuliis con gli «amici» artisti, ambasciatori, politici, presidi.
Ma non solo. Continuano a scorrere le foto sullo schermo. Quest’ultima volta, a Baghdad, c’è stato soltanto 10 giorni. Eppure lui la chiama la «casa dove abito».
Un appartamento, a mezz’ora dal centro, nel quale vive una «umile» famiglia che lo accoglie ogni volta che si reca lì.
De Iuliis definisce la sua una vita intensa, ricca, una vita che va strizzata fino all’ultima goccia.
E’ la vita di «una persona speciale», come gli ha detto l’ambasciatore italiano in Iraq, che rischia e sa di rischiare.



«BAGHDAD E’ UN MURO»

In che condizioni ha ritrovato Baghdad?
«Il silenzio dell’informazione fa credere che la tranquillità si stia raggiungendo, che gli iracheni siano finalmente liberi» ha iniziato De Iuliis con tono serio, troncando di netto il calmo commento alle foto.
«Baghdad è un muro, si cammina dentro trincee di 5 metri e spesse un metro intorno ad ogni quartiere. C’è filo spinato dappertutto. Per camminare si fa la gincana tra i muri come se ci fosse in un labirinto e si devono passare tanti check point».
Racconta che, dopo sei anni dall’inizio della guerra, non è cambiato quasi nulla. Manca ancora la luce elettrica: c’è solo per poche ore del giorno.
«Come fa a ricominciare un paese senza la corrente?», si chiede.
«Già adesso siamo a 45° gradi all’ombra. Poggiarsi sulle lenzuola significa quasi bruciarsi. Molti si sono comprati i generatori per avere un po’ di “normalità” e un po’ d’ “aria”, ma sono prodotti in Cina e quindi si rompono spesso».
Descrive un paese totalmente diverso da quello che ci mostrano i media.
«La benzina c’è un giorno sì e uno no» afferma De Iuliis con lo sguardo di chi non vuole credere alle proprie parole «l’Iraq è uno dei maggiori produttori di petrolio..e non hanno la benzina».
Non ha trovato grandi cambiamenti: è tutto come prima. L’unica cosa che sembra essere tornata al suo posto è la vendita degli alcoolici, ironizza De Iuliis.

«IN IRAQ SI VIVE COME BAGAROZZI»

Per capire come vivono, qual è la “giornata tipo” di un abitante di Baghdad?
«Una persona normale, un capo di famiglia, va a lavoro, se c’è questa possibilità. Ma sa che potrebbe non tornare più a casa. Si circola abbastanza liberamente. Le mamme, nel pomeriggio, portano i bambini al parco, ma sempre dentro il loro quartiere, senza attraversare i muri». L’apparenza è quella di una città tranquilla: «c’è gente nei bar, come vi fanno vedere in tv, ma c’era anche durante la guerra. La gente deve vivere e quindi si adatta, cambia pelle, vivono trasformandosi come i bagarozzi».
«Lì, chiunque, può mettere una bomba, ad ogni angolo, alla fermata dell’autobus, basta lasciare una valigetta ed azionarla con un telefonino».
Si vive con la paura, anche di notte. Le immagini che non ci fanno vedere i media nazionali sono quelle del quotidiano di una famiglia. Quelle che potrebbero aiutarci a capire come si vive davvero. Come l’immagine della porta di ingresso della casa dove vive De Iuliis.
Di notte viene rafforzata da una fila di poltrone messe all’interno che serve, in caso di incursioni notturne dei miliziani o degli “squadroni della morte”, a dare qualche minuto in più per scappare.



«Bisogna stare attenti sempre, notte e giorno. C’erano state talmente tante esplosioni nei primi quattro giorni che ero lì, che una mattina i soldati hanno passato al setaccio tutte le case, io sono stato molto fortunato: il mio padrone di casa è uscito subito e loro non sono entrati. Non mi hanno visto».
Quanto gioca la fortuna e quanto la preparazione?
«L’imponderabile è incalcolabile anche qui. Ma in questi paesi bisogna calcolare l’imponderabile». La tranquillità di De Iuliis quando va in queste zone aumenta in virtù del «tessuto di rapporti con la società civile» che ha costruito negli anni.
«Volendo potrei cambiare una casa ogni notte, o anche 2 ogni notte, ma questa non è una garanzia, questo non deve tranquillizzare perché se sei ben individuato possono venire a cercarti».
Bisogna stare attenti a non farsi notare: «quando si è per strada in pubblico non si deve parlare, perché parlare una lingua diversa dall’arabo attira l’attenzione».
Più prosegue nel suo racconto e più delinea una Baghdad sia in assetto da guerra.


Martedì 07 Luglio,2009 Ore: 15:54
 
 
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