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www.ildialogo.org Il vescovo che, per amore, non ha taciuto,di Valeria Chianese

Il vescovo che, per amore, non ha taciuto

di Valeria Chianese

È un tempo sospeso per la diocesi di Caserta, ora che il suo vescovo, monsignor Raffaele Nogaro. sta per lasciare la guida pastorale della comunità. Da settembre è infatti dimissionario per raggiunti limiti di età, a norma del diritto canonico. Settantacinque anni al servizio della Chiesa, di cui 26 spesi in Terra di Lavoro, prima come vescovo a Sessa Aurunca dal 1983, quindi a Caserta, a partire dal 1990. Ora che sta per imboccare un nuovo sentiero, come vescovo emerito e poi chissà, monsignor Nogaro preferisce vivere questi mesi nel silenzio interiore e nella preghiera. Non rilascia dunque interviste, anche se accoglie tutti con la consueta affabilità e dolcezza. Insieme alle caramelle che dona a manciate, un poco per calmare l'amarezza e la delusione degli interlocutori che hanno dovuto chiudere i taccuini, un poco perché non lascia mai nessuno andare a mani vuote, il vescovo permette che qualche parola sfugga, più che dalle labbra, dal cuore. Tra i ricordi soprattutto e nella visione di un futuro che è tutto affidato alle mani di Dio. Monsignor Nogaro stesso ammette - senza darvi troppo peso, in umiltà, come è nel suo stile - di aver lavorato molto, seguendo certamente un programma pastorale, e mettendoci tanta passione: «Ho combattuto con gioia», dice. «C'era sempre un nemico da scovare».
Caserta, dunque, diocesi di frontiera? Per molti suoi collaboratori lo è perché è monsignor Nogaro a essere un vescovo di frontiera, a cui è demandata molto più che la difesa dei confini del magistero ecclesiale. A lui tocca la denuncia, è lui che smuove le coscienze e le anime. Il vescovo resta fermo nella convinzione che Caserta, tutto sommato, non sia una città apatica. Lui le ha regalato i mezzi per ritrovare un volto che parli. L'ha arricchita di attività culturali, che per Nogaro restano fondamentali. Considera infatti la cultura «una parte rilevante, volta a far riemergere la coscienza di essere casertani», osserva don Luigi Nunziante, direttore della biblioteca dell'Istituto superiore di scienze religiose. Questo spiega la battaglia per avere a Caserta l'università. La raccolta di 75 mila firme, grazie a un comitato ispirato dal vescovo, per chiedere che questo snodo centrale per la cultura, la crescita, l'educazione, volano importante per lo sviluppo, non fosse parcellizzato tra la provincia di Napoli e il Casertano.
Un'impresa vinta solo in parte: l'università, che dovrebbe essere esclusiva di Caserta, gravita adesso su tre soli poli, ma continua a conservare il nome di Seconda università di Napoli (Sun). Caserta non vi compare. Ulteriore tassello di una rivalità con il capoluogo di regione, che Napoli non percepisce e che Caserta invece sente ingombrante e oppressiva. Lo fa notare monsignor Nogaro quando spiega che il potere, anzi lo «strapotere» centrale, cioè la Regione Campania di Antonio Bassolino, vorrebbe fare di Caserta la periferia di Napoli, il tappeto dove nascondere la spazzatura, di qualunque genere essa sia. Condizionamenti e scelte da arginare e aggirare, promuovendo innanzitutto solidarietà, conoscenza e cultura.
Nogaro ha fondato il Comitato "Caserta città di pace" nella terra dove la parola «pace» è continuamente offesa. Il 14 dicembre scorso ha guidato ancora una volta la consueta Marcia della pace per le strade della città, che stavolta ha reso omaggio al 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo: tema più che mai caro al vescovo. Il dolente peregrinare dei migranti giunti dall'Africa e dagli altri Paesi del Sud del mondo lo ha visto difensore degli ultimi. Gli immigrati, e non solo quelli che approdano nei limiti urbani della diocesi, confidano in monsignor Nogaro, lo considerano il loro punto di riferimento, a cui chiedere appoggio e attenzione.
«Il vescovo e la diocesi sono il baluardo degli immigrati», dice Sergio Tanzarella, che tra i tanti fatti ricorda quello della gabbia montata alcuni anni fa nel cortile della Questura di Caserta per rinchiudervi gli immigrati: «Fu Nogaro a opporsi a quella barbarie. La gabbia fu smontata e lo fu per l'interessamento e l'insistenza del vescovo, non per la presenza dei politici. Sono azioni fatte dall'alto di una cattedra episcopale intesa quale cattedra della povertà personaleP di mezzi e di potere, di rinuncia a certi iggjmj».Monsignor Nogaro si è trovato anche nell'oscurità di quelle che per don Luigi Nunziante sono le voragini più profonde che attraversano e dividono Caserta, ne rendono pericolanti le fondamenta, e che, al contrario di altro, hanno nomi precisi: camorra e spazzatura. Si è trovato davanti a un territorio doppiamente violentato dalle discarichef abusive e legali, e dalle cave in mano a cosche criminali o a gruppi editoriali, e le une e gli altri sono in grado di influenzare le politiche non solo casertane, ma dell'intera regione. Ha vissuto il dolore della violenza e della sopraffazione camorrista. Ha pianto la morte di don Peppino Diana, il sacerdote ucciso dalla camorra mentre ancora indossava i paramenti sacri nella sacrestia della chiesa di Casal di Principe.
«Per amore del mio popolo non tacerò», dice la Scrittura. E monsignor Nogaro non ha taciuto. Ha denunciato le connivenze e le complicità di cui gode la criminalità organizzata. Ha gridato contro la deturpazione del territorio. Ha celebrato la Messa là dove si voleva ampliare una discarica che già tanto male aveva prodotto. Nogaro ha cercato di riempire questi vuoti richiamando alla legalità e alla responsabilità. «La camorra, in Campania, impedisce le riforme strutturali, indispensabili per organizzare la speranza del futuro. Procura le dimissioni di ogni imprenditoria intelligente e produttiva», scriveva in un appello nell'aprile 2008. «L'esercizio del potere nel mondo della camorra si prefigge l'infiltrazione nelle istituzioni per gestirle in maniera privatistica e clientelare. E se la camorra diventa mentalità di popolo, il messaggio d'amore di Cristo non può avere vita».
Il vescovo, carattere friulano, amante del lavoro e della riservatezza, non si è mai tirato indietro di fronte all'evidenza del peccato, dell'offesa all'uomo. In monsignor Raffaele Nogaro esiste la passione per il Vangelo, perché tutta la sostanza delle sue scelte, delle sue azioni, della sua povertà, tutto è all'insegna del Vangelo di Cristo. «Di qualunque uomo si tratti», annota don Luigi Nunziante. «Dell'uomo che sente il bisogno e l'urgenza di avere qualcuno accanto». Monsignor Nogaro è lì, con la forza e la luce della Parola.
Valeria Chianese
 


 



Mercoledì 01 Luglio,2009 Ore: 16:03
 
 
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