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www.ildialogo.org IL PARADIGMA DELL’ANNIENTAMENTO.,di Laura Tussi

Deportazione e memoria collettiva
IL PARADIGMA DELL’ANNIENTAMENTO.

di Laura Tussi

A Scuola il monito antirazzista compreso nell’educazione alla cittadinanza interculturale


La recrudescenza del conflitto tra palestinesi e israeliani rischia di alimentare l'antisemitismo e di amalgamarsi con l’antisionismo, incentivando diverse forme di razzismo nel quadro delle società a carattere multiculturale, in seguito alle nuove immigrazioni.
Un confronto interculturale aperto e pluralistico, che aiuti a superare e contrastare i pregiudizi, gli stereotipi e l'intolleranza risulta realizzabile contrastando l'antisemitismo e con esso ogni forma di islamofobia e di razzismo, realizzando, soprattutto nella scuola, un dibattito interdisciplinare basato sul confronto tra diverse culture ed etnie, individuando il paradigma comune della diversità sociale e della differenza individuale, tramite la costruzione di empatia, di responsabilità personale e di prossimità nei confronti dell'altro.
Dunque si presenta la necessità di ripensare l'educazione e la didattica inerenti la Shoah in chiave di paradigma che solleciti ad una riflessione circa il senso e il significato della vita e che conduca ad una solidarietà onnicomprensiva e globale con tutte le vittime del passato e del presente.
La dichiarazione del forum internazionale sulla Shoah, sottoscritta a Stoccolma nel 2000 da governi, esperti e organizzazioni non governative, afferma che l'ampiezza dell'Olocausto deve essere per sempre impressa nella memoria collettiva, di fronte ad un'umanità ancora attualmente segnata dal genocidio, dalla pulizia etnica, dal razzismo, dall'antisemitismo e dalla xenofobia.
La responsabilità dell'educazione alla memoria diviene un impegno morale e politico per il futuro di tutti i popoli perché riveste un forte valore formativo.
Risulta necessario riflettere sul rapporto del ruolo e del significato della memoria storica dell'Olocausto in ambito educativo e formativo e la storia degli eventi accaduti durante la seconda guerra mondiale ed, in particolare, rispetto allo sterminio di ebrei, zingari, omosessuali, asociali e prigionieri politici nei campi del regime nazifascista e nazionalsocialista.
Determinati eventi, come la diffusione di atteggiamenti di carattere revisionista e negazionista e il risorgere tra i giovani di fenomeni di antisemitismo e razzismo, hanno contribuito a far riemergere il problema del rapporto tra la storia del ‘900 e le nuove generazioni, in quanto, con l'allontanamento storico e temporale dalla fine della guerra, il divario tra le generazioni sembra accentuarsi.
La memoria storica degli eventi, considerati paradigmatici dalla generazione precedente, sbiadisce e invece incombe il rischio che convinzioni, scelte e i sentimenti siano circondati da un alone di retorica.
Il compito formativo non concerne soltanto il puro insegnamento della storia, ma la trasmissione della memoria e la cultura del ricordo e della raccolta della narrazione di testimonianze, come elementi caratterizzati dall'interazione tra fattori di personalità, storia individuale e familiare e mutamenti sociali e politici.
L'educazione riguardante la trasmissione della memoria storica e il paradigma dell'annientamento è ricollegata alle questioni della memoria storica territoriale.
In Italia, l'educazione riguardante la deportazione politica e lo sterminio, durante la seconda guerra mondiale, è imprescindibilmente intrecciata al problema della memoria storica nel dopoguerra, quando il ricordo della Shoah veniva elaborato insieme alla liberazione dal fascismo.
Nel ‘68, la nuova coscienza politica delle generazioni giovani riscopre la Shoah come il simbolo specifico della barbarie nazista, in una rivolta onnicomprensiva contro ogni forma di discriminazione e razzismo, assumendo un profilo specifico dal punto di vista pedagogico e didattico.
La trasmissione della memoria del paradigma dell'annientamento, come elemento pedagogico necessario a rendere consapevoli le giovani generazioni per contrastare ogni forma di razzismo, di islamofobia e di antisemitismo, rappresenta un cardine dell'educazione alla cittadinanza, dal momento che la cultura del ricordo promuove responsabilità e impegno morale e prosociale.
Il razzismo, i pregiudizi, gli stereotipi si combattono sostenendo la capacità di pensiero complesso e decentrato, la possibilità di mettersi nei panni dell'altro, evitando l'irrigidimento delle posizioni, dove ogni strategia didattica e pedagogica deve porre attenzione al discorso razzista, non solo ai contenuti implicitamente discriminatori, ma alle modalità in cui vengono espressi, evitando di preparare luoghi comuni e pregiudizi e che si vorrebbero, al contrario, contrastare.
Molti giovani di fronte al fenomeno concentrazionario, a tutte le motivazioni e tipologie di deportazione, da quella politica a quella etnica, esprimono giudizi inconsciamente ammirati per la forza, la lucidità del progetto dell'annientamento e la potenza tecnica dei persecutori.
Dietro una condanna incerta, si intravede l'attrazione verso il modello dei vincitori e non delle vittime, mentre il compito educativo e pedagogico risiede nel far risaltare le violenze ingiuste, le discriminazioni sociali, la scelta del far morire degli innocenti, evitando il rischio dell'ammirazione verso i vincitori e la resa al fascino della potenza e della violenza.
Sussiste una forma di resistenza diffusa che si manifesta nel distacco da ogni forma di impegno, dove i giovani confusi, alla ricerca di identità personale, vivono, come anticonformismo, il rifiuto della storia, della politica, delle celebrazioni degli insegnamenti della scuola.
I giovani disimpegnati sentono l'esigenza di esprimere la propria autonomia di giudizio in particolare nel contrastare insegnamenti che temono politicizzati.
Pertanto la scuola si trova davanti alla necessità di trasmettere significati autentici e non stereotipati. Durante l'insegnamento di questi temi, si riscontra una contraddizione tra gli argomenti trattati e i comportamenti di pregiudizio o disprezzo degli alunni nei confronti dei più deboli, degli immigrati e di coloro che sono considerati diversi.
L'educazione, la pedagogia e il monito antirazzisti sono compresi in un complessivo programma di educazione alla cittadinanza interculturale che affronta i problemi dell'identità delle relazioni e della convivenza solidale all'interno del quale i progetti di insegnamento della Shoah rivestono una parte importante ed imprescindibile.
 
Bibliografia:
 
Il dovere di ricordare. Riflessioni sulla Shoah
DVD ideato e narrato da Moni Ovadia e curato da Elisa Savi, con la partecipazione di Antonio Albanese, Nicoletta Braschi, Lorenzo Cherubini, Luciano Ligabue, Luciana Littizzetto, Shel Shapiro, Palumbo Editore 2009.
 
Chiappano A., Minazzi F., Il presente ha un cuore antico. Atti del Seminario residenziale per insegnanti, Quaderno 1, MIUR 2002
 
Santerini M., Antisemitismo senza memoria. Insegnare la Shoah nelle società multiculturali, Carocci, Roma 2005
 
Tussi Laura, Memorie e Olocausto. Il valore creativo del ricordo per una “pedagogia della resistenza” nella differenza di genere, Aracne, Roma 2009
 
Tussi Laura, Il Disagio Insegnante nella Scuola Italiana Contemporanea. Un’analisi critico-pedagogica dei vissuti professionali e formativi del docente, Aracne, Roma 2009


Venerd́ 10 Luglio,2009 Ore: 16:10
 
 
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