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www.ildialogo.org IRAN: UN BASIJI SUL TRONO DEL PAVONE,di Daniela Zini

UNA VIAGGIATRICE EUROPEA SULLE STRADE
CHE VIDERO GENGIS KHAN E MARCO POLO

IRAN: UN BASIJI SUL TRONO DEL PAVONE

PRIMA PARTE


di Daniela Zini

“Viaggiare per diventare senza patria.”
Henri Michaux
 
Durante la guerra Iran-Iraq, l’ayatollah Khomeini importò da Taiwan cinquecentomila piccole chiavi di plastica. Questi ciondoli miravano a spronare. Dopo l’invasione irachena dell’Iran, nel settembre del 1980, era subito apparso evidente che le forze iraniane non fossero un avversario capace di misurarsi con l’esercito di mestiere, professionale e ben armato di Saddam Hussein.
Per compensare questo svantaggio, Khomeini inviò al fronte i ragazzi iraniani, alcuni dei quali non avevano più di dodici anni. Costituiti in unità militare, attraversavano campi minati in direzione del nemico, aprendosi la strada con i loro corpi. Prima di ogni missione, ogni ragazzo aveva, al collo, una chiave taiwanese  in grado di aprirgli le porte del paradiso. Ma, a un certo punto, il bagno di sangue terrestre divenne un problema.
 
“In passato”
 
scriveva il quotidiano iraniano semi-ufficiale, Ettela’at, mentre infuriava la guerra,
 
“avevamo dei ragazzi volontari, di quattordici, quindici e sedici anni. Entravano nei campi di mine. I loro occhi non vedevano nulla. I loro orecchi non sentivano nulla. Poi, qualche istante più tardi, si vedeva una nuvola di polvere. Quando la polvere si disperdeva, non si vedeva più niente di loro. Sparsi tutti intorno, giacevano dei relitti di carne bruciata e dei frammenti di ossa.”
 
L’Ettela’at rassicurava i suoi lettori: in seguito, si sarebbero evitate queste scene.
 
“Prima di penetrare nei campi di mine, i ragazzi si avvolgono (ormai) in coperte e si rotolano a terra, in modo tale che le parti dei loro corpi restino insieme dopo l’esplosione delle mine e possano essere inumati nelle tombe.”
 
Quei ragazzi che rotolavano verso la morte facevano parte dei basiji, un movimento di massa creato da Khomeini, nel 1979, e divenuto paramilitare dopo l’inizio della guerra per potenziare l’esercito assediato. La basij-e mostaz’afin (mobilitazione degli oppressi) era essenzialmente una milizia di volontari, i cui membri per la maggior parte non avevano diciotto anni. Marciavano, a migliaia e con entusiasmo, verso il loro abbattimento.
 
“I giovani sminavano con i loro corpi.”,
 
ricordava, nel 2002, nel giornale tedesco, Frankfurter Allgemeine, un ex-combattente della guerra Iran-Iraq 
 
“Talvolta, sembrava una corsa. Perfino senza l’ordine di un capo, ciascuno voleva essere il primo.”  
 
Il sacrificio dei basiji era terrificante. E, tuttavia, oggi, è fonte non di vergogna nazionale, ma di fierezza crescente. Dalla fine delle ostilità con l’Iraq, nel 1988, i basiji hanno visto crescere il loro numero e la loro influenza.
Sono stati organizzati, innanzitutto, come brigata dei costumi, per far rispettare la legge religiosa in Iran e le loro “unità speciali” di élite sono state utilizzate come truppe d’urto contro le forze antigovernative. Nel 1999 e nel 2003, a esempio, i basiji hanno avuto il ruolo di reprimere l’agitazione studentesca. E, nel 2005, hanno formato il potente nucleo della base politica che ha portato alla presidenza Mahmud Ahmadinejad, che, secondo voci, è stato istruttore del basij durante la guerra Iran-Iraq.
Ahmadinejad decanta la sua alleanza con i basiji. Appare regolarmente in pubblico con la sciarpa basij nera e bianca e, nei suoi discorsi, non cessa di lodare la “cultura basij” e il “potere basij”, grazie ai quali, sostiene:  
 
“L’Iran, oggi, fa sentire la sua presenza sulla scena internazionale e diplomatica.”
 
Il fatto che la supremazia di Ahmadinejad si poggi sui basiji, indica che la rivoluzione iraniana, iniziata esattamente trentuno anni fa, è entrata in una fase nuova e inquietante. Una giovane generazione di iraniani, la cui concezione del mondo si è formata nelle atrocità della guerra Iran-Iraq, ha accesso al potere e fa prova di un approccio ideologico più fervente della politica dei suoi predecessori. I ragazzi della rivoluzione sono divenuti i suoi dirigenti, oggi.
 
Daniela Zini
Copyright © 2010 ADZ


Venerd́ 22 Gennaio,2010 Ore: 14:19
 
 
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