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www.ildialogo.org DIETRO LA COLLINA DI HOLLYWOOD, UN’INTERA VALLATA DI LACRIME,di Alessandro Cervi, Reggio Emilia

DIETRO LA COLLINA DI HOLLYWOOD, UN’INTERA VALLATA DI LACRIME

di Alessandro Cervi, Reggio Emilia

Tu credi all’inferno?
Io non ci ho mai creduto, sino a un momento ben preciso della mia vita: quando sono stato io, per la prima volta, a sprofondarci.
Forse prima ero troppo preso a fare il principino nel mio piccolo regno incantato e per via delle alte mura non mi accorgevo neanche di cosa capitasse fuori.
Non me ne curavo, intento com’ero a rimirarmi allo specchio.
L’importante era che stessi bene io. Il resto semplicemente non esisteva.
Il mio castello era tutto il mondo che conoscevo.
 
A starsene davanti alla televisione, uno si fa l’idea che al mondo ci siano solo soubrette procaci, fustacchioni abbronzati e campicelli di fiori dove splende il sole ed è sempre primavera: la valle del mulino bianco, con le sue grandi pale sfavillanti.
In questo universo patinato ci pensano i vari ispettori Derrick e Barnaby a sconfiggere le orde malvagie e ristabilire la giustizia; i ragazzoni di Baywatch tengono premurosamente sott’occhio i nostri pargoli, preservandoli dalla golosità
degli squali e, se proprio proprio deve succedere qualcosa, tranquilli: ci saranno gli infallibili e solerti MediciInPrimaLinea a prendersi cura dei nostri cari.
Insomma, siamo a posto!
Uno può tranquillamente prendersi una vacanza perpetua vita e lasciare la coscienza in soffitta coi ragni, tanto ci sono i supereroi a togliere sempre le castagne dal fuoco e a ripristinare il paradiso terrestre.
La domenica difatti la passiamo poi tutti assieme, gioiosi, a gustarci un bel piatto fumante di linguine allo scoglio, perché ‘dove c’è la famiglia Brambilla c’è casa’ e poco importa se in diversi stati europei, come l’Inghilterra, il tasso annuale dei divorzi superi ormai quello dei matrimoni.
In effetti questa ‘realtà’ ridente e celestiale pare strida un tantino con un’altra realtà, quella che ci raccontano le statistiche mediche.
Secondo i dati del progetto europeo Esemed, in Italia una persona su cinque ha sofferto di ‘disturbi mentali’ nel corso della sua vita; prevalgono ansia e disturbi depressivi. E queste sono stime per difetto.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in un rapporto del 2001, sostiene che la depressione è al quarto posto fra le malattie procuranti invalidità e che causa addirittura più disabilità del diabete.
Forse qualcosina ci è sfuggita di mano.
Lo ammettiamo che, come i calciatori stramiliardari, anche noi comuni mortali siamo spesso in balia della Saudade Brasileira e avremmo bisogno del carnevale, del samba, delle ballerine in vesti succinte, della cachaça o di qualche birretta a raffica?
 
La vita, secondo me, acquista un senso pieno e profondo solo se vissuta nell’Amore e nella condivisione. E saper amare, liberamente, senza chiedere nulla in cambio, è qualcosa che va ben oltre l’averci una mogliettina parcheggiata in casa, che lava i piatti.
È del tutto masochista e poco lungimirante disinteressarci degli altri, perché così facendo è facile che saranno poi anche gli altri, a loro volta, a disinteressarsi di noi e nel momento del bisogno ci ritroveremo soli come dei cani con la rogna.
E la resa dei conti, prima o poi, viene per tutti.
Sapete bene com’è andata a finire a Pinocchio e Lucignolo, giù al Paese dei Balocchi..
Di eroi ce ne sono già tanti, il mondo ha bisogno anche un po’ di ‘persone normali’.
Di uomini che abbiano voglia di accettare e vivere fino in fondo la loro umanità.
Saranno le persone normali, consapevoli e volenterose, a salvarsi dalla miseria.
Bertolt Brecht diceva ‘non temere tanto la morte, temi piuttosto lo squallore della vita’.
 
Ti chiedo questo favore.
Accendi il televisore e guarda cosa passano sui vari canali in questo momento.
Un telegiornale nazionale oggi hanno mandato un’inviata speciale in spiaggia, per informarci sui colori più trendy dell’estate, per quanto concerne lo smalto delle unghie dei piedi. Non sto ridendo.
Dunque è presto detto: noi siamo capaci di interessarci solo allo smalto per i piedi e all’aperitivo del sabato sera. Fine.
Allora capisco benissimo che tanta gente si senta intrappolata dentro esistenze che si trascinano penosamente nell’egoismo e nella solitudine, pervase dalla vanità e dal senso di vuoto, com’è sempre stata la mia, prima che scegliessi di liberarmi.
Non accontentarti di una vita piccina, grama, da batteria d’allevamento intensivo.
La vita ha un senso profondo solo se viene donata, se viene vissuta nell’Amore. E il volontariato può darci una mano a trasformare il nostro cuore.
Nella splendida poesia ‘Lentamente Muore’, Neruda ci aiuta a capire che ci sono morti ben peggiori di quella fisica: ‘Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare’.
 
Segnati su un foglietto quante volte, nei mesi a venire, parleranno in tv di Dani, un bimbo colpito all’età di sei anni dalla distrofia muscolare Duchenne, una malattia al sistema nervoso, che ti rende tetraplegico: non muovi più né le mani, né le gambe.
Forse noi che ci preoccupiamo per lo smalto delle unghie, non ci rendiamo bene conto di cosa voglia dire non poter usare la forchetta per mangiare, non riuscire a soffiarsi il naso quando cola e non poter neppure andare in bagno autonomamente.
Noi Gente-Dello-Smalto che diamo sempre la salute per banale e scontata, fino a quando non la perdiamo.
Con la sclerosi laterale amiotrofica arrivi al punto che tutti i muscoli del tuo corpo si paralizzano e il tuo destino è morire soffocato, oppure ti scoppia il cuore per lo sforzo.
Prima che questo accada, vieni tracheotomizzato: ti perforano la gola e piantano giù un tubo per farti respirare con una macchina. La domenica non si mangiano più le linguine allo scoglio, ma una sbrodaglia bianca artificiale.
In Italia i malati di sclerosi e distrofia sono circa 100.000, come una grossa città.
Dov’è questa città fantasma?
Dove sono finite queste persone?
In Acta Est Fabula, Giovanna Mulas scrive che bisogna grattare la carta da parati con le unghie per scoprire com’è fatto sotto il muro. Bisogna farsi sanguinare le dita, se è necessario, per salvarsi come uomini. Per salvarsi nell’anima.
Capisci dunque che se cominciamo a graffiare la carta da parati, non c’è più solo la valle del mulino bianco, ma c’è anche un’altra valle, incommensurabile: quella della sofferenza delle persone e le loro disperate richieste d’aiuto. Una valle che viene rimossa. Soffocata.
 
E allora ritorna la mia domanda: tu credi all’inferno, anche se è stato occultato?
Quell’inferno che Italo Calvino ha conosciuto al Cottolengo di Torino e che ha raccontato.
Una volta il Cottolengo era la discarica umana del Piemonte, lì venivano piazzati tutti gli scarti di fabbrica: i bambini malati, come Dani, e gli handicappati che nessuno voleva. Via! Tutti segregati. L’apartheid fra i belli e i brutti, in una società dove l’immagine è tutto.
E chi non sta al passo deve solo soccombere, perché non vale niente.
Non vale niente, lo diciamo anche noi, no? ‘Sei un handicappato’, come a dire ‘tu sei una merda’.
L’inferno viene concepito come l’abbandono degli altri al proprio dolore – perché tanto è il loro, non è il nostro – e allora vanno spazzati su in un angolino, come si fa con lo sporco e gli scarafaggi, e…una volta che ce li siamo levati dai piedi…su con la musica e i mojito, solo per noi!
Non è esattamente quello che è successo quest’estate?
Sul lungomare di Napoli, Antonio Sommaripa, un nonno di 73 anni, è affogato fra la folla di bagnanti, senza che nessuno muovesse un dito per aiutarlo.
Quando il corpo si è arenato sulla spiaggia, qualcuno lo ha coperto con un ombrellone e tutti hanno continuato a giocare, a ridere, a spruzzarsi come se niente fosse, attorno al cadavere cereo e gonfio.
Allora quando dico che siamo così egoisti e penosi che non sappiamo neanche rinunciare a mezza giornata di spiaggia, ma piuttosto ‘passiamo sopra i cadaveri’ lo intendo proprio in senso letterale: se qualcuno ci muore davanti, semplicemente lo scavalchiamo. ‘Saranno affari suoi’.
Siamo arrivati a questo.
Il nostro telefilm personale DEVE andare avanti indisturbato. Costi quel che costi.
Perché la moto, le cosce e gli spritz sono più importanti della vita delle persone.
E quando sarai tu anziano, ad avere bisogno degli altri?
E quando ci sarai TU, al posto di Antonio, come la mettiamo?
 
Tutti a parole siamo capaci di interessarci ai bimbi malati: ‘Oh poverini’.
Poi con le nostre azioni dimostriamo tutto il contrario, perché non facciamo niente.
Un uomo si vede veramente per ciò che è dalle sue opere. A parlare sono capaci tutti, non è che ci voglia molto.
Che tu lo voglia ammettere o no, la realtà è che noi siamo tutti responsabili, perché anche il silenzio è una presa di posizione. Una delle più dure.
Ricordi il proverbio ‘chi tace acconsente’?
Allora tacendo, noi urliamo forte e chiaro: ‘A me non può fregare di meno di Dani e dei bimbi paralizzati. Devono crepare. Saranno affari loro’.
‘Sono cose che non mi riguardano. Io non ho tempo. Il sabato devo andare a sorseggiare lo spritz’.
Li abbiamo dichiarati morti, è chiaro no?
Perché dobbiamo fare gli ipocriti da quattro soldi? Li abbiamo abbandonati, ce ne disinteressiamo.
Per noi sono morti.
 
La cosa più grave è che tu, che mi stai leggendo adesso, sai benissimo cosa ti accade intorno e da qui nasce la tua responsabilità di uomo, con cui prima o poi dovrai fare i conti. Non la sfuggirai. E lo dico per te.
Tu sai che in questo preciso istante, in Africa, stanno morendo dei bambini perché non hanno nemmeno un tozzo di pane raffermo, che al nostro cane non manca. 26.000 bambini al giorno muoiono di fame, dice l’Unicef. Vergogna su di noi!
Tu non hai proprio alcun merito nell’essere nato in Italia. Ci sei capitato e basta. Ti devi baciare i gomiti che la sorte PER ADESSO è girata bene e ti è capitata l’Italia e non la baraccopoli di Korogocho. In mezzo a quei bimbi che crepano con la bava alla bocca, come dei cani bastardi, con le mosche attaccate, avresti potuto esserci tu e allora per un attimo immaginati là, coi piedi in mezzo al fango, alle larve e ai tuoi stessi escrementi e sono due settimane che non mangi, DIMMI, cosa avresti pensato di noi italiani che guardano e basta? E prendono le distanze.
Italiani guardoni.
Italiani che non hanno tempo.
Cosa avresti pensato di tutte le persone che proprio adesso, proprio su questo articolo, stanno guardando le tue dita, non più dita, degli stecchetti secchi pronti a bruciare, loro che sono sbracati sul divano a mangiarsi le patatine fritte e poi bevono Diet Cola per dimagrire? Onestamente, cosa avresti pensato di noi, se fossi tu, per una volta, a morire nell’indifferenza, senza neanche uno sputo, sincero, in faccia, perché il mondo ti dà solo le spalle?
Che cosa penseresti adesso, se fossi TU dall’altra parte del muro?
Se fossi TU quello chiuso fuori dal castello?
 
 
 
 
Azione!
 
Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare: www.uildm.org
 
Unicef Italia: www.unicef.it
 
 
Alessandro Cervi, Reggio Emilia
breedapart@libero.it
 
 
 
 
 


Lunedì 24 Agosto,2009 Ore: 11:55
 
 
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