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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Ora di religione oppure «ora delle religioni»?,di Brunetto Salvarani

Ora di religione oppure «ora delle religioni»?

di Brunetto Salvarani

Riprendiamo questa lettera di Brunetto Salvarani, direttore di CEM-Mondialità, pubblicata sul numero 44 di Settimana del 6/12/2009 (p.2) con il titolo "Ora di religione oppure «ora delle religioni»?"

Cari amici di Settimana,
                                       non si può che applaudire alla recente scelta della chiesa cattolica italiana, che nel programma per i prossimi dieci anni (2010-2020) ha deciso di investire strategicamente sulla sfida educativa. Parlando apertamente, sulla scorta di un’intuizione del papa Benedetto XVI, di emergenza educativa. Nel Consiglio permanente della Cei dello scorso settembre, i vescovi hanno riferito il proposito di esplicitare le linee pastorali al riguardo in un documento «che abbia la capacità di trafiggere i cuori. La malattia mortale che rende tanto difficile il rapporto educativo è infatti l’incapacità di rapportarsi con il reale, avendo smarrito il senso dell’oggettività».
Alla luce di tale opzione, che personalmente mi auguro trovi le chiese locali  disponibili a scommettere in questa direzione, non credo possa lasciare indifferente il mondo cattolico la discussione pubblica accesasi, nelle scorse settimane, sull’ipotesi di ora di islam nelle scuole italiane, che ha visto il consenso di personalità di diverso orientamento politico e culturale quali - fra gli altri - Gianfranco Fini, Massimo D’Alema e il cardinal Renato Martino (ma anche molti uomini e donne di scuola, sensibili all’urgenza di una risposta alta alla questione del pluralismo religioso in aumento nelle nostre agenzie educative). Una discussione che, comunque la si valuti, non andrebbe lasciata cadere. Da parte mia (sono per formazione docente di lettere nei licei), ritengo che, per evitare di essere inserita in un quadro di multiculturalismo separatista - con relativo rischio di balcanizzazione delle diverse ore delle singole religioni -, una proposta del genere debba trovare la sua collocazione all’interno di una scelta più ampia, intercultuale e dialogica che metta in comunicazione le religioni tra di loro (pena il rischio di trovarsi di fronte, in un prossimo futuro, all’ora di islam, quella di buddhismo, e così via). Mi pare che solo una scuola che favorisca e promuova il dialogo interreligioso e interculturale può contribuire a rafforzare il fondamento della civiltà e della convivenza sociale. Con ragione Amos Luzzatto, leader storico delle comunità ebraiche, nel dibattito apertosi, ha affermato che ogni bambino ha il diritto di leggere il Libro sacro degli altri bambini, «poiché fino a quando i cattolici leggeranno solo il vangelo, gli ebrei solo la Torà e i musulmani solo il Corano sarà impossibile realizzare una vera integrazione a scuola e nella società». Mentre il cardinal Martini, da tempo, va sostenendo che il pluralismo religioso è una sfida per tutte le religioni; e che, se non si vuole giungere a nuovi scontri, occorre promuovere con forza un serio e corretto dialogo interreligioso.
La presenza crescente delle seconde generazioni (i G2) nelle aule italiane mostra del resto chiaramente, con l’evidenza dei numeri in progress, che il cosiddetto mosaico delle fedi richiede un’analisi della situazione dell’insegnamento religioso a scuola a più alto livello di una semplice contrapposizione ideologica. E dunque, l’educazione interculturale non può non fare i conti con le religioni: la considerazione del pedagogista Andrea Canevaro può essere lo slogan per avviare una riflessione su quanto l’ambito religioso e interreligioso costituisca oggi un terreno privilegiato, complesso ma ineludibile, per il mondo della scuola, dell’educazione e della formazione. A partire proprio da quel plurale, le religioni, che rappresenta lo scenario con cui è necessario confrontarsi per quanti intendano cogliere gli attuali segni dei tempi. Materia incandescente e delicatissima, ovvio, soprattutto in stagioni, quali la nostra, di identitarismi e di sordità reciproche, molto più che di dialogo e di accoglienza. Proprio per questo, peraltro, l’ambito scolastico sarebbe chiamato a un supplemento di responsabilità, pena il divenire lo spazio principe per strumentalizzazioni e banalizzazioni varie.
L’inatteso pluralismo che ci sta attraversando è, in effetti, destinato a porre a dura prova la tradizionale ignoranza italica in campo religioso, invitando l’universo della scuola a un impegno più serio e approfondito. Sarà impossibile continuare a considerare il fatto religioso come elemento puramente individualistico o folkloristico, privo d’influssi culturali, economici e sociali. Come ogni novità, tale panorama potrà provocare paure e chiusure intellettuali, e lo sta facendo, ma altresì stimolare a una feconda stagione di riflessioni innovative, se sarà vissuta con la dovuta laicità (poiché la laicità aperta è il presupposto di ogni sano pluralismo).
E’ possibile assumere, come cornice per un dibattito sempre più indispensabile, quanto sostiene l’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale, nato presso il Ministero della Pubblica Istruzione dal 2006. Che, due anni fa (ottobre 2007), ha messo a punto un documento dal titolo emblematico, La via italiana alla scuola interculturale, teso a mostrare come adottare prospettiva interculturale e promozione del dialogo nella scuola significa non limitarsi solo ad organizzare strategie di integrazione degli alunni immigrati o misure compensatorie di carattere speciale, bensì assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola, occasione privilegiata di apertura a tutte le differenze. Fra l’altro, esso segnala «la necessità di superare le proposte marcatamente identitarie ed eurocentriche nel campo dell’insegnamento della storia, concettualizzando il nesso storia-cittadinanza; di considerare la geografia un’occasione quanto mai privilegiata per la formazione di una coscienza mondialistica; o l’opportunità di allargare lo sguardo degli alunni stessi in chiave multireligiosa, consapevoli del pluralismo religioso che caratterizza le nostre società e le nostre istituzioni educative e della rilevanza della dimensione religiosa in ambito interculturale» (corsivo mio). Si tratta, direi, di un buon punto di partenza… che convocherebbe, da una parte, l’attuale IRC a fare un ulteriore salto di qualità in questa direzione (so bene, incontrando di frequente i docenti di IRC, come siano diffusi fra loro molta buona volontà e grande professionalità, ma anche un certo disagio, soprattutto alla luce della possibilità di avvalersi o meno di tale insegnamento, che lo rende in qualche modo dimezzato); e dall’altra, i diversi attori che hanno a cuore la conoscenza delle religioni come valore ineludibile in una società in cui, piaccia o no, le religioni sono tornate al cuore del dibattito pubblico (si veda il recente bel libro di un laico doc come Giancarlo Bosetti sul Fallimento dei laici furiosi, che auspica apertamente la nascita di un’ora delle religioni), a impegnarsi in sperimentazioni e progetti che coinvolgano l’intero corpus degli alunni di ogni ordine e grado a studiare il fenomeno religioso e i suoi riflessi sulle nostre vite e società. Sarà possibile discuterne, a mente serena, all’interno del mondo cattolico? E farlo senza chiusure preconcette, ma prendendo le mosse (anche) dal dato oggettivo e realistico di un’ignoranza crescente sia della Bibbia sia delle religioni, nel nostro Paese, come dimostrano le numerose inchieste al riguardo? A titolo di esempio, sono convinto, da molti anni, della necessità di prevedere, per il curriculum scolastico e l’aggiornamento formativo dei docenti (tutti!), lo studio della Bibbia quale grande codice della cultura occidentale; e punto di riferimento essenziale - nelle sue diverse interpretazioni - per cogliere le vicende della letteratura, dell'arte, della musica, delle scienze, e così via. Come si può immaginare che i cittadini di domani possano vivere assieme gestendo nonviolentemente i conflitti se, in pratica, si fa di tutto perché rimangano analfabeti dal punto di vista religioso?
 
Credo che Settimana, con la sua storia e la sua apertura, potrebbe offrire in tal senso uno spazio prezioso di confronto sul tema, che ho qui appena tratteggiato. Con vivi ringraziamenti per l’ospitalità.
 
 
Brunetto Salvarani
 
PS Una curiosità, per chiudere sorridendo (pur se amaramente). Proprio stasera, in uno dei classici quiz televisivi pre-TG, una ragazza all’apparenza acculturata si è trovata di fronte alla domanda: Cosa conteneva l’Arca dell’Alleanza? e a quattro ipotesi di risposta (la Bibbia; il corpo di Mosé; il sacro Graal; o le Tavole della Legge). Dopo un gran pensamento, la sventurata rispose, in perfetto stile New Age: il sacro Graal.


Lunedì 07 Dicembre,2009 Ore: 17:52
 
 
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Autore Città Giorno Ora
armando todesco todesco milano 14/12/2009 15.48
Titolo:Ben venga il multiculturalismo
Che sia il benvenuto un modo di fare la religione nella scuola che si apra anche anche alle altre religioni dopo decenni di prevaricazione della religiona cattolica .
Se lo Stato non fa delle modifiche oggi perde l'occasione storica di fare una scuola moderna e laica .
Altrimenti sara' lo stesso vivere civile odierno e i movimenti internazionali che metteranno lo Stato di fronte al fatto compiuto.
Perche' poi una strana aria di favori nei confronti di tutto cio' che e' ebraico in Italia ?
Ache questo e' un problema da affrontare :Uguaglianza e' per tutti.
A.Todesco
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Che sia il benvenuto un modo di fare la religione nella scuola che si apra anche anche alle altre religioni dopo decenni di prevaricazione della religiona cattolica .
Se lo Stato non fa delle modifiche oggi perde l'occasione storica di fare una scuola moderna e laica .
Altrimenti sara' lo stesso vivere civile odierno e i movimenti internazionali che metteranno lo Stato di fronte al fatto compiuto.
Perche' poi una strana aria di favori nei confronti di tutto cio' che e' ebraico in Italia ?
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A.Todesco
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Che sia il benvenuto un modo di fare la religione nella scuola che si apra anche anche alle altre religioni dopo decenni di prevaricazione della religiona cattolica .
Se lo Stato non fa delle modifiche oggi perde l'occasione storica di fare una scuola moderna e laica .
Altrimenti sara' lo stesso vivere civile odierno e i movimenti internazionali che metteranno lo Stato di fronte al fatto compiuto.
Perche' poi una strana aria di favori nei confronti di tutto cio' che e' ebraico in Italia ?
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